IL PARTY (PRIMA PARTE)

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ROSEMARY

Congratularsi vuol dire esprimere con garbo la propria invidia.

(Ambrose Bierce)
 

La musica era così alta da far venire il mal di testa. Avanzai, cercando di non cadere e chiedendomi perché avessi optato per le scarpe di Louboutin, un regalo di compleanno dei miei genitori. Era stata Abigail a consigliarmele.

-Andiamo a una festa di riccastri, non credi che si debba sfoggiare il meglio?-

E io l'avevo ascoltata. Per fortuna, per quanto riguardava il vestito mi ero imposta e così indossavo un lungo abito di taffettà che in effetti sarebbe andato meglio a una prima dell'Opera più che alla festa di una confraternita. Sentivo la cicatrice che avevo sulla schiena, quel perpetuo ricordo del liceo, che mi bruciava. Abigail invece pareva particolarmente a suo agio nel suo vestitino rosso con le paillettes e i tacchi a spillo.

La sala, grande ed elegante, era piena di gente che beveva, ballava e amoreggiava. Incredibile, come avevo fatto a finire lì? Il colore che predominava era il rosso scuro: divanetti, pareti, pavimenti, tutto rosso scuro. Al centro era stata allestita una pista da ballo con delle luci da discoteca. Nel complesso mi sembrava di essere finita in un film horror che avevo visto qualche anno prima, in cui un gruppo di amici veniva invitato ad una festa di vampiri senza sapere di essere loro il buffet. L'arredamento della sala ricordava molto quello di quel film e questo m'inquietava un po'.

-Wow, ci divertiremo!- esclamò Abigail, iniziando a ballare sul posto.

Personalmente mi sentivo a disagio. Pensavo al libro che avevo appena acquistato e che mi aspettava in camera mia. –Ricordati cosa mi hai promesso, a mezzanotte ce ne andiamo-

-Certo, Cenerentola, ora però devo trovare il mio principe- si guardò in giro. All'improvviso alzò una mano e cominciò a salutare qualcuno.

Poco dopo arrivò un ragazzo biondo, dagli occhi castani e dal viso squadrato. Indossava una camicia bianca e un paio di jeans. Sembrava lo stereotipo del bravo ragazzo appena uscito da un telefilm.

-Abigail- urlò, abbracciandola con forza.

-Oh, Sammy, tesoro mio- rispose la mia amica, stringendosi a lui, poi m'indicò -questa è la mia amica Rosemary-

-Molto lieta- dissi, dandogli la mano e fu in quel momento che lui uscì da un angolo della sala in ombra. Mi parve quasi il vampiro di un film horror, Dracula, il Lord Byron della situazione. Alto circa un metro e ottanta, con i folti capelli castano scuro ben pettinati, gli occhi grigi con qualche sfumatura verde, la carnagione leggermente abbronzata, il fisico robusto e asciutto. Indossava una camicia bordeaux scura, molto in tono con l'ambiente, con le maniche arrotolate, e un paio di pantaloni neri. Avanzava sicuro di sé nella sala, come se tutto ciò che aveva intorno fosse suo, come se non temesse assolutamente nulla, come se nulla gli fosse vietato. No, non potevo pensare a quanto fosse affascinante.

-Tyler, vieni qua- lo chiamò Sam.

Il nuovo arrivato avanzò annoiato, il bel viso contratto. –Felice di conoscervi- borbottò, ma anche nel borbottio la voce gli uscì calma e melodiosa con un leggero accento che non riuscii a identificare. Cercai di non pensare a una sera di qualche mese prima quando io e Tyler avevamo giocato a scacchi. Non dovevo illudermi, lui non sapeva neppure chi ero.

-Sono Abigail- si presentò la mia amica, balzando in avanti, desiderosa di fare bella figura.

Tyler la sorprese con un baciamano e un leggero inchino. –Enchanté- disse, ma non pareva felice, poi si girò verso di me e fece la stessa cosa.

-Mon plaisir- risposi io, lasciandolo un po' interdetto.

-Sai il francese- mormorò come tra sé.

-L'ho studiato al liceo-

-Rosemary è sempre stata la secchiona del gruppo- intervenne Abigail, che nel frattempo si era stretta a Sam... la coppietta. Perché sentivo quella strana sensazione? Non poteva essere invidia, non doveva. Abigail era la mia migliore amica. Non si deve essere invidiose delle amiche.

-Cosa ne pensi della mia Abigail?- chiese Sam a Tyler.

-Se piace a te- esclamò sorridente –mi congratulo per la scelta- aggiunse sarcastico.

Notai un'ombra passare sul viso della mia amica e questo m'inquietò. Come si permetteva di parlarle in quel modo? Si fingeva un gentiluomo quando palesemente non lo era... era un farabutto, un balordo, nulla di più.

-Andiamo, Abby, balliamo- e Sam la prese per la vita e la condusse con sé in mezzo alla sala da ballo. Io e Tyler rimanemmo da soli, l'uno di fronte all'altra.

-Credi che questa storia durerà?-

Mi sorprese il modo brusco in cui me lo chiese. All'improvviso mi ritrovai a lottare tra la lealtà verso Abigail e il bisogno di confidare a qualcuno la paura che lei mi avrebbe lasciata sola. Ma quello era Tyler von Heller! –Spero che duri- dissi -lei è così felice-

Tyler sorrise sprezzante. –Su, non mentire, non fa piacere neppure a te-

M'irrigidii. –Come puoi dire una cosa simile? Non sei felice per il tuo amico?-

-Per niente... e poi non vorrei che la tua amica mirasse al suo portafoglio-

-Come ti permetti?- urlai, indignata.

-Oh, non fare la santarellina, la vostra consorellanza è famosa per queste cose-

-Per cosa?- esclamai, le mani sui fianchi, mentre la mia pochette, legata al polso, sbatteva contro il mio fianco.

-Dai, non fare l'ingenua... per le arrampicate sociali-

-Guarda che la nostra consorellanza non è un'organizzazione per cercare un marito ricco-

-Questo non si direbbe-

Sentivo la rabbia montare. –Perché voi cosa siete? Dei seduttori di fanciulle innocenti!-

-Seduttori di fanciulle innocenti, un po' demodé come linguaggio- commentò ridacchiando.

Ero furiosa. –Basta- mi voltai per uscire.

-Ehi, aspetta, non te ne andrai, vero?- mi si parò davanti e potei inspirare il suo profumo... dolce e intenso... familiare.

-Sì, me ne vado-

-Non da sola, il campus è buio e ci sono parecchi che hanno già alzato il gomito-  all'improvviso il suo tono si era fatto più morbido.

-E a te cosa importa?-

-Non voglio certo che si dica che una delle partecipanti della festa è stata aggredita-

-So difendermi- e non mentivo. Se solo lui avesse saputo...

-Non dico che non sai difenderti, senti, se vuoi ti riaccompagno io-

Lo fissai alcuni secondi, riflettendo su quella proposta. Non potevo negare che fosse pericoloso andare in giro quando c'erano delle feste simili. Un paio di mesi prima una ragazza era stata aggredita. L'avevano ritrovata solamente la mattina successiva. La nostra consorellanza le aveva mandato un mazzo di fiori in ospedale. Non conoscevo personalmente quella ragazza, ma mi avevano detto che non era più stata la stessa. Da quel momento non ero più stata tranquilla quando dovevo percorrere il campus di sera. Allo stesso tempo però non volevo neppure farmi accompagnare da Tyler.

-Credo che resterò ancora un po' qua- mormorai -comunque grazie per l'offerta-

-Dovere... ti va di ballare o vuoi fare da tappezzeria?- e il suo tono tornò brusco.

Quella richiesta mi sorprese. Scossi la testa. –Per niente- e, voltatami, andai a sedermi su un divanetto, accanto a una bassa pianta d'appartamento. Si prospettava una lunga serata e mi stava anche venendo il mal di testa. 

Ragazzi e ragazze danzavano nella sala, alcuni palesemente ubriachi... mi sembrava di essere finita a un incontro tra le Baccanti e delle strane creature mitologiche. Sam e Abby ballavano al centro, parevano avvolti da una strana luce, quasi la festa fosse stata fatta per loro, quasi fossero delle divinità antiche. In quel momento sentii più forte che mai la mia solitudine. Lottai contro la voglia di alzarmi e correre via, lontano da quella musica assordante, da quella stanza piena di gente, da quelle persone che parevano così felici, così diverse da me. Mi sentivo dolorosamente fuori luogo.

Le luci a intermittenza che illuminavano la pista da ballo, accanto alla quale erano montate delle casse, mi davano la nausea. Una macchina sparacoriandoli era stata messa poco lontano dai ballerini e pareva quasi una pioggia colorata... beh, quell'effetto mi piaceva.

Lanciai uno sguardo a Tyler che era ritornato in disparte e notai che fissava la sala e i ballerini con un'espressione strana, come se non potesse realmente partecipare a quei divertimenti, come se potesse essere solo un osservatore e nulla di più. Lui era un outsider, proprio come me. E poi girò la testa e mi fissò con il suo sguardo bruciante e mi sentii ardere.

NOTE DELL'AUTRICE:
Grazie a tutti!
Come vi è sembrato questo capitolo?

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