12. Opposizione

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I giorni continuarono a scorrere veloci, ognuno dei quali sembrava essere identico all'altro, passando una metà della mia giornata a lavoro e l'altra metà a casa, senza nessun cambiamento. Non ci fu un solo giorno che i miei pensieri non si rivolsero a Vana e al luogo in cui si trovava. Desideravo con tutto me stesso raggiungerla ma, in cuor mio, sapevo che mi avrebbe portato solo guai abbandonare la colonia, soprattuto adesso che Timoty mi teneva gli occhi puntati addosso.

Diedi un'occhiata al mio orologio da polso, che segnava le 13:00, era il momento della pausa pranzo. "Finalmente!" Esclamò Paul, al seguito del suono della campanella che segnava l'inizio della pausa. Ci dirigemmo verso la mensa, adiacente al nostro settore, incolonnati uno dietro all'altro.

Tutti al tavolo eravamo separati in base al ruolo svolto all'interno del reparto, c'era il tavolo del capo reparto, in questo caso Gail, accompagnato dai suoi aiutanti. I restanti tavoli era numerati, stando ad indicare la matricola che ognuno di noi portava sul proprio cartellino. La mia era J60, corrispondente ad uno dei tavoli in fondo alla grande sala mensa.

Ci avvicinammo al bancone a prendere un vassaio, oggi il menù del giorno serviva pasta al pomodoro, cotoletta di maiale e una mela, come ogni venerdì. "Incantevole come sempre Luana." Bisbigliò Paul seducentemente, inarcando le sopracciglia e rivolgendosi alla signora della mensa, che stuzzicava puntualmente tutti i giorni. Mi lasciai scappare una leggera risata e, con mio stupore, tutti si voltaro verso di me con fare minaccioso. "Sh." Disse un uomo al mio fianco. Mi voltai verso di lui e lo vidi indirizzare lo sguardo ad una grande porta in acciaio nero in fondo alla mensa, al cui apice era installata una telecamera munita di luce rossa lampeggiante, cosa che mancava a tutte le altre in questo reparto. Trattenni la mia curiosità nel chiedere spiegazioni a quell'uomo e continuai a seguire Paul fino al nostro tavolo.

Per mia fortuna Paul, avendo come matricola J57, si trovava al mio stesso tavolo. Un volto amichevole con cui poter scambiare due chiacchiere. "Ehi amico, che mi dici di quella?" Domandai a bassa voce, avvicinandomi all'orecchio di Paul e indicandogli la telecamera, che reagì dandomi un pugno sul braccio. "Non farti notare che parli con me." Dissi tenendo lo sguardo fisso sul piatto di pasta al pomodoro. "Okay." Dissi rivolgendo lo sguardo al vassaio. "Quella è l'unica telecamera in funzione." Bisbigliò Paul. "Nessuno sa perché, sappiamo solo di dover stare alla larga da quella porta." Continuò a dire.

I miei interrogativi su Timoty aumentavano ogni giorno sempre di più. Rivolsi un ultimo sguardo alla porta in acciaio nero e guardandola mi sembrò familiare, ma non riuscivo a ricordare dove l'avessi già vista. Mi venne un colpo di fulmine ed i miei pensieri si indirizzarono alla montagna, alla porta sbarrata oltre la quale io e Opkins avevamo udito dei suoni agghiaccianti e al cui interno Timoty nascondeva chissà cosa.

Che possano essere collegate in qualche modo? Beh, considerando la notevole distanza tra la fabbrica e la montagna non la vedo una cosa possibile.

Il suono della campanella mi distolse dai miei pensieri, riportandomi alla realtà. Notai il mio vassaio ancora intatto, mi ero talmente assorto nei miei pensieri da non aver toccato cibo ed era appena terminata la pausa.

"Ti mantieni in linea?" Disse Paul a bassa voce, facendosi scappare un sorriso. Lo ricambiai con una leggera risata, cercando di non dare nell'occhio. Riposi il vassoio, dal quale prelevai la mela e cominciai ad addentarla. Dirigendoci verso l'uscita della mensa, passammo di fronte alla porta d'acciaio, sulla quale tenni gli occhi fissi per tutto il tempo.

Improvvisamente tutti i presenti, compreso me, si voltarono di scatto verso essa con occhi terrorizzati. Dall'altro lato della porta udimmo un forte suono, quasi simile ad un ringhio animale ma più agghiacciante. Un brivido mi attraversò il corpo, seguito da un forte dolore al petto, come se avessi una fitta al cuore. Una forte sensazione di paura prese il sopravvento in me e lasciai cadere la mela, che poco prima stavo addentando con fame. Guardandomi intorno notai, dal volto dei presenti, che non era capitato soltanto a me ma chiunque in quella stanza stava provando la mia stessa sensazione, come se quel suono ci stesse provocando terrore e dolore allo stesso tempo. Chiusi gli occhi, passandomi instintivamente la mano sul petto, ancora dolorante. Il suono oltre la porta stava andando man mano scemando e, quando scomparve del tutto, portò via con se anche il mio dolore.

Riaprii gli occhi, confuso e scosso per l'accaduto e notai che tutti all'interno della sala provavano le mie stesse preoccupazioni. Nessuno pronunciò mezza parola, rivolsero un ultimo sguardo terrorizzato alla telecamera posta all'apice della porta, per poi voltarsi e camminare verso la sala macchine, come se niente fosse accaduto. Diedi un'occhiata a Gail, sperando di trovare sicurezza in qualche sua parola rassicurante, ma non disse nulla e si diresse insieme agli altri nell'altra stanza.

"Come potete far finta di niente?" Urlai non curante del mio gesto, avvicinandomi alla porta d'acciaio. Tutti i presenti si voltarono verso di me allibiti e stupidi dal mio gesto. "Alex, torna al tuo posto." Disse Gail indicando la fila per rientrare alla sala macchine. "No." Dissi opponendomi.

Non sapevo come avevo riuscito a trovare il coraggio per questo mio folle gesto, ma ciò che stavo facendo mi sarebbe costato caro. Stavo mettendo in gioco la mia vita e ne ero consapevole, ma non potevamo continuare a vivere nell'inganno.

"Io sto con te." Disse Paul venendo al mio fianco e lanciandomi un sorriso complice, adesso cominciavo a sentirmi meno folle. "Voi non potete." Urlò una voce attraverso gli autoparlati, posizionati agli angoli della mensa. Quella voce la riconoscerei fra mille, era Timoty. "Noi ci opponiamo a lei." Urlai fiero di me, alzando il pugno in aria.

Per la prima volta nella mia vita sentivo che stavo facendo la cosa giusta e ciò poteva cambiare le vite di tutti alla colonia, per sempre.

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