11 | Ci sono i grizzly da queste parti?

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CAPITOLO 11
Ci sono i grizzly da queste parti?

Adrien è andato via da un pezzo ormai. Sono seduta sulla sedia girevole davanti la scrivania, indosso solo l'accappatoio, i capelli invece ancora umidi dopo la doccia fatta soli pochi minuti fa. Intenta a mangiare le lasagne fredde dal contenitore di plastica, do un'occhiata al cellulare, alla chat di me e Logan.
Ancora niente. Controllo l'ora. Sono le tre di pomeriggio.

Caccio inevitabilmente un sospiro pesante domandandomi sul serio dov'è che sia finito. Sconfitta, premo sul pulsante "Chiama" e attacco il cellulare all'orecchio mentre il battito del mio cuore aumenta gradualmente.
Parte lo squillo, suona per dei buoni secondi mentre io mi torturo le unghie con i denti, sperando che mi risponda dal momento che la linea a quanto pare funziona eccome.
Ancora qualche secondo di chiamata e poi questa termina senza alcuna risposta. Sospiro ancora e riprovo, anche a costo di sembrare insistente.

Questa volta però aggrotto la fronte, confusa. La chiamata sembra partire ma d'improvviso sento una voce robotica sparata nel timpano a tutto volume.
«Il cliente da lei chiamato al momento non è raggiungibile, la preghiamo di riprovare più tardi

È una mia conclusione affrettata o Logan ha veramente spento il cellulare subito dopo la prima chiamata? Mi sta forse evitando?
Non può essere possibile. Non lo farebbe mai... lo spero perlomeno.

Mi alzo dalla scrivania, prendo al volo un cambio di vestiti e non appena sono presentabile, asciugo rapidamente i capelli legandoli in una coda alta. Raccolgo le chiavi dal pavimento ed esco dai dormitori studenteschi e anche dal campus, e nel frattempo mando un messaggio a Elizabeth.

"Logan è a Sacramento?"
La risposta non tende troppo ad arrivare.
"No, qui a casa non c'è. Perché?"

Resto ancora più confusa.
"Non lo so, è sparito nel nulla. Ti ha detto forse qualcosa? Non risponde al cellulare e sono preoccupata."

Liz risponde subito dopo.
"Mio fratello è un imbecille che si dimentica di caricare la batteria del telefono di continuo. Non è che non voglia rispondere, piuttosto che gli muore sempre il cellulare."

Le sue parole però non mi rassicurano affatto. Che stupida che sono stata, maledizione.
Chissà dove sarà finito, magari sta male o... va bene, Ronnie, respira. Non è successo niente.

Ancora.

Caccio un sospiro rumoroso e mi passo una mano sul viso.
Se non sta bene?
Io mi sono data alla pazza gioia con Adrien mettendolo in secondo piano per delle buone ore. E se gli è successo qualcosa?
Il suono di un altro messaggio mi riscuote dai pensieri.

"Sicuramente sarà in uno dei suoi posti preferiti quando vuole farsi un giro in moto."
Fermo subito il primo taxi che trovo.

"Dove?"
Invio a Liz, salendo a bordo.
"Non lo so... Probabilmente in un posto con poche persone, non molto trafficato soprattutto a quest'ora."

«Il parco acquatico.»
La prima cosa che mi passa per la testa. Il tassista davanti a me mi dà l'okay e parte, e io solo dopo realizzo di averlo pensato ad alta voce.
Scrivo rapidamente a Liz un "Grazie" e lei mi risponde con "Avete litigato? Che succede?"

Non lo so nemmeno io.

"No, è solo sparito e nessuno sa dov'è finito."
Le scrivo e clicco su invia.
"Cisco è fatto così, somiglia a papà. A volte ha un po' bisogno di stare per conto proprio. Fossi in te non mi preoccuperei tanto. Vedrai che ritorna. Lo fa sempre."

Aggrotto la fronte e mi ricordo d'improvviso una sua frase che mi disse tempo fa sotto il cielo dello Yosemite National Park, noi due ai piedi di un albero a guardare le stelle.

"Dov'è che andava vostro padre in campeggio con tuo fratello?"

Le scrivo. Liz sembra esitare a rispondere, nonostante sia online.
"Silver Fork Campground. Ma sono circa due ore e mezza di viaggio in macchina. Non ne vale la pena, Veronica. Vedrai che tornerà."

Non ci penso due volte a chiedere al tassista di cambiare destinazione anche a rischio di perdere soldi per il viaggio o di fare un buco nell'acqua.
Quando arrivo all'area campeggio inutile dire che non mi sento più le gambe tanto sono intorpidite. Non appena scendo dalla macchina, pago la bellezza di un rene e il tassista mi saluta andando via con i miei soldi. Se fosse stato per chiunque altro, non avrei mai pensato di spendere tutto questo per un viaggio solo allo scopo di accettarmi dove fosse finito. Ma qui si tratta di Logan e io non riesco a starmene in attesa che torni semplicemente da me cosicché io possa riempirlo di insulti.

Sospiro mentre prendo a guardarmi in giro con aria spaesata. Tantissimi alberi, cespugli, un'area adibita ai camper e dei tragitti da fare a piedi che portano chissà dove. Sono le sei di sera, fortunatamente qui a San Francisco il tempo scorre in un modo tutto suo e nonostante sia già sera pare ancora pomeriggio. La cosa mi rincuora. Non tanto, ma quel che basta per non farmi sentire divorata dall'ansia.

Stringo forte la bretella dello zaino che ho in spalla in cui ho ficcato un po' di roba, come la felpa che tiro fuori, infilandola perché qui tira decisamente un'aria più fresca, e prendo a camminare verso l'unico posto che mi ispira fiducia: una sorta di albergo stile cottage, completamente in legno, davanti dei veicoli parcheggiati così come delle mountain bike.

Quando mi avvicino do una lunga occhiata alla ricerca di una moto nera, sperando in cuor di mio di non essere finita qui per errore ed essermi fatta inutilmente ben tre ore di viaggio non avendo nemmeno la più pallida idea di come tornare al campus. Non credo passino taxi da queste parti.

Merda. Ho fatto una grandissima cazzata, me lo sento.

Nemmeno il tempo di maledirmi da sola per la mia stupidaggine e avventatezza, che una voce mi fa trasalire di botto.
«Ti sei persa?»

Giro lo sguardo, rabbrividendo e presa completamente di sprovvista. Più in fondo, alla mia destra, sul piccolo muretto in cemento che divide il parcheggio dall'erba circostante ci è seduto qualcuno.
Sigaretta tra le mani, sguardo puntato su di me che mi analizza dalla testa ai piedi con le sopracciglia alzate, in viso un'espressione divertita. Accanto a lui alla sua sinistra parcheggiata c'è una moto.

Logan.

Il mio cuore si ferma d'improvviso di battere non appena lo vedo. Di colpo mi sento sollevata per non essere finita in questo posto invano, ma allo stesso tempo un sentimento di puro imbarazzo mi avvolge in men che non si dica. Non so che dire, se avvicinarmi o meno.
Logan tira un altro fumo e mi scruta da lontano. Indosso ha gli anfibi, i suoi cargo neri e la indiscussa giacca di pelle.
A guardarlo così, a primo impatto può sembrare effettivamente qualcuno con cui non bisognerebbe affatto scambiare parola, soprattutto in un posto del genere. Dà l'idea del classico ragazzo cattivo che va in questi posti con la sua cricca di amici solo per consumare alcol e farsi di sostanze illegali.

«Hai intenzione di restare lì o vuoi avvicinarti? Non mordo mica» ridacchia e tira un altro fumo. Indugio per qualche istante e lui sembra scorgere la mia esitazione tant'è che sbatte le palpebre teatralmente attendendo che mi dia una mossa.

«Ero preoccupata per te» confesso senza fare un singolo passo. Mi porto le braccia al petto e lo guardo da lontano.
Lui mi rivolge una smorfia e solleva una mano vicino l'orecchio.
«Cosa?» alza tutto d'un tratto la voce. «Da qui non ti sento!»
Scuoto la testa con dissenso non potendo farne veramente a meno. E invece sì che mi sente, e anche benissimo, ma preferisce fare l'imbecille che comportarsi serio per una buona volta.

Lo guardo di traverso, riducendo gli occhi in due fessure.
«Sei veramente un cretino, lo sai?» replico contrariata.
Lui scuote la testa.
«E perché?»
«Oh, adesso mi senti!» commento infastidita. Logan mi molla un sorriso nell'angolo della bocca.
«Ciascuno sente solo quello che gli fa più comodo» filosofeggia lui alzando le spalle con noncuranza, mentre a me cascano letteralmente le braccia davanti a quella sua frase per cui lo prenderei volentieri a schiaffi in faccia.
«Quindi a te fanno comodo le offese?» chiedo veramente incuriosita dal suo ragionamento completamente insensato.
Mi punta un dito e mi indica.
«Che ci fai qui?» chiede, questa volta di colpo serio.

«A te che pare?» alzo le braccia all'aria con fare ovvio.
«Non lo so, per questo te lo sto chiedendo» fa gesticolando con quel suo indice che spezzerei solo per farlo smettere con questa finta aria da scemo. Lo sa bene perché sono qui. Resto a fissarlo per qualche istante domandandomi che problemi abbia esattamente.
«Sei sparito nel nulla» gli faccio ben notare, nel caso non se ne fosse reso conto da solo. Lui scuote la testa.
«Non sono sparito nel nulla. Sono qui.» Indica il posto con aria tranquilla.
«Lo sto vedendo» ribatto io nervosa. «Ti ho mandato un messaggio, ti ho telefonato e ho aspettato un tuo segno di vita ma non è arrivato niente perciò ho scritto perfino a tua sorella domandandole se fossi a Sacramento e non c'eri! Quindi, sì. Mi sono preoccupata. Mi dici che diavolo di prende e perché sei in questo posto pieno di... zanzare?» domando stizzita scacciandone una proprio adesso che me ne ronza davanti il viso. Gli faccio qualche passo incontro perché devo averlo più vicino così se mi risponde con la prima cazzata che gli passa per la testa posso strozzarlo a mani vuote.

«Non puoi scomparire così come se niente foss-»
«Ah, no?» ribatte lui interrompendomi e tira un altro fumo dalla sua sigaretta per poi buttare la cicca sull'asfalto e spegnerla con la suola della scarpa. «E da quando in poi non posso?» fa e aggrotta la fronte.
Resto abbastanza sconcertata dalla sua domanda o forse dal suo tono di voce, decisamente glaciale.

«Io... io non capisco che ti prende» confesso guardandolo.
«Sei venuta qui solo per dirmi quello che posso o non posso fare?» replica lui lasciandomi ancora più basita.

Prendo un profondo respiro e alzo le mani in segno di resa.
«Bene. Sai che c'è? Me ne vado dal momento che la mia presenza qui non ti fa alcun piacere. Me ne torno al campus dove adesso dovrei essere se solo tu non fossi sparito nel bel mezzo nel nulla cosmico come un imbecille che non sei altro!» alzo le voce e giro i tacchi raggiungendo la stradina dove sono stata mollata dal taxi.

«E come credi di tornare?» la sua domanda mi ferma. Serro i denti e mi giro aprendo le braccia in un gesto brusco.
«Non lo so!» sbotto urlando come una pazza isterica. «Non lo so! Ma intanto mi allontano e raggiungo a piedi la superstrada, magari faccio l'autostop e qualche serial killer cannibale mi becca e mi dà un passaggio!» commento iniziando a dare sul serio i numeri.
Non conosco la zona e né tantomeno la gente di queste parti... gente è un parolone ora a pensarci.

Logan mi fissa da lontano in silenzio. Perciò mi giro, torno sui miei passi e faccio per raggiungere il sentiero ma mi fermo di scatto, mi volto verso di lui e indico la strada... i boschi, insomma tutto il verde del cazzo che ci circonda.

«Ci sono i grizzly da queste parti?» chiedo cortesemente nonostante la mia performance da pazza furiosa di pochi istanti fa.
«Uhm... non credo» risponde e lo guardo inevitabilmente male.
«Sei veramente inutile» replico e inizio a camminare.
«Io sono perfetto, invece! E quello ad essere inutile è il tuo viaggio in taxi!»
Lo sento alle mie spalle in lontananza. Alzo il mio dito medio come risposta e mi volto per un istante.
«Senti, ma vaffan-»
«Ma ti ringrazio e ti voglio bene!» mi interrompe.

Arresto improvvisamente la mia marcia da soldato pronto per andare a combattere qualunque cosa si annidi nella flora di questo posto. Punto lo sguardo su Logan restando muta come un pesce.
Lo vedo in piedi. A passi rapidi mi si avvicina, mi rivolge un piccolo sorriso equivoco a labbra chiuse e non appena accanto mi avvolge in un abbraccio senza dire una sola parola.
Lo sento ridere di gusto contro i miei capelli.

«Oh... avanti, te la sei presa sul serio?» ridacchia. Resto nel mio senza spiccare una sola parola, c'è solo la mia faccia colma di disappunto a parlare per me. Ed è sufficiente.
«Dai, stavo scherzando.»
«Non mi piacciono questo tipo di scherzi» replico nervosa e mi stacco da lui guardandolo nel peggior modo che riesca perché se lo merita eccome.
«Ah, no?» fa, ripetendo quella sua domandina di merda con lo stesso tono di pochi istanti fa, solo e soltanto per farmi incazzare di più.
Tiro un profondo respiro.

«Se non la pianti giuro che ti mollo una testata, ti rubo la moto e ti lascio qui» lo minaccio cercando di essere credibile ma lui in tutta risposta si morde un labbro, inclina la testa leggermente d'un lato guardandomi felice. D'improvviso sobbalzo quando le sue mani mi si ficcano nei fianchi facendomi il solletico.
«Logan!» urlo, dimenticandomi. «Logan, basta! Dai... basta! Ti prego!» cerco di fermarlo, spingendolo via, afferrandogli le braccia ma tutto sembra completamente inutile. Perciò uso la mia ultima carta.

«Mi sto per pisciare addosso!»
Lui di colpo si ferma, mi guarda, aggrotta le sopracciglia sbigottito mentre io sto morendo di vergogna.
D'un tratto scoppia a ridere come un vero idiota.
«Cosa?» ride poggiandosi una mano sul viso. Schiocco la lingua contro il palato e mi porto le braccia al petto.
«Secondo te mi sono fermata a qualche stazione di servizio? No, certo che no. Volevo arrivare in questo posto quanto più rapidamente possibile. Perciò ora indicami un bagno» ordino attendendo.

Lui fa una smorfia divertita e si guarda in giro. «Ehm...»
Il suo indice prende a muoversi in diverse direzione indicando punti del tutto a random.
«Insomma, ci sono tanti cespugli.»
Resto perplessa tant'è che sbatto le ciglia non volendo minimamente credere a una cosa del genere.

«Non starai dicendo sul serio, spero» replico io, iniziando ad agitarmi di punto in bianco.
Lui alza le spalle.

Tiro un profondo respiro, poggio le mani sui fianchi e mi afferro il labbro inferiore tra i denti, guardando un albero che pare avere tremila anni tanto il suo tronco è enorme in diametro.
«Oh, merda...» mormoro pronta per lanciarmi dal primo dirupo che trovo da queste parti.

«Devi fare proprio quella?»
Inevitabilmente guardo Logan con gli occhi sbarrati.
«Che c'è?» scuote lui la testa. Tiro un altro profondo respiro.
«Sai... come carta igienica puoi usare delle foglie, ti sconsiglio le ortiche, quelle insomma... sì, ecco-»
«Logan, vuoi tacere? Grazie?» gli chiedo fermandolo subito. Gli rivolgo un'occhiata. Un misto tra la disperazione più assoluta e l'imbarazzo colossale.
«E quel albergo cos'è? Non funziona?» gli indico la struttura in legno.
Lui aggrotta la fronte e si volta per un secondo.
«Oh, no. Quello non è un albergo, ma una postazione dei rangers.»

Dio, ammazzami.

«Non sei mai stata in un campeggio prima d'ora?» mi chiede lui d'un tratto abbastanza stupito. Lo guardo di traverso.
«E perché mai avrei dovuto? Non sono una ragazza di città come te. Io ho sempre avuto il ranch e la riserva naturale dietro casa. Perché mai dovrei essere andata in un campeggio? Ora tu me lo devi spiegare.»
Lui mi fissa, solleva di nuovo le spalle e si guarda in giro.

«È solo colpa tua» aggiungo riluttante.
Logan alza le sopracciglia.
«Davvero?» chiede. «Perché ti sta scappando la pipì? E io che c'entro con la tua vescica?»
Lo guardo male.
«No.» Rispondo incazzata e poi ci penso su in realtà. «Sì, invece, avresti dovuto dirmi questa roba dei campeggi, non ti pare? Poi...» prendo una pausa e sbuffo. «Dovevi rispondere al cellulare così ora non sarei qui ma in un bagno» spiego.
«Il mio cellulare è scarico» risponde come se niente fosse.
«E perché non lo metti mai in carica?»
«Non lo so. Mi dimentico» risponde ancora.

«Maledizione, Logan...» mormoro con sconforto e indico la strada. «Il mio taxi se n'è anche andato. Al diavolo...» mi lamento poggiandomi di culo per terra, incurante ormai di ogni cosa.
«Ma che fai?»
Sollevo di scatto il mento.
«Mi lamento. Non lo vedi? Oppure adesso non posso fare nemmeno questo?» dico a denti stretti e mi copro il viso con le mani sospirando più e più volte finché magari non mi viene una aritmia e crepo in questo posto dimenticato da Dio.
Logan si porta le mani conserte e mi guarda dall'alto.
«Perché nemmeno questo? Cos'è la prima cosa che ti avrei impedito di fare?» chiede confuso. Decido di non rispondere. Mi rimetto in piedi e inizio a percorrere la strada.
«Ma dove vai?» mi sento chiedere da lontano con un tono esasperato. Indico la strada davanti a me.
«A casa!»
«Nel Texas?» alza la voce Logan.
Arresto di colpo il passo e lo guardo allibita.
«Ma sei scemo?» replico a tono.
«No, perché a differenza tua non sono venuto qui in taxi!»

Lo guardo ancora una volta, l'ennesima, male.
«Questo Natale ti abbandono in un qualche campo sperduto in mezzo al nulla tra le pecore!» riprendo a camminare furiosa.
«Gli animali mi amano e tu sei solo invidiosa che io sia qui in moto!» esclama lui beffardo. «Senti, piuttosto che farti la strada di ritorno a piedi e rischiare di pisciarti addosso, che ne dici di venire con me? Ti porto al bagno più vicino, ti prendo qualcosa da mangiare e ti levi quel broncio dalla faccia perché non ti sta per niente bene!»

Mi fermo ancora una volta. Punto gli occhi su di lui, a una ventina di metri di distanza.
«Aspettami! Vado a prendere la moto!» mi urla per farsi sentire e si allontana, non prima di farmi un gesto con la mano di restare ferma e buona.
Non appena sento il rombo del motore accendersi e gli pneumatici schiacciare la ghiaia sotto di essi, Logan fermo accanto a me mi molla un sorrisetto.
«Fila a prendere il casco» mi dice con un cenno della testa, e si infila il suo che aveva poggiato sul manubrio. Vado verso il piccolo portabagagli, afferro il casco, lo infilo arrabbiata e salgo in sella dietro di lui.

«Cerca di controllare la tua vescica perché se ti scappa, ti prenderò in giro fino alla morte» mi dice afferrando le mie mani e allacciandosele intorno al torso.
«Logan, vaffanculo» mormoro incattivita a mille. Lo sento ridere di gusto prima di accelerare tutto d'un tratto tanto che d'istinto mi stringo più forte a lui.
«Cazzo!» mi esce.

***

Angolo autrice
Oh, sì, adesso inizia la parte bella della storia. Ci sarà da ridere. Fidatevi di me :>

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