3 - Gelido come la morte

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Oggi


Milano - Piazzale Lugano - ore 6.00

Bestia, che freddo.

Federico si accartoccia in una posizione fetale, coprendosi con i cartoni umidi e marci, pensando che è ora di cambiarli, perché anche se è marzo e non c'è più il gelo dei mesi invernali, a quell'ora di mattina trema come una foglia e batte i denti, dopo aver passato tutta la notte in un angolo del piazzale, disteso davanti a una saracinesca arrugginita del vecchio edificio abbandonato delle poste.

Apre lentamente gli occhi e sbircia verso la vecchia roulotte incustodita, in genere utilizzata dai tossici della zona. La porta è aperta e l'auto, che era stata a lungo ferma lì vicino la notte precedente, non c'è più. Chiude di nuovo gli occhi, nella speranza di farsi un'altra ora di sonno, così da non sentire il freddo e l'urgenza di bere. Ma dopo poco li spalanca e si mette a sedere, buttando in un angolo i cartoni e calcando meglio il cappello di lana sui capelli rossi e posticci, non meno sporchi della barba lunga e incolta, che copre il viso rugoso e che lo fa sembrare molto più vecchio dei suoi trentacinque anni. Del resto, con quello che normalmente beve, si meraviglia di non essere ancora morto per coma etilico.

Ma magari accadesse. Morire bevendo, non chiedo altro a questa vita di merda.

Federico fissa di nuovo lo sguardo sulla roulotte e, con un'alzata di spalle, decide di alzarsi per raggiungerla, fregandosene per una volta se sarà piena di siringhe usate. Perché lui è un barbone e un alcolizzato, ma non si droga e se ne vanta. Come se l'ammazzarsi con l'alcol sia più nobile che con l'eroina.

Con passo malfermo e barcollando, chiuso in una lurida coperta che odora di sporco più di lui, anche se non se ne rende affatto conto, Federico si avvicina al mezzo, in cerca di un po' di calore, che forse l'interno della roulotte saprà regalargli. Incespica più volte, rischiando di cadere, e alla fine arriva alla sua meta, poggiandosi con una mano alla porta spalancata, per salire i due scalini ed entrare, ma rimane immobile sulla soglia, con il cuore che all'improvviso inizia a battere forte e gli occhi e la bocca spalancati in un'espressione di disgusto e terrore.

«Cazzo!» riesce a esclamare dopo alcuni minuti.

Senza staccare gli occhi dal cadavere di un ragazzo, disteso in un lago di sangue a pochi passi da lui, indietreggia spaventato, perdendo l'equilibrio sugli scalini, fino a ritrovarsi disteso per terra all'esterno, e solo allora inizia a urlare in maniera scomposta e isterica, vomitando sul suolo, insieme a succhi gastrici misti a sangue, il disgusto per quell'orrida e pietosa scena.

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