50 - L'Inferno in Terra e il Paese dei balocchi

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

*piccolo spazio autrice abusivo*
So che tutti voi non possessori di un account IG morire dalla voglia di partecipare anche voi ai giochini che mi ostino a proporvi ogni volta sulle stories... Quindi perché escludervi? Questo è un nuovo gioco e le regole le potete leggere nello screen che vi allego...
ENJOY!

Eventuali risposte qui ➡️

Ora non vi resta che leggere...
Ci ritroviamo più giù! 😉

BUONA LETTURA!


💘💘💘


EDEN

Non so come, quella frase è in grado di urtarmi il sistema nervoso.

"Perché te lo dico io"... ma che risposta è?

Proprio non riesco a trattenermi quando, senza celare una punta di acidità nella voce, sono pronta a ribattere: «Sì, sai che garanzia...»

Lui, per un attimo, mi getta un'occhiata come avvilita, muto. Poi, scostando gli occhi dai miei, prende a comunicarmi: «Non dire così – "sai che garanzia" – come se la mia parola valesse meno che niente… non farmi sentire come fanno tutti gli altri… Ti ho detto che mi piaci proprio perché non sei come tutti gli altri e riesci a guardare me, e in generale il resto del mondo, come nessun altro sembra capace di fare. Per favore, quindi, non omologarti.»

Io non so che cosa gli sia preso, quasi non lo riconosco mentre mi parla così – al punto che mi viene da chiedermi se sia stato Dio a usarsi di lui per parlarmi – ma le sue parole mi colpiscono nel cuore, come una spada.

È vero: c'è stato sprezzo e giudizio nel mio tono di poco fa… l'ho fatto come schema difensivo, per difendermi dal possibile attacco che mi sembrava di stare subendo. Ma, ciò che è certo, è stata un'uscita spiacevole.

«Hai ragione, ho sbagliato», sono pronta ad ammettere, «Grazie per avermi fatto da specchio e avermelo fatto notare…», aggiungo, «è stata una frase infelice, fortemente sminuente, e ho trasmesso tutto fuorché l'amore di Dio che io vado tanto a professare...»

«E così questo sarebbe? L'amore di Dio?», ripete le mie parole esasperando il tono, come facesse il verso a una pazza, facendomi sentire, in questo suo modo, fortemente sbagliata. Ho paura che le mie ultime parole siano state fraintese…

«Sì, l'amore di Dio», non ho timore di confermargli, essendo pronta ad andare contro all'ennesimo muro issato dalle persone quando io sono così sincera su certi temi.

«E sarebbe stato l'amore di Dio a spingerti a sparire per poi chiamarmi all'improvviso?», chiede carico di rabbia, trovando appigli insospettabili nel mio discorso per manifestare tutta la sua frustrazione.

«Sì! Cioè… no, non a farmi sparire – per quello mi ci sono messa io, con le mie paure, è stata una misura precauzionale per evitare che tra me e te… insomma, hai capito… – l'amore di Dio mi ha spinto a chiamarti». Vuole la verità e opto per la verità, l'unica via che conosco in grado di farmi uscire da questa o qualsiasi altra situazione. «Stavo pregando e, all'improvviso, mi sei venuto in mente… e m'è salito addosso un tale peso, pensandoti… è stato agghiacciante, come un terrore denso che ti si appiccica e non ti molla più. A volte, Dio, lo Spirito Santo, mi parla così: tramite delle sensazioni che riconosco non essere mie. Ho creduto mi stesse avvisando del fatto che stessi male o fossi in pericolo, non lo so… Ho avvertito questa forte sensazione nello spirito... ma evidentemente mi sono sbagliata, dal momento che mi hai risposto che andava tutto bene. Mi sarò sbagliata, può capitare...»

Ribadisco l'ultimo concetto per provare a suscitare una sua reazione, perché, ancora adesso mentre gliene parlo, ho l'impressione di non essermi sbagliata, in realtà…

Lui sta zitto per diversi istanti, come impallato, come quegli istanti di silenzio gli servissero a elaborare intimamente il mio discorso.

Mi sembra di sentirlo bofonchiare un «Non ti sei sbagliata», ma non ho tempo di indagare perché subito lui incalza: «E così… ti spaventa così tanto la mia vicinanza da prendere misure precauzionali?»

Non so come fa. Un attimo prima è lì che sembra voler contenere una crisi a tutti costi, rischiando di scoppiare a piangere da un momento all'altro, e l'attimo dopo se ne sta lì a guardarmi con quella sua espressione canzonatoria e se ne esce con certe provocazioni da sbruffone.

«Hai così paura di innamorarti di me da non rispondermi neanche? Fatti dire una cosa, cara mia Eden, fidati di uno che ne sa in questo campo: sei già bella che andata. Non dico che mi ami o cose del genere. Ma sei cotta. Sei cotta a puntino», esprime il suo insindacabile giudizio.

«Ma non è vero!», ribatto con convinzione.

«Provamelo.»

Mi afferra il mento tra l'indice e il pollice e, trattenendomi fermo il volto in quel modo, si avvicina di nuovo a me. Troppo. Davvero troppo.

Le nostre labbra sono prossime alla collisione, ma io, ancora bloccata dalla sua mano, prendo a fargli tutte le domande che gli ho sempre taciuto: «Perché, invece, eri sparito tu, quella volta? Perché l'occhio nero? Cos'era successo?»

«E adesso che cazzo c'entra?», sibila, non accennando a sciogliere, neanche per un attimo, la sua posizione.

«Io ti ho risposto, sono stata sincera», gli ricordo risoluta, «ora tocca a te. Rispondimi: che ti era successo, Adam?»

Dopo poco, in cui i suoi occhi tremano come scongiurati nei miei, risoluti, molla la presa dal mio mento e fissa di nuovo lo sguardo in un punto indefinito della camera.

«Cosa vuoi sapere esattamente, Eden?», mi chiede, scagliando le parole come fossero pietre.

«Te l'ho detto...», mormoro.

«Sì, ma che cazzo te ne frega...», ringhia.

Fa tanto il duro, ma si vede che è solo per difesa, quindi continuo determinata. «Me ne frega», lo rassicuro.

«Non frega mai un cazzo a nessuno», sembra rimanere arroccato nella sua idea.

«A me sì», gli ribadisco, «Puoi essere sincero, con me...», utilizzo volutamente le sue parole.

«Che cosa vuoi che ti dica, Eden?», sbotta ad un certo punto, il tono esasperato, «Vuoi che ti dica che quello che mostro a scuola è solo una buffonata e che la mia vita invece è uno schifo totale?», urla guardandomi in faccia. Poi scuote il capo e abbassando il tono della voce inizia a raccontare: «Non era successo niente di diverso da ciò che ogni giorno succede nella mia vita: schifo. Solo che questa volta lo schifo ha picchiato forte.»

Cerco di elaborare velocemente le informazioni che mi ha dato, quindi gli chiedo: «Chi ti ha picchiato?»

«Nessuno di importante, ma anche io gliel'ho date», sembra volersi dare un tono, «gliel'ho date talmente bene che quel porco non s'è più fatto vedere, alla fine.»

«Adam... chi?», cerco di riportarlo alla mia domanda.

«Nessuno», mi dice, ma poi subito continua: «uno di quegli scarti umani che mia madre si ostina a portare in casa ogni volta.»

«Perché parli così? Sono termini duri quelli che usi...». Lo vedo particolarmente atterrito e vorrei poter alleggerire la sua visione delle cose...

«Credimi, è fin troppo lusinghiero il termine che ho utilizzato per definirlo.»

Ho paura di fargli quella domanda, ma continuo: «Che cosa ha fatto, Adam?»

«Niente che non abbiano fatto anche tutti gli altri fidanzatini di mamma, solo che lui, mentre lo faceva con lei, non gli ha detto che, nel frattempo, aveva una casa con moglie e figli…», scandisce le parole che escono dalla sua bocca pesanti e taglienti, «l'ho visto io, per la strada, mentre baciava la moglie e fingeva di fare il bravo papà con i due bambini», mi racconta, «e quando è venuto da noi ha avuto pure l'ardire di negare l'evidenza, come se fossimo una banda di idioti io e mia mamma, ti rendi conto?!», i suoi occhi sono lucidi e la sua voce esce a fatica dalla bocca, quasi fosse costretta a districarsi dai nodi della gola. «Lei non c'ha visto più e gli ha sputato addosso tutte le parole che si meritava un essere spregevole come lui», continua il suo racconto, «Presa dalla rabbia l'ha colpito, ma lui ha reagito e con più forza. È stato allora che mi sono messo in mezzo… Tutto il resto è storia...»

Non so davvero cosa dire per cercare di alleviare il suo dolore, cerco allora di manifestargli il mio dispiacere: «Ma… è terribile...», è tutto ciò che riesco a dire.

«Benvenuta nella mia vita», dice in un soffio, con un sarcasmo che fatica a trovare voce. Poi, come se arrivato a questo punto non potesse più farne a meno, continua: «E la cosa peggiore è stata vedere mia madre nei giorni dopo… Di questo si era proprio innamorata, mi sa, e quello è stato bravo a fare l'agnellino e a raccontare di lui solo quello che voleva… io stesso avevo iniziato a pensare di dargli una chance, come mamma mi implorava ogni volta… non immaginavamo di certo tutto 'sto schifo…», si porta una mano a strofinarsi il viso all'altezza degli occhi, «essere l'"altra" fa schifo, immagino, specie quando qualcuno lo è stato per te...»

«Che cosa intendi?»

«Mio padre», mi dice quasi sputando quel nome, «Ci ha abbandonati», continua con rabbia, «Ora è chissà dove, con un'altra famiglia… non l'ho più né visto né sentito… ma forse è meglio così, dopo tutto.»

Una stretta mi stringe allo stomaco. So che non è l'unico, ma io non sono mai stata costretta a vivere una cosa simile. «Adam», richiamo la sua attenzione, «mi dispiace tantissimo...»

Lui fa un sorriso amaro. «Certe cose non esistono nel Paese dei balocchi, vero?»

«Certe cose non dovrebbero esistere, punto», sono pronta a ribattere, e lo penso davvero… Perché, Dio?

«Eppure è così. E alcuni di noi sono obbligati a vivere l'Inferno in Terra.»

Capisco lo sconforto, ma non posso accettare resa che sembra trapelate dalle sue parole, così cerco di incoraggiarlo: «Solo se scegli di non uscirne.»

Lui sembra pensarci un attimo, ma poi se ne esce fuori dicendo: «Che dici? Continuiamo con le domande?»

Rispetto la sua sensibilità e evito di insistere con il discorso, rispondendo alla sua domanda: «Non so se mi va ancora, al momento...»

«Già, anche a me...», si trova d'accordo con me.

«Facciamo l'ultima, magari?», propongo.

Per tutta risposta lui mi porge il cappello.

«Ma non toccava a te?»

«Con tutto 'sto casino, ancora ai turni stai a badare? È uguale, tanto alla fine rispondiamo tutte e due…»

Non ha tutti i torti, quindi pesco, apro e leggo: «Qual è il posto, fisico o no, in cui ti senti più te stesso.»

Sorrido, perché mi è venuta in mente un'idea assurda.

«Ti ci porterei, solo che poi dovresti morire...»

Lui mi guarda con un'espressione interdetta dipinta in volto.

«È esattamente quello che hai sentito, Adam», gli confermo. «Che fai non questo sabato ma quello dopo?»






💘💘💘





//
E anche questa volta pubblico con una puntualità inaudita! 🤩🤩🤩

Non esaltiamoci troppo perché, di nuovo, arriva il ciclo in cui non ho il prossimo capitolo già scritto e le settimane non mi danno tregua, quindi #prayhardforsharon!

Ma, MA. Finalmente giungiamo al termine di questo capitolone che vi ho spezzettato... Che ne pensate di quest'ultima parte letta??? ☺️ Finalmente, e dico finalmente, la domanda che aveva tartassato Eden ben 35 capitoli fa è stata esaudita! 😂 Finalmente abbiamo scoperto che è successo a Adam quella lontana volta in cui, dopo giorni d'assenza, tornò con il volto sfasciato a scuola! RIVELAZIONE! Ve lo aspettavate che ci fosse una storia simile dietro o avevate altre teorie?

Nel prossimo capitolo... 😏 Nel prossimo capitolo... 🤩 No, niente non posso rivelarvi niente perché se dico mezza cosa rischio di spoilerare troppo... Sappiate però che succederà qualcosa che molti di voi aspettano dal capitolo 00, in pratica... 😏

E, niente, mi devo trattenere dal parlare. 🤐

Come al solito ringrazio tutti voi che continuate a sostenere questa mia storia con le vostre letture, i vostri voti e i vostri commenti. Grazie anche per ogni volta che scegliete di metterla nei vostri elenchi di lettura o per le volte che scegliete di consigliarla a qualcuno o ancora quando scegliete di contattarmi per ringraziarmi o farmi i complimenti. Siete sempre carinissime con me! 💘

Grazie infinite a MC_Peregrine, perché lo sapete già... 💘💘💘

Vi voglio bene!

Un bacio a testa,
S.C.
😘

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro