Cap2 Il tempo di cambiare...

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Sebastian

In serata quando la mamma si è finalmente ripresa sono andato all'ospedale per riportarla a casa, durante il tragitto non ha fatto altro che parlare e parlare, è questo significa che sta bene.

"Almeno qualcosa di positivo in questa giornata. "

La vendita dei due purosangue non è andata come avrei voluto, ho guadagnato meno di quanto speravo.

Il lavoro alla fattoria non va proprio alla grande, non si guadagna più come qualche tempo fa, e anche se mi ammazzo di lavoro da mattina a sera ormai ho promesso ai miei genitori che me ne sarei occupato e non posso tirarmi indietro.

La malattia della mamma mi ha costretto ad abbandonare il lavoro che amavo e a prendermi cura del mio fratellino, ma so che la mia famiglia viene sempre al primo posto e sacrificare i miei sogni e la mia vita per lora è la cosa giusta da fare.

Arrivati alla nostra fattoria la mamma è scesa di corsa dal mio pick up ed è andata dritta ad abbracciare mio padre che l'aspettava sulla soglia della porta con un mazzo di fiori in mano.

Sono sposati da tanti anni e hanno avuto cinque figli, mio padre ha costruito la casa e la fattoria da solo quando era ancora giovane, ha sposato mia madre e hanno sempre lavorato qui senza mai pensato di andarse da questo posto.

Scendo dal pick up e mi dirigo in casa dove tutti stanno aspettando la mamma con la cena in tavola.

I gemelli, che hanno due anni piú di me, Dylan e Austin hanno preparato la cena e sistemato la tavola, Benjamin, mio fratello maggiore è appena tornato dal mercato del bestiame e Adam il più piccolo di casa è ancora in camera sua.

<< Mamma come stai? >> Benjamin è il più grande dei fratelli, ha più trent'anni ma sembra ancora un bambino, fin da ragazzo nom ha mai voluto studiare allora ha deciso di mettersi a lavorare qui alla fattoria.

<< Bene caro. Sto bene. >> Dice mia madre con voce debole.

Anche se si è ripresa non signica che sta bene, il suo cuore è sempre più debole e non deve affaticarsi in alcun modo.

<< Adam, scendi è pronto in tavola, la mamma è tornata. >> Urlo dal piano inferiore per chiamare mio fratello.

Adam frequenta il terzo anno di liceo, anche io a sedici anni mi divertivo ma lui è diventato ingestibile.

I miei genitori lo hanno "affidato" a me visto che mia madre è malate e mio padre è sempre impegnato con la fattoria.

Zacary Ray, Zac, mio padre, l'uomo che ha delle idee ben chiare in testa.

Lui non è mai stato un vero genitore per noi, non è certo il tipo di uomo con cui poter parlare o potersi confidare, ma non ci ha mai fatto mancare niente.

Ormai è troppo vecchio per stare dietro ad Adam, un adolescente che non ha voglia di studiare o di lavorare, che vuole solo divertirsi, uscire e farmi impazzire.

<< Accidenti! >>

A venticinque anni mi tocca stare dietro a quel maledetto ragazzino.

Salgo al piano superiore e mi precipito nella sua stanza, entrando noto la finestre spalancata, è scappato di nuovo.

Questa è già la terza volta in questa settimana, quando mi chiede di uscire e io gli rispondo di no, lui scappa.

"Per la miseria Adam, qusta volta ti faccio nero."

Roby

Di certo non è la prima volta che ricevo una brutta notizia.

La mia vita è per lo più fatta di brutte notizie, quando la scuola mi ha detto che non potevo più frequentare perché i miei non pagano le rate, quando mi hanno cacciato via dal corso di cucina che avevamo cominciato io e la mamma, la morte di mia madre per overdose quando avevo solo quindici anni e qualche mese fa la morte di mio padre.

Anche se quella non era proprio una brutta notizia, io e mio padre non abbiamo mai avuto un bel rapporto, lui per me è sempre stato un estraneo, sopratutto dopo quello che ha fatto a me e alla mamma.

Finito di preparare la cena ho messo un film per passare un pò il tempo, enper non pensare.

Questa settimana è iniziata peggio di come mi aspettassi, almeno per questa sera non vedrò Joseph, non sono pronta per affrontare anche lui.

Non credo molto nel destino o in cose del genere, eppure oggi sono rimasta sbalordita da come la mia vita sia cambiata nell'arco di poche ore.

Dopo il lavoro avevo un appuntamento con il mio dottore di fiducia, dopo alcune analisi mi aveva chiesto di fare dei controllo più approfonditi, così li ho fatti.

<< Signorina Kannot lei non può avere bambini. >> Senza giri di parole, senza dirmi di stare calma o che sarebbe andato tutto bene.

Mai nessuno mi ha detto 'sta tranquilla andrà tutto bene'.

Neanche il mio medico.

Lui mi ha semplicemente guardato in faccia e mi ha detto quelle parole.

Non ho pianto, non avrei potuto, non davanti a lui.

Se avesse visto le mie lacrime scendere avrebbe letto in me la debolezza e il dolore che mi porto dentro.

Mi siedo sul divano, mi mancano le forze il respiro, mi manca il battito del mio cuore.

Sembra sciocco ma è come se non lo sentissi più battere da così tanto tempo.

"Da troppo tempo. "

Ho preparato solo dell'insalata per stasera, Joseph ha detto che sono ingrassata, beh me lo dice spesso.

Soprattutto quando gli chiedo di assaggiare uno dei miei dolci, che poi sono la mia passione.

Sono brava, almeno in questo sono brava.

Il mio unico sogno è aprire un piccola pasticceria, non , i importa dove o in quale città, voglio solo preparare dolce da mattina a sera.

Quando cucino mi sento me stesso, metto tutto il mio cuore nella preparazione di ciambelle, tortini, bignè, torte, crostate e chi più ne ha più ne metta.

Ma questo è solo un sogno, so che non sarà mai la realtà, che riuscirò mai a realizzare il mio piccolo sogno, ma la speranza è l'ultima a morire, giusto?

Vorrei poter avere qualcuno con cui parlare, con cui sfogarmi e chiedere consiglio.

Ho provato alcuni strizzacervelli, soprattutto da bambina.

Quando mia madre era fatta di quella roba bianca e la polizia veniva a prendermi fin dentro casa.

'Come ti senti?'

'Cosa pensi?'

'Cosa vorresti?'

Queste erano le domande che mi facevano sempre.

Io non rispondevo, neanche una parola, volevo solo andare a casa, avevo fame.

Poi venivano a prendermi, mio padre mi prendeva in spalla mtutto sorridente come se non fosse successo niente, come se volesse nascondere a tutti la verità.

Poi a casa urlava, mi picchiava, così forte così maledettamente forte, sentivo la sua cintura di cuoio bruciarmi la pelle tanto da mancarmi il respiro.

Il campanello minporta alla realtà, credo che sia impossibile cancellare i ricordi brutti o belli che siano.

Mi pulisco velocemente le lacrime che mi bagnano il viso.

Non ho mai pensato di avere bambini, ho ventiquattro anni e non ho un vero uomo accanto con cui poter costruire una famiglia.

Ma sentirsi dire di non poter avere figli è come se qualcuno stesse insinuando che la mia vita è questa, che non potrà esserci nient'altro per me, che non posso sentire la stupenda sensazione di un piccoloche cresce nella mia pancia, che scalcia, e che una volta nato non posso vedere il suo sorriso.

Il campanello suona ancora e ancora.

Mi costringo a mettermi in piedi e vado ad aprire.

<< Ciao. >> Quel sorriso ebete e il ciuffo biondo che si tiene all'insù grazie ai quintali di gel per capelli mi fanno capire che Joseph è qui.

<< Ciao. >> Dico con un sorriso forzato.

Io e Joseph ci siamo conosciuti un paio di mesi fa, non stiamo insieme, e di certo io non lo amo.

Ma ci frequentiamo anche se non lo sopporto.

<< Perché no sei venuta in palestra? >> Mi domanda entrando in casa senza neanche chiedere permesso.

In genere non mi confido mai con lui, tengo sempre tutto dentro.

Ma questa volta ne ho bisogno, ho bisogno di dire a qualcuno che sto male, che mi fa soffrire avere avuto un'altra dannata brutta notizia, che l'idea di non poter avere figli mi fa sentire...

Mi fa sentire inutile, senza senso,  non mi fa semtire donna.

<< Sono stata dal medico. >> Dico mentre ci dirigiamo in cucina.

Joseph inizia a rovistare nei cassetti della mia cucina per cercare qualcosa di 'idoneo',come dice lui, da mangiare.

<< Spero che sia un nutrizionista. >> Afferma divertito dalla sua stessa battuta.

<< No... >> Dico in un sussurro. << Puoi essere serio per una volta? >> Gli chiedo con un nodo alla gola.

<< Hai ragione. Sputa il rospo. >> Dice appoggiandosi allo stipite della cucina.

Mi tremano le mani, sento il cuore che mi martella nel petto, non voglio piangere.

<< Ho fatto dei controlli e...ecco non posso avere bambini. >> Dico quelle maledette parole con gli occhi chiusi stringendo tra le mani la vecchia maglietta che indossomoer dormire.

Lui ride, Joseph inizia a ridere a crepapelle, come se avessi appena detto una barzelle, come se stessi giocando.

Ed è proprio la sua insopportabile risata che mi fa aprire gli occhi, mi fa capire quello che avrei dovuto fare da tempo.

"E ora di cambiare la mia vita da cima a fondo! "

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