DISEREDATO

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TYLER

Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che abiterò in una di esse, visto che riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.

(Antoine de Saint-Exupery)

Mio padre mi attendeva alla sua scrivania, rigido e di pessimo umore, come sempre. Era un uomo che riusciva a incutere timore anche se non era particolarmente robusto o alto. Indossava uno dei suoi abituali completi da lavoro neri. I capelli brizzolati erano pettinati accuratamente. Bussai alla porta lasciata aperta e lui alzò la testa, fulminandomi con lo sguardo.

-Quindi alla fine sei arrivato- disse, puntando su di me i suoi occhi grigi. Occhi identici ai miei.

-Credevi davvero che non sarei venuto?- chiesi, cercando di assumere un tono scherzoso.

-Ne ero sicuro, ma a quanto pare riesci ancora a sorprendermi- mi scrutò con attenzione -cos'hai fatto all'occhio?-

-Un piccolo incidente- risposi, non desiderando entrare nel dettaglio. Feci un paio di passi avanti e chiusi la porta alle mie spalle.

Mio padre sospirò. -Spero solo che tu non sia nei guai-

Alla fine decisi di sedermi, sapendo che i silenzi di mio padre avrebbero potuto durare anche molto tempo. La stanza era ariosa, con un'enorme finestra e grandi librerie che percorrevano due pareti. La scrivania era piena di libri e fogli, sistemati tutti in ordine perfetto. Il computer portatile era aperto ma spento.

Dopo un po' mio padre sospirò. –Sei in compagnia?-

-Sì, lei si chiama Rosemary, è una studentessa di psicologia e ti pregherei di trattarla bene-

-Si tratta di una cosa seria?- chiese, sarcastico.

Cosa seria? Non era neppure la mia ragazza! –Sì, credo di sì-

-Va bene, in fondo potrebbe rivelarsi anche simpatica... non posso negare che alcune delle ragazze che hai portato si siano rivelate delle ottime intrattenitrici, come quella che si è messa a ballare sul tavolo- si massaggiò le tempie –comunque ti ho chiamato qua per un fatto- sospirò –ti ho bloccato il conto-

-Cosa?!-

-E non te lo sbloccherò fino a quando non vedrò risultati, bei voti, esami dati-

Mi sentii gelare il sangue nelle vene. Non poteva farmelo, non poteva proprio. –E come farò a vivere?- chiesi, la gola improvvisamente secca.

-Non preoccuparti, le spese del campus continuerò a pagarle e ti darò anche qualcosina per prenderti il caffè diciamo... per il resto puoi scordartelo, i figli dei miei colleghi sono già in tribunale, mentre tu passi il tempo facendo festa e correndo dietro alle ragazze-

-Lo facevi anche tu alla mia età- esclamai, furioso.

-Certo, ma questo non mi ha impedito di laurearmi con un anno di anticipo e con il massimo dei voti-

-Lo studente modello- stavo alzando la voce.

-Sì, non uno scansafatiche come te-

-Scusa se non sono alla tua altezza, allora- stavo perdendo la calma. Inspirai a fondo.

-Il problema è che sei come tua madre, eviti i problemi, preferisci scappare- disse, gelido.

Quelle parole mi ferirono come una pugnalata.

Un attimo dopo la porta si spalancò. Non mi voltai neppure, vedevo il riflesso di mio fratello sul vetro della finestra e con lui c'era Rosemary, l'aria preoccupata. Avevano sentito la litigata. Cercai di rilassarmi e di sfoderare il mio sorriso migliore.

-Caro papà, ecco qua la mia ragazza-

Rosemary fece un passo avanti, timidamente, le mani intrecciate sul grembo. –Molto lieta, signor Von Heller- mormorò, la voce leggermente tremante.

Mio padre si alzò in piedi e la onorò di un leggero inchino. –Benvenuta in questa casa, miss...-

-Rosemary Travers-

-Miss Travers, sono lieto che abbia deciso di accompagnare mio figlio- ma dal tono in cui lo diceva si capiva bene che la sua presenza in realtà lo infastidiva.

-Grazie- disse Rosemary, un sorriso educato sulle labbra carnose.

-Spero che si troverà bene qua-

-Sono stata ben accolta- rispose lei, le mani sempre unite davanti al suo abitino.

-Ottimo- guardò me –Tyler, puoi andare-

Mi alzai. –A dopo- e uscii, prendendo per il braccio Rosemary e portandola fuori con me. La sua presenza al mio fianco, chissà come, riuscì a calmarmi. La condussi in giardino, poi la spinsi un po' in disparte, lontano dai parenti, vicino al garage.

-Che succede?- mi chiese, preoccupata. Mi fissava con attenzione.

-Nulla... o meglio, mi ha tagliato i fondi-

-Cosa?-

-Dice che sono uno scansafatiche, ma si può? Io?- esclamai furioso.

Lei rise. –Tutti i torti non li ha-

-Cosa vuoi dire?- aggrottai la fronte.

-Solo che potresti impegnarti un po' di più- mi posò delicatamente una mano sul braccio.

-Io m'impegno, sai cosa vuol dire essere il ragazzo più ambito del campus?- chiesi ironico, stringendola a me.

Lei rise e chissà come fece sorridere anche me. –Oh, deve essere una gran fatica-

-Non immagini quanto- la baciai sulla punta del naso –essere sempre bello, divertente, intelligente, è proprio una gran fatica- le stampai un bacio sulle labbra.

-Certo, certo- disse lei, ridendo e accarezzandomi i capelli.

-Comunque credo di sapere come ottenere i soldi- la sciolsi dall'abbraccio.

Lo sguardo di lei brillò. –Non vorrai...-

Le sorrisi. –Tu aspettami qua- e m'incamminai verso casa.

Mio padre teneva dei gioielli in camera sua. Erano costosi ma senza nessun valore affettivo. Un tempo erano stati comprati per mia sorella, ma lei non li aveva mai voluti, così aveva proposto a mio padre di darli a me, o meglio alla mia futura sposa. Mio padre aveva sostenuto che di cose di valore io ne avevo fin troppe e che quei gioielli dovevano stare al riparo dalle mie mani. Io ovviamente non ero d'accordo e ora andavo solo a prendere ciò che era mio. Entrai in camera. Dubitavo che qualcuno mi avrebbe visto e sarei stato molto veloce. Mi guardai intorno alla ricerca del portagioie. La stanza era grande, con le pareti dipinte di scuro e una finestra con le tende bianche. Il letto faceva mostra al centro di essa e lì vicino c'erano un armadio e un comò.

-Cosa fai?-

Sobbalzai. Rosemary era dietro di me. –Ti avevo detto di aspettarmi giù-

-Oh no, ti stai cacciando nei guai- disse, determinata.

-Forse, ma...- mi bloccai, passi che si avvicinavano –arriva qualcuno- mormorai.

-Cosa?-

Rapido afferrai Rosemary per la vita e, guardatomi intorno, la spinsi dentro l'armadio, l'unico nascondiglio possibile. –Veloce-

-Balordo- sussurrò lei, ma entrò senza opporre resistenza.

Entrai anch'io e chiusi le ante. Fummo avvolti da un buio confortevole e al contempo angosciante. Per fortuna l'armadio era mezzo vuoto con solo un paio di cambi da lavoro di mio padre. Sentivo il respiro di Rosemary sulla mia pelle, il suo dolce e inebriante respiro. Era leggermente appoggiata a me.

-Vieni, non c'è nessuno- la voce di Humbert.

-Oh, sciocchino- quella era la voce di una ragazza... oh sì, la cugina acquisita Betty, la fidanzata di Jordan, mio cugino.

-Vieni qua, voglio proprio farlo sul letto del vecchio- disse Humbert, ridacchiando.

Ecco come il figlio perfetto chiamava suo padre! Se solo avessi potuto registrarlo... Sentii Rosemary irrigidirsi e mi voltai verso di lei. Aveva gli occhi sgranati. –Non vorranno...-

-Temo di sì- le sussurrai.

Sentii il letto cigolare sotto il peso di mio fratello e della sua amichetta. Fantastico, mi ero proprio messo nei guai. Rosemary scosse la testa disperatamente. E poi cominciarono i gemiti. Avrei voluto scoppiare a ridere, ma mi trattenni. La strinsi delicatamente a me e lei posò la sua testa contro il mio petto... e mi resi conto che a stento tratteneva le risate.

-Dobbiamo proprio sembrarti una famiglia strana- le sussurrai all'orecchio.

-Esatto- alzò la testa e mi parve bella, così bella che mi si strinse il cuore. Quel luogo buio, la sensazione di lei così vicina a me... mi era tutto così familiare. E senza pensare ad altro la spinsi contro l'interno dell'armadio, premendo il mio corpo contro il suo, e la baciai. Delicatamente accarezzai le sue labbra con le mie, afferrandole teneramente i fianchi. Pochi secondi dopo il nostro bacio diventò infuocato.


NOTE DELL'AUTRICE:

Grazie a tutti per aver letto fin qua.

Cosa ne pensate del padre di Tyler?

A giovedì ❤

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