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Aggiornato il 15 gennaio 2020

CIAO A TUTTI! PER FAVORE LEGGETE CON ATTENZIONE LA NOTA A FINE PAGINA!!!

01 gennaio

Emanava una luce radiosa, diversa dal solito. Dolce e morbida più che mai. Il corpetto nero le fasciava il seno e la gonna di chiffon carezzava le sue gambe. Aveva le labbra serrate per trattenere le sue emozioni ed è stata quella la tentazione più grande. Avrei voluto rapirle tra le mie, morderle fino a catturare la sua calda lingua. L'avrei presa tra le mie braccia e sarei corso via, come fossi un ladro, nella notte di New York. Avrei posseduto la sua bocca allo scoccare della mezzanotte come augurio di farlo per tutto l'anno, per tutta la vita. L'avrei amata come se fosse stata la prima e l'ultima volta della nostra vita: disperatamente, con passione e dolcezza, lentamente ma selvaggiamente. Avrei... Avrei... ma non l'ho fatto. Ho rispettato il suo spazio, ma ora il rimpianto è il sapore che mi rimane sulla lingua. Avrei dovuto essere più audace, avrei dovuto imporre il mio amore, il nostro Amore. E invece sono andato contro la mia natura e mi sono limitato a sperare che mi seguisse o che almeno mi chiamasse subito dopo. Il tormento e il rimpianto di non aver fatto ciò che l'istinto mi diceva di fare mi fa contorcere le budella e mi fa chiedere se sarebbe stato poi così sbagliato fare quello che avrei voluto fare seguendo il mio impulso. Sentire Melody, poi, è stato tutt'altro che di conforto. Le notizie che mi ha dato mi sono entrate come una mitragliata in pieno petto. Mi ha detto che le hanno consegnato tutto, ma le cose non sono andate proprio come speravamo. Tara ha prima deciso di non seguirmi e poi subito dopo ha avuto un malore, ma non mi devo preoccupare, dice, perché si è ripresa subito. Ma come faccio a non preoccuparmi? Mi si lacera il cuore perché io lo so. Lo so bene che quando sta male lei reagisce così: non mangia, non dorme, si trascura. Si lascia andare come se non le importasse più di vivere. Lo so che la tensione e le emozioni troppo forti la distruggono fisicamente al punto da perdere i sensi. Lo so perché io ne sono stato sempre la causa. So tutto di lei e non posso intervenire.

Ma io aspetto, non mi muovo da quì. Non dopo quello che mi ha detto Melody. E resto ancora con la speranza che legga le mie righe e mi perdoni per quel qualcosa di cui non ho colpa. Vorrei che mi desse la possibilità almeno di spiegare, di farle capire quanto sbagliato sia ciò che pensa. La mia frustrazione è sempre più galoppante. No, non mi basterebbe essere solo ascoltato. Io voglio che capisse, che mi credesse e che tutto tornasse come prima. Voglio avere la possibilità di continuare a costruire la nostra vita insieme, mani nelle mani, occhi negli occhi. Quegli stessi occhi che si sono insinuati nella mia anima prepotentemente, giorno dopo giorno, con delicatezza ma senza chiedere il permesso, sono rimasti a sedimentare lì nel corso degli anni. E io gliel'ho lasciato fare perché non ho mai incontrato occhi più gentili e fieri. Le mani si attanagliano ai miei capelli e tremo internamente ancora per la tensione. Ha proprio un caratteraccio la mia donna! Sempre pronta a corazzarsi e a difendersi appena sente odore di pericolo. Ricordo com'è stato difficile valicare quella barriera che aveva costruito tra noi durante le prime settimane, nel mio tentativo di farmi perdonare del male provocatole quando ero ancora troppo stupido per capire che mi era penetrata sottopelle, che c'era sempre stata. E il nostro rapporto è stato tutto in salita, sin da quel giorno di aprile in cui il destino ci ha messo di nuovo l'uno di fronte all'altra. Un saliscendi di emozioni, un rollercoaster impazzito. E quando la giostra si è fermata, quando tutti i pezzi finalmente si erano incastrati nel modo giusto, eravamo felici. Ma non era una felicità comune. Il nostro rapporto era fatto di silenzi e respiri. Di sguardi e sfioramenti. Non avevamo bisogno di tante parole, perché tutto era chiaro ad entrambi. O almeno lo credevo. Avevamo tutto e avremmo avuto anche di più se il diavolo dalla chioma rossa non ci avesse messo lo zampino. E se io avessi agito in modo più razionale. Ma è così difficile essere razionali quando vuoi proteggere il tuo amore, si fanno poi sciocchezze che risultano irrimediabili. E mi rendo conto ora che lei quella barriera tra noi non l'ha mai veramente abbattuta, mi ha solamente permesso di attraversarla, scavalcarla, per poi ributtarmici dietro al mio primo ingenuo errore.

Questa situazione è sbagliata. È tutto sbagliato. Quando sono tornati a casa ho visto che baciava quel Randy per salutarlo. Mi brucia dentro l'idea che possa aver fatto l'amore con quello che lei definisce il suo fidanzato. Quando immagino il suo corpo sfiorato da mani che non sono le mie... non so nemmeno io di cosa sarei capace. Il senso di possesso è vibrante come non mai. Lei mi appartiene e io appartengo a lei. Tutta la mia vita non avrebbe più alcun senso senza il suo respiro sul mio collo prima di addormentarci, le sue mani nei miei capelli mentre facciamo l'amore, i suoi piccoli occhi verdi che al mattino mi augurano il buon giorno.

Scorgo con la coda dell'occhio che una luce si accende ad una finestra ed un'ombra si muove in quella stessa stanza. Nervosamente va avanti e indietro. Sembrerebbe l'ombra di Tara, ma potrei sbagliarmi, potrebbe essere la mia immaginazione che mi gioca i soliti scherzi e mi fa vedere ciò che spero di vedere. Squilla il mio telefono. La sua fotografia e il suo nome lampeggiano sul display. Il mio cuore torna di nuovo a battere gonfio di speranza. Sono emozionato nel prendere la chiamata. Premo il pulsante di risposta ma resto in silenzio. Dall'altro lato del telefono sento un respiro affannato di chi sta piangendo singhiozzi silenziosi. Resto ancora in silenzio mentre ascolto in pena quel suono angosciato, ho paura di parlare anche se vorrei correre ad asciugarle tutte le lacrime e stringerla per rassicurarla che tutto andrà a posto, tutto andrà bene. Noi staremo bene. Ma non dico nulla per la paura che qualsiasi cosa io dica possa allontanarla ancora di più da me. Forse è stato questo il mio problema, ho usato il silenzio per paura che bastasse una parola per farla volare via. Era sbagliato e ora non è più tempo di silenzio, per gli spazi vuoti. Ho bisogno di sentire la sua voce, di sapere cosa l'angoscia al punto da singhiozzare. "Sono qui Tara. Parlami." il mio tono è supplichevole di un cenno da parte sua. Lei non risponde, ma continua a singhiozzare e cresce in me la paura che non stia bene, che ha bisogno di aiuto. "Sto venendo da te!" le dico. "NO!" grida disperata. "Ti scongiuro, non prendere la macchina, per nessun motivo. Resta a casa. Non muoverti da lì, hai capito? NON. MUOVERTI!" continua ad urlare terrorizzata nel telefono, il suo pianto sempre più violento. Sono comunque già uscito dall'abitacolo e sono sotto la sua finestra "Tara che succede? Mi spaventi così." "Brandon, credimi. È meglio se resti a casa. Ho paura che possa accaderti qualcosa di brutto. L'ho sognato..." farfuglia. "Tara, era solo un sogno..." "Non era solo un sogno. I miei non sono solo sogni, non lo sono mai stati quando si tratta di te. Ti prego, resta a casa!" mi urla angosciata. Mentre parliamo ho preso dei sassolini e, come un ragazzino alle prese con il primo amore, li lancio verso la sua finestra, restando però in silenzio al telefono. "Brandon... sei ancora lì vero?" "Si certo, non me ne vado, se tu non vuoi." Lei non mi risponde e io continuo a lanciare i sassi alla sua finestra. Il suo respiro affannato è l'unica cosa che rompe il silenzio che si è creato nuovamente tra noi. Ora è più regolare di prima ma sembra sempre tormentato e in pena. Vorrei poterlo sentire sul mio petto quel respiro, mentre le massaggio le spalle per rassicurarla e sussurrarle quanto la adoro e quanto tutto perde importanza se il suo cuore pulsa lontano dal mio.

Il respiro mi si smorza in gola quando la sua figura sbuca dalle tende dietro alla finestra a quella vista non riesco a trattenere un sorriso "Sei bellissima. Sei la creatura più bella che la natura mi abbia dato il privilegio di contemplare." Dico in un sospiro, ma lei resta ancora in silenzio. I nostri occhi collidono e, nonostante la distanza ed il buio, si incatenano tra loro. La sento la lotta che sta combattendo dietro quegli occhi, la vedo tutta e vorrei che non lottasse, ma che soccombesse all'inevitabile. "Hai letto la mia lettera?" chiedo con una buona dose di timore per la risposta che seguirà. "No..." "Tara ti prego." "Brandon, io ho preso delle decisioni e-" ma io la interrompo. "Lo so. Le conosco le tue decisioni." sospiro e prendo la forza necessaria per lanciare il mio ultimo appello, il mio tutto per tutto e lei inaspettatamente non mi interrompe. Per la prima volta da quando è iniziato questo incubo, lei è lì che aspetta che continui ed è disposta a sentirmi. Intravvedo finalmente uno spiraglio attraverso il suo muro di ostilità. "Ti prego, se non vuoi ascoltarmi, almeno leggi la mia lettera. Io resto quì, non vado via finché non me lo dirai tu. Ti imploro con tutta la forza che ancora mi resta, non fare stupidaggini di cui potremmo pentirci in futuro. Ti prego Tara. Ti prego..." Le parole mi si smorzano in gola, la voce si spezza e sento gli occhi pizzicare in un angolo. Il cuore pesante per l'incertezza di ciò che le mie parole possano aver provocato in lei che però non mi risponde e continua a guardarmi con intensità crescente. Dischiude le labbra come a voler dire qualcosa, ma non lo fa. Seguono altri attimi di silenzio che sembrano non avere fine. Poi chiude la conversazione pur restando ancora a quella finestra senza smuovere i suoi occhi dai miei. All'improvviso lascia andare la tenda che copre interamente la sua figura ed interrompe il contatto vitale che c'era tra noi. Mi sento di nuovo scoperto senza quegli occhi che mi incatenavano alla parte più bella di me. Ho paura adesso. Non mi ha detto le sue intenzioni, quindi non so che cosa accadrà, ma le ho promesso di restare quì e lo farò, finché lo vorrà, finché non mi dirà che questo non è il mio posto. Fa freddo, ritorno in macchina avvolgendomi nel mio cappotto alla ricerca più di un abbraccio che di effettivo calore. Quell'abbraccio che può darmi solo lei, il calore che la sua anima è capace di sprigionare attraverso il suo corpo fatto per essere amato e venerato da me. Io sono l'unico che può renderle onore, l'unico che può darle piacere fino a farle chiedere di smettere perché è troppo intenso da sopportare tutto in una volta.

Ora tutto è nelle sue mani. Tutta la mia vita è nelle sue mani. Questo inizio d'anno dipende solo da lei ora. Potrebbe rivelarsi il più brutto o il più bello della mia vita. Il mio cuore è avvolto tra le sue dita e potrebbe decidere di stringerlo fino a stritolarlo. Non sono mai stato bravo a scrivere, a trasporre i miei sentimenti in parole. Non sono un poeta e ho sempre preferito affidarmi ai gesti e credevo che con lei potesse bastare. Ci ho provato a scrivere il mio cuore su quel foglio bianco e ripasso mentalmente tutte le parole che le ho scritto. L'ho letta talmente tante volte che ho impresse nella memoria anche ogni singola virgola, ogni singolo spazio.

"Lo so, non ti ho mai detto che ti amo. Non ti ho nemmeno mai chiamato amore. Ma è quello che rappresenti per me. Rappresenti la parte più bella della mia anima. Ci sei entrata dentro in modo così prepotente che ho faticato ad accorgermene. E ho realizzato la tua presenza quando già c'eri e non potevo più farne a meno.

Tante mancanze ho avuto verso di te, me ne rendo conto solo ora e la tua insicurezza verso di me, verso il mio amore e la mia dedizione al nostro Amore è stata l'innesco di una bomba potente. Ma io ci credo in noi, ne ho bisogno, ho bisogno di te, di renderti felice, di dimostrarti ogni giorno quanto sei importante per me. E voglio dirtelo, dirtelo in ogni momento della giornata. Dirti che ti amo, che voglio la mia vita con te, fare dei programmi, condividere il presente e il futuro e dimenticare il doloroso passato sovrapponendoci nuovi ricordi. E voglio darti un motivo per restare a New York. Non fuggire Tara, non andare lontano da me, dal nostro futuro. Dammi la possibilità di vivere con te ogni istante, nella gioia e nel dolore, finché non saremo vecchi e stanchi ma con ancora la forza e la voglia di sfiorarci le mani e di sorriderci teneramente. Non perdiamo l'occasione di creare la nostra famiglia, quella che mi avevi confidato di volere e che ti faceva brillare l'anima mentre lo raccontavi. Hai smesso di dirmelo quando abbiamo iniziato ad amarci. Avevi paura, lo so. Le mie mancanze ti facevano credere che non era quello che volevo anche io, ma non è così. Ero un animale ferito, bruciato dal fuoco che è stata Nina, e tu mi stavi guarendo. Avevo paura di sperarci per il timore di un rifiuto anche se sapevo quanto lo desiderassi. Non strappare questo pezzo di cuore irrimediabilmente legato a te, al battito del tuo cuore, al soffio del tuo respiro, al verde dei tuoi occhi. Ero pronto a dirtelo, ero pronto a confessare di essere guarito, ma aspettavo sempre il momento migliore, quello ideale che potesse creare ricordi unici, indelebili. Ma il momento migliore può essere qualsiasi momento. Bisogna coglierlo al volo perché la sfortuna è sempre dietro l'angolo e il castello che abbiamo costruito potrebbe rivelarsi fatto di carte e volare via, perdendo tutto.

Perdonami, ho sbagliato a non dirti che Nina voleva vedermi, ma l'ho fatto solo per evitarti una preoccupazione ulteriore dopo ciò che era accaduto con Betty. Invece ho peggiorato la situazione. Credimi, non l'ho cercata io e non l'ho incoraggiata. Ha fatto tutto lei. Lo so che può sembrare una bugia, ma credimi, non lo è. Ho solo cercato di proteggerti, ma si è rivelato tutto sbagliato. Ho agito in maniera irrazionale e ho perso la cosa che più aveva valore nella mia vita, il mio gioiello più prezioso.

Amore mio, abbiamo già perso tanto tempo della nostra vita, maggiormente per colpa mia, ma io ho voglio te. Ho sempre e da sempre voluto te e solo te. Qualsiasi cosa NOI possiamo affrontarla insieme, perché sono disposto a tutto pur di averti ancora nella mia vita. Dammene la possibilità. Ti prego, torna da me.

Irrimediabilmente tuo.

Brandon"

Guardo a ripetizione il cellulare in attesa di un suo cenno che però non arriva. Ed è quasi l'alba ormai. Per la prima volta in tutta la mia vita sento un senso di impotenza, il senso della perdita così preponderante. Forse è meglio se vado via, ormai credo che sia chiara la sua decisione. Incontrollabile una lacrima scende sulla mia guancia: è la consapevolezza che per lei ormai sono una storia chiusa.

Giro la chiave d'accensione e guardo nello specchietto retrovisore, un po' anche per dare malinconicamente un ultimo sguardo alla sua finestra e vedo la sua figura che si sta avvicinando alla mia macchina. Si accorge che ho acceso il motore e noto che il suo passo accelera verso di me. Aspetto e cerco di tenere a bada il mio cuore in subbuglio e pieno di speranza. "Posso salire?" mi chiede, non appena mi raggiunge. Il suo sorriso è timido e stanco, il viso scarno e pallido, ma emana sempre quella radiosa luce che le avevo visto qualche ora fa. Io annuisco e mentre entra nell'abitacolo la osservo attentamente nei suoi movimenti stanchi. Sotto il giaccone indossa uno dei suoi pigiamoni buffi e goffi e indossa le scarpe da ginnastica. Il suo profumo inconfondibile avvolge l'abitacolo dell'auto appena ci si siede. Ha gli occhi rossi e, se possibile, ancora più piccoli di quanto non li abbia in natura. Ed è pallida, sofferente. Di slancio la abbraccerei, ma mi freno, in attesa che dica o faccia qualcosa che mi autorizzi a farlo. Viviamo qualche attimo di silenzio ed imbarazzo prima che riesca a trovare il coraggio per parlarmi di nuovo. Non mi guarda, ma ha gli occhi fissi davanti a lei e questo mi mette agitazione. "Abbiamo fatto un gran casino." esclama, con un sorriso amaro rivolto al vuoto che ha davanti a se. Non so cosa dirle, perché ha ragione. Si gira verso di me con gli occhi pieni di lacrime "Mi hai ferito. Ancora una volta te l'ho permesso." Una sensazione di colpa si instilla nuovamente nel mio cuore. Sapevo di averle fatto involontariamente del male, ma sentirlo dire dalle sue labbra e vederlo dipinto sul suo volto mi colpisce ancora di più. Quel "ancora" scivolato dalle sue labbra è un pugno ben assestato sulla mia coscienza. "Non volevo, non lo avrei mai voluto. È stato solo un malinteso. Tara, forse hai ragione. Io non farò altro che farti soffrire. Forse fai bene a stare lontana da me." Non so perché glielo sto dicendo, non è quello che voglio che avvenga, ma la mia coscienza ha subìto un colpo così violento che ha avuto il sopravvento sul mio cuore e ha preso la parola. Adesso sono io che distolgo lo sguardo, perché non riesco a sostenere i suoi occhi tristi e feriti. "Forse in fondo non ti ho mai perdonato veramente e mai avrò fiducia in te. Seppure tu mi stia dicendo la verità, Brandon, avrò sempre il dubbio che non sia vero e vivrò sempre con la sensazione che cose come queste possano capitare in qualsiasi momento. Quante Nina, quante Betty, quante altre donne mi farebbero dubitare e soffrire? E potresti tu vivere con una donna che non si fida di te? Io ti amo. E ti amerò sempre con questa stessa intensità con cui ti amo adesso, ma tra noi non può esserci quel futuro che hai scritto. Sposerò Randy. No, non sto scappando, ma sto rinunciando a te perché ti amo talmente tanto che ti renderei la vita infelice. E, anche se non amo Randy, sono sicura che lui si prenderà la giusta cura del mio cuore." Restiamo muti senza guardarci, fissando il vuoto davanti a noi attraverso il vetro della macchina. È lontana ormai e mi rendo conto che qualsiasi cosa io possa dire, non la riporterà mai più da me. Tremo e non per il freddo di questo primo giorno dell'anno, ma per il sangue che lentamente si è congelato nel mio corpo. Sono stato investito da una grandinata fatta di chicchi appuntiti di ghiaccio che si sono conficcati nel mio corpo e mi lasciano segni, graffi, lividi.

La guardo di sottecchi. È seduta accanto a me, avvolta nel suo soprabito, apparentemente infreddolita a causa dell'aria pungente di gennaio, o forse per ciò che mi sta dicendo. Siamo distanti ormai ma io ho bisogno di sentirla, di abbracciarla, di riscaldare il suo corpo e il suo cuore, almeno per un'ultima volta. Le passo una carezza tra i capelli biondi un po' arruffati dopo questa notte insonne. Sento la sua testa abbandonarsi sotto il mio tocco e il suo viso girarsi verso di me. Ha gli occhi lucidi, al limite del pianto. Non resisto un altro attimo quando le sue labbra si piegano in una smorfia di pena che probabilmente doveva essere un sorriso. Mi ci avvento come un lupo affamato da giorni. La sua lingua finalmente nella mia bocca, ma è un bacio dal sapore diverso da tutti gli altri che ci siamo dati finora. Ogni suo bacio è sempre stato come ricevere in dono la vita, ma questo è disperato. Assaporo un misto di tante emozioni, la più amara tra tutte è il rimpianto. Si stacca da me, le nostre fronti sono vicine, appoggiate l'una all'altra e io respiro il suo respiro. Le nostre mani ancora intrecciate tra i capelli. Le sue scendono ad accarezzarmi il viso. Con gli occhi chiusi segue il profilo di tutti i miei lineamenti. Carezze malinconiche, come a voler memorizzare ogni angolo del mio volto. Quando apre gli occhi ormai vedo nel suo sguardo che ormai non è più qui con me. Esce dalla macchina senza dire una parola e tira dritto verso casa sua, ma a metà strada torna indietro e mi si accende di nuovo la speranza che ci possa avere ripensato. Mi raggiunge, ma il mio sorriso non corrisponde alla luce fosca che leggo nei suoi occhi. È seria, triste, preoccupata "Non correre mentre torni a casa. Abbi sempre cura di te." Ora mi ha distrutto totalmente e io adesso sono perso nel vuoto che mi ha lasciato l'unica donna che io abbia veramente amato, l'unica che abbia realmente capito il mio modo di essere. Era quell'Amore il nostro, quello che lei stava rincorrendo, e ci è sfuggito tra le dita così, in un battito di ciglia. Non me ne darò mai pace. In fondo non sono sicuro che smetterò mai di combattere per questo.

***********************************************************************************************Mentre percorro questi pochi metri verso la porta di casa, sento che le mie gambe stanno cedendo e il pavimento mi sembra sempre più vicino. Ad ogni passo la tentazione di girarmi a guardarlo mi assale, ma non posso tornare più indietro. La decisione è stata presa. Lo so, non ho l'approvazione di nessuno, ma ho le mie motivazioni e non posso non tenerne conto. Barcollo come se avessi bevuto un'intera bottiglia di vino e ho lo stomaco in subbuglio. Ho resistito alla sensazione di vomito anche più di quanto immaginassi. Troppo stress per le mie povere budella. Inizio a vedere tutto bianco. Sono finalmente con il pomello della porta di casa nella mia mano. Entro e mi appoggio con le spalle alla porta stessa, mentre sento la macchina di Brandon che, emettendo un suono quasi simile ad un lamento, si allontana nel silenzio di quest'alba. Sembra che anche la sua auto stia soffrendo per noi. Le immagini davanti ai miei occhi si coprono completamente di un velo bianco. Finalmente posso lasciarmi andare. L'ultima cosa che ricordo è una frase nella mia mente "Non correre amore mio. Vivi, vivi la tua vita." poi nulla più.

È la seconda volta in poche ore che mi ritrovo in questa posizione: a terra, con la mia testa sollevata sulle gambe di qualcuno e con qualcun'altro che mi guarda preoccupato. Provo a parlare ma mi intimano di stare in silenzio, ma io ho tanto da fare e soprattutto devo parlare con loro, con la mia famiglia. Hanno bisogno di sapere tutto. I miei genitori non sanno il reale motivo del mio trasferimento a Los Angeles e non sanno che sto per sposarmi con un uomo che non amo. Lo so che anche loro non saranno d'accordo con la mia scelta e che si preoccuperanno per me, ma non ho mai nascosto niente ai miei genitori e non inizierò certamente a quasi 37 anni. Mi hanno sempre lasciata libera nelle mie decisioni. Nonostante le delusioni che gli ho riservato, libera di sbagliare, ma comunque sempre lì a raccogliermi se cadevo. Mi chiedo se lo faranno anche questa volta.

"Vi devo parlare" dico loro mentre mi metto seduta sul pavimento. Mi soffermo a guardare questa casa da questa prospettiva e rivedo tutto alla stessa altezza di quando ero bambina. Guardo i miei genitori e ad un tratto mi sembra di rivederli di nuovo giovani e premurosi come quando ero piccola. "Papà mi aiuti ad alzarmi?" Il sorriso di mio padre si apre orgoglioso di sentirsi ancora una roccia per la sua bambina e mi consola parzialmente di tutte le lacrime che dentro di me sto versando. Mi appoggio a lui e di nuovo tutto inizia a girare attorno a me, lo stomaco sembra aver fatto una piroetta e il senso di vomito assale il mio respiro. Mollo i miei lì dove si trovano e corro in bagno. Questo non è solo stress, credo di aver preso proprio una brutta influenza.

Melania mi raggiunge e chiude la porta del bagno. Lo so che vorrebbe parlare, ma per fortuna ha la delicatezza di aspettare che io finisca di svolgere ciò che sto facendo.

Mi sto sciacquando la bocca e il viso mentre finalmente mia sorella cede alla tentazione di affrontare il discorso "Che succede Tara? Dov'eri stata?" "Non importa più. Mel. Partirò tra una settimana. Ho deciso, è inutile aspettare di più." "Stai fuggendo lo sai?" mi dice dura. "No, non sto fuggendo. L'ho detto anche a lui-" inizio di nuovo a sentire il senso di nausea che mi smorza le parole e ricomincio a vomitare mentre lo sguardo di Melania rivela tutta la sua sorpresa nello scoprire che finalmente avevo parlato con Brandon.

Ho ripreso di nuovo la facoltà delle mie gambe e da qualche minuto riesco anche a respirare senza avere la sensazione di dovermi liberare di tutto il mio apparato digerente. Mamma mi ha fatto stendere sul divano e mi accarezza dolcemente la testa. Stanno aspettando che finalmente dica loro ciò che ho preannunciato. Sono preoccupati, glielo si legge in volto. Cerco le parole giuste per non infierire colpi troppo traumatici. "In questi ultimi mesi ho fatto alcuni errori di valutazione e ho voluto fare di testa mia, quando forse dovevo ascoltare chi mi conosce bene e conosce la mia storia. Freddie mi aveva avvertita che ne sarei uscita sconfitta, ma non l'ho ascoltato. Ho voluto credere che le favole esistono e si potevano avverare anche per me. A mie spese ho verificato che non è possibile. La realtà è diversa e bisogna farci i conti." Interrompo per un attimo il mio discorso per capire fin quanto posso spingermi nel mio racconto. Non vorrei raccontare tutto, ma una spiegazione gliela devo. "Ho deciso di anticipare la mia partenza per Los Angeles. Ho da organizzare molte cose. Randy mi ha chiesto di sposarlo e io ho accettato la proposta." Quello che succede dopo non era nei miei programmi. Non mi aspettavo questa totale disapprovazione da parte di chi mi ha sempre sostenuto, nonostante i miei errori fossero palesi. Mio padre serra la mascella, segno che non è affatto d'accordo. Mamma resta a bocca aperta e scuote la testa e Melania... Oh, Melania, la mia sorellina non riesce più a trattenersi e inizia a vomitarmi addosso tutta la sua rabbia, tutto il suo disappunto, agitando le braccia avanti al mio viso costernato, i denti stretti in un ringhio "Ma fai sul serio? Io pensavo che stessi giocando, che stessi cercando conforto tra le sue braccia, ma tu sei veramente impazzita invece." La sua voce si fa sempre più acuta fino ad urlarmi in faccia "Stai facendo una cazzata Tara. E lo sai, io non ti ho mai giudicato e speravo di non farlo mai nella mia vita, ma questa volta stai sbagliando. Te l'ho detto io, te l'ha detto Freddie e perfino Alice, che è sua cognata. Vuoi partire? Bene, parti, scappa pure a Los Angeles, ma non sposare Randy. Tu non lo ami e... vuoi sapere proprio tutto ciò che penso? No, non rispondere, perché tanto te lo dico lo stesso. Dovresti tornare a riprenderti la tua vita a New York. La tua vita con Brandon!"

I miei genitori vengono sorpresi ulteriormente da questa nuova rivelazione, ignorando che tra me e Brandon fosse poi nato qualcosa e ci guardano perplessi. Cerco di spiegare loro il perché non posso farlo. Sono costretta a raccontare, tra lacrime e tremori, come ci siamo avvicinati fino all'ultimo episodio causato da Nina e ciò che ci siamo detti questa mattina prima del nostro addio. Pur credendo a Brandon e al fatto che lui non mi abbia tradito, questo episodio mi ha fatto capire che io non potrò mai avere fiducia in lui e quindi nemmeno avere una vita insieme.

È proprio in questo istante che per la prima volta in tutta la mia vita sento di non avere l'appoggio della mia famiglia. Mi sento terribilmente sola, solitario granello di sabbia nella mia clessidra della vita.

Lo stomaco continua a darmi fastidio, ma mi sento meglio di come stavo stamattina. Sono rimasta chiusa nella mia stanza praticamente tutto il giorno a guardare l'anello di fidanzamento e a riflettere sulla mia decisione. Ora l'anello si trova legittimamente al mio anulare sinistro. Lo osservo mentre lampi di luce si sprigionano dalla pietra centrale. Muovo in aria la mano e con le dita ripercorro in maniera immaginaria il profilo del suo viso, sentendo prepotentemente il vuoto che la sua lontananza ha lasciato dentro di me. Chiudo per un attimo gli occhi per fissare nella mia memoria il contorno della sua fronte, delle sue guance, del suo naso, il colore dei suoi occhi nei miei. Quando li riapro, lo sguardo cade di nuovo sull'anello. È il sigillo su una decisione ormai presa e conclamata, ma tanto dolorosa. Passerà, mi dico. L'ho superata già una volta, devo avere fiducia che avverrà anche ora. Forse ci vorrà più tempo, più pazienza, più costanza, ma sono sicura che tra qualche anno ripenserò a tutto questo con il sorriso di chi ha fatto la scelta giusta. Io non voglio dimenticarmi di lui, sarebbe ingiusto. Voglio dimenticare ciò che provo per lui, lo voglio rendere più leggero, più sopportabile. Perché, a parte l'episodio con Nina, che segnerà per sempre il mio animo, lui è stato quanto di più travolgente, esaltante, struggente potesse scontrarsi con la mia vita. Lui mi ha reso viva e mi ha ammazzato come nessuno aveva fatto prima e nessuno potrà mai fare di nuovo.

Lo scambio di qualche messaggio apatico con Alice e con Randy è stato tutto ciò che ho fatto oggi, ma niente di più. Lui vorrebbe vedermi, oggi. La partenza domani è prevista all'alba e ha voglia di trascorrere un po' di tempo con me per parlare di alcune cose. Non posso negarglielo e, controvoglia, ho comunque accettato. Tra poco sarà qui e mi sono ricomposta alla meno peggio, cercando di nascondere le profonde occhiaie che hanno segnato i miei occhi. Gliel'ho detto che ho continuato a non stare bene, ma ha detto che è necessario vederci oggi e dalla finestra della mia stanza vedo che si sta avvicinando alla porta di casa. Sbuffo per l'insofferenza e vado ad aprire per raggiungerlo all'esterno. Vista la reazione dei miei alle ultime notizie, non è raccomandabile che si avvicini troppo a mio padre.

Siamo fermi sul porticato, l'uno di fianco all'altra a guardare l'orizzonte. Un silenzio pesante di cui non capisco nemmeno il perché. Sembra addirittura che la distanza tra noi sia aumentata ora che siamo fidanzati alla luce del sole. Io resto immobile mentre lui si volta lentamente a guardarmi e con una mano mi accarezza premurosamente una guancia. Per la prima volta sento attraverso le sue dita l'affetto che ho bisogno di sentire. "Sei pallida, non ti sei ancora ripresa?" mi chiede in tono pacato. Alzo le mie spalle per non dare importanza alla mia condizione. Lui sospira e con la mano mi gira il viso affinché lo guardi negli occhi, quei meravigliosi occhi neri che tante volte hanno accarezzato il mio corpo con voluttuosità e desiderio. Mi sorride mentre sprofonda il suo sguardo nel mio. "Tara, domani partirò. C'è nulla che mi devi dire?". Non capisco la domanda e la mia espressione sul volto lo chiarisce anche a lui. "Io ti amo, ma non ti voglio a qualsiasi costo. Voglio che tu sia felice. Credi che sia io la persona giusta che può farlo? È me che vuoi veramente?" Ora capisco a cosa si riferisce e abbasso lo sguardo adesso, per evitare il contatto con il suo. Sembra che si siano messi tutti d'accordo per dissuadermi dalla mia decisione, anche colui che dovrebbe volerlo anche più di me. "Dovresti pensare ad essere felice e, anche se mi fa soffrire, ti devo lasciare libera. L'ho capito che non mi ami, sai? E non puoi immaginare quanto mi costi dirti queste cose, ma sto rinunciando a te." Non riesco a dirgli nulla, non avrebbe senso insistere e continuare a mentirgli ora. A questo punto non so nemmeno se è ancora una buona idea lasciare New York per Los Angeles. Il motivo per cui lo facevo era principalmente lui. Mi prende la mano sinistra e mi sfila l'anello dal dito e lo posiziona nel palmo della mano stessa "Conservalo, per ricordarti di me. Noi ci vorremo sempre bene." e dopo avermi baciato teneramente la guancia, mi lascia in piedi lì, da sola a riflettere su tutto ciò che è accaduto nella mia vita sin dall'aprile del vecchio anno. E dentro di me fanno a gara e si rincorrono emozioni molteplici: sollievo, certo, ma soprattutto delusione, sconforto, solitudine, paura. Si, il futuro ora mi fa paura perché mi ritrovo a dover ricominciare da zero, da sola, lontano dall'unico uomo che realmente poteva darmi la favola che meritavo ma che ha rovinato tutto in pochi giri d'orologio.

Dall'ombra vedo sbucare la figura di Alice che ha assistito di nascosto a tutta la scena. Non so se arrabbiarmi o abbracciarla per gratitudine. Lo so che è stata lei a dirgli la verità "Mi ha costretto a dirgli tutto, ha capito che c'era qualcosa che non andava. Meglio così Tara. Dovresti seguire il tuo cuore adesso!" "Non ho intenzione di ascoltarlo mai più. Ti rifila solo fregature." Le dico ridendo tra le lacrime che iniziano ad uscire inaspettate. "Dormici su e rimettiti in forma. Potrai vedere tutto sotto una luce diversa. Sembri stanca, stai bene?" mi chiede cercando di asciugare con le dita il mio viso. "Ho passato la mattinata a vomitare e ho molti capogiri. Credo sia influenza o forse è lo stress. Mi è anche saltato il ciclo." Mentre lo dico la faccia di Alice sbianca e inizio ad avere un sospetto che credo sia anche il suo. Scuoto la testa per negare a me stessa la possibilità che è venuta in mente ad entrambe. "Ma non prendevi la pillola?" mi chiede con voce al limite del panico. "Ho smesso subito dopo il mio compleanno. La ginecologa me l'ha fatta sospendere dopo le ultime analisi del sangue. Avevo problemi di circolazione sanguigna e rischiavo una trombosi." All'epoca avevo dimenticato di raccontarle questo particolare, perché ero troppo confusa da tutto quello che mi stava accadendo a causa di Brandon. La mia contraccezione, poi, non era un argomento così interessante vista la mia situazione sentimentale a quel tempo. "Ma eravate attenti vero?" Chiede con urgenza di risposta Alice. "Si... tranne... forse una volta!" sibilo con incertezza. "Tara?!" urla con sorpresa la mia migliore amica. Tocco il mio ventre con entrambi i palmi delle mani. E se fosse vero? Ripercorro nella mente quella giornata ed il motivo per cui l'ho intenzionalmente stuzzicato per tutto il giorno: Nina era venuta ad infestare il mio sonno ancora una volta. "Povera piccola illusa. Non sarai mai in grado di soddisfarlo. Sei così scialba e insignificante da farmi tenerezza. Tornerò e me lo riprenderò così facilmente che non avrai nemmeno il tempo di renderti conto che lui non è mai stato tuo." erano state le sue parole nel mio sogno e io sapevo che qualcosa era in arrivo, incombente su di me. Di quel sogno ricordo una voce senza volto, dei fluenti capelli rossi senza un viso, ma la sensazione che mi aveva lasciato addosso fu quella di una fulminazione che mi aveva provocato corto circuito, aveva scoperto tutti i miei punti deboli, le mie insicurezze macerate dentro di me per anni. E allora quel giorno ho voluto dimostrare a me stessa che non ero scialba, che non ero insignificante, ma ero in grado di essere come lei, meglio di lei, di potergli dare ciò di cui aveva bisogno. L'ho provocato fino all'estremo, rischiando anche di essere scoperti e la sua reazione è andata ben oltre il previsto, dirompente al punto da osare, senza utilizzare le solite precauzioni. Su quella parete si è consumato qualcosa che non avevo mai provato in vita mia, non si trattava solo di puro sesso. In quel momento avevo sentito che lui mi amava. Sì, che mi amava così tanto da volermi sentire fino in fondo e senza barriere. È stato attento, ma ha detto anche di non esserne troppo sicuro, dandomi con leggerezza un bacio sulla testa. Non sembrava preoccupato e mi sono detta che forse le cose stavano andando nella direzione giusta, che se ci fosse scappato un bambino tutto si sarebbe sistemato per sempre. "Cosa faccio Alice?" chiedo con un filo di voce "Prima di tutto un test e poi..." mi sorride prendendomi la mano. "... poi decidiamo."

Nota dell'autrice

Ci siamo. La revisione è terminata. E' stata dura ma lo dovevo fare. Mi ero ritrovata a leggere i capitoli passati senza che mi piacessero più.

RIngrazio di cuore chi ha avuto la pazienza di aspettarmi fin quì, sarete ripagati. Spero di riuscire ad aggiornare la storia in breve tempo, ma non vi assicuro nulla: ho un lavoro impegnativo, una figlia meravigliosa che richiede le mie attenzioni e un marito che ne merita altrettanto. Non scrivo per professione (purtroppo) e quindi ogni riga è frutto di tempo che ho dovuto rubare alla mia vita privata.

Spero vi sia di consolazione che, se dovessi decidere di non aggiornare più, ve lo farei sapere, ma al momento, non è nei miei piani. Vi dirò di più, sto già pensando alle prossime storie. Sono solo nella mia testa al momento. Fluttuano e frullano, ma non ho intenzione di abbandonare la scrittura.

Grazie per la lettura e per la comprensione.

TY

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