VERITA'

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Something always brings me back to you
It never takes too long
No matter what I say or do
I'll still feel you here 'till the moment I'm gone
You hold me without touch
You keep me without chains
I never wanted anything so much than to drown in your love
And not feel your reign
Set me free, leave me be
I don't want to fall another moment into your gravity
Here I am, and I stand
So tall, just the way I'm supposed to be
But you're on to me and all over me
Oh, you loved me 'cause I'm fragile
When I thought that I was strong
But you touch me for a little while
And all my fragile strength is gone
Set me free, leave me be
I don't want to fall another moment into your gravity
Here I am, and I stand
So tall, just the way I'm supposed to be
But you're on to me and all over me
I live here on my knees as I try to make you see
That you're everything I think I need here on the ground
But you're neither friend nor foe though I can't seem to let you go
The one thing that I still know is that you're keeping me down
You're keeping me down, eh ooh
You're on to me, on to me, and all over
Something always brings me back to you
It never takes too long

Ci ho pensato un po'. Ho combattuto contro me stesso e il mio orgoglio. Ho avuto mille ripensamenti e fatto mille congetture, ma l'unica soluzione era venire qui e guardarla negli occhi. Sapere dalla sua bocca tutta la verità. Sapere da lei se è vero che il matrimonio è saltato e, soprattutto, capire, chiederle, se c'è ancora una possibilità per noi due. Perché posso girarci intorno quanto voglio, dire a me stesso un milione di cazzate per convincermi che passerà, che sopravviverò fino a dimenticare, ma la verità è che so benissimo che non passerà, che non riuscirò a dimenticare.
Il tragitto mi è sembrato infinito. Ho visto il tramonto dallo specchietto retrovisore mentre macinavo i chilometri per arrivare a Riverdale. Il sole era un cerchio rosso che crollava alle mie spalle e mi infuocava il petto colmo di domande che hanno urgenza di trovare una risposta.
Mentre mi avvicino con la mia auto vedo da lontano che accanto a lei c'è sua sorella, ma soprattutto noto la presenza del "pasticcere". Sembrano allegri, spensierati e verificare così che, in fin dei conti, lei ha superato indenne quel suo dolore così sbandierato mi innervosisce al punto che il mio piede sull'acceleratore spinge un po' di più e la mia Porsche emette un ruggito che sembra quasi essere uscito dalla mia testa e dal mio animo. Quel Claudio a quanto pare è un tipo che non molla. Al rombo della mia macchina Tara si blocca, quasi pietrificata. Lo so, ha riconosciuto il suono del motore. Me lo disse un giorno in cui andai a prenderla in palestra facendole una sorpresa. Arrivai alle sue spalle mentre camminava e non dovetti fare nient'altro che fermarmi a pochi metri da lei. Si girò sicura di ciò che avrebbe trovato e, con il suo solito sorriso, si infilò in macchina e mise la cintura. "Sapevo che eri tu. Riconoscerei questo motore anche nel traffico congestionato di New York." disse ridendo. E sicuramente è accaduta la stessa cosa adesso.
Li vedo parlare pianotra loro continuando a darmi le spalle. Questo loro atteggiamento ora mi da la certezza che Tara sa perfettamente che sto arrivando a chiedere spiegazioni. Freno bruscamente proprio alle loro spalle e li osservo parlare sommessamente. Melania è voltata di profilo verso di lei e ha lo sguardo preoccupato. Anche Claudio le parla, ma il suo sguardo mi rende furioso: quel suo modo di essere premuroso e protettivo nei confronti di Tara l'ho sempre trovato inopportuno, fuori luogo, e adesso mi fa salire ancora di più il sangue al cervello. Non ha perso tempo a farsi avanti e proporsi come rimpiazzo. Scendo dalla mia automobile e incontrollabile la mia rabbia si sfoga con lo sportello. Non l'ho mai sbattuto così forte come adesso. Non lo farei mai, la mia automobile è un tempio e va rispettato, ma non sono riuscito a trattenere il mio nervosismo incalzante. Muovo i primi passi verso le scale e verso di loro nel silenzio surreale e ovattato che ci circonda e nel quale echeggia solo il calpestio delle mie scarpe nella neve ormai quasi sciolta. Faccio i primi scalini per poi fermarmi nel momento in cui vedo Melania e Claudio sciogliersi dalle braccia di Tara. Prima di entrare in casa l'uomo si volta verso di me, con uno sguardo arcigno, severo, ma tutt'altro che arrabbiato, privo di qualsiasi traccia di gelosia o rancore nei miei confronti. Sembra quasi una raccomandazione a non rovinare le cose, a non rovinare quel prezioso fiore che è Tara. Poi prende con delicatezza la Ford più giovane sotto braccio ed entrano in casa mostrando tra loro una confidenza tale da farmi sentire il peso di non aver mai condiviso le nostre famiglie, mentre quell'uomo sta avendo questa opportunità, così come l'aveva avuta Randy. Quello che provo ora è qualcosa di più della rabbia, sarebbe troppo riduttivo. Sono deluso e amareggiato. No, furioso perché lei avrebbe dovuto darci un'altra possibilità e invece ha rinunciato alla prima difficoltà. Perché quando è saltato il matrimonio si è rifugiata tra le braccia di un altro e non ha pensato di riprovarci con me. Sono furioso perché ho saputo da un'altra persona che lei era ancora a New York e non a pochi chilometri di distanza da me.
"Vedo che le notizie corrono veloci." mi dice  con tono incolore, mostrandomi ancora le spalle rigide e il suo capo ben dritto davanti a se. "Cosa è successo Tara? Cosa è cambiato? Come mai sei ancora qui e non a Los Angeles?" E, nonostante queste mie domande, non accenna minimamente a voltarsi. Resta nella stessa identica posizione impettita, quasi a volersi difendere dai discorsi che già sa di dovere affrontare. E difendersi da me. Stringe un foglio tra le mani che poi porta al petto, alza gli occhi al cielo e fa uno di quei suoi sospiri, profondi, tremanti, spezzati dal fiume di parole che avrebbero voluto trovare voce ma che restano mute. Io, invece, nemmeno respiro in attesa di vedere di nuovo il suo viso. Di spalle sembra ancora tanto magra. Scorro i miei occhi sulla sua smunta figura avvolta in un soprabito che sembra andarle troppo grande e mi rendo conto che sta tremando, ferma lì ad osservare la porta di casa chiusa davanti a lei. Ho la voglia e la tentazione di avvicinarmi ancora un po' e prenderla tra le mie braccia. Per quanto mi senta arrabbiato, nulla è comunque cambiato per me in questi giorni, i miei sentimenti non si sono affatto affievoliti, semmai si sono addirittura rafforzati. "Guardami! Girati e parlami! Ho bisogno di risposte. Me le devi, non credi?" e purtroppo il mio tono risulta sicuramente più acido di quanto io volessi. "E dimmi, cosa esattamente credi che ti dovrei?" Dice girandosi verso di me. I suoi occhi mi colpiscono come mille lame. Non c'è astio, né rancore. Neppure rabbia, ma feriscono molto più di quanto avrebbe ferito uno sguardo pieno di odio. Vedo tante lacrime aggrappate a quelle ciglia ed un enorme, indecifrabile peso che adombra uno sguardo che avevo sempre visto luminoso quando era rivolto a me. Le sue mani ancorate sul petto a trattenere quel foglio, ed è vero, nessun anello di fidanzamento cinge il suo dito. "Cosa ti devo Brandon? Spiegazioni sul perché non mi sposo più? E perché mai dovrei?" Insiste arretrando un po', per cui faccio io un passo verso di lei. "Vorrei-" inizio a parlare ma lei mi interrompe "Vorresti? Ora lo sai cosa vuoi, ma quando stavamo insieme non lo accettavi. Come posso crederti adesso?" I suoi occhi sono rivolti lontano, dietro di me, cercando qualcosa a cui aggrapparsi pur di non guardarmi. La conosco ormai troppo bene e so come agisce. C'è qualcosa che non vuole dirmi. O forse, semplicemente, non ci riesce. Anche la sua voce è controllata sebbene emozionata. Quando sospira nel modo in cui ha fatto prima, lo fa per prendere il controllo. Ecco cosa sta facendo. Vuole mantenere il controllo, ma perché? Perché insistere, perché essere così ostinata ed orgogliosa? Mi avvicino ancora un po', lentamente, come in un deja vu, costringendola ad arretrare fino a raggiungere il muro dell'edificio. "Non... non avvicinarti, Brandon." Mi dice con voce piegata e abbassando gli occhi. La sua è più una preghiera che un ordine. "Ok, non mi avvicino, ma tu adesso mi devi dire cosa mi stai nascondendo. Ti conosco troppo bene per non capire che mi nascondi qualcosa." Trattengo la mia mano dal toccare il suo viso e le mie parole escono come velluto nel tentativo di accarezzarla almeno in questo modo. E la sua reazione è il risultato che speravo. Un piccolo sorriso affiora all'angolo delle sue labbra, i suoi occhi finalmente decidono di incontrare i miei. Due gemme tormentate, cariche di mille pensieri e infiniti sentimenti. Deglutisce, le sue labbra tremano e gli occhi si socchiudono leggermente. Sento il cuore accelerare i battiti a questa sua silenziosa conferma che qualcosa è successo e ha deciso finalmente di dirmelo. Resto qui, le do tutto il tempo che le serve. L'ho già fatto in passato e lo farò ancora e ancora, se sarà necessario. "Randy ha capito tutto e ha preferito rinunciare a me." Dice tutto d'un fiato. Inclina la testa verso una spalla accennando un sorriso amaro. Annuisco emettendo un sospiro di sollievo, anche se qualcosa mi dice che non è questa la verità che le pesa tanto, ma non insisto. Aspetto ancora. La guardo in silenzio, i miei pugni serrati a trattenere le mie mani dall'allungarsi verso di lei, verso il suo viso teso e le sue labbra socchiuse in uno strano broncio. "Avevo bisogno di un altro po' di tempo. Solo qualche altro giorno o settimana. È troppo..." la sua voce si incrina lievemente e gli occhi si strizzano in un profondo sospiro. "... ancora troppo presto." Cosa vuol dire con questa frase? Vuole tornare da me? Ci stava ripensando? Troppe domande di nuovo mi tormentano la mente e solo lei può rispondere a tutti questi miei interrogativi "Che significa Tara? Non giocare con me, lo sai quello che provo." Dico tra i denti trattenendo la mia impazienza, consapevole che un solo mio gesto non adeguatamente soppesato potrebbe rovinare tutto, per sempre.  Scosta il foglio che stringeva sul suo petto e lo guarda con espressione  per me talmente indecifrabile da spingere la mia smania al limite. "Sarei venuta io da te. Avevo solo bisogno di più tempo." Mi porge quel foglio che stava custodendo preziosamente sul petto. Nel prenderlo le nostre mani si sfiorano e la sua si ritrae, non per fastidio, ma con timidezza ed emozione. Io invece riprovo finalmente quella ondata di calore che solo con lei riesco a provare. Un attimo fugace, una frazione di secondo, che mi riporta indietro di pochi giorni e mi fa desiderare di averne ancora di più. Le sue guance si arrossano e la vedo tremare di nuovo dentro quel soprabito sproporzionato su di lei. Rivolgo la mia attenzione a quel foglio tanto importante con paura e curiosità. Leggo solo il nome di Tara, dei numeri, la data. È di un centro di analisi, ma io non capisco di cosa si tratti. Esito: positivo, ecco cosa c'è scritto, ma non riesco a decifrare di cosa si tratti. So solo che inizio a provare un senso di panico, mi si stringe la gola e il terrore di perderla, o peggio, vederla soffrire, mi toglie il respiro fino a farmi girare la testa. Non sono mai stato così debole come da quando è ripiombata nella mia vita. Tutto ormai mi sembra sempre così effimero e fragile, come se ogni cosa che mi si avvicina si distrugga con il solo scopo di farmi soffrire e punirmi per la mediocrità di uomo che sono stato con lei. Inizio a respirare con affanno e le mie parole escono in una piena di ansia. E urlo, si urlo, anche se non vorrei. "Cosa vuol dire. Sei malata? Stai per morire? Tara ti prego parlami, cazzo! Mi stai facendo preoccupare!" Non sono pronto a perderla senza alcuna speranza. Cerco di avvicinarmi a lei ma me lo impedisce, mettendo tra noi le sue braccia tese in avanti, nell'intento di bloccarmi. "Fermati!" urla allarmata dal mio approssimare, per poi ripeterlo con voce più pacata. "Non sono malata e non sto morendo." mi dice con tono quasi divertito, scrollando la testa. Si sta prendendo gioco di me? Sono confuso e, ora, anche indispettito. È un altro tentativo per non dirmi la verità? "Stai evitando di dirmi le cose, Tara, e ti assicuro che questo non mi fa preoccupare di meno." Sibilo nervosamente tra i denti. Lei abbassa di nuovo il suo sguardo e sento la sua voce uscire come un soffio flebile capace però di investirmi e travolgermi senza preavviso "Sono incinta. Aspetto il nostro bambino Brandon." Sento il mio petto dilatarsi come se questa rivelazione avesse fatto esplodere qualcosa dentro di me. Si, un'esplosione di emozioni contrastanti che mi sommergono, mi soffocano. Sono sorpreso e... senza parole. La mia vista si annebbia e non riesco più a vedere nulla. Cerco qualcosa di solido a cui aggrapparmi, un sostegno per il mio corpo che per un attimo vacilla. E vedo offuscato, ogni contorno sbiadisce per la rabbia, perché sono incazzato. Lo sono perché vorrei essere felice. Sono incazzato perché io sono felice, ma sono anche troppo incazzato con lei per poter vivere questa gioia. Terribilmente incazzato con lei. E quando finalmente riesco di nuovo a mettere a fuoco ciò che ho davanti a me, sento la mia rabbia moltiplicarsi, accrescere ancora di più. Provo a sfogare questo galoppante risentimento che provo verso di lei dando un calcio alla staccionata del patio. Provo a controllare il mio respiro prima di parlare. Provo a controllare le mie parole, prima di farmi sfuggire frasi che non dovrei pronunciare. Provo, provo, provo, ma è tutto inutile. Le frasi scivolano via come veleno dalla mia mente e dalla mia bocca. "E quando pensavi di dirmelo Tara? Quando?" le urlo contro. Lei alza il suo viso, il suo sguardo è spaventato dalla mia reazione violenta e dal mio viso arrabbiato che ora è troppo vicino al suo. Talmente vicino da sentire il freddo della pelle del suo viso sulla mia. Trema, si morde le labbra e tormenta le pellicine attorno alle unghie. Mi dispiace. Davvero, mi dispiace non essere riuscito a controllare la mia delusione, mi rincresce che siamo arrivati a questo punto tra di noi, ma purtroppo la mia furia non riesce a scemare, riesco solo a contenerla abbassando il volume della mia voce "Di quanto tempo avevi bisogno ancora, eh? Magari nove mesi? O forse non me lo avresti mai detto? Cazzo Tara è anche mio figlio. Quanto puoi essere egoista? Quanto?" I nostri occhi ormai sono uno dentro gli occhi dell'altro, così profondamente uniti, così indissolubilmente collegati che riesco a percepire ogni suo pensiero, ogni sua paura. Sento il suo fiato sul mio viso sempre più affannato. Sta trattenendo le lacrime, lo so. Li vedo i suoi occhi lucidi e le labbra strette, serrate tra loro nello sforzo di mandarle giù e, ad un tratto, tutto il risentimento e tutta la rabbia che provavo fino a qualche attimo fa, svaniscono lasciando libero il mio gran desiderio di baciarla, di prenderla tra le mie braccia e condividere con lei questa felicità che mi esplode nel cuore. Sì, sono felice. Ho deciso che voglio abbandonarmi finalmente a questa emozione incontrollabile: avrò ciò che volevo, ciò che desideravo e che ormai disperavo di avere. Perché, qualunque sia il mio futuro, il nostro futuro, avrò sempre e comunque vinto. E lo sento palpabile nell'aria il desiderio reciproco di unire le nostre bocche, il bisogno di sentire i nostri sapori mischiarsi. La voglia e la necessità di suggellare questo momento così importante per le nostre vite. Con lentezza avvicino il mio al suo viso, che appare immobile e impassibile. I suoi occhi, quelle stelle brillanti che illuminano la mia anima, però la tradiscono. Lo stesso mio desiderio per questo bacio splende in quelle pietre preziose e sta per accadere. Finalmente ho l'opportunità di sentirla di nuovo vicino e i battiti del mio cuore accelerano incontrollati. Accenno un sorriso mentre guardo le sue labbra pallide dischiudersi come fossero una rosa bianca in primavera. So che prova piacere e compiacimento quando lo faccio, e anche stavolta percepisco quel fremito che pervade il suo corpo un attimo prima che la bacio. Anche se i nostri corpi non si sfiorano nemmeno, quel moto che la scuote prima di unire le nostre bocche mi attraversa la pelle, mi sfrigola nel cuore. Ma nel momento in cui sto per atterrare su quelle labbra che tanto mi sono mancate, lei strizza gli occhi e scrolla la testa per poi girare il viso di lato, evitando il contatto tra le nostre labbra, spezzando l'incantesimo che ci stava avvolgendo. "Non ce la faccio a dimenticare. Questa cosa non potrà cambiare niente tra noi." Dice lapidaria, gelandomi sul posto. Ma dentro di me ora ho un nuovo motivo per lottare, quello che mi serviva per tenermi unito a lei. "Ma come fai a non vederlo? A non capirlo? Questo è il segno che dobbiamo darci una nuova possibilità. Io voglio noi e questa è la prova che questo noi esiste ancora, che non è mai svanito, che è più forte di prima." Dico sventolando il foglio davanti al suo naso. Appoggio le mie mani sulle sue braccia e mi sorprendo quando me lo lascia fare, senza ritrarsi o fermarsi. Il suo corpo sotto le mie mani è però scosso da tanti piccoli tremori e, come sospettavo, è dimagrita ancora. Sento evidenti le ossa delle sue braccia sotto i miei palmi e mi chiedo come potrà mai portare avanti una gravidanza in queste condizioni. Dovrei prendermi cura di lei. Se me lo consentisse, le darei tutto quello di cui ha bisogno. Prendo fiato per dare voce a questi miei pensieri, ma lei mi precede, liberandosi dalle mie mani e allontanandosi da me. Va verso la staccionata, ci si appoggia con le braccia, guarda il cielo che si staglia davanti a noi. Terso, stellato. Nell'aria si sente l'odore di legna bruciata di qualche caminetto nelle vicinanze. Mi fa venir voglia di casa, di coperte, di gambe intrecciate, le nostre gambe legate tra loro. La sua voce roca spezza il silenzio che ancora ci circonda "Sta succedendo tutto troppo in fretta. Mi sento sopraffatta dagli eventi e schiacciata da tutto. Tutti mi dicono quello che dovrei fare. Tutti sanno quello che sarebbe meglio per me, ma lo so io quello che devo fare. L'unica cosa che ha un senso ora è prendermi cura di me e di conseguenza di questo bambino. Ho bisogno di calma, di pace, equilibrio, serenità e con te intorno tutto questo non lo potrei avere." Dice con pacatezza. È testarda, troppo testarda, ma questa volta non mi faccio scoraggiare dalle sue parole. Non c'è nulla che mi possa tenere lontano da lei, da loro. "Perché fai tutta questa resistenza? Io ti amo Tara. Lo sai bene. E amo il nostro bambino. Lascia che mi prenda cura di voi." le dico avvicinando leggermente il mio busto alle sue spalle. La mia mano si allunga timorosamente fino a toccarle il ventre e di nuovo, sorprendentemente, lei non mi manda via. La sento trattenere il fiato, abbandonarsi al mio tocco fino a far unire i nostri corpi come se il tempo tra noi non fosse mai passato. La sua testa si appoggia alla mia spalla, scoprendo il suo collo candido. Ci penso un attimo prima di trovare il coraggio di avvicinare la mia bocca alla sua pelle. La sfioro con le labbra, solo un leggero contatto e il suo profumo si insinua nelle mie narici, riportando alla mia mente quella sera che ci ha portato a questo, a quel desiderio che non ho saputo contenere ed il cui frutto è sotto il palmo della mia mano. "Tu sai quanto ti ho desiderato quel giorno. Si è rivelato l'atto di amore più incredibile che abbia mai provato. Lo sentivo che era diverso con te. Non è mai stato solo sesso. Non lo sarà mai. Non lo potrebbe mai essere." Il mio respiro caldo sulla sua pelle fredda le provoca un fremito lungo tutto il suo corpo. Chiude gli occhi e anche i miei si serrano, preda di una scia incontrollabile di emozioni, di una energia che si sprigiona dentro di me al solo pensiero che diventerò padre, che la donna che amo custodisce questo prezioso dono. Toccare il suo corpo dopo così tanti giorni è rigenerante, sentire il suo profumo lo è anche di più. I nostri respiri sono sincronizzati ad un ritmo tranquillo, lento e non mi sembra vero di vivere questo momento di così intensa intimità dopo tutto questo tempo. È così che sarebbe dovuto essere sin dal primo momento. Senza scontri, né stupide frasi velenose. La felicità che provo in questo istante si tramuta in un sorriso sul mio viso e nella necessità di guardare di nuovo il volto di Tara, capire cosa sta provando. Sorride quando apro gli occhi. Osservo i suoi lineamenti finalmente distesi e quella piccola curva di serenità disegnata sulla sua bocca. Era da tanto che non gliela vedevo. Ma in un attimo tutto svanisce e, quando anche lei riapre gli occhi, quel lieve sorriso evapora via dal suo volto. No, non posso perderla di nuovo. Non posso permetterle di ripiombare in quei pensieri che la tengono lontana da me. Le piaceva scherzare con me, spero di riuscirci ancora  "Sei ancora più bella dell'ultima volta che ci siamo visti. Spero che questo bambino prenda la tua bellezza ma non il tuo carattere." La provoco con tono giocoso. "Cosa avresti da dire sul mio carattere?" Mi dice mettendo un finto broncio. Sta funzionando e per un attimo magico ridiamo insieme, dimentichi della nostra situazione e dei nostri muri, ma la magia di questo attimo svanisce nel momento in cui Melania esce dalla porta di casa e, dopo avermi fatto un cenno con il capo per salutarmi, si rivolge a Tara "La cena è pronta. Stiamo aspettando solo te. Lo sai che papà diventa intrattabile quando deve aspettare a tavola." Le dice con aria dispiaciuta. Forse avrebbe voluto lasciarci ancora un po' da soli o forse è solo preoccupata per la reazione del padre. Sarei curioso di conoscere i pensieri di Melania riguardo la nostra storia. Sapere se possa aiutarmi a riconquistarla. Tara osserva la sorella con sguardo quasi smarrito, come se l'avesse svegliata da un sogno. Poi guarda me con gli stessi occhi, con quel misto di incredulità e delusione. E, senza dirmi altro, si avvia assorta verso la porta di casa per seguire la sorella che nel frattempo è già rientrata. Ovviamente non mi invita ad entrare. Io non sono il benvenuto come quel Claudio. L'idea di lui in questa casa al posto mio mi brucia, ma la mia non è solo gelosia. Invidio quell'uomo, perché è riuscito a conquistare tutta la fiducia di questa donna, fino a volerlo dentro la casa dei suoi genitori. La trattengo afferrandole un polso e lei guarda prima la mia mano attorno al suo polso e poi me, di nuovo con sguardo triste e malinconico, privo di lacrime, ma mesto a sufficienza per farmi capire che non sta bene, che troppi pensieri le affollano di nuovo la mente.  Le do un bacio leggero sulla guancia e lei chiude gli occhi, come quando qualcosa le piace e vuole gustarla fino in fondo. "Ti chiamo domani per sapere come stai. E mangia, mi raccomando." Lei annuisce e per me è già una conquista  che non abbia rifiutato il mio bacio, che non mi abbia detto di non farmi sentire.  Sta per entrare in casa ma la richiamo per l'impulso di ribadire un'ultima cosa "Non possiamo fare a meno di attrarci l'uno verso l'altra Tara. Lo sai tu come lo so io. Fosse l'ultima cosa che faccio, io darò a questo bambino una vera famiglia." La mia voce esce proprio come volevo che suonasse: decisa, senza quella punta di pateticitá che mi ha caratterizzato nell'ultimo periodo, ma nemmeno dura al punto da spaventarla. Perché quello che provo ora è determinazione, tanta determinazione. "Nessuno può impedirti di provarci!" mi risponde alzando le spalle e tornando sui suoi passi, ma nel frattempo non mi sfugge quel sorrisetto all'angolo della sua bocca mentre girava su se stessa per voltarmi le spalle.
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Non sono stata di compagnia, ne sono consapevole. Per tutto il tempo della cena non ho fatto altro che ripensare a Brandon, alla nostra conversazione e a tutte le emozioni che ho provato e che ancora provo nel rievocarle nella mia memoria. Per fortuna l'attenzione di Claudio è stata catturata totalmente da Melania. E viceversa. Hanno chiacchierato tra loro per tutto il tempo e mamma e papà hanno partecipato con piacere alle loro chiacchiere senza badare troppo al mio essere assente. Di tanto in tanto papà mi faceva qualche domanda destandomi dai miei pensieri e dal mio magone. Mi sono limitata a rispondere educatamente. Ho cercato di mangiare un po' di più perché le parole di Brandon inevitabilmente mi risuonano nella testa, dalle più dure alle più dolci. C'era tanta verità in ciò che mi ha detto, non posso negarlo. Il suo risentimento l'ho capito, così come so che la sua reazione è stata fin troppo controllata. Il Brandon di un tempo avrebbe spaccato la staccionata, non solo colpita. Deglutisco pesantemente mentre un nodo mi si forma in gola e un pugno mi chiude definitivamente lo stomaco. Non ho voglia di mangiare anche il dolce, quindi ho colto la scusa di iniziare a sparecchiare per allontanarmi dalla tavola e rifugiarmi in cucina.
Seduta a questo tavolino, riesco a trovare un po' di quella solitudine che sta diventando per me così familiare. Mi tocco la pancia, lì dove si è poggiata la mano di Brandon, e ripenso a quel bacio mancato, alle sue labbra sulla mia pelle, il suo respiro caldo che lambiva il mio collo. Perché io quel bacio lo volevo, l'ho assaporato ancora prima che stesse per accadere, ho sentito il fremito e l'eccitazione che mi ha attraversato in superficie quando mi ha guardato le labbra come solo lui sa fare. Involontariamente ho schiuso la bocca nell'attesa che avvenisse, ma nel momento in cui le sue labbra si stavano appoggiando sulle mie, l'immagine disgustosa di Nina insieme a lui è riaffiorata nella mia memoria e non ce l'ho fatta. Non ci riesco, e se servisse, mi martellerei la testa per far uscire quell'episodio dalla mia mente. Sarebbe tutto più facile se riuscissi a superare quel trauma, ma non ci riesco, non ancora. Questo mio limite di perdonare ma non essere capace di dimenticare è stato ciò che mi ha sempre rovinata ed è stato ciò che mi ha strappata da quel momento così desiderato da entrambi. E allora caccio via quel ricordo così velenoso per ripensare a qualcosa di sicuramente più piacevole. La sua mano... sul mio ventre: indubbiamente la cosa più dolce e delicata che potesse fare. Quando gliel'ho concesso il suo corpo si è finalmente rilassato e ho sentito sprigionarsi in me tutto il calore che era mancato in questi giorni. Un'onda magica ha pervaso il mio corpo e lo spazio che ci circondava. Mi ha dato la pace a cui tanto ambisco. Al contatto dei nostri due corpi mi sono sentita a casa ma anche destabilizzata, confusa. Quando mi sono svegliata da quel momento così intimo e magnetico, fatto di tenerezza e risate, è stato come cadere da una rupe e toccare violentemente il terreno. Perché io volavo tra le sue braccia. Volavo, leggera e libera, ma poi la realtà mi ha fatto aprire gli occhi. Continuo a toccare il mio addome con gli occhi chiusi, cercando di sentire ancora Brandon vicino a me e mi scopro a sorridere. Per la prima volta in questi ultimi giorni, pensando a lui, sorrido di nuovo.
"Credevi di sfuggirci?" La voce di Claudio irrompe nei miei pensieri, entrando in cucina seguito da Melania. Lo guardo con ancora quel sorriso stampato sul mio volto. "Il tuo sorriso mi dice che è andata bene, ma vogliamo sentirlo da te." Aggiunge mia sorella. Sembra essersi creata una bella sintonia tra loro e penso proprio che il mio intervento non sarà necessario per unirli. A quanto pare stanno facendo benissimo da soli. Peccato, avevo proprio bisogno di una distrazione. Si siedono anche loro al tavolino della cucina e racconto sommariamente quanto è accaduto. Ripercorrere con loro ancora una volta quei discorsi è anche più penoso che ricordarli rinchiusa nella mia solitudine. Quando poi racconto della sua ultima frase e del sorriso che mi è scappato prima di rientrare in casa, si scambiano un complice sguardo malizioso. "Cosa c'è?" chiedo ad entrambi, che si guardano tra loro e mi rispondono all'unisono un "Niente!" che lascia trasparire qualcosa che niente proprio non è. Non faccio in tempo a protestare che Claudio subito interviene, smorzando ogni mio tentativo di difesa "Melania ti va di andare a fare una passeggiata?" Il viso di mia sorella si apre in un sorriso luminoso ed annuisce con non celato entusiasmo. Non l'ho mai vista così presa, nemmeno al liceo quando frequentava Brad, il capitano della squadra di football ed era la ragazza più invidiata, anche da me che non ho mai avuto un fidanzato tanto carino e popolare. Io, piuttosto, mi andavo a nascondere sotto i muri pur di non farmi notare. Non ero brutta, ma non avevo certamente un buon rapporto con il mio corpo troppo formoso e, quindi, avevo poca stima di me. Poi, ero la sorella della ragazza di Brad, non ero all'altezza. Brutta fase l'adolescenza!
"Ti va di venire con noi?" mi chiede lei, ma, onestamente, non mi sembra il caso. Se sta nascendo qualcosa tra questi due, meglio che non abbiano persone tra i piedi. "No, no, grazie. Preferisco andare a dormire. Mi sento molto stanca. Ho vissuto tante emozioni e il piccolino qui ha assorbito tanta della mia energia." dico toccandomi di nuovo l'addome. Mi piaceva già farlo, ma ora anche di più. Ora che la mano di Brandon si è posata su di noi.
Li abbraccio e vado sbadigliando dritta in camera mia. Già pregusto il mio letto, sperando in sonni tranquilli e non strani sogni pseudo-premonitori. Il telefono vibra nell'esatto momento in cui appoggio la mia testa sul cuscino. Già immagino il messaggio di chi possa essere. È come se il telefono vibrasse e suonasse in modo diverso quando si tratta di lui. O sono semplicemente io che quando c'è lui in ballo ho una singolare sensibilità. Osservo lo schermo e sorrido scoprendo la conferma che si tratta effettivamente di lui. Fino a poche ore fa era così difficile sorridere, ed ora questa curva felice sul mio volto è tornata a disegnarsi più spesso e il cuore mi batte, mi batte forte, mi batte per due. "Buonanotte amori miei" è il suo messaggio. Spengo il display senza rispondere, preda di una felice confusione. Lui mi rende felice, troppo felice, e per questo motivo è capace anche di donarmi anche il più profondo dei dolori. Sono pronta ad affrontare tutti questi rischi, ora che non si tratta più solo di me? Non lo so, ma la stanchezza cala sulle mie palpebre e mi abbandono al sonno e alla speranza che domani tutto possa sembrare più chiaro.
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"E quindi sorrideva? Ma ne sei sicuro?" Lara mi guarda con i suoi occhioni sgranati e sorpresi. "Mi sembra di sì... oddio, mi stai facendo venire dubbi che non avevo." Il semaforo diventa di nuovo verde e riprendiamo la strada verso casa sua. Quando mi sono allontanato da Riverdarle mi sono sentito solo e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Ho chiamato Lara sperando che fosse ancora al bar e mi ha detto che mi avrebbe aspettato se l'avessi poi accompagnata a casa. Ho accettato immediatamente ed ora sento i suoi occhi poggiati insistentemente su di me, come se aspettasse che aggiungessi qualcosa a quanto già detto. "Che c'è?" Le chiedo continuando a guardare con attenzione la strada. "Cosa pensi di fare ora?" La sua risposta è una domanda a cui non so rispondere. "Non lo so. Sono combattuto e speravo in un consiglio." "Non so cosa consigliarti. Facciamo così, dimmi tu che faresti e io ti dico se è una buona idea." Resto a pensarci un po' "Sono determinato Lara. La devo riconquistare, devo di nuovo averla nella mia vita come lo era prima." La mia mascella si serra mentre penso a come l'ho trattata e che avrei potuto rovinare tutto per sempre. "La corteggerò come non ho avuto modo di fare perché la nostra storia è esplosa così, all'improvviso. Siamo passati dal quasi ignorarci a fare sesso nel giro di una notte e dopo sono stato così stupido da non aver preso subito le decisioni giuste." "Mi sembra tutto appropriato..." "Ma? Sono sicuro che c'è un ma. Dai, forza, dimmelo senza mezzi termini." Mi fido di Lara e se ha qualche dubbio, faccio bene ad ascoltarla. "Devi fare attenzione a non farle pressioni, la situazione è delicata. Conta che ora ci sono anche gli ormoni in subbuglio e un tuo passo falso potrebbe creare una voragine tra voi." Siamo ormai arrivati sotto casa sua e sta per aprire lo sportello dell'auto, ma io la trattengo per un braccio "Mi manca, Lara. Mi mancava già quando l'ho vista oltrepassare e scomparire oltre quella porta. Tutto ciò che dici ha senso, farò attenzione, ma ho deciso anche che, d'ora in poi, seguirò il mio istinto perché, ogni volta che ho resistito ai miei sentimenti, ho poi perso tutto." E non mi riferisco solo a questi ultimi mesi, ma a ciò che è accaduto all'università. Se avessi fatto scelte differenti già allora... Lei annuisce preoccupata. "Puoi contare comunque su di me. Ora però vado a raccontare tutto a Christopher." dice divertita, facendomi un occhiolino. "Ma, hai raccontato tutta la storia a tuo marito?" Le chiedo sorpreso. "Ovvio. Avevo bisogno del punto di vista di un uomo." "E cosa ti ha detto?" Adesso sono curioso di sapere. "Non te lo dico." Dice scappando dall'auto prima che io possa trattenerla ulteriormente. Ah, la mia amica Lara! È proprio una persona bizzarra a volte.

Sono a casa che come sempre risuona vuota senza la presenza allegra e chiassosa di Tara. Guardo la bottiglia di whiskey che occhieggia sul tavolino accanto al divano. No, stasera non mi tenta, stasera la mia vita è arrivata al punto di svolta. Diventerò padre, ho una responsabilità enorme e uno scopo ancora più grande: riconquistare la fiducia di Tara. Ho ripensato alle raccomandazioni di Lara per tutto il tragitto verso casa e mi chiedo quanto sia sbagliato augurare a Tara la buonanotte. Il cellulare rotea tra le mie mani e percorro più volte la distanza tra la camera da letto e il soggiorno, pensando e ripensando. Combatto per un po' con la tentazione di fare ciò che il mio istinto mi comanda di fare, ma uno slancio di coraggio mi da la giusta forza per scrivere tre parole che racchiudono per me un dolce significato. Significano famiglia, significano per sempre.
Aspetto qualche secondo e la doppia spunta blu compare sotto quella mia frase. Attendo ancora un po', sperando in una sua risposta, che purtroppo non arriva, ma visualizzo nella mia mente il suo sorriso quando mi ha salutato. Era un invito a provarci. Forse non ne è consapevole nemmeno lei, ma è così, la conosco ormai. L'ho sentito quando la mia mano toccava la sua pancia che ero dove voleva che io fossi e anche se non ha risposto al mio messaggio, sento che le ha fatto piacere. Domani sarà un nuovo, meraviglioso giorno. Sono contento di poterla corteggiare. In fin dei conti era una cosa che rimpiangevo di non aver fatto.

Spazio autrice:
Avete gradito? Era ciò che vi aspettavate o preferivate che accadesse altro? Fatemi "sentire le vostre voci" e regalatemi una stellina se vi è piaciuto.

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