1 ⎊| Christopher Kyle

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CAPITOLO
C

hristopher Kyle

Quando mi lamentavo che mi mancasse casa e che durante ogni mio singolo guaio, puntualmente creato dalle mie stesse mani perché l'impulsività vince su ogni mia azione, volevo fare l'autostop solo per tornare nel Texas e segregarmi in casa... non immaginavo che adesso guardare mio padre, nonché il mio porto sicuro, mi suscitasse tanto disagio.

Adrien al mio fianco non è assolutamente d'aiuto. Solo pochi istanti fa gli avevo tolto via la maglietta per chissà quale scopo e questo pensiero mi spaventa e mi elettrizza allo stesso momento. Lui è mio. Adesso come non lo è mai stato. Non c'è più la sua ragazza, né i nostri litigi o i rancori del passato a metterci i bastoni tra le ruote. A vicenda ci siamo perdonati per tutti gli errori commessi. Probabilmente ho dato io inizio a tutto questo, quando gli ho tolto le chiavi dalle mani e l'ho riaccompagnato a casa o forse è stato quando lui, da ubriaco fradicio, mi ha detto che mi lasciava andare. O forse... è stato quando potevo andarmene e non l'ho fatto, quando mi sono stesa accanto a lui e l'ho abbracciato.

Ma adesso c'è mio padre, seduto sulla poltrona, la giacca sul bracciolo, una birra in mano portata da Adrien e quest'ultimo appoggiato al divano a braccia conserte, mentre io sul divano, accanto a lui.

«Vi trovo bene» osserva papà.
Non so esattamente come interpretare le sue parole, il plurale che ha usato è solo ed esclusivamente allo scopo di raggruppare entrambi ma il mio cervello davanti a questo pensa ben ad altro. Papà poi indica la propria barba, con gli occhi però su Adrien.
«Mi stai copiando?» se la ride lievemente. Adrien accenna un colpo di risata, probabilmente troppo tirato.
«Ho avuto un po' di cose a cui pensare ultimamente... non ci ho fatto molto caso.»
In automatico mi stringo nella spalle quando mi rendo conto che quel "un po' di cose" significa una sola cosa: noi.

Mi schiarisco la voce.
«Quindi... che ci fai qui? Non dovevamo rivederci per le feste di Natale?»
Papà mi sorride.
«Sono andato a Devonshire per un affare e trovandomi nelle vicinanze mi son detto "perché non fare un salto dai miei due bambini?" ed eccomi qui!» spiega aprendo le braccia. «Perché? Non siete contenti di rivedere il vostro vecchio?» fa divertito.

Ovviamente sì. Sono felice ad averlo qua dopo ben tre mesi a distanza da lui, dal profumo del ranch che si porta dietro. Adrien mi anticipa proprio quando stavo per aprire bocca.
«Certo che lo siamo. È bello rivederti. La mamma come sta?» chiede e si siede sul bracciolo del divano, più vicino a me tanto che d'improvviso sento i polmoni che si stringono. È difficile stare ferma e composta con lui a una vicinanza così ristretta mentre soli pochi minuti fa ci stavamo divorando sul suo letto.

«Amanda sta bene! Gli manchi un sacco, sai? Mi ha chiesto di chiederti come stessi e come andasse con quella ragazza... Lorelai, giusto?»
Impallidisco ma non oso guardare Adrien. Resto in silenzio attendendo che sia lui a rispondere, risposta che pare non arrivare affatto e questo atteggiamento mi lascia stranita.
«Va tutto bene, non deve preoccuparsi.»

D'istinto stringo talmente forte i denti da farmi male, probabilmente sul punto di spaccarmi le arcate per l'inaspettata tensione. Deglutisco silenziosamente.
«Di che affare parlavi? Che affare avevi a Devonshire?»
Chiedo di getto cercando di scacciare via le parole di Adrien, sicuramente dette per una questione di comodità, probabilmente non voleva stare lì a scavare nella sua vita sentimentale, soprattutto non davanti a mio padre.
La mia domanda però spegne di colpo l'aria spensierata sul volto di papà. Abbassa un attimo gli occhi sulla birra che ha in mano e li punta nei miei, quasi sforzandosi di reggere il mio sguardo. Tira in su gli angoli della bocca e poggia la birra sul tavolino.

«Era proprio di questo che non volevo che parlassimo» esala.
«Che succede?» chiedo iniziando a preoccuparmi. Lui resta in silenzio per alcuni istanti.
«In questi mesi sono successe un po' di cose a casa... gli affari non vanno più bene come un tempo e con quello che guadagno non riesco a colmare le perdite» dice a fatica, come se ne vergognasse. Respiro lentamente, aspettando il colpo decisivo.

«Sono stato al ranch di un amico che non vedevo da anni, per controllare un attimo la situazione, lo stato dei suoi cavalli...» fa un'altra pausa e io non aspetto altro per intervenire.
«Sei stato al ranch di un altro per fare cosa esattamente?» chiedo con le sopracciglia aggrottate cercando di scrutarlo oltre l'espressione orgogliosa che in volto, imperscrutabile, tipica da poliziotto.

Papà però si alza in piedi d'improvviso. Sotto il mio sguardo confuso, sorride a entrambi, sia a me che ad Adrien.
«Amanda sta tornando da un viaggio di lavoro e passerà di qui, quindi devo andare a prenderla all'aeroporto. Stasera ceniamo tutti insieme a un bel ristorante, che dite? Vi spiegheremo tutto una volta lì.»

Non aspetta altro. Afferra la sua giacca, la indossa e mi guarda amorevolmente prima di venirmi incontro e poggiare una mano sulla mia guancia.
«Manchi tantissimo a tua nonna.» caccia poi in sospiro. «E manchi a me.»
Alzo lievemente gli angoli della bocca in un sorriso triste, perciò mi metto in piedi e avvolgo le braccia intorno a lui per diversi secondi che paiono infiniti.
«Anche voi a me, papà» sussurro con il viso nella sua giacca che profuma di casa.
«E tu? Che fai lì da solo? Vieni qui!» dice d'improvviso. Mi stacco quel che basta per vedere la faccia di Adrien. Sorride imbarazzato e si avvicina. Papà lo attira in un abbraccio di gruppo facendomi ridere.

«Voi due come ve la passate?» ci chiede subito dopo esserci staccati. Mi afferro il braccio con una mano, dando un'occhiata fuggiasca ad Adrien.
«Tutto bene, un po' stanchi per lo studio ma ce la caviamo» rispondo.
Lui dà un'occhiata ad entrambi, in viso pare avere un'aria fiera. Sorride e frettoloso si asciuga una lacrima.
«Com'è passato il tempo, accidenti... sembra solo ieri quando vi vedevo arrampicare sul fienile oppure andare come delle piccole furie su quelle vostre biciclette da cui cadevate sempre...» ride con fare nostalgico.
Non potendo evitarlo più, guardo Adrien e lo scopro a guardarmi con un piccolo sorriso sulle labbra.
«Tu, invece?» mi fa d'un tratto, con aria curiosa. «Hai trovato qualche bel ragazzo da farmi conoscere?»

Arrossisco copiosamente e il mio cuore prende a battere a mille. D'istinto do un'occhiata frettolosa ad Adrien, che in silenzio mi fissa, catturato dalla domanda.
«E-ecco... io... i-io, sì, sì... insomma credo di sì... ecco...» balbetto impacciata sorridendogli con fare nervoso. Poi mi schiarisco la voce.
«È nuova come cosa, vogliamo andarci piano» aggiungo con un cenno di testa e mi torturo le unghie.

Vedo papà dare un'occhiata ad Adrien e il mio cuore quasi non fa un sussulto.
«Tu che mi dici? Non sarà mica un californiano senza cervello che fa surfing dalla mattina alla sera, vero?» ride.
Guardo Adrien, lui mi manda un'occhiata. Poi ritorna con gli occhi su papà e abbozza un sorriso.
«È un tipo a posto.»

Sentirlo parlare di sé stesso in terza persona mi fa strano. Papà annuisce.
«Per un istante pensavo fossi tu, ma poi mi sono ricordato della tua ragazza» se la ride di gusto. Quasi non sbianco.
Adrien resta di stucco.
«Ah, davvero?» caccia una piccola risata, più nervosa di quanto non voglia dare a vedere ma papà sembra non coglierla.
«Sarebbe stato un po' strano...» replica papà. «Entrambi siete i miei due bambini» dice scrutandoci.
Il mio cuore si stringe in una morsa dolorosa. La nausea inizia a farsi largo lungo la mia gola. Do un'occhiata ad Adrien. È inevitabile, e cerco una sua reazione, qualsiasi essa sia, ma non ricevo niente. Magari mi aspettavo che lui dicesse tutta la verità, forse è troppo presto per dirlo ai nostri genitori o forse troppo difficile considerando la nostra situazione famigliare caotica.
«Beh... devi per forza farmi conoscere la tua Lorelai. Amanda ha detto che è una ragazza dolcissima, spero di vederla alla cena di stasera. Tu... Ronnie, che dici?»

Se prima volevo sprofondare dieci metri sotto terra, adesso vorrei solo ridurmi a grandezza atomica e sparire via come Ant-Man nel Regno Quantico.
«Io...» prendo a parlare con difficoltà, alla ricerca delle parole giuste. Qualcuno che bussa improvvisamente alla porta spezza questa atmosfera che è venuta a crearsi. E chiunque sia non posso far a meno di ringraziarlo infinitamente.

«Vado a vedere chi è» dico rapida come una scheggia. Voglio solo scappare via, nient'altro. Quindi attraverso il soggiorno e raggiungo l'entrata, poggio la mano sulla maniglia, la giro e la tiro verso di me.
Mi ritrovo faccia a faccia con qualcuno di inaspettato, almeno per oggi, visto il modo in cui la mia vita mi ha già portato abbastanza sorprese: Adrien, mio padre e fra poco anche una cena in famiglia con Amanda.

Giacca di pelle, capellino nero in testa e il naso infreddolito. Non ho nemmeno controllato se abbia o meno smesso di nevicare.
«Ehi» mi saluta con un sorriso sulle labbra.
Non che mi dispiaccia vederlo, ma sinceramente mi domando cosa ci faccia qui, anche perché non è il momento più adatto.
«Kim mi ha raccontato quello che è successo. Va tutto bene?» chiede. Le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni cargo neri probabilmente per scaldarle. Fa un passo e si avvicina di più scrutandomi con aria indagatrice.
Logan.

«Mhm... sì. Sì, sì, è tutto a posto.»
«Vuoi un passaggio per il campus? Ho la moto qui sotto e la neve si è sciolta, quindi non ci sono probabilità di ammazzare entrambi» ridacchia.
Istintivamente mi giro, do un'occhiata a mio padre intento a parlare con Adrien, probabilmente di Lorelai.
«Ecco... no, cioè sì, dovrei tornare ma adesso non posso» gli rispondo e mi passo una mano tra i capelli, portando alcune ciocche dietro l'orecchio.
«Perché?» mi chiede stranito dal mio atteggiamento. Lo sarei anche io al suo posto. Conosce bene la situazione tra me e Adrien o perlomeno la vecchia situazione perché di quella nuova ancora non sa niente e sarà veramente strano fargli capire la mia scelta, ovvero la nostra relazione.
Maledizione.

«È... è un po' difficile da spiegare» rispondo con fare vago sperando che non insista, anche perché devo tornare da mio padre che sicuramente avrà gli occhi su di me. Fortunatamente la porta è semi aperta quindi non può vedere Logan, perché detta francamente non saprei come presentarglielo. Ho già abbastanza cose a cui pensare per oggi, una è la cena in famiglia. Il solo pensiero mi manda in ansia.

«Ronnie... Che ti succede?» chiede confuso e fa un altro passo, spinge la porta, aprendola un po' di più.
«N-non ho niente, è solo che questo non è il momento più adatto» liquido la cosa. Logan mi squadra dalla testa ai piedi. Non pare per niente convinto.

«Adrien ti ha detto qualcosa?» chiede di getto e nei suoi occhi qualcosa cambia, lo percepisco.
Scuoto la testa.
«No, no... senti, ci vediamo al campus fra un paio di ore, che dici? Adesso è... complicato, ma non sta succedendo niente, dico davvero.»

Lui però non si muove di un centimetro.
«Tesoro, ma chi è?»
Merda.
Mio padre alza la voce o perlomeno penso che l'abbia fatto, in realtà in un battibaleno me lo ritrovo vicino, una sua mano si poggia sulle mie spalle. Lo sguardo di Logan si punta su di lui, che gli dà un'occhiata lunga e insistente, poi guarda la sua mano che mi è addosso e infine mi fissa come a chiedere delle spiegazioni in merito.
Papà, dal suo canto, fa lo stesso. I lineamenti del suo viso perennemente solari adesso sono nettamente più contratti.

«È lui?» mi chiede, girandosi verso di me e indicandolo con un cenno di testa.
Lui, chi?

Logan, invece, è in silenzio e sta cercando di capire chi è che ha davanti agli occhi. Al suo posto lo farei anche io. Non somiglio per niente a mio padre, forse solo per il carattere, ma visto l'aspetto fisico sono la copia sputata di mia madre e mio padre è più giovane di qualsiasi altro genitore considerando che mi ha avuto quando lui aveva solo ventidue anni, mia madre invece venticinque.

«Che... sta succedendo?» mi chiede Logan e non aspettando altro fa un passo verso mio padre ficcando le iridi nere in quelle sue chiare.
«Potresti gentilmente toglierle la mano di dosso?» fa lasciandomi di stucco per il suo atteggiamento, cambiato di trecentosessanta gradi. Non l'ho mai visto talmente protettivo. Papà, invece, si libera in un sorriso, alza le sopracciglia stupito quanto me d'altronde e mi dà un'occhiata. Pare divertito.

«Quindi sei tu...» osserva facendo aggrottare la fronte a Logan, come anche a me. Toglie la mano che aveva sulla mia schiena e gliela allunga.
«Christopher» si presenta.
Logan non minimamente intenzionato a ricambiare il saluto.
«Ronnie non ti ha parlato di me?» aggiunge subito dopo e mi dà un'occhiata. «Ti creo così tanto imbarazzo?»
«No, certo che no» replico a disagio. «E sì, invece, gliene ho parlato» dico guardando Logan che mi guarda a sua volta spaesato.

«Di solito quando si conosce il ragazzo della propria figlia, ci si stringe la mano. Almeno nel Texas. Voi, della California, non lo fate?»

***

Angolo autrice
E partiamo in quarta XD
Per questo secondo volume ci saranno tante belle cose e assai disagio ahaha
Intanto voi fatemi pure sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio ♥

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