CONSEGUENZE

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Entra in casa dei suoi seguendo la scia di Freddie. Rispetto a quando lo ha raggiunto sul patio, adesso sembra molto più sollevata e io questa cosa proprio non la digerisco. Cosa è successo che l'ha fatta adombrare e perché non ha voluto parlarne con me? Forse perché sono proprio io la causa del suo risentimento, ma, come per la maggior parte delle volte, ignoro completamente cosa abbia mai potuto farle. Era tutto perfetto ed è stato così sin da stamattina. Non mi pareva vero di aver fatto per una volta il tragitto da casa nostra a quì con allegria. E' normalmente sempre tesa quando siamo in macchina e invece oggi era rilassata come non la vedevo da tempo.

Salutiamo Freddie e Monica che devono andare via e mi accorgo che lui ancora una volta le accarezza la schiena in segno di conforto e la risposta di Tara è il suo classico ondeggiare della testa su e giù per annuire alla muta raccomandazione del suo amico. Mi fa soffrire questa loro intesa, il fatto che lui c'è quando lei ne ha bisogno e che lei cerchi lui invece che cercare me. Non sono geloso, non in senso romantico del termine. So che lei ama me e vuole me. Su questo non ho alcun dubbio, ma io sono colui che l'ha fatta soffrire e lui, invece, colui che ne ha medicato le ferite e ogni volta questo confronto mi pesa. E, no! Non ce l'ho con lui. Ovviamente lui fa istintivamente ciò che ha sempre fatto con lei e non se ne rende nemmeno conto. E' lei che mi da sui nervi, che adesso vorrei affrontare per chiarire. La vedo che saluta con molta più leggerezza gli amici per poi passare a parlare con la sorella e Claudio. Non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo, come se non fossi lì. Come se fossi trasparente e questo mi conferma che il suo problema è proprio con me. Amaramente penso: come se ci fosse bisogno di una conferma! Mi sfiora per un istante il pensiero di parlarne con Freddie, ma preferisco non farlo. Dobbiamo smetterla di essere infantili e cercare un intermediario nelle nostre cose. Resto quindi fermo quì sulla porta ad osservarla mentre, con uno sguardo leggermente malinconico, ancora si congratula con i futuri sposi. Nessuno ha notato niente, o almeno tutti fanno finta che nulla sia successo, ma io la sento la pesantezza di questa situazione e l'unica cosa che vorrei fare ora è andare via. Nel frattempo mi è anche passata la voglia di parlare con lei. Anzi sarebbe preferibile per entrambi che questo non accada, non subito almeno. Per come mi sento ora, per la rabbia crescente che sto accumulando dentro, potrei dire cose che la potrebbero ferire. O peggio, lei mi potrebbe dire altrettanto e non la prenderei bene, mentre l'ultima cosa che vorrei è rovinare la nostra storia.

Melania si rivolge a me con il suo sorriso sognante e mi invita ad unirmi a loro, ma il mio umore non mi consiglia di accettare. "Grazie Mel, ma sarebbe bene che andassimo anche noi. Ho del lavoro da finire per una riunione che ho domattina presto." E mentre pronuncio queste parole il viso di Tara si incupisce un po' di più. Ho detto una mezza verità e lei lo sa. Ha capito bene che voglio divincolarmi da questa situazione e, ancora senza rivolgermi nemmeno uno sguardo, si alza in silenzio e viene nella mia direzione per raggiungere l'ingresso dove ci sono i nostri soprabiti. Mi passa accanto senza nessun cenno verso di me, mantenendo questo suo atteggiamento distante. Mi giro per recuperare anche la mia giacca, ma sento la mano di Claudio che si appoggia sul mio braccio per trattenermi. E' l'unico che ha capito che qualcosa è andato storto. Lo capisco dalla smorfia rammaricata sul suo volto. "E' tutto ok, amico?" mi dice sottovoce cercando di non far sentire alle persone attorno a noi. Sorrido a mezza bocca perché in questa situazione c'è una cosa che mi appare paradossale: colui che percepivo come una minaccia ancora prima di capire i miei sentimenti per Tara, ora è tra le poche persone che posso considerare fidate e amiche. "Vorrei saperlo." gli rispondo, ma, al contrario di lui, non modero il tono della mia voce. Voglio che Tara senta e capisca che quello che è accaduto non si risolverà come le altre volte. Non la passerà liscia. A queste mie parole vedo le spalle di Tara irrigidirsi. Ormai riesco a interpretare ogni sua singola mossa e sono certo che ha ben capito che mi sto riferendo proprio a questa situazione. Quando si gira per cercare i miei occhi sono io a questo punto ad evitarli. Non mi interessa vedere quale sguardo mi possa mai riservare. Qualsiasi possa essere il suo stato d'animo in questo momento non è un mio problema e so che se incontrassi i suoi occhi cederei e tornerei a sentirmi in colpa, anche se non dovrei.

Con la mia esclamazione però, ciò che era passato inosservato fino a questo momento, ora è diventato chiaro a tutti e sento l'aria diventare ancora più pesante. Forse ho esagerato. Forse ho sbagliato ad essere così plateale davanti alla sua famiglia. Non voglio intromissioni o interferenze. E' una faccenda che dobbiamo sbrigare tra noi e ho imparato abbastanza a conoscere i genitori di Tara da sapere che c'è il forte rischio che intervengano. Ma come già accaduto prima, Claudio si rivela nuovamente un ottimo amico e, avendo bene inteso il momento difficile, interviene in mio soccorso. "Vi auguriamo una buona serata allora." Esclama ad alta voce, salutandoci ancora una volta e spingendoci verso la porta per farci andare via, senza nemmeno darci il tempo di salutare come si deve Melania, Mary e Geoffrey, il cui ultimo sguardo è a dir poco perplesso. Immagine divertente se non fosse per come mi sento friggere dentro.

Quando entro in macchina mi rendo conto di aver fatto il percorso come in uno stato di trance, totalmente preso dal mio tentativo di mantenere la calma perché si, il mio istinto primordiale adesso vorrebbe che scatenassi la mia frustrazione direttamente su chi l'ha causata, ma, siccome ho deciso che non mi sarei mai più comportato in quel modo, ho contato a lungo prima di entrare nell'abitacolo, ma almeno sono riuscito a riprendere in mano le redini del mio temperamento. Allo stesso tempo però, non mi sono reso conto di aver lasciato Tara sulla porta a guardarmi. Poco male, metto in moto e la aspetto, cercando di annullare temporaneamente ogni mio pensiero e ogni mia emozione. Passano pochi istanti e lo sportello del passeggero si apre e lei si siede accanto a me. Sento il suo sguardo colpirmi e fatico a trattenere la forte tentazione di voltarmi e guardarla. Ma ho deciso ormai e non torno indietro, non stavolta.

Il tragitto in macchina non mi è mai sembrato tanto lungo quanto oggi. Tara per un istante ha anche provato a rivolgermi la parola. "Brandon." ha bisbigliato piano, con tono quasi dimesso, ma io non le ho dato alcuna possibilità di discussione. "E' meglio se non parliamo, quindi ti prego di stare zitta." Le ho biascicato tra i denti e queste sono state le ultime parole che abbiamo scambiato, dopo di che il silenzio è stato il benvenuto tra noi ed io mi sono concentrato solo sul suono del motore della mia automobile. Adesso ho solo voglia di stare per conto mio, di schiarirmi le idee e farmi sbollire tutta la tensione che mi sta friggendo nelle budella.

Ora che intravedo da lontano le luci esterne della nostra casa, mi sembra già di assaporare il momento in cui potrò stare da solo a mettere di nuovo ordine nei miei pensieri e trovare la calma necessaria per affrontare una discussione con Tara.

Fermo la macchina davanti casa senza spegnere il motore. Spero capisca autonomamente che deve scendere da sola e che deve lasciarmi in pace, ma dopo qualche secondo lei è ancora quì accanto a me, il suo corpo completamente girato verso di me in attesa di un mio cenno. E non tardo ad accontentarla. "Scendi!" esclamo deciso per poi finalmente rivolgerle lo sguardo. Mi osserva con gli occhi di chi non vuole capire ciò che ha sentito. "Scendi dalla macchina!" le ripeto secco e deciso, distogliendo nuovamente il mio sguardo dal suo, perchè, anche se mi ha accarezzato per solo qualche secondo, già mi ha fatto vacillare. Ho riconosciuto in tempo quella sensazione affacciarsi dentro di me e l'unico modo per contrastarla è stato non continuare ad incontrare i suoi occhi. Ora devo solo allontanarmi. Troppa rabbia per poter affrontare una discussione con lei e non so che reazione potrei avere. Potrei sbagliare e cedere. O potrei sbagliare anche di più ed aggredirla e non voglio che accada nessuna delle due situazioni. "E tu? Non credi che questo tuo comportamento sia un po' infantile?" Speravo stesse zitta. Speravo che capisse, ma purtroppo ha scelto una frase veramente sbagliata che, pronunciata da lei non fa altro che provocarmi un'amara risata. Non voglio discussioni, voglio solo stare un po' da solo a pensare, a sbollire questa frustrazione che provo, senza il rischio di rovesciarla su di lei. Ora sarebbe tutto troppo violento, troppo pesante e, nonostante tutto, ho voglia di proteggerla. Da me.

Respiro profondamente cercando di ricomporre il mio autocotrollo e decido di ignorare le sue parole "Scendi ho detto!" "No, se tu non vieni con me!" Me lo aspettavo. La sua testardaggine è pari se non superiore alla mia. Ora Il mio respiro si fa pesante per l'inquietudine che questa situazione mi sta provocando. Scendo dalla mia Porsche e sbatto lo sportello. Solo lei riesce a farmi fare questo tipo di azioni che mai avrei pensato di fare. Mi incammino velocemente verso il suo sportello e lo apro con forza. Mi metto da parte per consentirle di scendere dalla vettura e quando lo fa lo chiudo con la stessa forza con cui ho chiuso il mio, tanto che il rumore la fa sobbalzare. Mi rivolge uno sguardo un po' arrabbiato. Perché ora è lei quella arrabbiata... lei, che ha provocato in me tutto questo risentimento, che mi ha fatto rimescolare il sangue per essermi sentito messo da parte. Lei, ora, è arrabbiata...

Mi dirigo spedito verso la porta di casa facendole strada. Sento i suoi passi dietro di me che mantengono il mio stesso ritmo. Apro la porta e mi metto da parte per farla entrare. Aspetto che sia in casa e resto qui fuori a guardarla, con le sue spalle e la testa basse. Si gira poi verso di me con dentro gli occhi l'aspettativa di avermi dentro casa con lei. Scuoto la testa, non me la sento e comunque non avevo intenzione di farlo. Ho voluto forzarla ad entrare in casa illudendola che l'avrei seguita, per poi guadagnarmi il mio tempo da solo. Ne ho bisogno e se lei non lo capisce, in questo momento non è un problema mio. Ho aspettato e subìto anche troppo. Prendo il pomello della porta e la tiro verso di me per chiuderla, ma lei si precipita a fermarla. "Non andare. Avevo comunque deciso che te ne avrei parlato." Di cosa, penso amareggiato. E comunque questa confessione non mi solleva nemmeno un po'. Quando lo avrebbe deciso? Dopo aver parlato con Freddie? Ciò significa che il suo primo istinto non sono stato io. "Ti prego non essere arrabbiato, non ne hai motivo." mi dice implorante e quello che mi da più sui nervi in questo momento è che non riusciamo proprio a connetterci, lei non riesce proprio a capire ciò che penso, come mi sento. "Non sono arrabbiato. Sono affranto. E sono stanco, Tara! Non riesco più a starti dietro. Sopporto tutto: anche i tuoi sbalzi di umore, le tue paure, il tuo avercela con me senza ch'io ne sappia il reale motivo e il dovermi continuamente scusare per colpe che ignoro di aver commesso, come adesso. Sopporto anche il sentirmi ancora responsabile delle tue insicurezze che cerco continuamente di curare, ma sembra sempre che tu mi voglia tenere fuori dalla tua vita, che preferisci andare a confidarti con il tuo ex piuttosto che risolvere insieme a me i problemi che credi di avere con me. Perché in fondo ti fidi di lui ma non ti fidi di me." "È davvero questo il tuo problema? Davvero credi che Freddie sia un problema tra noi? Lo sai, Freddie non è solo il mio ex, è il mio migliore amico." Sembra davvero non capire il nostro problema. "Non è Freddie il problema. Il problema è che io non so cosa sono. O forse non è chiaro a te. Eh? Cosa sono? Sono io il tuo uomo, Tara. Sono il padre di nostro figlio-" "Ma non sei mio marito!" mi urla contro. Ecco! È questo il motivo, ciò che l'ha fatta arrabbiare. E non bastano tutti i gesti, il tempo, le promesse e l'amore che le dedico. Quell'anello, alla fine, vince su tutto e io ai suoi occhi sembro sempre l'uomo che non sono. Perché le sue insicurezze verso di me sono sempre in superficie pronte ad essermi vomitate addosso. Ma io non sto più al gioco. Un ghigno sarcastico si affaccia sulla mia bocca "Ecco, lo sapevo. Sempre lì andiamo a finire. Ma stavolta non ci casco Tara. Questa volta tocca a te e siccome non voglio discuterne ora, lasciami andare." "No ti prego." Urla cercando di spalancare la porta, ma senza successo. La mia presa è così salda e convinta che si convince finalmente a rinunciare. Mentre la chiudo sento la sua voce flebile che piagnucola "Ho paura. Non andare." Nonostante ammetta la dolcezza della sua voce, questa volta non riesco proprio ad intenerirmi. Apro leggermente di nuovo per guardarla dritto negli occhi "Cresci Tara. È arrivato il momento di crescere. Usa questo tempo da sola per riflettere. Io lo farò!" Chiudo la porta lasciando lo sguardo di Tara. Nei suoi occhi spaesati c'era una commistione di terrore, dolore e rabbia. Forse sono riuscito a scuoterla, forse coglierà il mio consiglio. Fatto sta che la strada verso la mia Porsche mi è sembrata troppo lunga e piena di troppi attimi di ripensamento che ho dovuto contrastare. Ora devo andare il più lontano possibile e ritrovare tutta la calma necessaria.

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Freddo. Le mie gambe sono paralizzate dal freddo. E anche le mie mani. Freddo. Il freddo avvolge la mia testa e ogni parte del mio corpo immobilizzandolo. Sono ferma davanti a questa bianca porta chiusa e non riesco a muovermi. La osservo sgomenta, sopraffatta dal tremore e dal senso di angoscia. Ho paura! Tanta paura. Paura di aver rovinato la cosa più bella che mi sia stata donata. E paura di essere sola. Non voglio essere sola. Non posso esserlo. Sono riuscita ad evitarlo per tante settimane ed ora invece sto affrontando il mio peggior timore. Sono sola! Attorno a me c'è solo buio e la mia incapacità a muovermi non mi consente nemmeno di accendere la luce. Dovrei! Probabilmente le mie angosce si attenuerebbero, ma non ci riesco. Anche il mio respiro è congelato dalla paura. Mi si ferma in gola con un il suo peso pieno di ansia.

All'improvviso un formicolio dentro di me mi fa sobbalzare, la mia mano con emozione si appoggia sul mio ventre e il nodo che sentivo in gola si trasforma e diventa dolce e lieve. È la prima volta che avverto la sua presenza. Fino ad ora sapevamo che c'era solo perché lo avevamo visto attraverso l'ecografia, ma sentirlo nel mio corpo è una sensazione che mi lascia piacevolmente senza fiato. Ed è come se il mio bambino mi stesse dicendo che lui c'è, che è con me, che io non sarò mai più sola, che lui ha bisogno di me. Una lacrima riga il mio viso mentre osservo in penombra la mia mano toccare la mia pancia. Ma la paura resta. Quella di aver allontanato Brandon, quella per le mie paranoie che cerco di ignorare ma che sono sempre nel mio subconscio. Eppure ora non mi sento sola, perché non lo sono. Cosa sto combinando? Cosa sto facendo alla mia vita e a quella di Brandon? Ogni volta che sembriamo aver fatto dei passi avanti, scivoliamo indietro come se nessun progresso fosse stato fatto. E so che la colpevole sono io. Sono sempre io, nonostante tutti i miei sforzi. Perché sono insicura, principalmente di me stessa, poi di lui, e sono sentimenti difficili da cancellare con poche settimane di terapia. Vorrei che fosse qui a condividere questo momento con me... vorrei che fosse con me per potergli dire quanto lo amo, potergli chiedere ancora perdono e dirgli... no, non servirebbe! L'ho visto il suo sguardo, le ho sentite bene le sue parole. L'ho deluso e ferito. Per cosa poi? Per uno stupido anello che solo formalmente segnerebbe un impegno che in realtà lui ha già preso pienamente col cuore? Perché nella mia mente distorta quello significherebbe che lui non mi lascerà mai ma, alla fine, è proprio ciò che sto ottenendo con il mio comportamento. Non ho voluto condividere con lui ciò che ho provato in quel momento perché ho avuto paura di allontanarlo, mentre parlarne tra noi sarebbe stata la soluzione. Sicuramente mi avrebbe detto che non se la sente, ma ne avremmo parlato, anche litigando magari, ma avrebbe saputo da subito cosa covavo nel mio cuore. Mi sento disperata al pensiero che tutto possa essersi infranto così. Ho bisogno di stendermi. Ho bisogno di riposare il mio corpo che adesso risente della tensione di pochi minuti fa, per quella sensazione glaciale che mi ha attraversato in ogni anfratto del corpo.

Accendo la luce e chiudo la porta a chiave facendo attenzione a non girare il chiavistello. Ho la speranza che Brandon torni, anche se in piena notte, da me. Lo aspetterò sveglia, sul divano. Abbiamo bisogno di parlare e lo costringerò a farlo, stavolta. La rabbia gli si sarà sbollita e riuscirò a farmi ascoltare, stavolta.

Recupero il cellulare dalla borsa prima di farla appoggiare a terra. Il soprabito fa la stessa fine della borsa una volta sfilato, scivolando ai miei piedi. Li lascio lì. Non ho la forza di raccoglierli. Sfilo anche le scarpe e tocco con i piedi nudi il parquet liscio e fresco. Un brivido attraversa il mio corpo e mi ricorda che per la prima volta mi ritrovo sola in questa enorme casa. Mi guardo attorno e tutte le stanze e corridoi sono bui e un nuovo brivido mi assale, diverso dal precedente. La sensazione strisciante di paura che fino ad ora era rimasta sopita perché ero troppo distratta dal disastro che ho causato. Corro immediatamente ad accendere tutte le luci, inclusa quella delle scale anche se di sopra nemmeno ci andró. Mi intimorisce troppo quel buco nero che intravedo lì in cima e non è questo il momento giusto per affrontare le mie paure. La sola vista mi scuote troppo per poter decidere un atto di coraggio. Un rumore proveniente dall'esterno mi desta dai miei pensieri. Sono cosciente che non può essere nulla ma decido comunque di guardare fuori dalla finestra. Scosto la tenda con timore, come se non volessi farmi vedere mentre sbircio. Non so perché faccio così, ma l'unica cosa che vorrei in questo momento è essere piccola quanto una formica e nascondermi nell'angolino più nascosto della casa. Guardo con attenzione a destra e sinistra. Anche in alto, ma nulla. Niente di strano mi si palesa, a parte un po' di vento che deve aver fatto rotolare il secchio per le foglie secche sul vialetto. Dovrei andare a recuperarlo, ma non ho affatto intenzione di uscire. Anzi, sarebbe meglio controllare anche la porta sul retro, in cucina. Trattengo il fiato finché non la raggiungo, accendendo nel tragitto tutte le luci, anche quelle che normalmente teniamo spente. Lo so, sono paranoica, ma ne ho bisogno per mantenere la calma e non farmi travolgere dalla paura che pericolosamente vorrebbe impossessarsi di me. Controllo più e più volte che la porta sia perfettamente serrata. Che stupida! Ovvio che lo sia. L'ha chiusa Brandon prima di uscire stamattina. Sto perdendo la lucidità e la stanchezza inizia a farsi sentire sempre di più. È arrivato il momento di raggiungere il divano e aspettare. Aspettare, già. Sospiro pesantemente e con tutta la mia inquietudine.

Nel momento preciso in cui mi siedo il telefono tra le mie mani squilla, accompagnato da quella classica vibrazione che non è per niente indicata ai miei nervi così sensibili. Emetto un piccolo urlo di sorpresa a quel suono, per poi rendermi conto che, forse, sto esagerando ed accenno un sorriso consapevole ed amaro. Controllo svogliatamente lo schermo, certa che non possa essere Brandon e, infatti, non mi sbaglio. La foto della mia cara e felice sorellina lampeggia quasi a farsi beffe di me. Onestamente, non ce la faccio a parlare con lei. Sono sicura che voglia condividere con me la sua gioia, ignara del disastro che quella proposta e quell'anello abbiano provocato nella mia vita. Abbasso la suoneria, rimuovo la vibrazione e lo appoggio per terra. Vista la condizione in cui mi trovo e la reazione che ho avuto, meglio starci lontano. Certo, in fondo, mi dispiace non provare l'adeguata gioia per questa notizia che sarebbe semplicemente fantastica. Ma ora ho altri pensieri per la testa, pensieri che non mi va di condividere nemmeno con Melania. Nemmeno con Alice. Se non posso stare con Brandon, preferisco stare da sola, chiusa nel mio guscio. Ed aspettare gli eventi.

Note dell'autrice:

Ciao a tutti,

Proprio una brutta situazione tra le nostre due colombelle innamorate che si sono trasformate in un attimo in corvacci arrabbiati. Chissà se riusciranno nuovamente a ritrovarsi e godersi finalmente i loro sentimenti.

Voglio ringraziare e dedicare questo capitolo a tutti coloro che si sono appassionati alla storia di Tara e Brandon e che con pazienza e affetto aspettano un nuovo capitolo, nonostante le lunghe attese.

La vita mi ha riservato qualche sorpresa che mi ruba veramente tempo ed energie, per cui il tempo di scrivere è diventato veramente esiguo, rubacchiato qua e là.

Abbiate fiducia, non vi abbandono!

Buon tutto!

TY

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