La nascita di un nuovo regno

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Erano trascorse diverse settimane, Terech si era ormai ripreso completamente ed io non vedevo l'ora di poter tornare a casa.
Avevo fatto un calcolo e secondo questi, i miei genitori sarebbero tornati tra un giorno o due ed io non potevo di certo tornare dopo di loro, non volevo nemmeno lontanamente immaginare l'inferno che avrebbero scatenato se non mi avessero trovata.
In quei giorni di pace le persone di quelle terre avevano cominciato a ricostruire ogni cosa, si cercava di tornare alla normalità, con Terech passammo diverse ore a passeggiare tra le diverse stradine di campagna, ovunque ci spostavamo c'erano i segni della guerra.

Nel mio piccolo cercai di dare una mano in quello che potevo, andavo spesso a visitare i feriti nelle tende mediche, quando poi finalmente il nuovo centro ospedaliero fu aperto, spostammo tutti i feriti al suo interno, meno che i moribondi o i feriti gravi, i quali rischiavano di perdere la vita durante gli spostamenti. Il complesso era un edificio quadrato con portici e colonnati e dei corridoi molto lunghi e in pietra, all'esterno c'erano delle statue raffiguranti due donne con indosso un semplice vestito bianco, i capelli raccolti in uno chignon intrecciato con fiori, esse raffiguravano la guarigione. Dentro stanze nell'ospedale c'erano diversi luoghi divisi per gravità e urgenza, c'era poi la mensa e il giardino porticato al centro del complesso che appunto girava tutto intorno ad esso.

Passavo molto tempo all'interno di quel luogo era il solo modo che avevo per sentirmi utile, da quando il fiore aveva riassorbito i miei poteri, di tutto quello che ero stata in passato non era rimasta traccia. I miei poteri erano svaniti lasciandomi con un senso di vuoto, ora non potevo più fare nulla, ma questo non importava l'unica cosa che davvero contava era che tutti o almeno la maggior parte delle persone erano slave e che la vita stava riprendendo con serenità, i bambini erano tornati a giocare sereni, e tutto quanto pino piano stava tornando alla normalità.
Mentre io mi occupavo dei feriti Terech dava una mano nella costruzione delle nuove case e dei nuovi palazzi.

Nel frattempo le ninfe erano state trasferite sulla nuova isola, dove stava sorgendo l'enorme complesso di case e palazzi che le avrebbe ospitato, tra cui anche la scuola dove avrebbe alloggiato le giovani apprendiste. Visitai io stesso quel luogo ed era meraviglioso, l'isola nera si era trasformate in una meravigliosa isola nel verde, con case in legno e mattoni, torri di guardia che spuntano tra i folti alberi, un palazzo a cui era attaccata la scuola. C'erano poi diversi campi di addestramento e piazzali in cui si poteva passeggiare immersi in giardini sapientemente e architettonicamente realizzati, con sculture e statue di personaggi mitologici e tutti legati alla natura. In quei giorni mia madre spesso venne da me, con lei aveva sempre quel piccolo fagottino, per cui provavo un grande amore. La guardavo e vedevo una bambina serena che non sapeva nulla di tutto quello che le sarebbe aspettato, accanto alla signora delle ninfe era sempre suo marito, mio ​​padre, il capo dei guardiani e degli anziani, l'uomo più crudele che io mai conosciuto, guarda quella bambina e provavo tanta tenerezza per tutto quello che avrebbe dovuto sopportare, ma purtroppo io non potevo fare nulla per salvarla.

Sulle sue pesava la salvezza di quel mondo e dell'altro, così piccola e già era così tanto preziosa, ma lei con i suoi felici gridolini non poteva saperlo né poteva crescere che l'uomo che l'avrebbe educata è cresciuto spinto da un odio cieco che il suo cuore ha verso il Meerech. Egli teme il fiore, il suo potere e la forza che non potrà mai avere da lui, lo vedo nei suoi occhi, nei suoi gesti e lo sento nelle sue parole.
In tutto questo i gironi a mia disposizione per restare in questo mondo stavano scadendo, così cominciai a prepararmi, quando la Luna sarebbe stata alta nel cielo, saremmo potuti tornare a casa insieme, Terech avrebbe rinunciato per sempre alla sua parte immortale per venire sulla terra con me, e questo sarebbe stato possibile solo grazie al rituale svolto durante l'eclissi lunare. Inoltre la barriera che divide i due mondi si sarebbe indebolita a sufficienza per far passare non solo una persona, ma due, era questa il momento che stava aspettando.
Un po' mi dispiaceva andare via da quel luogo in cui avevo scoperto chi ero veramente, la mia famiglia e la mia vera storia, ma quella non era più casa mia da ormai molti anni e non volevo restare lì tra quella gente i cui cuori puri non sanno però a distinguere alle volte il bene dal male, che avevano paura della gente come me, nata per difenderli, ma emarginata perché con un potere così grande da fare paura.

Comunque in quei giorni in cui sarebbe stato sostituito le Laime come guardiani e sarebbe stato la bambina sarebbe cresciuto si occupata lei del fiore, inoltre nacquero diversi quando sarebbe stato tutore in diverse zone del regno, questi stati usati durante i diversi periodi dell'anno, autunno, inverno, primavera e estate. Si poi decise di ristabilire le sette corone, vennero scelti sette sovrani tra le famiglie degli anziani, alla settima di sarebbe spettato il controllo di tutte le altre, nacquero così sei regni i quali nomi tutti capo al settimo. Venne poi deciso che la famiglia reale più importante si sarebbe imparentata con la famiglia Naghi, la prescelta avrebbe infatti sposato il principe raggiunto la giusta età. Questo serviva per preservare un sangue puro e forte, in quanto gli stessi membri della famiglia reale erano impartiti coinvolti con il Meerech. Nacque così un nuovo regno con nuove leggi, e un nuovo nome, che però io non riesco a ricordare, un nome che vuol dire terra invisibile, che rivela e protegge.

Comunque il giorno della partenza io ero tutta un fremito, mentre Terech era molto agitato, stava per dire addio a molti amici, quel giorno andammo a trovare Maia nel luogo in cui Terech l'aveva voluta seppellire. Questo era un grande campo circondato da montagne, l'acqua cristallina del lago permetteva ad esse dirsi, al centro del lago c'era una piccola isola con una grande roccia di cristallo e proprio lì Terech aveva voluto dire addio alla sua grande amica alata, un ponte di legno ci permise di attraversare il lago e di derivare dall'altra parte. Una volta lì mi permise di poter ammirare il cristallo congelata al suo interno, il suo corpo si sarebbe per sempre conservato, era uno spettacolo davvero bello, ma allo stesso triste. Terech soffriva molto per la sua perdita ed io non sapevo come aiutarlo. Decisi di avvicinarmi a lui e di stringerlo a me, lui felice ricambio l'abbraccio. Né avevamo passate davvero tante da quel giorno in cui ci eravamo incontrati ed io ero davvero cresciuta e maturata, inoltre ormai ci capivamo anche senza il bisogno di parlarci, bastava uno sguardo per capire ciò che stavamo pensando.
Finita la nostra visita a Maia, ritornammo sui nostri passi, la nuova città con l'annesso borgo non distavano molto dal quel luogo, così eravamo andati a piedi, mentre camminavamo entrambi eravamo in silenzio intenti a guardare ogni centimetro di tutto quello che ci circondava, dai fiori, alle piante agli strani animaletti volanti, ai piccoli coniglietti con tre code e un corno al centro della testa, alle talpette rosse che sputacchiavano ea cui dovevamo prestare attenzione, a tutto il fuoco. I due soli splendevano alti nel cielo, uno era quella della mia terra l'altro quello di questa, ma entrambi splendevano alti e luminosi. 

In lontananza potevamo già scorgere le alte mura difensive della nuova città, questa volta erano state realizzate più lontane, poi era sorto il borgo in pietra che era ancora in costruzione, erano poi in via di realizzazione altre mura difensive al cui interno stava sorgendo già un altro borghetto, poi erano previste altre mura che avrebbero racchiuso la città e infine ancora un filo di mura che doveva circondare il palazzo reale. Di questo per il momento non si vedeva che l'inizio erano già stati realizzati diverse torri e ponteggi, poi i terrazzi, ma mancava ancora molto al suo termine, però già potevo scorgere la sua maestosità e la sua bellezza anche ora che era incompleto. La maestria delle loro tecniche costruttive mi lasciava ancora sbalordita, essi sapevano fondere architettura e natura in uno scenario meraviglioso ed unico che non eguali, ed io ancora aveva né rimanevo sconcertata. 

Quando vedevo le alte guglie delle torri fondersi con edere o rose rampicanti, oi giardini realizzati intrecciando i rami degli alberi e marmi pregiati, strade scavate nel tufo o nella pietra, statue realizzate anche dal legno o da latri materiali, tutto ancora mi lasciava sbalordita. Ancora nel mio cuore servavo lo stupore di quando ero stata nella città dell'acqua e di come era stato possibile arrivarci, insomma tutto ancora era meraviglia per me, anche se in parte mi ci ero abituata. Un po' quel posto mi sarebbe mancato, soprattutto avrei sentito la mancanza della semplicità in cui tutti loro vivevano, della pace e dell'amore e dell'aiuto reciprocano che si respirava da quelle parti, ma sentivo anche che quello non era il posto adatto a me.
Prima di andare via, la donna che mi aveva cresciuta in quel mondo volle vedermi, così due ore prima della mia partenza, mi diressi nelle sue stanze. Come tutti noi anche lei era stata inserita in un'ala del vecchio palazzo ancora funzionante, molti infatti avevano trovato rifuggi lì in attesa che le loro dimore fossero costruite o ristrutturate.

Quando entrai, mi ritrovai avvolta in un enorme salone, con un bellissimo tappeto azzurro al centro e con tanti fiori ricamati sopra, c'era poi un immenso cammino e dei grandi divani, accanto alla finestra che faceva angolo era disposta una scrivania in mogano con intagli in oro, una libreria occupava poi tutto il muro restante, altre porte erano poi ai lati della grande stanza, ma non potevo vedere cosa celavano, il soffitto era affrescato con le stelle, i pianeti e la luna. Alle pareti erano dei quadri con temi bucolici e mitologici, vi erano poi diversi mobili tutti molto pregiati e raffinati su cui erano poggiati diversi oggetti tra cui: vasi, orologi in marmo, che guardandoli da vicino scoprii essere dei pendoli, erano grandi quanto una macchina del caffè e alle volte anche un po' di più, avevano delle figure che rappresentavano il tempo realizzato intorno e segnavano l'ora. 

C'erano poi tanti altri oggettini molto preziosi, <<benvenuta, nella tua parte di casa Kahstielle>> <<cosa?>> <<era in quest'area che noi vivevamo, dietro quelle porte si nascondono corridoi, camere e persino un giardino privato e tutto a questa grandezza>> <<quindi questa è casa mia? Io credevo che tu fossi qui in attesa di ricevere la tua casa>>.

 <<No, la famiglia Naghi e quella reale è sempre stata stata insieme, abbiamo sempre vissuto qui, nel palazzo>> mi disse indicando la stanza, <<capisco, comunque volevi dirmi qualcosa?>> gli chiesi io, <<solamente grazie, nonostante tutto sei tornata da noi e ci hai salvato>> <<io, non ho fatto nulla, ma comunque prego>> <<vorrei solo dirti che ti voglio bene, che mi dispiace per tutto quello che pensi su di me e su tuo padre>> <<quell'uomo non è mio padre e spero che cresca in modo differente quella bambina , e che gli donerete l'amore di cui una figlia ha bisogno>> <<ci proveremo, per quanto sarà possibile>> <<perché?>> la mia domanda, sembrò più un'accusa per il tono di voce che usai. 

<<Perché alle volte ci sono identità più in alto di noi che comandano le nostre decisioni ei nostri gesti, non sempre possiamo fare ciò che desideriamo>> <<non è giusto>> <<la vita, non è mai giusta o sbagliata è solo come deve essere>> le sue parole non avevano davvero senso per me <<se lo dici tu>> <<non voglio litigare oggi che è l' ultimo giorno che ti vedrò, volevo solo dirti di fare attenzione, potrebbe essere che il corpo dei tuoi figli o delle tue nipoti siano corpi perfetti per ospitare la piccola, se ti accorgerai di questo dovrebbe essere in grado di starle accanto e di guidarla per quanto necessario>> <<potrebbe accadere?>> <<si, anche se ora non hai più con te potere il del Meerech resti sempre una parte di lui, e una parte del suo potere è comunque dentro di te, quella piccola parte è sufficiente perché questo sia possibile>> <<va bene, terrò gli occhi aperti>>. Ci guardammo per un po' restando in silenzio, io proprio non riuscivo a ricordare il suo nome, decisi di chiederglielo <<io, non ricordo il tuo nome>> ero molto imbarazzata, infatti, le mi guance si colorirono di rosso <<
Trovai Terech intento a salutare tutti i suoi amici, lo vedo giù <<ehi!>> lo chiamai, lui appena mi vide venne subito verso di me <<ciao, come stai?>> <<bene>> <<sei sicuro? Insomma sei davvero convinto di andare volere?>> io lo guardavo in attesa di una sua risposta, rimase per un po' a fissarmi poi mi rispose <<sono sicuro di voler vivere tutta la mia vita accanto a te, se questa fosse qui o in un altro posto non mi importa ciò che conta per me è che tu sia accanto a me, nei momenti di gioia e in quelli di tristezza, ti voglio al mio fianco e per sempre>> <<quindi veramente sei sicuro?>> < <si, come sono sicuro che ti sposerò>>, io lo amavo davvero tanto quel ragazzo.

Dopo quel breve incontro lo lasciai in modo che potesse salutare tutti quanti, tanto ormai ero sicuro della sua decisione, sapevo che non se ne sarebbe pentito. La sera era ormai alle porte e tutti i preparativi erano stati fatti, io e Terech ci trovavamo ormai al centro di un grande sigillo con simboli runici ai lati, ci avrebbe permesso di tornare nel mio mondo insieme. Quando sole e la luna si incontrarono, la signora delle ninfe aprì per noi il portale, la guardai per l'ultima volta poi presi per mano Terech ed il attraversammo il portale.

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