PENSAVO FOSSE TUTTO OK

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Era quì, seduta dove mi trovo io ora, quella sera. Silenziosa, con lo sguardo perso nel vuoto e le lacrime che le riempivano gli occhi e scorrevano sulle sue guance. L'ho raccolta con tutto il mio amore, senza chiederle nulla in cambio, pensando che nulla mi potesse dare. Sono confuso, tanto confuso. Non so proprio cosa pensare e questo vino proprio non mi aiuta.

Louis si è meravigliato quando mi ha visto varcare la soglia di questo locale dopo tutti questi mesi. Ho chiesto io di sedermi a questo tavolo. Ed ho chiesto io di darmi lo stesso vino che aveva bevuto lei quella sera. Forse il mio è un tentativo maldestro di entrare nella sua mente, per capire cosa possa mai portarla ancora a non fidarsi di me, a non aprirsi e a confidarsi. Cerco di darle tutto il supporto di cui ha bisogno ma a quanto pare non le basta. Nemmeno le sedute dallo psicologo hanno sciolto le riserve su di me. Se è una colpa volere aspettare un momento più tranquillo e la casa completa per chiederle di sposarci, allora veramente non ho capito niente e forse questa storia è nata sbagliata e sta continuando nel modo ancora più sbagliato. Eppure... eppure se penso al mio futuro non riesco ad immaginare nulla di diverso da lei e dalla nostra famiglia.

Ancora una volta il telefono vibra nella tasca posteriore dei miei pantaloni. Nemmeno controllo. Sicuramente è lei che mi chiede di tornare a casa e non perché le dispiace di aver discusso o di aver fatto ciò che ha fatto, ma perché ha paura di stare sola. Questa cosa mi ha fatto incazzare anche di più. Ho avuto pazienza, l'ho assecondata, le ho creduto, ma adesso basta. Deve iniziare a combattere le sue paranoie e non solo con le chiacchiere dallo psicologo. Deve iniziare a dimostrare che può ritornare ad essere la donna indipendente di cui mi sono innamorato. Non so quando tornerò a casa. Probabilmente non sarà stasera, ma dal momento in cui varcherò di nuovo quella soglia, metterò in chiaro le cose, altrimenti non so se la nostra storia potrà mai continuare. Ma cosa dico? Chi voglio prendere in giro? Sarei capace di aspettare tutta la mia esistenza pur di starle accanto. Ma le spiegherò che quello che è accaduto oggi non lo potrò mai più accettare. Si sono geloso di lei e Freddie e di questo muto e sottinteso legame che li unisce. Eppure non credo sia pretendere troppo sapere per primo il perché ce l'ha con me.

Il telefono ha smesso di squillare per qualche secondo per poi riprendere, inasprendo ancora di più il mio risentimento verso di lei. Bevo un altro bicchiere di vino tutto d'un fiato. Inizio a sentirne gli effetti ed è quello che voglio stasera. Fanculo la mia promessa di non ubriacarmi mai più. Alla fine dimenticare è l'unica cosa che mi farebbe stare meglio! Magari dimenticassi gli eventi di oggi e le parole che ci siamo detti. Ancora un sorso e la seconda bottiglia è andata. La testa è pesante e ho bisogno di riposare. Appoggio la testa sul tavolo per un po' sperando che Tara smetta di disturbarmi.

"Come dicevo al telefono, è quì da qualche ora..." sento questa frase come se fosse parte di un sogno, seguita da altre parole confuse, così come mi sento io. La testa è pesantissima e non riesco ad alzarla. Gli occhi... oh, quelli proprio non ne vogliono sapere di aprirsi. Non ricordo nemmeno dove mi trovo, né riconosco le voci che sento accanto a me. Sono due uomini, credo. Si, qualcosa ricordo. Ho discusso con Tara e sono venuto a sbronzarmi. Adesso riconosco una delle due voci: è Louis, ma con chi diavolo sta parlando di me? Cazzo, faccio veramente fatica ad aprire questi occhi e ho la sensazione che se lo facessi mi girerebbe solo la testa. Ma perché poi ho discusso con Tara? La mia Tara! Era da tanto che non avevamo uno scontro così e se mi sono ridotto in questo modo dev'essere stato veramente brutto. Che ora sarà? E di chi è questa voce che continua a chiamare insistentemente il mio nome? Adesso sento anche una mano che mi scuote. "Lasciatemi in pace." dico, sperando di far uscire la mia voce come un urlo, ma in realtà è solo il lamento biascicato di un poveraccio che vuole dimenticare. Pian piano le immagini si affacciano alla mia memoria e ricordo un anello e la profonda sensazione di delusione che ho provato quando ha cercato Freddie e non me. E' il giorno di Pasqua... o perlomeno lo era. Mi chiedo quanto tempo sia passato da quando ho lasciato Tara a casa con quel suo viso spaesato, pieno di tanti sentimenti che, per la rabbia, ho voluto ignorare. Ora non sono più arrabbiato. Adesso la mia condizione fisica prevale su quello che ho provato e un po' di rimorso inizia a farsi largo. "Brandon, amico mio. Ti alzo io dai. Andiamo a casa." Ora la riconosco questa voce. Che ci fa quì e come ha fatto a scovarmi. Provo ad alzare la testa, ma miseramente questa ricade sulle mie braccia appoggiate al tavolino. Il suo braccio passa sotto un mio braccio e mi sento pian piano sollevare la testa. "Come hai fatto a sapere dov'ero?" chiedo a Claudio, con la stessa voce patetica di prima. Eppure mi sentirei abbastanza lucido da poter andare a casa da solo, ma le mie azioni sembrano dimostrare esattamente il contrario. "Te lo spiego quando sarai in grado di capire." dice ridacchiando. "Non mi prendere per il culo!" protesto, mentre sento ridacchiare anche Louis che nel frattempo mi ha preso dall'altra parte. Che brutta fine ho fatto! È la seconda volta che Tara mi fa ridurre così. Ed in tutta la mia vita solo lei è stata in grado di spingermi oltre il limite, con la testa penzolante e privo di forze da farmi schifo. "Brandon, ho bisogno di sapere una cosa da te. Dov'è Tara?" Cosa significa questa frase? La mia testa prova a reggersi dritta ma riesco solo a rotearla un po' per guardarlo di sbieco. "In che senso!" Dico tra i denti mentre un brivido percorre la mia schiena. Il rimorso che provavo prima si tramuta in paura che possa esserle accaduto qualcosa, che avesse ragione a non volere stare da sola. "A casa..." bisbiglio titubante, quasi fosse una domanda. "Perché me lo chiedi?" continuo, ma per tutta risposta si rivolge a Louis "Aiutami a portarlo nella sua macchina. Devo portarlo subito a casa. Non mi sento tranquillo." Ed ora nemmeno io lo sono. Mi divincolo dalla loro presa e provo a tirarmi su da solo, ma barcollo malamente e vado a finire steso su un tavolino. Claudio mi alza nuovamente dritto e con tutte le mie forze mi appoggio a lui guardandolo dritto negli occhi. "Sono lucido" gli dico fermamente e scandisco le mie parole per dimostrarlo "dimmi-che-succede-ora." Un sorrisino leggermente preoccupato si forma sul suo viso prima di distogliere lo sguardo dal mio. "Tara non risponde al telefono. Io e Melania la stiamo chiamando da due ore, ma nulla! Non rispondevi nemmeno tu fin quando non sono riuscito a parlare con Louis che mi ha detto in che stato eri." La mia paura si tramuta in un tremito, una scossa che percorre il mio corpo fino ad esplodere nel mio cervello. "Sono certo che sta bene, ma meglio controllare, no?" Mi dice poggiando la sua mano sulla mia spalla. I miei occhi si abbassano fino ad incontrare il pavimento in un tumulto di sconforto. "Spero sia come dici tu!" Bisbiglio prima di seguirlo verso l'uscita, aiutato da Louis. "In macchina poi mi racconti cosa è successo. Perché qualcosa è di sicuro successo..." mi dice con tono di rimprovero, come se stesse dando per scontato che la colpa sia mia. D'altronde lui ha sempre avuto questa idea di me, da quando ci incontrammo al ristorante la sera del mio compleanno. Come dargli torto, ma adesso? Ho veramente io tutta la colpa? Anche se adesso poco mi importa, decido di rispondere alla sua provocazione mentre montiamo sulla mia macchina. "Chi ti dice che sono stato io a combinare qualcosa?" In tutta risposta ottengo una fragorosa risata che echeggia nell'abitacolo della macchina e si sovrappone al rombo del motore. "Ooooh, vacci piano con lei!" Gli dico dopo l'ennesimo colpo di pedale e provocando in Claudio una nuova risata di beffa prima della partenza. Sa che non possiamo fare altrimenti e se ne approfitta. Quanto mi da fastidio dover subire senza avere alcun potere per reagire. Ma ora la cosa più importante è arrivare a casa e capire cosa succede. Ho paura di aver combinato un bel disastro ma in quel momento non ero lucido e ho fatto prevalere la mia rabbia. Paradossalmente mi sento più presente a me stesso ora con litri di vino in corpo che qualche ora fa. Cosa ci fa fare la rabbia. Nella non completa lucidità di questo momento posso dire che non me ne sarei dovuto mai andare in quel modo, senza darle la possibilità di parlare e senza capire quanto lei avesse bisogno di me, di non restare sola.

Alcuni minuti passano senza che nessuno dei due pronunci nemmeno un sospiro ma lo capisco dal modo in cui di tanto in tanto Claudio mi guarda di sottecchi che aspetta una spiegazione. Mi chiedo se sia giusto condividere gli eventi proprio con lui. È nato tutto dalla sua proposta a Melania e poi... poi non credo che la sua considerazione possa essere molto cambiata nei miei confronti. Abbiamo deposto le armi, perché non abbiamo più lo stesso interesse; siamo anche diventati amici, ma lo so che su di me non ha cambiato idea e mi chiedo se ne valga la pena provare a fargliela cambiare.

Finalmente un mio sospiro di impazienza rompe il silenzio che ormai sta diventando insopportabile. Non saprei da dove cominciare, ma in fin dei conti glielo devo se è venuto fin qui, anche se probabilmente lo sta facendo più per Tara che per me. "Come va?" mi chiede calmo. Ha questo atteggiamento sempre pacato, che non si scompone mai. Sembra che la rabbia o l'impazienza non riescano mai a scalfire la sua imperturbabilità. Capisco allora perché Tara ci si sia rifugiata nel periodo più basso del nostro rapporto. Io la turbavo come lei turbava me. E, nella sua fragilità, aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno di solido. Mi viene da chiedermi se ora quella stessa solidità lei riesca a percepirla in me, perché a quanto pare le certezze che pensavo di averle dato erano solo una mia fantasia. "Come fai ad essere sempre così tranquillo?" gli chiedo mentre osservo il suo viso concentrato, con gli occhi fissi ad osservare la strada. Passa qualche secondo in cui il suo sguardo resta immobile, come se la mia domanda non avesse attraversato l'aria dentro questa automobile. Poi, come se finalmente avesse acceso un interruttore dentro di sé, annuisce ed accenna ad un sorriso "A cosa serve agitarsi? Preferisco abbandonarmi ai pensieri positivi, perché in alcune circostanze è l'unica via per restare sani di mente. Credi che non sia preoccupato? Lo sono, ma l'unica cosa che posso fare è portarti incolume da lei." Ancora una volta mi devo arrendere alla sua saggezza e un po' mi costa ammettere che ha decisamente ragione. "Abbiamo fatto un casino!" Sussurro, quasi per paura che questo possa innescare una serie di accuse da parte sua. Accuse che onestamente in questa occasione non credo affatto di meritare. "Forse il casino l'ho combinato io!" Le sue parole mi sorprendono perché non immaginavo che la causa della discussione con Tara fosse poi così esplicita. "Avrei dovuto riflettere prima di fare quella proposta plateale, ma..." "No, non è colpa tua." Lo interrompo. "Purtroppo io e Tara ci amiamo così tanto che a volte dimentichiamo di comunicare e io... io immaginavo che fosse chiaro che volevo una famiglia, anche se l'ordine degli eventi sarebbe stato un po' disordinato." Claudio annuisce mentre mi rendo conto che mancano poche curve e finalmente saremo arrivati a destinazione. "Andrà tutto bene!" Esclama prima che finalmente il silenzio si instauri nuovamente tra noi, ora più confortevole e carico di comprensione. La lucidità ormai è quasi completa e seguo la linea della carreggiata contando i secondi prima che le luci di casa nostra si affaccino all'orizzonte. Come andrà non lo so, ma l'unica cosa che importa ora è che lei stia bene e che stia a casa. Non so se è la vicinanza rassicurante di Claudio, ma sento il mio corpo piano piano rilassarsi e le palpebre farsi sempre più pesanti.

Il rumore dello sportello dell'auto che si chiude mi desta dal torpore in cui ero momentaneamente caduto. Saranno passati pochi minuti, ma a me sembra un secolo. Il bagliore del lampione sul nostro viale illumina l'interno della mia amata Porsche e la figura di Claudio si staglia davanti a me, accanto al mio sportello. Scendo con un po' di lentezza anche se il mio cuore corre una corsa indiavolata: è come se mi sentissi combattuto tra l'ansia di precipitarmi dentro casa e la paura di scoprire che è successo qualcosa. Claudio non mi mette fretta e rispetta i miei tempi, anche se adesso lo vedo che freme: guarda di continuo le finestre della casa il cui interno sembra eccessivamente illuminato. Osservo la porta di ingresso e per fortuna è chiusa. Non so per quale motivo, ma nella mia fantasia peggiore avevo paura di trovare la porta spalancata e la casa al buio. Vuota. Mi avvicino con cautela e mentre lo faccio mi chiedo perché, ma onestamente non me lo so spiegare. Ho quel pizzico di timore che ad un mio passo falso, una mossa sbagliata, il mio peggiore incubo si possa realizzare davanti ai miei occhi. Deglutisco al pensiero e cerco di incamerare nei polmoni quanta più aria posso prima di decidermi a raggiungere a passo spedito la porta ed aprirla.

Quando la spalanco vengo inondato dal fascio di luce che illumina la casa. Tutte queste lampade accese contemporaneamente emettono un bagliore che questa casa non aveva mai sperimentato prima d'ora. Ma la prima cosa che coglie il mio sguardo sono le scarpe, la borsa e il soprabito di Tara ammucchiati a terra accanto alla porta. "Tara..." bisbiglio, ma non per chiamarla. In realtà ho concentrato in queste due sillabe tutta la mia preoccupazione di questo momento. Non è da lei lasciare le sue cose in giro in questo modo e non so cosa pensare. Mi sento confuso dai postumi della sbornia ma anche dai miei timori che forse l'alcol hanno acuito. "Tara!" Ripeto, ma stavolta con più convinzione e con l'aspettativa di una risposta. In tutto questo svolgersi degli eventi che sembra quasi al rallentatore, ma che stranamente avverto fin troppo rapidi ai miei occhi, non mi sono accorto che anche Claudio è entrato in casa e mi ha superato andando verso il salotto. Il mio sguardo viene catturato da lui quando sento un suo sospiro. Lo vedo che sorride e annuisce in mia direzione. Emetto un sospiro a mia volta. Non mi ero accorto che il mio respiro era diventato irregolare e ora sento come se un elefante si fosse spostato dai miei polmoni. Raggiungo Claudio e osservo Tara da lontano cercando di capire se sta dormendo e se è veramente tutto ok. "Hey, di cosa ti preoccupi adesso?" Osservo Claudio che mi ha posato una mano sulla spalla e mi sorride sollevato. Lui lo è, ma io ancora non mi sento a posto e non lo sarò finché Tara non avrà aperto gli occhi. Finché non parlerà con me. "Stai strizzando gli occhi proprio con quell'espressione di cui mi ha parlato tanto Tara. Non essere preoccupato. Sono sicuro che sta bene." Annuisco e lentamente muovo i miei passi verso di lei, mentre sento quelli di Claudio allontanarsi verso la cucina.

Più mi avvicino e più noto la smorfia sul volto di Tara e come le righe di pianto e trucco lo hanno segnato. Mi chiedo spesso cosa attraversi la sua mente, ma ora più che mai vorrei poterci entrare, immergermi nei suoi pensieri e in quello che sta sognando. Ho addirittura timore a toccarla per quanto sia tesa nonostante sia completamente persa nel sonno. Un brivido attraversa il suo corpo e la smorfia sul suo viso produce una lacrima viva che si va ad infrangere sul cuscino del divano. Il suo respiro diventa pian piano pesante fino a diventare un affanno e parole confuse iniziano a prendere forma sulle sue labbra. "No no! Ti prego, lasciami andare! Non lo dirò a nessuno. Ti prego fallo per il mio bambino!" Urla queste frasi in modo convulso, mentre ha ancora gli occhi chiusi e nuove lacrime scendono incontrollate. Gli incubi sono tornati. Era da quando viviamo insieme che non ne aveva più. Devo svegliarla, devo interrompere questo sogno, devo confortarla e riparare allo strappo che abbiamo provocato.

La mia mano si muove e si appoggia delicatamente sui suoi capelli, ma lei, con un gesto deciso e nevrotico del braccio, me la butta via. "Tara." Bisbiglio piano vicino al suo orecchio. "Lasciami stare!" Urla di nuovo, ma finalmente apre gli occhi. Li sbarra davanti a sé, con lo sguardo fisso nel vuoto, come se non mi vedesse neppure. Regge il suo ventre con un abbraccio protettivo. Trema ma non scossa dal freddo. Il terrore percorre i lineamenti del suo viso, tendendoli in una smorfia di paura. La mia mano si avvicina alla sua guancia ma lei si ritrae, stringendo ancora di più le braccia alla pancia ancora appena accennata. "Tara!" Ripeto con più decisione. "Sono io Tara, svegliati!" È chiaro che, nonostante abbia gli occhi aperti, è ancora totalmente immersa nel suo incubo, ma io devo trascinarla via da quel luogo buio dove è sprofondata in mia assenza. "Perché mi fai questo Brandon? Questo bambino è nostro, lei cosa c'entra? Lei è perfida, non puoi permetterle di crescere nostro figlio. Mi avevi fatto delle promesse..." Le sue parole, piene di dolore e delusione, si interrompono perché le sue labbra tremano a tal punto che non le consentono di parlare. E io non capisco cosa la sua mente stia producendo. L'unica cosa che so ora è che tutti i progressi di queste settimane sono svaniti in poche ore e ancora una volta mi incolpo perché non sono stato paziente, di non averla capita. Io non l'ho mai capita veramente e la amo ancora di più per questo. Non è senso di colpa il mio. Voglio solo proteggerla da se stessa, dalle sue paranoie, dalle sue paure di cui, maggiormente, sono io la causa. Mi ha amato così profondamente che ora non riesce proprio a vedere il buono in me. Forse la vera cura sarebbe la mia assenza, ma proprio non ce la faccio a rinunciare a noi e vorrei che lei riuscisse a capirlo una buona volta. È un percorso il cui lieto fine non è certo, ma vale la pena provarci. Mi allontano un attimo e mi avvicino alla finestra per guardare l'esterno. Il mio sguardo cade sull'albero di limoni illuminato dalla luna. Cerco di immaginare Ryan mentre lo piantava sotto lo sguardo innamorato della moglie. È sopravvissuto agli anni e alle intemperie, così come il loro amore. Gli ho promesso che avrei fatto felice Tara e ho intenzione di mantenere fede a questo impegno, ma adesso proprio non so come portarla di nuovo alla realtà. Mi giro a guardarla e finalmente la trovo appoggiata di nuovo sul divano. Ci ha pensato da sola. Il respiro è tranquillo e i lineamenti molto più rilassati. Certo, quelle righe di trucco che segnano il suo viso sono la testimonianza di ciò che ha vissuto e provato nelle ultime ore ed io stringo i pugni, incazzato con me stesso! Ora devo soltanto ricucire lo strappo tra noi e ripartire da lì, con pazienza. Molta più di prima!

Mi siedo a terra accanto al divano e accarezzo di nuovo i suoi capelli. Con la gravidanza sono ancora più lucenti e morbidi, anche se si sono un po' scuriti. Anche il suo viso ê più luminoso. Solo il suo sguardo a volte è attraversato da una strana espressione assente. Solo ora, dopo questo episodio, capisco a cosa sta pensando in quei momenti. Saró più attento a questi piccoli particolari e interverrò ogni volta che sarà necessario. Una giornata come questa non dovrà mai più ripetersi.

In silenzio continuo a toccarle i capelli e ad osservarla, sperando che questi gesti la dèstino piano e con delicatezza dal suo sonno. Ho una grande colpa, quella di aver creduto che tutto fosse risolto, che tutto andasse bene.

Tara accenna un piccolo sorriso all'angolo della sua bocca. Ha ancora gli occhi chiusi e fa un profondo respiro. Fa fuoriuscire l'aria con un piccolo tremore del corpo, come se si stesse liberando lentamente di tutta la tensione. La sento vibrare leggermente sotto il mio tocco e un nodo alla gola mi si forma fastidioso e ingombrante. È quel senso di colpa per non aver capito che le cose erano ancora lontane dall'essere risolte. E anche quel senso di impotenza e sconforto che sotto sotto mi tormenta. Voglio risolvere, ma dentro di me sono consapevole che non ho grandi strumenti per farlo. Devo solo essere presente ed assecondare questa sua condizione finché non arriverà il bambino. Sono certo che quando avrà suo figlio tra le braccia, tutto si sistemerà e metterà il suo benessere al primo posto. Lei è troppo intelligente per non sapere che sarà soprattutto lei a doverglielo trasmettere. E poi tornerà a lavorare, dovrà farlo! Le farà bene, ne sono sicuro.

Smuove un pochino la testa sotto il mio tocco. Sembra quasi stia chiedendo altre carezze, o forse è solo una mia illusione. Provo a far sentire un po' più la pressione della mia mano sulla sua testa con la speranza che questo la svegli. Le sposto i capelli che le si sono incastrati tra la spalla e il collo e i suoi occhi si muovono piano sotto le palpebre ancora chiuse. Le sfioro le dita di una mano, prima con timore ma, non ricevendo nessuna reazione, mi faccio più coraggio e le prendo tutta la mano. La tengo stretta tra le mie mentre la porto alle mie labbra per lasciarci una piccola scia di baci sul palmo. Con un po' di disappunto noto una piccola goccia di sangue secco all'angolo di un'unghia. Era da tempo che non tormentava le sue cuticole fino a questo punto. Un verso di soddisfazione è seguito da un suo sorriso e poi gli occhi di Tara con lentezza si aprono fino ad incontrare i miei. Non è sorpresa di vedermi lì, piuttosto sembra confusa. Mi guarda dritto negli occhi, senza emettere un suono e io adesso preferisco stare in silenzio e far parlare i nostri sguardi. Di parole ce ne siamo dette anche troppe, per lo più sbagliate. Le altre, quelle giuste, arriveranno quando sarà il loro momento. Ora fermo qui il tempo, dolcemente dentro le nostre pupille.

Note dell'autrice:

Ciao a tutti. È passato tanto tempo dall'ultimo aggiornamento, ma come ho detto in occasione del precedente capitolo, il tempo che riesco a ritagliarmi per scrivere è davvero poco e rubato a cose molto importanti.

Mi dispiace per queste lunghe attese... ma voglio essere onesta: anche l'assenza di commenti e stelline è sconfortante. A me piace scrivere e continuerò a farlo. Non dipende certo da quante persone leggono o votano la mia storia se lo faccio o meno, ma a volte mi chiedo che senso abbia pubblicare qui se poi non so se ciò che scrivo vi piace o no. Datemi un cenno di vita, per favore!

Alla prossima

TY

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