VUOTI

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And of all the things I miss, I miss the view
I miss the way you look beneath the streetlights and the moon
And of all the things I miss the taste of you
The taste of you on me and me on you
(JP Cooper)

Forse è stata solo una coincidenza o forse Tara aveva ragione, i suoi non sono solo sogni. Come vorrei che fosse accaduto l'irreparabile, almeno ora non starei quì, a tormentarmi sul divano, nella mia solitudine; non starei immergendo i miei ricordi nell'alcol. Magari mi avesse travolto, perché così, almeno, avrei smesso di soffrire. Sì, quel TIR poteva fare di molto meglio! Poteva finalmente mettere fine a questa mia vita da fallito. Ecco come mi sento, fallito! Ho fallito in tutto e soprattutto nel mio progetto più importante, con Tara.

Durante tutto il tragitto verso New York avevo deciso di andare piano, proprio come me lo aveva chiesto lei, perché glielo avevo promesso. Avevo visto la preoccupazione sul suo viso, anche se ciò non l'ha frenata dal dirmi addio, per sempre. E io andavo piano, cercando di controllare il mio cuore che si sfaldava e perdeva pezzi man mano che mi allontanavo da lei. Andavo piano e la strada era poco illuminata, ma soprattutto i miei occhi erano offuscati dalla stanchezza, dalla delusione. Mandavo dietro ripetutamente quelle lacrime che si affacciavano, strizzavo gli occhi per evitare che mi si inumidissero, tentavo inutilmente di cancellare tutti i rimpianti. Andavo piano, ma ero distratto dai miei pensieri e dalla domande sul mio domani, su come sarà il mio futuro. Tutti interrogativi interrotti dalla frenata del mastodontico mezzo che si è fermato a mezzo metro dalla mia auto. Il semaforo di quell'incrocio era rosso e non me ne sono accorto, ho continuato apaticamente la mia strada verso la città fino a quando il pericolo non mi si è palesato davanti.

Chiudo gli occhi mentre mando giù un altro sorso di whiskey. Provo fastidio ad ogni goccio, ma non riesco a farne a meno. Spero che, andando avanti, questo fastidio diventi dolore e offuschi quest'altro dolore, più profondo, che mi sta distruggendo. Ogni volta che riapro gli occhi è un nuovo affrontare il vuoto attorno a me. Nonostante la breve durata della nostra storia, i ricordi sono innumerevoli tra queste quattro mura. Mi aggiro in questo appartamento e ogni angolo racchiude un po' di lei, di noi che facevamo l'amore ovunque ci capitasse. Mi giro a guardare la parete accanto all'ingresso e le immagini di noi, amanti su quel muro, scorrono come un film. Oh, quella donna ha un tale potere su di me che è troppo difficile resisterle e la passione quella sera diruppe appena varcata la soglia di questa casa, dopo una giornata intera passata a stuzzicarci.

- Flashback
"Sono le 18:00. Che ne pensi se andiamo a casa?" Tara si è alzata dalla sedia del tavolino da riunione e ha chiuso la porta, prima di avvicinarsi a me, dietro la scrivania. Lo vedo quello sguardo, l'ho visto per tutto il giorno, e man mano che si avvicina, sento l'eccitazione, che ho contenuto fino ad ora, strariparmi dentro. Si, forse sarebbe meglio andare a casa, ma lei ormai è seduta sulla scrivania e mi prende delicatamente la mano per appoggiarla sul suo ginocchio. Il suo sguardo di attesa mi fa capire cosa vuole, cosa si aspetta da me. Accarezzo la sua gamba ricoperta dal collant e sollevo leggermente la sua gonna mentre, con un leggero spostamento di bacino, lei allarga le gambe. Salgo con la mano su per la coscia e... una novità mi sorprende. Il pizzo delle autoreggenti fascia sensualmente la sua gamba e mi fa presagire qualcosa di ancora più eccitante. Ecco cosa mi riservava la mia donna sin da stamattina, con il suo sguardo desideroso ogni volta che mi guardava, che si passava la lingua sulle labbra o che mi sfiorava lascivamente con il suo sedere. Sarà ancora più facile sfilarle le mutandine, allora. Salgo ancora un po' per cercare l'elastico dei suoi slip, ma non lo trovo. Incrocio lo sguardo di Tara che, con un sorriso soddisfatto, annuisce e io insinuo le mie dita attraverso la sua peluria già umida. È eccitata ed eccitante. Vorrei possederla qui, adesso, su questa scrivania, buttando per aria tutto ciò che la occupa, ma c'è ancora troppa gente in ufficio e i gemiti di Tara non si riescono a contenere, né voglio farne a meno. Sfioro le piccole labbra, le schiudo facilmente e contemporaneamente anche la sua bocca si apre per emettere un piccolo sospiro compiaciuto. Non riesco a staccare gli occhi dal suo viso, da quell'espressione di piacere che le sto provocando. Le sfioro il clitoride con la punta delle dita e la sento sobbalzare, sorride. Sì, sorride e mi rende felice. I suoi umori scivolano attorno al mio dito medio mentre lo spingo dentro di lei e la sua testa si piega all'indietro scoprendo il suo collo liscio. La pelle alla luce del neon sembra ancora più bianca e lucente, come quella di un angelo. Il mio angelo tentatore. Prova a trattenere un gemito ma senza successo. Il mio dito entra ed esce dentro di lei, scivolando lentamente, bagnandosi della sua incalzante eccitazione e la mia gola si asciuga sempre più di desiderio ad ogni mio affondo. Inarca la schiena all'indietro appoggiandosi sulle mani e la giacca le si apre. Vedo il profilo dei suoi seni gonfiarsi davanti ai miei occhi sotto la sottile camicetta rosa. Il suo collo è ancora lì, che mi invita ad essere assaltato ed allora infilo un secondo dito dentro di lei, provocandole un nuovo sussulto ed un nuovo gemito strozzato, mentre mi alzo in piedi accanto a lei. Il suo collo è sotto i miei denti, morbido, profumato. Lo mordo, lo succhio e il respiro di Tara si fa sempre più incalzante, così come il mio. Le cose stanno diventando velocemente pericolose ed io non riesco a fermare il ritmo della mia mano dentro di lei ed attorno al suo interruttore del piacere. La sento gemere "Portami a casa." Tre parole che mi esplodono dentro e mi sento inspiegabilmente felice, euforico. Sfilo le mie dita da sotto la sua gonna provocando in lei un lamento di dispiacere. "Mi hai chiesto di andare a casa? Andiamoci. Ma non credere che la faccenda finisca qui. Prendi il soprabito, ti aspetto all'ascensore." Le dico stampandole un bacio sulla bocca. "Ma non dovrei uscire-" la interrompo prima che possa finire la frase "Stasera accompagnerò la mia assistente a casa. Non credo sia un reato!" le dico in tono scherzoso, facendole anche un occhiolino. Prova a ribattere ancora qualcosa, ma non glielo permetto "Shhh, silenzio! Sono il tuo capo e ti ordino di essere veloce, perché sei stata molto, molto, cattiva." le bisbiglio prima di aprire la porta ed invitarla ad uscire dalla stanza.

Non so cosa mi abbia trattenuto dal non spingere il piede sull'acceleratore e saltare tutti i semafori rossi che abbiamo incontrato lungo il nostro tragitto. Più volte stavo per cedere alla tentazione di farlo, ma la mia indole di uomo rispettoso delle regole, come sempre, ha avuto il sopravvento. Ora che però siamo in questo ascensore, che affondo il mio sguardo nel suo, che vedo le sue labbra inumidirsi per questa attesa che entrambi, ormai, non reggiamo più, penso che ne vale sempre la pena aspettare se si tratta di lei. Le porte si aprono e lei le attraversa precedendomi, ma con lentezza, con la flemma di chi vuole tirare la corda per accrescere l'eccitazione. Dopo due passi in direzione del mio appartamento le prendo un polso e la faccio girare verso di me. Sul suo viso è stampato il solito sorriso compiaciuto di quando sa di stare giocando un gioco che porterà all'obiettivo che si è prefissata, farmi impazzire. La attiro a me e la spingo spalle alla porta, la incastro tra il legno e il mio corpo ormai in fiamme. "Preparati alla punizione che meriti." Le dico in un orecchio mentre infilo la chiave nella toppa. Due mandate veloci e la porta si spalanca, ma io reggo Tara con un braccio attorno ai suoi fianchi, per non farla scappare via. È mia prigioniera e decido io come condurre il gioco. Con un calcio chiudo la porta alle mie spalle e la bacio, la bacio con voracità e forse troppa violenza, perché la sento emettere un lamento e si ritrae per un attimo. Addolcisco la mia pressione sulla sua bocca, anche se è molto difficile resisterle, soprattutto dopo una giornata come questa. Vorrei poter affondare i miei denti nella sua carne per poter assaporare con maggiore profondità ogni sfumatura del suo sapore, imprimerle tutte sulla mia lingua come fossero un tatuaggio. È arrivato il momento di porre fine al supplizio a cui mi ha sottoposto per un giorno intero, è giunto il momento di possederla. Sono eccitato da troppo tempo ormai e mi sembra di stare perdendo la lucidità. Nemmeno il tragitto in macchina ha fatto scemare il desiderio, piuttosto è accresciuto ogni volta che mi giravo verso di lei e vedevo la scollatura della sua camicia o l'accavallamento delle sue gambe, quel punto in cui le cosce si incontrano e ti fanno intuire dove quella linea va a finire. La tengo stretta a me mentre la bacio e giro su noi stessi per appoggiarla alla parete. Scendo a baciarle il collo ma le mie mani hanno già alzato la gonna e mentre la mia lingua scende ancora più giù, verso i suoi seni, inspiro il suo profumo e appoggio le mani sulle sue natiche nude, calde, sode. No, non reggo più, ho bisogno di sentirla attorno a me, di entrare dentro di lei, di godere con lei. In pochi movimenti i miei pantaloni e boxer sono alle mie caviglie, le gambe di Tara sono attorno ai miei fianchi, le sue braccia attorno al mio collo, io sono dentro di lei. La sento, pura per la prima volta attorno a me. La sento e ad ogni affondo penso di essere l'uomo più fortunato del mondo. Lei che sorride, ansima, concede tutta se stessa a questo amplesso. L'apice sta montando, cresce dentro di me man mano che sento anche lei tremare finché non emette un gemito liberatorio ed in quel momento mi ricordo che non posso arrivare così, non ho indossato il preservativo, ma ci sono quasi. Qualche colpo ancora e... la tentazione di concludere dentro di lei ora è ancora più forte. Cerco di resistere finché posso e poi... un battito di ciglia, un attimo che potrebbe cambiare la vita. Non so se sono riuscito a fare in tempo. Abbiamo rischiato e lo sguardo di Tara ora è preoccupato "Sei stato attento, vero?" mi chiede mentre si abbassa la gonna e tiene gli occhi bassi. "Non ne sono sicuro, ma credo di si." le rispondo per poi baciarla sulla testa. E il pensiero che poi non sarebbe così una tragedia mi sfiora per un attimo e me lo scrollo immediatamente di dosso. Non può succedere, non prima di aver capito cosa realmente provo per questa donna. Al momento, se penso a lei, provo una forte eccitazione e non sono sicuro che non si tratti solo di quello, non lo sono ancora.
-

Avrei dovuto essere meno attento, ma ancora rifiutavo di ammettere a me stesso ciò che volevo realmente: una famiglia, con lei. La nostra famiglia, la nostra quotidianità, che è la cosa che più mi manca di noi, come quando entravo in bagno perché ci stava mettendo troppo per prepararsi e la vedevo muoversi, provocante, al ritmo di musica. Le andavo incontro per rubarle un bacio e ogni volta sentivo il suo corpo premere contro il mio nel tentativo di suscitare in me una reazione, che non è mai mancata e dimenticavo il motivo per cui ero entrato. Oppure sentirla cantare e vederla ballare in cucina mentre preparava la cena. E per questo credo che cambierò casa o forse anche città, stato. Il pensiero di trasferirmi a Miami mi accarezza, ormai non ho più alcun motivo per restare qui. Lo avrei fatto prima, ma c'era Tara che mi tratteneva ed era un ottimo motivo. Ma da tempo non ho più stimoli lavorativi e questo a causa di Big Pete. Ho sempre guardato con sufficienza le persone che credono che ciò che gli accade non è mai per caso ma per un motivo ben preciso. Ora, invece, mi ritrovo a credere anche io che dovevo accettare questo lavoro perché dovevo incontrare di nuovo Tara, dovevo scoprire la verità sul mio tatuaggio e su quella notte. Dovevo scontare la colpa per aver negato il nostro amore quando avevo avuto l'occasione di viverlo già dalla prima volta. Dovevo subire la mia punizione e così è andata. Miami... sarebbe una buona idea. Mi ricongiungerei alla mia famiglia e mi allontanerei sufficientemente da tutti i nostri luoghi che mi ricordano costantemente la storia più importante della mia vita. Non sono pronto ad affrontare tutto questo da solo, forse sarei dovuto passare da Lara per un po' di conforto, ma vedere quella casa credo che mi farebbe sentire anche peggio. No, non sono pronto a quello che mi aspetta domani: tornare in ufficio, incontrare i colleghi, parlare con Cheryll e dirle come sono andate le cose. Non sono pronto a vedere quella stanza vuota e spenta che dovrà ospitare una nuova assistente. Non sono pronto a scegliere un'altra persona al suo posto, perché nessuno potrà mai essere come Tara.

Scaravento il bicchiere sulla parete bianca di fronte a me, impregnando il muro con il liquido colorato del suo contenuto. Quasi mi sembra di vedere il profilo di Tara prender forma nella penombra della stanza. Non solo non sono pronto, io non voglio che accada.

Mi premo le tempie cercando di sbloccare la mia mente che ormai ristagna su questo unico pensiero, che straripa di adrenalina e agitazione. Perché io ancora non ho rinunciato a lei, non riesco a lasciarla andare. Non riesco a rinunciare a qualcosa di tanto bello dopo che l'ho assaporato, tanto intenso che ancora la sento addosso, dentro e intorno a me. Lei, sempre lei, mi ha invaso totalmente ed irrimediabilmente e sono certo che non potrò mai più guarire da questa malattia. È impressa nella mia anima e sulla mia pelle. Quelle parole disegnate sul mio braccio come fossero il nostro marchio di appartenenza, che non mi permetteranno di dimenticarla. Quindi forse impazzirò, forse diventerò un alcolizzato alla continua ricerca di una effimera consolazione. O forse riprenderò a lottare dopo che avrò finito di piangermi addosso. Mi tocco le labbra e penso a quell'ultimo bacio che ci siamo dati, salato dalle tante lacrime che purtroppo ha versato, ai suoi occhi gonfi ormai distanti da me, alle sue parole così prive di speranza per noi. "Forse in fondo non ti ho mai perdonato veramente e mai avrò fiducia in te." sono state la conferma di ciò che già sapevo dentro di me, ma mi aggrappo a quell'unica luce, a quelle parole che rappresentano l'unico appiglio, l'unica mia, impercettibile e forse inesistente, possibilità "Io ti amo. E ti amerò sempre con questa stessa intensità con cui ti amo adesso." Forse ha solo bisogno di tempo per ripensare, a mente fredda, a tutto questo. Col passare dei giorni sentirà la mia mancanza e tornerà sui suoi passi e rinuncerà a sposare Randy. Oh, quanto sono arrabbiato con lei per questo. Sono terribilmente arrabbiato. La sua è una scelta immatura e irrazionale. Ma come le viene in mente di sposare quel tipo? Come può sposare un uomo senza amarlo? Come può darsi ad un altro uomo avendo me nel suo cuore? Come può?

02 gennaio
La sveglia stamattina avrebbe potuto anche non suonare, ovviamente ero già sveglio. O meglio, non ho chiuso occhio per tutta la notte, ancora cercando una ragione a tutto questo, una soluzione che non riesco a trovare. Nonostante io mi aggrappi a quei pochi appigli che mi sono inventato per non rinunciare a combattere, la realtà è che Tara è stata chiara e io non posso che continuare a condurre la mia vita, senza di lei.

Ho appuntamento con Cheryll alle 10:30. Non ho avuto bisogno di spiegarle il motivo della mia richiesta di un incontro, lo ha capito subito.

Tra i corridoi ho incrociato Melody che è stata molto carina e dolce con me. Ci siamo trattenuti a lungo a parlare nel mio ufficio "Ho davvero sperato che il nostro piano funzionasse, ma capisco i motivi che ha Tara per non tornare sui suoi passi. Mi dispiace essere onesta Brandon, ma se non ha fiducia in te sarebbe una vita infelice per entrambi. La cosa che mi lascia perplessa ora è il suo incaponirsi a sposare Randy. A questo punto, però, non possiamo farci niente. Deve capirlo da sola quanto questa decisione sia sbagliata." Anche lei sembra molto amareggiata e questo mi fa arrabbiare ancora di più con Tara. "Melody, ti prego, parlale ancora. Non posso forzarla a tornare da me, ma non può fare questo passo. Se ne pentirà per tutta la vita." Le mani della donna hanno sfiorato fraternamente le mie, una carezza leggera, un gesto così confidenziale che mi ha fatto intendere quanto quella distanza che c'era stata tra noi a causa del mio ruolo ora non esiste più. "Ci proverò Brandon, ci proverò!" e sorprendentemente, prima di tornare al suo lavoro, mi ha avvolto in uno dei suoi abbracci, uno di quelli di cui Tara mi aveva raccontato, avvolgenti e confortanti, che non risolvono il problema, ma che ti fanno sentire meno solo.

Entro nell'ufficio di Cheryll e il mio aspetto le rende chiaro che le cose non sono andate positivamente. La mia barba non è curata e ho le occhiaie per l'assenza di sonno. Quando mi vede entrare la donna si alza dalla sedia su cui era seduta, dietro all'enorme scrivania, sommersa da documenti e curriculum, e mi viene incontro. Con la mano mi indica la sedia su cui sedermi e prende posizione su quella accanto, senza alcuna barriera formale che ci possa dividere, a sottintendere che lei mi appoggia e mi comprende. "Mi dispiace Brandon. Speravo mi dessi altre notizie stamattina, ma a quanto pare non ne hai..." mi sorride rammaricata. Faccio un cenno con il capo per ringraziarla, restando in silenzio e aspettando che lei conduca la conversazione. D'altronde non saprei cosa dirle e quello che lei vorrebbe sentire io non sono pronto a dirlo, ad affrontarlo. "Ti voglio dare il tempo di assorbire questo colpo Brandon, ma l'azienda ha bisogno di te e tu hai bisogno di trovare un'altra assistente. Inizierò a fare una prima selezione e tra qualche giorno inizierò a proporti qualche profilo che riterrò adatto, ma, poi, l'ultima decisione toccherà a te." mi dice con tono comprensivo ma piuttosto fermo. Dopo tutto, è il capo del personale e sa esattamente cosa deve fare. Guardo fuori dalla sua finestra, osservo il cielo plumbeo di oggi, proprio come il mio umore. Non saprei cosa aggiungere tranne che ringraziarla ancora "Ho apprezzato molto quanto hai fatto per me... per me e Tara." Mi giro per guardarla di nuovo. I muscoli del mio viso sono tesi, così come ogni parte del mio corpo. La stanchezza inizia a farsi sentire e il nervosismo mi accompagna in ogni momento del giorno e della notte, quindi nessuna sorpresa che un mio sorriso possa sembrare più una piega di dolore sul mio volto. "Io spero ancora che sia qualcosa di passeggero, Brandon, ma qualora non lo fosse, ti ricordo che abbiamo entrambi delle responsabilità." Il suo tono è profondo e dolce, ma capisco la serietà delle sue parole. Non siamo più ragazzini che possono mollare tutti i propri impegni per immergersi in drammi amorosi. Annuisco, consapevole del tentativo della mia collega di farmi risalire la china e di farmi smettere di piangermi addosso. "A presto, allora." Le dico alzandomi dalla sedia e dirigendomi verso la porta per uscire, ma la sua voce mi richiama indietro "Ho incontrato Rachel stamattina." e questa frase già mi fa capire quanto ancora mi dirà "Pete vuole vederti, entro oggi. Credo abbia capito qualcosa." Digrigno i denti al pensiero di dover incontrare quell'uomo nello stato in cui mi trovo ora. Avrei dovuto fare almeno la barba. Odio pensare che possa provare soddisfazione per il mio stato o, peggio, mettere sale sulla mia ferita scoperta.

Percorro il tragitto che separa l'ufficio di Cheryll dal mio con in testa il pensiero che la giornata è lunga e sarà anche più pesante da far scorrere rispetto al previsto, ora che so che anche il capo mi vuole incontrare. Sbuffo mentre chiudo la porta della stanza e sprofondo nella poltrona. Ad occhi chiusi ricordo ancora quell'ultimo bacio dato a Tara prima di tutto questo disastro. La mia speranza è che Pete se ne dimentichi... ma il telefono inevitabilmente squilla prima di quanto immaginassi. Il nome di Rachel compare sul display del telefono sulla mia scrivania. Come al solito avrà origliato e avrà sentito quando sono uscito dall'ufficio di Cheryll, che dista poche porte dalla sua stanza

"Ciao Rachel, buon anno!" le dico, fingendo platealmente cordialità. "Ciao Brandon, grazie anche a te. Pete vuole vederti, immediatamente". Wow, che meraviglia! Il tono di "The Queen" non mi da' alternative, andando subito al sodo, come sua abitudine, senza avere alcun tatto, proprio come il suo capo. Ovviamente sono costretto a rispondere obbediente "Certo. Arrivo subito."

Prima di entrare nell'ufficio di Big Pete è d'obbligo un passaggio per la sua assistente, giusto per farsi annunciare e farlo sentire ancora più importante. La donna mi guarda di sfuggita e lo fa senza fare cenno a nulla che riguardi la mia situazione con Tara, per fortuna. Mi auguro sia perché ha capito che è un discorso che non preferisco affrontare, tanto meno con lei. Mi fa accomodare nell'ufficio di Big Pete e il fatto di trovarlo vuoto mi mette ancora più tensione di quanta non ne avessi. Speravo di affrontarlo subito in modo da potermi di nuovo concentrare sulla mia vita e su come raccoglierne i pezzi, cosa che credo sia molto più importante di qualsiasi paternale o lectio magistralis da parte di quell'uomo insulso. Passano alcuni minuti in cui cerco di immaginare ciò che mi dirà e quali potrebbero essere le mie risposte. Non mi devo giustificare, ma non devo perdere di vista il fatto che lui è ancora il mio capo. Devo mantenere la calma e sfoderare tutta la diplomazia di cui sono capace... ben poca, come dice sempre Tara. È stata lei il mio lato riflessivo in questi mesi. E quando starò per perdere la calma, penserò a lei e a quello che mi diceva sempre "Respira e manda giù la pressione. È facile!" Me lo diceva sempre, accompagnando le parole con quel suo sorriso da prendere a morsi, che mi sprofondava sofficemente nel petto. Sento le mie palpebre tremare un po' a questo pensiero e chiudo gli occhi per fermarne il fremito. Alle mie spalle sento la porta aprirsi e Pete entra accompagnato dalla immancabile Rachel. Mi alzo per andargli incontro, con il braccio teso verso di lui per stringergli la mano, ma lui mi passa oltre e va a sedersi sulla poltrona in pelle nera, dietro la sua scrivania presidenziale, scura e lucida. Tutto in questa stanza è scuro e privo di brillantezza, proprio come la personalità di chi la occupa. Ancora mi chiedo come abbia fatto a conquistare la posizione che ricopre, viste le sue scarse, anzi inesistenti, capacità manageriali. O forse dovrei saperlo, visto che lo sto sperimentando a mie spese. Il suo malcontento è evidente: sguardo fisso davanti a se, non mi guarda ma gli occhi sono stretti e le punta delle dita unite davanti alla sua bocca. Se non fosse per tutta la serietà della situazione, mi verrebbe da ridere alla vista di questa scena e penserei che sta recitando una parte o di essere entrato io in un film demenziale. A rendere ancora più paradossale il tutto, Pete prende improvvisamente un profondo respiro e inizia a parlare con tono drammatico "Brandon, mi potresti spiegare per quale motivo una delle migliori impiegate che questa azienda abbia mai avuto ha deciso, di punto in bianco, di licenziarsi e senza nemmeno dare una spiegazione comprensibile?" E ciò che mi sembrava buffo fino a qualche secondo fa, ora è diventato fortemente fastidioso. Ancora non mi spiego perché debba interessarsi così della vita di Tara. È stato maledettamente diretto, proprio come mi aspettavo, e faccio ricorso ai consigli di Tara e respiro profondamente mentre pondero se dirgli la verità o inventare una storia che già so non reggerebbe. D'altronde Cheryll mi ha chiaramente detto che era evidente a tutti cosa ci fosse tra Tara e me. Inaspettatamente l'uomo mi toglie dall'imbarazzo e ammorbidisce notevolmente il suo tono "Brandon, ti parlo da amico. Hai fatto un enorme errore a mischiare lavoro e vita privata." Amico? Da quando siamo amici? Non riesco a vedere questa persona sotto questa veste, non siamo mai stati amici, ma al momento credo mi convenga accettare questa mano tesa e provare a chiarire con loro la situazione, con calma e diplomazia. "Pete, ci ho provato a non farlo accadere, ma la verità è che io e Tara ci conosciamo sin dai tempi dell'università, quando avemmo una specie di breve avventura, per poi non vederci più per 15 anni. Non sapevo che lavorasse qui e, quando ci siamo ritrovati, è accaduto l'inevitabile. L'errore non è stato seguire il mio cuore, ma di non averlo assecondato fino in fondo come avrei dovuto." e sento come se queste parole le stessi ripetendo a me stesso, per infliggermi ancora una volta una punizione per quella mia stupida indecisione, che ha portato Tara ad essere insicura di noi. Le pronuncio con voce alta, chiara, ferma, con il mio sguardo rivolto negli occhi del mio interlocutore, perché deve capire quanto è profondo il mio sentimento per quella donna, che cederei ancora e ancora e ancora a questa nostra passione. La sua risposta è altrettanto ferma ma sorprendentemente comprensiva "L'azienda ha bisogno di te, Brandon, e del tuo lavoro. Sono sicuro che troverai il modo di reagire come sono sicuro che riuscirai a trovare un'assistente altrettanto capace. Nel frattempo, se hai bisogno, Rachel è a tua disposizione. "The Queen", a queste parole, storce la bocca, come se questa comunicazione non gli fosse stata fatta in precedenza e venisse a conoscenza di questo particolare solo ora. "Grazie Pete, ma cercherò di sbrigarmela da solo." rassicuro la donna, la quale mi sorride poco spontaneamente, cercando di sembrare cortese. È ufficiale, non gli sono simpatico, ma posso dichiarare tranquillamente che il sentimento è ampiamente reciproco.

Esco dall'ufficio del capo dopo aver incassato il secondo gesto di supporto di questa lunga giornata, sebbene credo che quello di Big Pete sia esclusivamente per sua convenienza. È ovvio che, fermandomi, non gli sto dando più materiale da rubare o situazioni per ingigantire il suo smisurato ego. Qualsiasi siano i suoi motivi, da questo momento in poi devo veramente capire cosa fare non solo della giornata, ma della mia lunga esistenza.
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Non avevo mai fatto caso a quanto possono essere fredde le mattonelle. I miei occhi sono chiusi e la mia schiena è appoggiata a questa parete rivestita di ceramiche gialle. Il mio corpo è percorso da tanti piccoli brividi, forse per il contatto con la fredda superficie, ma molto più probabilmente per il nervosismo. Le mani che reggono questo bastoncino, che dovrebbe rivelarmi se sono incinta, soffrono un leggero tremolio e sento tutta la solitudine assalirmi. Alice aveva il volo troppo presto stamattina e non è potuta stare con me. Sono sola mentre sto per affrontare il momento più bello e più brutto della mia vita, perché io la risposta già la conosco. Il mio sogno di stanotte lascia poco spazio all'imprevisto, così come la mia nausa di questa mattina.

Ho gli occhi chiusi perché non ho il coraggio di guardare un risultato che dentro di me già conosco. Certe cose le senti, sia in negativo che in positivo. Ti parlano silenziosamente nel subconscio e io ho sentito quella muta voce sin dal primo momento in cui ho capito che poteva esserci questa possibilità. La sensazione di cuore sospeso è tutto ciò che provo, senza quel battito che dovrebbe rimbombare nelle orecchie, quel pulsare incontrollato nelle vene. Nulla. Non sento nulla di tutto ciò. Mi fa compagnia solo quella voce, quella punta di speranza, perché dopotutto mi rimarrebbe qualcosa di lui e non si tratta solo di un ricordo, ma quanto di più prezioso la vita può regalare. Una nuova vita.

Sono già ben oltre il tempo necessario per rivelare il risultato e ancora non trovo il coraggio di guardare questo bastoncino di plastica che giace sul marmo rosa accanto al lavandino. Cosa farò con Brandon se fosse vero? La parte razionale di me dice che dovrei dirglielo. Questo bambino ha bisogno di un padre, ma sarebbe ancora così prematuro incontrarlo. Sta succedendo tutto talmente in fretta che ho la testa piena di pensieri e gli eventi non mi danno il tempo di metterli in ordine. Somiglierà al suo papà, così come l'ho visto nel mio sogno stanotte, ne sono certa. Ed era chiaro, eravamo io e il mio bambino, da soli, nessuna traccia di Brandon. A volte mi chiedo quanto i miei sogni abbiano condizionato la mia vita, quanto siano veramente così "premonitori" quando si tratta di lui. Mi domando se non sono io a renderli reali. E, quindi, mi assale il dubbio che, almeno questa volta, averlo sognato non significa necessariamente che si avvererà, che posso decidere io se Brandon farà parte della vita di questo bambino. Ma sono pronta a ritrovarmelo nella mia di vita, dopo tutto quello che è accaduto in questi dieci giorni?

Un ronzio mi costringe ad aprire involontariamente gli occhi e le mie pupille incontrano quel bastoncino di plastica che mi rivela il risultato che immaginavo: positivo. E, nonostante questa assurda situazione, quella speranza così piccola che provavo prima si tramuta in incosciente gioia. Il cellulare vibra accanto a quel bastoncino e un nome sinonimo di pace lampeggia ad ogni suo tremolio. Claudio, dopo infiniti giorni, finalmente mi sta chiamando. Non ci sentiamo da settimane, da quando era iniziata la mia storia con Brandon e lui era in Italia alle prese con un programma televisivo. Lui ancora non sa tutto quello che è accaduto nel frattempo. Era tranquillo che ormai ero felice con l'uomo che ho sempre amato. Lui è come sempre la persona giusta al momento giusto. Prendo di getto il telefono per rispondere, senza nemmeno dirgli ciao. "Ti prego, dimmi che sei di nuovo a New York, ho bisogno di te." La mia voce è piegata dall'emozione e le mie parole suonano inequivocabilmente come un campanello d'allarme per il mio caro amico. "Sono arrivato ieri sera. Tara che succede?" La sua voce è calda e sporcata dall'apprensione che la mia frase ha provocato in lui. Un sospiro tremante è la mia muta risposta "Passo a prenderti al lavoro e ne parliamo!" Mi dice con la sua solita calma. "Non ci sono... al lavoro, intendo." Spezzo il mio silenzio con titubanza. "E dove sei? Tara, inizio ad essere preoccupato." e il suo tono ha ormai perso la proverbiale calma che conosco. "Sono dai miei, a Riverdale. Ti mando la posizione." Gli dico sommessamente. Come sempre mi ritrovo a dispiacermi per le preoccupazioni che do agli altri. "Parto immediatamente." È la sua risposta. "Claudio..." dico prima che possa chiudere la telefonata. "Dimmi." E la sua voce ancora una volta è come una colata di tranquillità sull'onda delle mie emozioni. "Mi sei mancato!" gli dico accennando un sorriso. "Anche tu.... Anche tu, veramente tanto." mi dice con la sua solita dolcezza prima di chiudere la conversazione.

Lo aspetterò con ansia, ho bisogno di lui e delle sue parole che sono state sempre giuste, sempre piene di giudizio, sempre capaci di fare chiarezza nella mia valle piena di dubbi e insicurezze. Ma prima mi attende un compito molto arduo e stringo il test tra le mani come se volessi prendere da lui tutta l'energia ed il coraggio che mi serve per affrontare la mia famiglia. Ovviamente non gli ho detto nulla. Ho preferito evitare drammi familiari qualora si fosse trattato di un falso allarme. Ma, confesso a me stessa, che l'incertezza è stato il pretesto ideale per ritardare una rivelazione che ora è diventata inevitabile.

Trovo la mia famiglia in cucina, intenta a gustarsi un caffè e a chiacchierare. Un quadretto delizioso che mi rincresce rovinare con una notizia che non so come verrà accolta. Per fortuna c'è Melania, che è rimasta a casa dal lavoro anche oggi perché è preoccupata per il mio stato di salute. Entro silenziosamente nella stanza con ancora il test di gravidanza tra le mani. Ascolto mio padre che parla di politica con il suo tipico fervore, mentre mia madre sbuffa e si lamenta con Melania che suo marito non ha altri argomenti se non Trump e il disastro che sta creando negli Stati Uniti e nella politica estera. Sorrido con un pizzico di amarezza e resto in silenzio. Questa situazione era ciò che avrei voluto con Brandon e la consapevolezza che non si avvererà oggi mi colpisce anche più del solito. Aspetto che siano loro a rivolgere spontaneamente lo sguardo verso di me e la prima a rendersi conto della mia presenza è Melania, i cui occhi cadono immediatamente sulle mie mani unite, aggrappate attorno a quel prezioso bastoncino di plastica. Restano increduli, fermi lì per qualche istante per poi passare a guardare me. Probabilmente il mio viso è un libro aperto in cui lei riesce a leggere tutte le righe che sono in procinto di dire, perché il suo scatto è imprevedibile e repentino. Con un solo passo si mette tra me e i nostri genitori e mi mi fa girare su me stessa "Tara, sei quì!" urla sproporzionatamente. "Accompagnami in camera. Ho dimenticato di mostrarti il vestitino che ho comprato qualche settimana fa." Con il suo braccio a cingermi la spalla, in pochi secondi saliamo le scale e siamo nella sua stanza. Non so dire se sono contrariata per essere stata interrotta nella mia difficile presa di coraggio o se le sono grata per aver tardato ulteriormente il momento della rivelazione. I suoi occhi però brillano come stelle, luminose di gioia, e questa sua reazione per me significa tanto. Qualsiasi cosa, ora, passa in secondo piano, perché in quelle iridi leggo il suo appoggio, la sua approvazione ed hanno un valore inestimabile e che mi danno la forza di affrontare la situazione con mamma e, soprattutto, con papà. Quando abbandonai l'università, promisi principalmente a lui che quello sarebbe stato l'unico disastro che avrei combinato a causa di un uomo ed in pochi giorni, invece, gli sto dimostrando come, quello stesso uomo, ha stravolto nuovamente la mia vita. Sarà questo ciò che penserà e ho paura che sarà difficile fargli capire quanto questo bambino significhi per me già tutto. "È quello che penso? Diventerò zia?" mi chiede euforica Melania strappandomi il test dalle mani e guardandolo con voracità. Le sue parole mi provocano un brivido dietro la schiena e un fremito nello stomaco. Una sensazione che definirei di caldo e intenso piacere che si consuma subito al pensiero dei nostri genitori ed alla reazione che potrebbero mai avere. "Devo dirlo a mamma e papà, Melania." le dico con voce tremante, che esprime tutta la preoccupazione che provo ogni volta che ci penso. "Nonostante questa situazione, sono sicura che ne saranno felici come me." mi rassicura con un abbraccio. Quando ci stacchiamo il suo sguardo mi colpisce dritto negli occhi, diventa serio e già intuisco ciò che sta per chiedermi. "Brandon lo sa?" mi chiede senza mezzi termini. Scuoto la testa mentre le lacrime ancora una volta minacciano di sporcare il mio viso. "Glielo dirai, vero?" mi incalza con aria di rimprovero. Distolgo il mio sguardo dal suo "Un giorno, ma non ora. È ancora troppo presto e stargli accanto sarebbe troppo penoso. Mi provocherebbe troppo stress e questo non farebbe bene al mio bambino." Melania mi guarda con disapprovazione, ma non ribatte. Tanto lo sanno tutti che, se nella mia testa si pianta una decisione, non c'è niente e nessuno che mi possa smuovere. Nessuno, tranne Brandon. Lui ha sovvertito tutti i miei modi di fare e ha fatto vacillare ogni mia volontà fino a piegarla e infine spezzarla.

Lo shock per i miei genitori non è stato poi come immaginavo, né mio padre ha reagito come mi aspettavo, rinfacciandomi di non aver mantenuto l'impegno preso con lui ormai quasi 16 anni fa. Sebbene io l'abbia visto quel pizzico di delusione attraversare il suo viso per aver disatteso tutte le aspettative che aveva per la mia vita, ciò che maggiormente è emerso nei suoi occhi era tanta preoccupazione. E' normale e non gliene faccio una colpa. In fin dei conti mi ritrovo ad essere una madre single per giunta senza lavoro. Ma funzionerà tutto, lo farò funzionare. Non ho mai avuto dubbi se tenere o meno questo bambino. D'altro canto, questo esserino dentro di me è il frutto di un intenso atto d'amore, di quell'unica volta in cui abbiamo rischiato. Involontariamente chiudo gli occhi e la mia mano sfiora la mia nuca, in cerca di quel brivido che Brandon ha sempre provocato in me ogni volta che mi accarezzava lì, per poi baciarmi, non senza aver prima esitato con il suo sguardo sulle mie labbra, come a volermi prolungare il desiderio di essere posseduta da lui. Sbuffo pesantemente per la sensazione di vuoto che il ricordo mi provoca. Mi manca. Mi manca terribilmente. Mi manca da togliermi il fiato e vorrei trovare dentro di me la forza di andare oltre, di superare la paura di trovarmi di nuovo un giorno nella situazione che ha provocato Nina. Ma non ce la faccio, sono ancora troppo vulnerabile, troppo ferita.

Invece ora mi trovo in una situazione protetta. Sebbene io senta pesantemente la sua assenza, so di poter contare sul supporto, l'amore e l'aiuto di tutte le persone che mi circondano: la mia famiglia, i miei amici ed Alice, che, nonostante sia preoccupata per me, condivide la mia scelta di non aver abortito. E poi c'è Claudio, il mio angelo custode, la mia quiete in mezzo alla tormenta.

La giornata è tiepida per essere l'inizio di gennaio. Nonostante l'inverno inoltrato, il sole è caldo e il cielo è limpido. Anche i colori del parco vicino casa sembrano non rendersi conto del calendario sfoggiando delle intense sfumature di verde, arancione e marrone ramato. Il mio umore, fortemente metereopatico, subisce la positiva influenza di questa condizione climatica e soprattutto della presenza di Claudio, che è venuto prendermi dopo pranzo. Con tutto ciò che è accaduto, ho quasi dimenticato quanto fosse bello e affascinante. Alla luce di quest'oggi, poi, i suoi occhi azzurri risaltano ancora più brillanti e, se possibile, il suo fisico sembrerebbe ancora più in forma dell'ultima volta che abbiamo trascorso del tempo insieme. Sarebbe l'uomo perfetto per me: bello, premuroso, riflessivo e divertente. Ma tra noi non è scattato l'amore e sono fortunata di aver trovato in lui un buon amico. "Potrò farmi chiamare zio?" mi chiede, provocandomi la prima vera risata da qualche giorno a questa parte. "Certo, che domande?" gli dico ridendo ancora. Ma poi il volto di Claudio diventa serio e il suo sguardo mi ricorda quello che aveva Melania stamattina. Prevedo già cosa sta per dirmi e le sue parole non si fanno attendere "Devi dirglielo Tara. Lo sai anche tu che è giusto." Scandisce ogni parola lentamente, con la sua usuale pacatezza, guardandomi dritto negli occhi, perforandomi la coscienza con quei punteruoli di ghiaccio che sono le sue iridi. "Sai che non è giusto fargli perdere la gioia della tua gravidanza. Devi trovare il modo di andare oltre le tue paure e il tuo risentimento. Se lo ami come dici, devi trovare il modo, lo devi scovare dentro di te e lo devi fare soprattutto per amore del tuo bambino. Quando crescerà ti ritroveresti a dovergli spiegare il perché il suo papà non ha ricordi di lui nella tua pancia. Immagina cosa proverà tuo figlio. Devi sforzarti Tara."

Se dovessi attribuire a quest'uomo il ruolo in una fiaba, lui sarebbe un perfetto grillo parlante. Nessuno come lui riesce a premere il tasto giusto per farmi riflettere, facendomi oltretutto sentire in colpa. "Troverò il modo di farglielo sapere. Fammici riflettere qualche altro giorno." Il solo pensiero di poterlo eventualmente rivedere provoca in me tanta agitazione e, allo stesso tempo, un fremito di felicità mi attraversa il cuore. Perché il fatto che lui mi manchi è innegabile ed è qualcosa che non riesco proprio a controllare.
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Dopo due giorni che stavamo insieme Tara mi aveva costretto ad iscrivermi ad Instagram. Non l'ho mai usato, non mi interessava farmi gli affari di altre persone che probabilmente illustrano le loro vite attraverso un filtro fatto esclusivamente di finzione. Invece ora lo sto guardando, osservo il suo profilo e tutta la sua vita esposta in bella mostra. È fermo alla sera prima dell'equivoco provocato da Nina. C'è la foto delle nostre mani intrecciate e di finto non ha proprio nulla. L'aveva scattata mentre eravamo su questo stesso divano, a guardare un film che poi non abbiamo finito, perché ho iniziato a baciarle il collo e lei si è letteralmente sciolta sotto la mia bocca. Mi passo le mani tra i cappelli alla ricerca di quella stessa sensazione che le sue dita suscitarono in me mentre la mia lingua percorreva il profilo del suo collo e il suo respiro si faceva sempre più affannato. La desidero ora come quella sera e ogni volta che mi fermo da qualsiasi attività io stia facendo, il mio pensiero inevitabilmente corre a lei, ai suoi occhi e quella bocca che combacia perfettamente con la mia. Mi chiedo cosa stia facendo e come sta. Se sta mangiando e se riesce a dormire. Non posso fare a meno di preoccuparmi per lei e per la sua salute. Potrei chiedere a Freddie o Melody, ma devo decidermi ad andare avanti. Continuare ad alimentare questo ricordo non può che distruggermi ancora di più.

Ho deciso che mi dedicherò totalmente al lavoro. E' l'unica certezza nella mia vita, quella che non mi ha mai abbandonato. Questo giorno è andato, passato. Pensavo di non potercela fare, ma in un certo senso le chiacchierate con Pete e con Cheryll mi hanno fatto bene. Qualcuno ancora crede in me. Non voglio più deludere le aspettative, voglio di nuovo lavorare sodo come ho sempre fatto. È l'unica via d'uscita che attualmente riesco a vedere. Pian piano riuscirò a cancellarla dalla mia memoria, o almeno ci devo provare, e devo avere fiducia che prima o poi arriverà qualcuno che definitivamente la estirperà dal mio cuore.
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Nota dell'autrice:
Ciao ragazzi! Finalmente le revisioni sono finite ed ecco un nuovissimo capitolo. 😰
Spero vi piaccia. Fatemi sentire il vostro gradimento, FORZAAA!  💪
Voglio stelline e commenti come se piovesse. ⭐️📌
Come vi aspettate che si evolverà la storia? Che ruolo pensate potrà avere in futuro Claudio? E Brandon? Secondo voi troverà quel qualcuno che gli farà di dimenticare Tara? E Tara troverà il coraggio di parlargli del bambino. ❓❓❓
"Uscite" i vostri pensieri 🤣

L O V E - Y O U ❤️❤️❤️
TY

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