13. Cattive sensazioni

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Un forte rumore alle mie spalle mi fece sobbalzare e di scatto mi voltai impaurito, seguito da Paul. La porta d'acciaio si spalancò e davanti ai nostri occhi apparve un gruppo di soldati della F.S.A. vestiti con una tuta antisommossa nera e un casco con visiera sul capo.

"Tornate a lavoro." Ci urlarono contro minacciosi, ma io non cedetti. Restai immobile, con i piedi fissi al pavimento e mantenni la mia posizione. "Siamo stanchi di eseguire i vostri ordini signor Osvald. Ha costruito un impero fondato sullo sfruttamento e sulle bugie." Urlai furioso verso le telecamere. Mi sentii gli occhi di tutti gli operai puntati addosso che mi guardavano sconvolti e allo stesso tempo impauriti, perché sapevano a cosa stessi andando incontro. "Ti avevo avvisato Paiton, non avresti avuto una seconda occasione con me. Portatelo via." Mi urlò contro Timoty, la cui voce risuonava attraverso gli autoparlanti della mensa.

Due soldati vennero verso di me e mi presero con la forza. La loro stretta era talmente forte che fu inutile per me opporgli resistenza e mi lasciai portare via. "Anche lui." Disse un altro soldato rivolto a Paul e dall'atteggiamento sembrava avere lui il comando sugli altri. "È stata una mia idea, lui non c'entra niente." Urlai disperato verso l'uomo, mentre altri due soldati si stavano avvicinando a Paul. "SILENZIO!" Urlò l'uomo, dall'eccessiva rabbia gli si riusciva a vedere una vena pulsare sul collo. "Non hai il diritto di parlare." Disse l'uomo abbassando il tono di voce e venendo dalla mia parte.

Mi sentii il suo caldo respiro battere insistente sul mio viso mentre i miei occhi si persero a fissare la visiera nera, oltre la quale non riuscivo a intravedere nulla. Sentii il corpo surriscaldarmi e la fronte cominciare a sudare per l'agitazione, decisi di non aggiungere altro ed eseguire gli ordini. Chinai il capo e mi lasciai scortare oltre la grande porta d'acciaio, seguito dall'altro uomo che teneva in pugno Paul. Diedi un'ultima occhiata alla sala mensa, dove tutti gli operai osservavano la scena senza fiatare o provare ad opporsi. L'ultima cosa che udii fu il forte rumore della porta sbattere alle mie spalle, dopo vidi solo il buio.

Caminammo per qualche minuto nell'oscurità più totale e la nostra via era illuminata soltanto dalle torce che i soldati avevano istallate sopra i loro caschi. Dopo un periodo di tempo indefinito arrivammo davanti ad un grande porta anch'essa d'acciaio, ma molto più grande rispetto alla precedente. Sembrava essere una di quelle porte blindate che si trovavano nel caveau delle banche, soltanto che in questo caso oltre essa non avrei trovato dei soldi ma bensì qualcosa di peggiore. Le luci vennero spente e l'unica luce adesso proveniva da un piccolo display alla destra della porta. Lo stesso uomo di prima, colui che doveva detenere il comando, si avvicinò ad esso e ci poggiò la mano. In pochi secondi il display divenne verde e la porta blindata cominciò a sbloccarmi, consentendoci di proseguire.

Davanti ai miei occhi apparve un lungo corridoio bianco, illuminato da dei faretti bianchi sul soffitto. A vederlo mi affiorarono alle mente i ricordi della base operativa di Timoty sulla montagna e alla somiglianza di quest'ultima con questo corridoio. Ripensai alla mia teoria, riguardante il collegamento tra la fabbrica e la montagna e a quanto potesse apparire assurda fino a qualche ora fa, ma adesso stavo cominciando a ricredermi.

Continuammo a camminare per almeno dieci minuti, fin quando non arrivammo davanti all'ingresso principale, lo stesso della montagna. Ancora non riuscivo a credere a come potesse essere possibile e non appena vidi una porta in particolare, tutti i dubbi che mi erano rimasti vennero confermati da essa. La vecchia porta sbarrata da delle travi di metallo, a vederla i miei muscoli si bloccarono e restai immobilizzato al pavimento.

"PAITON!" Mi urlò contro l'uomo al comando ma non riuscivo a rispondere. I miei occhi rimasero fissi su quella porta e guardarla scatenò in me la paura, accompagnata da una forte fitta al petto. Quest'ultima mi parve fin troppo familiare, la stessa udita all'interno della mensa. Qualsiasi cosa ci fosse oltre quella porta doveva continuare a rimanere nascosta. Se riusciva a provocare un dolore simile così, chissà cosa sarebbe accaduto rimovendo quelle sbarre. "Paiton." Continuò a risuonare la voce di quell'uomo nella mia mente ma le mie labbra si erano pietrificate e sentivo che lentamente stavo perdendo il contatto con la realtà.

Un uomo dal volto paffuto, con baffi sottili e lunghi ed occhi scuri comparve davanti al mio viso, interrompendo il mio momento di trans. "Ragazzino!" Mi urlò contro. Riuscii a percepire quell'inconfondibile tanfo uscirli dalla bocca, per l'estrema vicinanza dei nostri volti. Scrollai la testa e chiusi gli occhi, accecati dalla forte luce bianca della stanza, nella quale aleggiava un silenzio tombale. Di lì a poco quest'ultimo venne interrotto da una fragorosa risata da parte di Timoty e tutti, compresi i suoi uomini, si voltarono a guardarlo perplessi.

Fece un gesto con la mano ai suoi uomini che in poco tempo si dileguarono dalla stanza, portando con loro anche Paul. "No!" Urlai cercando di oppormi, ma inutile dire che le mie parole erano state vanamente pronunciante. "Tu vieni con me ragazzino." Mi intimorì Timoty con un ghigno divertito in viso, mentre mi faceva strada. Non appena lo vidi dirigerci verso la vecchia porta sbarrata i miei muscoli si intorpidirono nuovamente e restai con i piedi saldi al pavimento. La paura tornò a regnare sovrana in me e con se porto via quella piccola speranza che mi era rimasta di riuscire a tornare a casa sano e salvo.

"Sei ancora lì? Muoversi Paiton!" Disse cominciando a spazientirsi e alzando il tono della voce sulle ultime parole. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, cercando di trovare il coraggio per compiere il prima passo. Malvolentieri mi avvicinai di fianco a lui che nel frattempo stava rimovendo le assi di metallo. "Cosa mi accadrà adesso?" Domandai sempre più impaurito, mentre cercavo di mantenere il controllo del mio corpo per non rischiare di crollare da un momento all'altro. "Dipenderà solo da te." Furono le sue ultime parole prima di aprire la vecchia porta in legno scuro, oltre la quale ciò che vidi fu un profondo nulla.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro