PROMETTIMI

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ROSEMARY

Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l'avrai mai – Gabriel Garcia Marquez


E poi una sera lui venne. Ero rimasta in stanza nonostante ci fosse la festa alla confraternita di Tyler.

-Perché non vieni?- mi aveva chiesto Abigail –Ci divertiremo e tu lo ignorerai-

-Non voglio vederlo- soprattutto non volevo vederlo con un'altra, non credevo che il mio cuore avrebbe retto un simile dolore.

Era più o meno mezzanotte quando qualcuno bussò alla porta. Scesi e l'aprii, credendo che qualcuna della consorellanza avesse perso le chiavi. Era Tyler.

-Cosa ci fai qui?- chiesi, sorpresa di vederlo.

Era pallidissimo, pareva un fantasma, no, un revenant, appena arrivato dal regno dei morti. Aveva anche un accenno di barba, lui che normalmente non l'aveva mai. –Volevo solo vederti- la pioggia lo aveva completamente bagnato.

-Vieni sotto il portico, altrimenti ti prenderai un raffreddore-

-Vedi che ti preoccupi per me- disse lui, ubbidendomi e venendo accanto a me, troppo vicino.

-Non voglio certo che t'ammali- sussurrai.

-Sei bellissima- la sua voce era dolce, bassa, sensuale, una voce che ti faceva venire voglia di rilassarti, di abbandonarti tra le sue braccia.

-Grazie-

Lui mi prese per la vita e mi spinse contro il muro, quindi tentò di baciarmi... e io accettai quel bacio, piangendo ma lo accettai, perché io amavo Tyler, lo amavo davvero, ma allo stesso tempo non potevo stare con lui, non dopo quello che avevo sentito, perché avevo la certezza che lui prima o poi mi avrebbe ferita, perché con gli uomini come lui succede sempre così. Era tutto così ridicolo. Sentii i suoi muscoli contrarsi intorno a me, avvolgenti, forti, ardenti. Mi sollevò, m'infilò le mani sotto il vestito, calde e bramose. Il mio pensiero corse per un secondo alla vasca idromassaggio, io e lui abbracciati, l'acqua tiepida, la sua mano abbronzata sulla mia pelle candida... le sue carezze così delicate e al tempo stesso brutali. Lui mi mordicchiò la spalla, strappandomi un gemito.

-Aspetta- sussurrai, la voce roca, ebbra dai suoi baci.

-Andiamo di sopra?- mi chiese lui, le sue parole erano quasi liquido sulla mia pelle.

-Sì... no... - lui mi baciò delicatamente sul collo e poi sulla clavicola, strofinando poi le sue labbra contro la mia pelle. Sentii un leggero pizzicore al contatto con la leggera ricrescita della sua barba. Non mi teneva con forza, avrei potuto spingerlo via senza problemi, ma non volevo, la verità era che non volevo, mi mancava la forza per farlo. Appoggiai la testa contro il muro e chiusi gli occhi, languidamente, lasciando che mi baciasse.

-Andiamo di sopra?- mi ripeté lui, un sussurro, la bocca premuta contro il mio orecchio, il tono sicuro di chi sa di aver vinto.

-Non ti arrendi- ansimai.

-Non sono il tipo che si arrende- mi strinse di più tanto che potei sentire il calore del suo corpo sfiorare il mio, fui percorsa da un fremito –andiamo?- mi chiese lui, con la sua voce così sensuale.

-Sì- cedetti, mentre lui riusciva a strapparmi un altro gemito.

Mi prese in braccio ed entrò. Gli tirai indietro un ciuffo di capelli e lui mi baciò il polso. Rapido si diresse verso le scale.

-Non possiamo- sussurrai, buttando le braccia al suo collo, accarezzando la sua pelle.

Tyler non mi parlò. Mentre salivamo lo baciai sulle labbra, sulla guancia, sul mento, non riuscivo quasi a staccarmi da lui, presa da una strana sete. Alla fine, vedendo che lui si limitava a sorridere ma non rispondeva ai baci, appoggiai la testa sulla sua spalla, in dolorosa attesa di altri baci, di altre carezze, di sentire il suo corpo premere contro il mio. Mi depose a terra solo quando fummo nella mia stanza, dove, continuando a baciarmi, iniziò a spogliarmi. La mia maglietta cadde a terra e lui sfiorò delicatamente il mio seno, spinto in fuori dal reggiseno.

-Non possiamo- mormorai con voce roca, stringendomi a lui, anche se volevo allontanarmi.

Lui mi sorrise, il suo sorriso cinico e seducente, da predatore, per un attimo che parve durare ore, quindi mi baciò. Sentii le labbra bruciare. Chiusi gli occhi e mi abbandonai al bacio, le mani tra i suoi capelli, pensando confusamente che ormai non sarei più riuscita a tirarmi indietro. Le braccia di lui mi cingevano la vita, dandomi la sensazione che avrei potuto lasciarmi andare completamente. Quando Tyler si staccò da me iniziai a sbottonare la sua camicia, un bottone per volta, le mie unghie rosse che mi parevano all'improvviso così strane, così bizzarre, presa da una foga a cui non riuscivo a dare un nome. Gli tolsi la camicia e la lasciai cadere per terra. Gli baciai teneramente il petto. Lui mi accarezzò i fianchi, mentre io alzavo la testa e gli offrivo nuovamente la bocca perché la baciasse. La mia pelle pareva distendersi sotto il suo tocco. Sembrava che ogni centimetro del mio corpo avesse preso una strana sensibilità che lo faceva ardere. Mi baciò prima con dolcezza, poi con passione sempre maggiore. La sua lingua pareva affilata e sembrava che bruciasse ovunque toccasse. Si staccò da me e mi fissò con intensità. I suoi occhi sembravano brillare di una luce innaturale, quasi febbricitante.

-Sei mia- mi sussurrò –solo mia- mi prese per i fianchi e mi attirò a sé, stringendomi con forza, quasi volesse inglobarmi. Sotto il suo tocco mi sembrava di dissolvermi. –Sei mia- ripeté, mentre le sue mani s'infilavano sotto la mia gonna e sfioravano i miei slip di pizzo –solo mia-

E in quel momento non potevo dubitare di quelle parole, ero sua, solo sua. Gli accarezzai la guancia, ansimando. –Sì, sono tua- sussurrai, socchiudendo gli occhi e buttando indietro la testa, mi sentivo ardere –solo tua- riuscii a gemere prima che lui ricominciasse a baciarmi

-Non sono la tipa che fa queste cose- mormorai, mentre lui mi accarezzava teneramente il corpo. Mi ero infilata la camicia da notte, ma pareva che Tyler cercasse in ogni modo di farmela togliere. Lui era nudo, a parte il ciondolo a forma di aquila che spiccava sul suo petto insieme alla conchiglia. Mi morsi le labbra, cercando di ignorare il desiderio di baciarlo. I nostri vestiti erano sparsi un po' ovunque. Sulla scrivania c'erano i miei slip e il mio reggiseno, per terra la maglietta e la gonna.

Ero sdraiata su un lato, appoggiata a lui, le gambe intrecciate alle sue, le mani che vagavano sul suo corpo. Il seno mi usciva dalla camicia da notte e sfiorava delicatamente il braccio di Tyler quando lui si muoveva, facendomi rabbrividire ogni volta. Sospettavo che lo facesse apposta.

-Sono io che te le faccio fare? Questo mi lusinga- mi sorrise, era tornato il solito Tyler, sicuro di sé, vittorioso ora che la sua preda aveva ceduto. Si spinse in avanti e mi baciò sulla fronte, come si bacia una bambina e quel tenero bacio, chissà perché, riuscì a percorrermi come un brivido. Teneva tra le mani uno dei miei orsacchiotti, con cui giocherellava. –Adorabile- commentò –adori gli orsacchiotti, quindi-

-Sei uno sbruffone- sussurrai, accarezzando con le unghie i suoi muscoli, così scolpiti, che parevano spingere sotto la pelle per uscire. Sembrava di sfiorare la seta.

-Allora mi ami- disse lui, stringendosi un po' di più a me. La mia camicia da notte si alzò ulteriormente e strusciai delicatamente contro di lui. Inspirai a fondo, cercando di non fargli comprendere il mio desiderio di mettermi a cavalcioni su di lui e di baciarlo.

-Ammetti che mi ami- mi sussurrò Tyler, la sua voce dolce, sensuale, la voce di un incantatore. Sfiorò dolcemente la mia pelle con l'orsacchiotto.

Non risposi, non volevo dirglielo. –Non ho cambiato opinione su di te-

-Non importa, ti amo, questo è tutto- era così vittorioso. Mi baciò sul seno nudo.

La sensazione delle sulle labbra su di me, il delicato e al contempo deciso movimento della sua lingua... -No... basta- mi allontanai e lo spinsi via con un grande sforzo, prima che fosse troppo tardi, prima che... fossi perduta per sempre.

-Dove vai?- mi chiese lui, sorpreso e forse un po' divertito dalla mia reazione. Già, forse mi vedeva solo come un animaletto un po' ribelle.

-Te ne vai, ora- gli lanciai addosso i vestiti.

-Cosa?-

-Credo che ci siano amori che semplicemente non si possono vivere, non c'è una vera motivazione, o meglio, è una motivazione molto debole... è come certi lutti che non si possono portare alla luce del sole-

-Noi possiamo amarci, noi...-

No, Tyler mi avrebbe fatta soffrire, esattamente come aveva fatto Kyle prima di lui.

Ormai ero determinata, scesi le scale e lui mi seguì, dopo essersi rapidamente vestito. Aprii la porta. –Vattene e non tornare- e lo spinsi fuori.

-Rosemy, io... -

-Prometti che non verrai mai più- gli urlai, in lacrime –prometti-

Lui mi fissò lo sguardo bruciante, sotto la pioggia, i capelli incollati al viso. –Non posso promettertelo-

-Se mi ami davvero prometti- urlai. Tremavo così tanto che dovetti aggrapparmi alla porta spalancata per non cadere.

-Va bene, prometto- e se ne andò via. Sotto la pioggia.

Io caddi per terra e piansi, la disperazione che mi stringeva la gola. Cos'avevo fatto?

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Ho voluto scrivere un capitolo molto intenso. Cosa ne pensate?

Sono sempre indietro con le letture e le risposte ai commenti, comunque prima o poi recupererò 😅

A lunedì ❤

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