3. Una strana serata

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Lungo la strada verso casa passai accanto al cancello che portava alla tenuta Osvald, oltre la quale si intravedeva il sentiero illuminato costellato da siepi e pini. A tutti era vietato oltrepassare il cancello, fatta eccezione per gli Osvald e per coloro che lavoravano all'interno della tenuta, come camerieri, cuochi e giardinieri. Mi voltai dall'altra parte continuando a camminare ma, un forte rumore attirò la mia attenzione. Mi voltai di scatto e oltre il cancello vidi una macchina correre a tutta velocità, le sbarre stavano cominciando ad aprirsi ma la macchina sembrava non aver intenzione di rallentare, anzi accellerò. Il cancello si aprì quanto basta per consentire il passaggio della macchina che, arrivata sulla strada, fece una sgommata verso destra e continuò a correre all'impazzata. Cercai di guardare lato guida ma andava troppo veloce per essere riconosciuto il conducente, l'unica cosa che notai furono dei lunghi capelli neri, doveva trattarsi di Vana, dopotutto era l'unica donna ad abitare alla tenuta.

Cominciai a correre, pensando che potesse aver bisogno di aiuto, anche se era l'ultima cosa che avrei dovuto fare ma, fu impossibile raggiungerla. In pochi secondi era già svanita dalla mia vista. Decisi di lasciar perdere e continuai a camminare verso casa, una volta arrivato ciò che vidi all'esterno mi stupii, seduta sulla scale del pianerottolo c'era Vana.
Non ci eravamo mai parlati, neanche durante la scuola, era sempre isolata da tutti, appartenendo ad uno stato sociale diverso le leggi non ci consentivano rapporti amichevoli.
Mi guardai intorno, sperando non ci fosse nessuno ad osservarci e sembrava essere tutto tranquillo o almeno per il momento. Mi avvicinai con calma, dopotutto era casa mia e avevo tutto il diritto di stare lì. Aveva la testa china sulle ginocchia, avvicinandomi la sentì piangere. Non potevo ignorarla. "Che succede?" Le chiesi cercando di mantenere un tono di voce basso e continuando a guardarmi intorno, dopo quello che era successo a mia madre avere paura era d'obbligo. Ci fu qualche secondo di silenzio, quando improvvisamente si buttò tra le mie braccia mentre il suo pianto diventava sempre più straziante. Ero confuso, non sapendo bene cosa dire la strinsi a me cercando di calmarla. Dopo un po' cominciò a mollare la presa, alzò lo sguardo verso di me, nel quale vidi quei suoi bellissimi occhi marrone chiaro arrossati, intrisi di lacrime. Le avvicinai una mano al viso. "Una bella ragazza come te non dovrebbe piangere così." Le dissi passandole le dita sulle guance, per asciugarle le lacrime. Vana mi ricambiò con un sorriso, ma la suoneria del suo cellulare la fece sobbalzare. Si alzò di scatto dalle scale e cominciò a guardarsi intorno, dal suo volto capì quanto potesse essere impaurita. Prese il cellulare dalla tasca e sullo schermo lessi il nome "Papà" e non doveva essere un buon segno.

"È meglio che tu torni a casa." Le dissi, alzandomi lentamente e avvicinandomi a lei. "Non voglio più tornare Alex, esiste un mondo migliore di questo e mio padre, come tutto il congresso, lo hanno sempre nascosto." Disse staccando la chiamata e tenendo premuto il tasto per spegnere il cellulare. "Di cosa stai parlando?" Le risposi confuso, non potevano essere vere le sue parole, anche prima di Timoty avevamo vissuto sempre così, se fosse esistito qualcun altro a questo pianeta lo avremmo saputo. Vana mi voltò le spalle andando verso la sua auto, le quattro frecce accese e la portiera lato guida ancora aperta. Prese qualcosa dal cruscotto per poi tornare verso di me. "Guarda." Mi disse porgendomi un foglio tra le mani e guardandolo inizialmente non riuscivo a capire. Era una mappa, doveva trattarsi di Oblivion, c'era verde disegnato ovunque ad indicare la foresta. Vana mi indicò con le dita in un piccolo spazio in alto a sinistra, in cui c'erano delle case con una grande fabbrica, quella doveva essere la nostra colonia. "Siamo noi." Dissi alzando lo sguardo verso di lei, continuando a non capire. "Sì. Guarda bene qui, qui e qui." Disse indicando vari punti della mappa dove sopra c'erano stampati dei punti interrogativi. Mi voltai di nuovo a guardarla, continuando a non capire, cosa c'era di strano? "Oggi mio padre, insieme ad altri del congresso avevano una riunione e li ho ascoltati... parlavano proprio di questa mappa, di queste zone in ombra ancora inesplorate perchè qualcosa o qualcuno glielo impedisce." Disse Vana sempre più sospettosa. I membri del congresso erano coloro che guidavano la colonia, la gente più ricca in pratica, con a capo Timoty. "E cosa vorresti fare adesso?" Le domandai. "Andrò a scoprirlo e tu non me lo impedirai." Disse puntandomi contro il dito con fare minoccioso ma, si vedeva quanto fosse spaventata. Sapevo che la cosa giusta da fare sarebbe stata impedirgli di commettere questo errore, ma non dovevo immischiarmi e così rischiare di farmi prendere dal congresso. Le riconsegnai il foglio e mi allontanai da lei. "È una tua decisione." Le dissi voltandomi e andando verso la porta di casa. "Non sei curioso anche tu? Potrebbe esserci qualcun altro, forse ci stanno aspettando." Disse Vana alzando il tono della voce, era piena di speranza ma, continuai a camminare ignorandola. "Ehi!" Mi disse quasi urlando e mi voltai di scatto verso di lei facendole segno di fare silenzio. "Non capisco perché tu voglia tanto fuggire. La tua vita qui è perfetta, non hai bisogno di lavorare, vivi nella tenuta più ambita e non sei felice. Che strano il mondo." Le dissi in tono rabbioso, stavo per perdere la pazienza. Decisi di lasciarla perdere per la sua strada e tornare a casa. Aprii la porta, sbattendola forte alla mia spalle, ne avevo già sentite abbastanza per stasera.

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