29 | Te la tappo quella bocca

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CAPITOLO 29
Te la tappo quella bocca

Kieran ci manda un ultimo sguardo, stordito si passa una mano tra i capelli e gira i tacchi. Non appena lontano, torno sul bordo piscina, Logan prende posto accanto a me incrociando le gambe.

«Un tuo vecchio amico?» chiedo riferendomi al figlio di papà multimiliardario.

«I ricchi credono di poter fare sempre tutto...» dice semplicemente con un sospiro.

«Quindi sono la tua ragazza?» ridacchio guardandolo, lui si volta e mi guarda da dietro le lenti degli occhiali da sole.

«Almeno così smetterà di darti fastidio.»

«Qui pare piuttosto che in questo modo smetterà di dare fastidio a te. Avete dei trascorsi da cattivi ragazzi o qualcosa del genere?» rido leggermente.

Lui scuote la testa.
«Elizabeth si era infatuata di Elias tanti anni fa e lui l'ha trascinata in... cose abbastanza discutibili. Era fragile, dopo la morte di papà lo eravamo tutti.»
Resto in silenzio dinanzi a quelle parole.

«E io ho cercato di salvarla prima che si distruggesse la vita, E' stato così che ho incontrato Kieran, figlio di un pezzo grosso di San Francisco che crede di fare quello che gli pare senza la minima ripercussione.»

«E non è così?» chiedo.

«Che ti ha detto?» mi chiede però lui. Alzo le spalle.

«Niente, si era solo presentato.»

«Meglio se gli stai alla larga.»

Il suo consiglio mi lascia confusa.
«E chi gli si avvicina?» rido lievemente. «Non io di certo. E' parecchio strano quel tipo e poi sono qui per te, non per conoscere qualcuno di estremamente... erotico quanto illegale» dico con enfasi, vicino al suo viso facendolo ridere, ricordandomi le parole che gli ha rivolto a proposito degli affari loschi di suo padre.

«Kieran, erotico?» scimmiotta contrariato. Gli mollo una spallata.

«Hai visto che bicipiti? Uff, da urlo» lo prendo in giro non potendo farne a meno.

Logan, invece, si solleva gli occhiali da sole, mettendoli tra i capelli per poi mollarmi un'occhiata silenziosa colma di dissenso.

«Ti sto per lanciare in acqua» fa d'un tratto.

Rido di conseguenza.

«E poi...» riprende parola. «Anche io sono erotico, cioè sarò anche caduto sul ghiaccio e mi sarò lussato una spalla, ma resto comunque un dio greco sceso in terra» dice con aria offesa. Devo mordermi un labbro per non ridere ancora.

«Assolutamente sì» commento, alzo una mano e gli palpeggio il braccio.

«Che fai?»

«Sto cercando di capire se anche tu hai dei bicipiti da urlo. Aspetta, dammi un secondo.»

Logan però ride lievemente e poggia gli occhi altrove.
«Vai da Kieran» mi fa tenendo il broncio.

«Oh... wow, sì, hai proprio dei bicipiti da urlo. Quando sei caduto dal Pantheon degli dèi greci eri già così, tipo pacchetto completo, oppure ti sei dato da fare per aggiungere livelli di erotismo disumani?» lo prendo in giro terminando la finta analisi del suo braccio.

Lui torna a guardarmi con un sorrisetto in faccia e senza poterlo anticipare mi spinge in piscina. Quando riemergo le superficie mi passo le mani dal viso fino sopra i capelli, tossendo. Raggiungo il bordo piscina e mi aggrappo ad esso con Logan che mi fissa dall'alto soddisfatto.

«Sei uno stronzo» dico però ridendo, non riesco a stare seria. Lui solleva gli angoli della bocca.
«Sai cosa succede agli stronzi?» gli chiedo poi.

«Sono così fighi da far paura?» solleva le sopracciglia con fare ovvio. Che cretino.

Mi alzo leggermente sul bordo piscina, quando basta per afferrarlo per la maglietta, fare forza con i piedi sulla parete immersa sott'acqua e trascinarlo con me a fondo.

Immersi sott'acqua lo fisso negli occhi, mentre entrambi manteniamo il respiro e gli alzo il dito medio, davanti a cui lui fa per scoppiare a ridere ma invece si strozza con l'acqua, perciò lo raggiungo afferrando per il busto e trascinandolo fuori in superficie.

«No! No, aspetta, aspetta! Ronnie, aspetta!» mi fa tossendo. «Fammi.... fammi uscire non riesco a nuotare, non riesco a-» si blocca di scatto perché lo spingo contro il bordo piscina, di spalle alla parete, mi appendo con una mano ad essa, incrocio le gambe alle sue e lo tengo a galla.

«Resti qui, invece» dico con un sorriso malefico sulle labbra.

«Sai che ho il telefono nella tasca dei pantaloni?» gli faccio. «Me l'hai appena mandato a puttane.»

«Ops» mi fa con aria innocente.

Il mio viso davanti al suo a una distanza talmente ravvicinata da sentirgli il respiro incontrare il mio.

«Ops?» ripeto alzando un sopracciglio. Ficco i miei occhi nei suoi, senza battere minimamente ciglio e la mano sinistra che ho sul suo fianco scende fino alla coscia. Gliela afferro stringendola, ben consapevole che soffra di solletico. Infatti sussulta tutto d'un tratto.

«Ti prendo un altro telefono, ora mi fai uscire?»

Scuoto la testa. «No.»

«Mi tieni qui contro la mia volontà?»

Annuisco.

«Mi metto a urlare» ribatte convinto. Caccio un lieve cenno di risata diabolica, inclinando di poco la testa e scrutandolo.

«Te la tappo quella bocca se lo fai.»

Lui alza gli angoli della bocca.

«Davvero? E con cosa?»

Il mio sguardo scivola in basso, sulle sue labbra.
Resto in silenzio. Lo stesso silenzio in cui la mia mente viaggia lontano e il mio respiro di colpo si fa pesante.

«Ho due mani, a differenza tua. E' per questo che non puoi andare da nessuna parte, così impari» riesco a rispondere con una frase razionale. Se solo che non fosse che la mia lucidità se ne va rapidamente, non appena realizzo appieno in modo in cui lo sto tenendo bloccato e come le mie gambe sono contro le sue e la mia intimità sfrega contro la sua. E' adesso, in questo istante che il battito del mio cuore inizia a correre. E che corsa... rapida come un fulmine che mi fa rabbrividire copiosamente.

Senza capire come e quando il mio viso raggiunge il suo, tanto che i nostri nasi quasi si sfiorano. La musica diventa ovattata di colpo, tutto sparisce come per magia e restiamo solo noi. Io che lo fisso completamente ammutolita, i miei occhi che scivolano in basso sulle sue labbra e lui che condivide il silenzio che si è insediato tra noi due.

«Che... che stai facendo?»

E' la sua voce a riportami leggermente alla realtà.
«Ti sto tenendo a galla...» rispondo in un mormorio.

«Solo?»

«Uh, uh» mugugno e sollevo a fatica gli occhi, iniettandoli nei suoi. «Vuoi che ti lasci?» chiedo.

Logan non risponde, esita per diversi istanti. Poi spinge la testa verso di me, lentamente, finché i nostri nasi si sfiorano eccome e il battito del mio cuore aumenta tanto da sentirlo fin dentro la gola.

«Se ipoteticamente dicessi di no?» sussurra sulla mia bocca.

Merda.

Delle urla mi riscuotono dai pensieri poco ortodossi sul mio miglior amico. Allontano di scatto la testa, sollevando gli occhi confusa dal chiasso.

«Cher, ti sto per lanciare una sdraio contro!»

Confusa, afferro il bordo della piscina e mi tiro su, per poi tirare fuori dall'acqua anche Logan senza avere il coraggio di guardarlo in viso. Non poco lontano dalla sdraio vicino c'è una ragazza. Bionda, i capelli liberi sulle spalle e le punte tinte di blu che sta litigando con un ragazzo moro.

«Cherilyn la smetti?! Stai dando spettacolo!»

Yuri appare a passi felpati e le si pone davanti esasperato. Duncan fa la sua apparsa con le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni ridendo, divertito dalla scena. Non appena ci scorge, mi lancia un cenno di saluto e poi indica Logan che si è appena allontanato per prendere l'asciugamano dalla sdraio per asciugarsi i capelli.

Alza le mani, fa un cerchio con le dita e infila un dito in quel cerchio, lasciandomi spiazzata. Passa affianco alla coppia di ragazzi e anche a Yuri, e mi viene davanti.

«Mhm... siete finiti in piscina insieme perché eravate troppo bollenti di passione?» ridacchia beccandosi un'occhiata colma di dissenso.

«A volte penso che sei veramente volgare» replico. Duncan ride di gusto.

«Volgari siete voi due che pare abbiate i neuroni bruciati. Quando farete sesso, fatemi un fischio così potrò baciare la terra e ringraziare Dio.»

«Sei credente?» gli chiedo cercando di cambiare argomento.

«No, ma quando finirete a letto lo diventerò, perché chiaramente sarà un miracolo.»

«Ma chi sono?» chiede Logan stranito, avvicinandosi a noi mentre si passa l'asciugamano tra i capelli e i miei occhi si poggiano proprio su quel che sta facendo. Niente, eppure sta facendo di tutto e di più.

Mi devo riprendere. Subito.

Io sto con Adrien... credo. Non lo sento da giorni e non ho rispondo a nessun suo messaggio. Ora inoltre il mio telefono è fuori gioco quindi dovrò procurarmene uno nuovo. Dannazione. Il solo pensiero di chiamare Adrien mi manda in ansia. Ma che diavolo sto facendo con la mia vita?

Guardo Logan e mi perdo nel fissare il suo profilo, i capelli bagni e umidi che gli cadono sugli occhi e la maglietta nera ora completamente attillata al corpo. Muove la mano, i bicipiti contratti, il sole che lo illumina mentre lui si sta passando l'asciugamano sotto il mento e io che per la seconda volta nella giornata percepisco tutto andare troppo, estremamente lento. Deglutisco a fatica.

«La cugina di Yuri, Cherilyn, in visita da lui e sua madre. E' di Los Angeles» spiega Duncan risvegliandomi dai miei pensieri mentre tutti e tre guardiano Yuri che si mette tra i due perché la bionda sta per saltare addosso al ragazzo nonostante lui sembri il doppio di lei in fatto di altezza.

«E lui, invece?» chiedo io.

«Thomas» risponde Duncan come se fosse la risposta più sensata al mondo. Aggrotto la fronte. «Il suo ragazzo» dice poi.

Schiudo la bocca in un "Oh..."

«E perché si stanno per picchiare? E' normale?» poggio le mani sui fianchi mentre Logan mi mette l'asciugamano in testa, strofinando i miei capelli dall'acqua. Incrocio il suo sguardo e mi ci abbandono nello scrutargli gli occhi. Solo poco fa eravamo così vicini da far paura... e c'è stato qualcosa. Lo so, che è successo qualcosa tra noi due. Credo proprio che ho flirtato con lui mentre lo tenevo attaccato alla parete della piscina. Non è stato lui, non ha fatto niente di niente, ma l'ho fatto io come se i ruoli si fossero improvvisamente invertiti.

Cazzo. Mi maledico non potendo fare altro, soprattutto perché mi è piaciuto. Mi è fottutamente piaciuto.

Devo chiamare Adrien. Lo devo fare perché mi serve sentire la sua voce per ricordarmi che tecnicamente dovremmo essere una coppia nonostante sembra che me lo sia improvvisamente dimenticato.

«Lei è mezza matta, lui invece è matto a starci insieme... mi ricordano molto vagamente due persone...» fa con aria pensierosa Duncan e molla un'occhiata a me e Logan che sembra non badare minimamente a Duncan, piuttosto ridendo a bassa voce come un bambino mi strofina l'asciugamano sul viso dandomi fastidio, me lo stacco via e lo guardo male.

I miei occhi poi si strabuzzano quando Thomas, ormai con la pazienza esaurita, afferra Cherilyn in spalla, si avvicina alla piscina e la butta dentro.

«Sei uno stronzo!» urla lei risalendo in superficie, incazzata a mille. Thomas si china sul bordo piscina e le molla un sorrisetto.

«Ti amo anche io, ma ora ti calmi e poi magari ti porto un drink.»

La ragazza lo guarda di traverso e a fatica si tira fuori dalla piscina. Thomas, notandola in difficoltà, le porge una mano. Lei l'afferra e invece di usarla per uscire dall'acqua, lo tira con uno strattone dentro la piscina.

Perché in loro due ho appena visto me e Logan?
Mi volto proprio verso di lui che mi rivolge la stessa occhiata.

Merda... è come guardarsi in un riflesso con la sola differenza che quei due formano una coppia.

«Ronnie!!!» urla una voce che riconoscerei tra mille. In un nanosecondo Nath mi salta addosso, io perdo l'equilibrio, scivolo sul bordo della piscina e cado dentro insieme a lei.

Oh, ma dai!

***

Alla fine Nath mi presta il suo cellulare. Sono seduta su uno degli scalini che portano alla grande porta di ingresso della villa, le mani che fremono e i sensi di colpa che tornano con prepotenza.
Resto a fissare lo schermo indecisa sul da farsi. Alla fine mi passo una mano sconfitta sul viso, premo sullo schermo e faccio il suo numero.

Col cellulare all'orecchio, fisso i miei amici, Nath, Kim che sta sfoggiando il suo outfit in lino con un cocktail tra le mani, Duncan e Yuri e la cugina col suo ragazzo che chiacchierano tra di loro. Logan, invece, è sparito dentro casa a prendere una cosa.

«Pronto?» la voce di Adrien mi sveglia di colpo.

«Ehi, sono io.»
La sua voce dopo così tanti giorni mi lascia indecisa su cosa dirgli con esattezza.

«Ronnie?»

«Ehi» lo saluto. Credo che è così che dovrei fare. Non lo so.

«Ehi?» ripete lui, reazione che mi lascia un po' stordita.

«Ronnie si può sapere dove diavolo sei finita?! Non rispondi a nessuno! Tuo padre è preoccupato! Io sono preoccupato e tu mi saluti con un "Ehi" come se niente fosse? Ma che cazzo ti passa per la testa?!»

Silenzio da parte mia.
«Sono a Sacramento» dico alla fine dopo diversi istanti di mutismo.

Ora il silenzio arriva da Adrien.
«In che senso sei a Sacramento?»

«Sì, sono da Logan» rispondo con aria calma.

«Stai scherzando.»

«Perché dovrei?»

«Cioè mi vuoi dire che sei a casa sua. Di Natale.»

«Non è più Natale, è il 28 di dicembre» replico.

«So bene che giorno è! Ti sto chiamando ininterrottamente e ti ho scritto una marea di messaggi!» alza la voce di più tanto che devo allontanare il cellullare di qualche centimetro dall'orecchio. Metto il vivavoce.

«Sono da lui perché sono stata a casa mia che non esiste più» ironizzo.

«Saresti dovuta venire a Seattle, non tornare a San Francisco.»

«Non me la sentivo» gli dico sincera.

«Di fare cosa?» chiede. Sembra esasperato.

«Di andare lì. Non me la sentivo.»

«Qui ci sono io! Cazzo, Ronnie! Ti ho aspettato per tutti questi fottutissimi giorni e non mi hai dato un solo segno di vita piuttosto hai preferito passare il natale a casa di una famiglia che non è nemmeno la tua! E tuo padre? A lui non pensi?»

«Lui non ha pensato a me quando ha venduto il ranch!» sbotto di colpo con rabbia.

«Il ranch? Ma se ora stai a San Francisco e di sicuro ci rimarrai fino alla laurea per poi trovarti un lavoro sempre nella California!»

«Scusami?» non so se essere allibita o altro.

«Il ranch andava a rotoli, non c'era più nessuno che potesse prendersi cura di lui ecco perché tuo padre l'ha dato via!»

«Ma tu che cazzo ne sai?!» gli urlo contro questa volta io infervorata e col sangue che mi sale tutto nelle guance.

«Ne so più di te! Questo è certo. E sai perché? Perché io sono qui, a Seattle, ad aspettarti come un povero idiota, mentre mi sono dovuto sorbire tutte le liti tra mia madre e tuo padre. Tutte per colpa tua che fai la bambina e non rispondi a quel cazzo di cellulare di merda! Ti sembra un comportamento normale quello tuo?»

Serro forte i denti fino a farmi male. Non era di certo così che mi immaginavo risentirlo dopo tutti questi giorni.
«Sono solo andata a casa! Che diavolo ho fatto di tanto sbagliato?!»

«Dovevi rispondere al cellulare e venire qui, a Seattle!» grida lui.

«Per fare cosa?! Cos'ho a Seattle?!»

«La tua famiglia!»

«La tua nuova cazzo di famiglia vorrai dire!»

«Ma che diavolo dici adesso?!»

«Tua madre si sposa con mio padre!» gli urlo contro con la gola che mi va in fiamme. Cazzo.

Liz che arriva in direzione della casa, posa gli occhi su di me. Stranita, non dice niente. Mi manda una lunga occhiata prima di passarmi affianco e scomparire in casa. Cazzo, sto urlando troppo forte, devo darmi una calmata.

«E allora?»

Sento di nuovo Adrien. Resto di sbieco. Il mio cuore rallenta di battere all'impazzata.
«Tu lo sapevi» mormoro con un piccolo cenno di risata. Scuoto la testa. «Oh... ma certo che tu lo sapevi. Sei il figlio prediletto. Quello che ha vissuto in città, che ha viaggiato all'estero, che studia ingegneria e che pensa anche di cambiare studi e diventare un cazzo di medico. Oh... sai, ti faccio i miei auguri perché ti sei fottuto il poco di famiglia che mi era rimasta e te la sei trascinata a Seattle perciò sai una cosa: vai a farti fottere!»

«Ma di che parli adesso? Che diavolo è questa roba del medico?!»

Rido non potendo fare altrimenti.
«L'ho vista! La brochure sull'ospedale universitario di Chicago! Il Saint Patrick Hospital! Ora vuoi diventare un medico così cosa? Mi schiacci ancora di più e diventi il preferito tra i due?»

Silenzio. Adrien non osa più dire niente. Quindi è vero.
«E comunque» riprendo io parola. «Ci vengo a Seattle, per Capodanno. Ora sei felice?»

«Oh... adesso ci vieni a Seattle!» mi fa lui, sembra divertito dalla cosa. «Fammi indovinare: verrai per fare una scenata davanti a tutti e rovinare ancora di più tuo padre?»

Strabuzzo gli occhi.
«Scusami?» gli chiedo di colpo intontita.

«Sai cosa? Perché non te ne rimani lì a Sacramento dal tuo buon migliore amico Logan? Eh?»

«Mi dici ora che cazzo ti prende?!» sbotto furiosa.

«Io?! Cosa prende a me?! Hai preferito lui alla tua famiglia! Sei diventata stupida tutto d'un colpo?!»
Le sue parole mi trafiggono come proiettili diritto al petto. Non per la verità che mi ha appena sputato contro la tutto il rancore dell'universo, ma per la sua ultima domanda. Serro forte i denti.

«Se non volevi che fossi qui, dal mio buon miglior amico forse avresti dovuto venire tu nel cazzo di Texas anziché mandare lui! No?!»

«Io non ho mandato nessuno!»

«Logan mi ha detto che gli hai chiesto di provare a contattarmi siccome non rispondevo a nessuno!» replico con le mani che mi tremano per la rabbia.

«Gli ho chiesto di scriverti perché siete attaccati come due cozze! Ma non gli ho mica chiesto di andare da te nel fottuto Texas a prenderti e portarti a casa sua!»

«Avresti potuto farlo tu! Venire da me! E non lasciarmi da sola come un cane nella casa della mia famiglia che non è nemmeno più la mia casa!»

«E' forse colpa mia se sei una testarda del cazzo che fa tutto quello che le passa per la testa?! Prima vai con il tuo Logan a studiare insieme, poi non mi chiami e come se non bastasse mi dici anche che hai preso un biglietto per andare al ranch! Ma io che diavolo devo fare con te?! E come cazzo potevo arrivarci in Texas se non c'erano voli e gli unici disponibili costavano più di cinquecento dollari con due o tre scali perché il maltempo e perché è il fottuto periodo natalizio?!»

«Quindi è questo?!» urlo cacciando una risata colma di nervosismo. «Sono i soldi?!»

«Sono i miei cazzo di soldi! Non posso mica spenderli a cazzo solo perché tu ti svegli e fai delle scelte di merda!» mi corregge lui lasciandomi con l'amaro in bocca. Scuoto la testa non potendo credere alle mie orecchie.

«Dovevi fare una sola cosa: venire a Seattle. Ma tu come sempre fai quello che più ti gira per la testa! Fra poco fai diciannove anni e tu continui a comportarti come una bambina viziata che pretende tutto da tutti, che rovina il Natale a suo padre e che-»

Il telefono mi viene strappato dalla mano tutto un tratto. Col cuore a pezzi per la discussione, le parole pesanti che Adrien mi ha lanciato e gli occhi che mi bruciano con prepotenza alzo lo sguardo.

«Basta così» dice.

Logan è accanto a me. Preme il dito sul pulsante di termina chiamata, la voce di Adrien smette di sentirsi in vivavoce.

Abbassa gli occhi su di me mentre io lo fisso con gli occhi ricolmi di lacrime e il fiato spezzato. Non ho il coraggio di dire niente, non so nemmeno da quando era vicino a me e quanto avrà sentito della discussione.

Giro la testa davanti a me, in fondo al sentiero che porta al vialetto dove sono parcheggiate delle macchine e dei bambini stanno giocando con lo skateboard sulla strada.

Logan prende posto al mio fianco.

Mi porto le mani sul vino, coprendolo nel tentativo di nascondere le lacrime che scivolano copiose. Un braccio mi avvolge e mi tira verso di sé, al suo petto, mentre io cerco di combattere i miei sospiri che mi fanno tremare il respiro.
Mi asciugo frettolosamente le lacrime e mi stacco da lui, rivolgendogli una piccola occhiata. Restiamo a guardarci in silenzio. Io con aria smarrita e il cuore in pezzi, e lui... non lo so. Solleva lievemente gli angoli della bocca e senza aspettare una mia risposta mi lascia un bacio sulla testa.

«Ti porto qualcosa da bere, che ne dici?» dice e si alza in piedi. «Resta qua, d'accordo?»

Frastornata, mi limito solo ad annuire mentre lui sparisce dentro casa e aprendo la porta scorgo Liz che gli chiede qualcosa, mi lancia un'occhiata frettolosa. Logan le risponde, guarda me e poi torna dalla sorella che scuote la testa commentando e sospirando.

Torno con gli occhi sui bambini in fondo alla strada. Li osservo in silenzio mentre l'uno sta tenendo per la mano l'altro sullo skateboard aiutandolo a tenersi in equilibrio.

Liz appare e prende posto accanto a me.

«Tutto okay?» chiede dopo alcuni istanti di pausa. Mi volto leggermente verso destra.
Annuisco con la testa.

«Era il tuo ragazzo?»

Sposto lo sguardo sui due bambini. Indugio a darle una risposta e nella mia esitazione gli occhi mi tornano a bruciare, perciò sbatto le palpebre nel tentativo di fermare le lacrime ancor prima che possano uscire di nuovo. Tiro sul col naso, stringendo forte i denti.
La mano di Liz raggiunge la mia e me la stringe, gesto che mi distrae dai miei pensieri. La guardo e la colgo con un piccolo sorriso sulle labbra.

«Ehi...» mi fa e stringe di più la mia mano. «Puoi restare con noi. Per tutto il tempo che vuoi e che ti serve, sei la benvenuta. Forse non saremmo la tua famiglia ma per quel che vale puoi contare su di noi. Su ciascuno.»

Le sue parole mi lasciano senza fiato. Abbasso gli occhi sulle nostre mani in imbarazzo e annuisco solo.

«Cisco ha detto che devi andare a Seattle. Puoi passare qui Capodanno. Vediamo i fuochi d'artificio tutti insieme e...» la mia mente si disconnette di colpo. Fuochi d'artificio. Sbatto le palpebre stranita. Perché mi è così famigliare? Non la parola in sé, ma l'averla sentita... no, detta. Non ricordo, ma improvvisamente ho una piccola briciola di flashback a cui non riesco a dare un senso, ricordo solo che sono nella stanza di Logan, lui in piedi davanti, io sul materasso che lo abbraccio, la mia faccia contro la sua pancia. «... non devi andare lì se non lo vuoi, okay?»

Ritorno di colpo presente alle parole di Liz che stacca le nostre mani e appoggia la sua sul mio braccio.

Confusa per i ricordi non nitidi, annuisco solo. Lei mi sorride dolcemente.

Logan che fa la sua riapparsa distoglie l'attenzione a entrambe. La sorella mi dà un bacio sulla guancia, si alza in piedi e mi stringe la spalla per confortarmi prima di lasciarci da soli. Lui, invece, prende posto dove prima c'era Liz e mi passa un bicchiere con dentro della Coca-Cola. Entrambi prendiamo a osservare i bambini giocare in strada.

«Sono fortunati» commento sovrappensiero dopo aver mandato giù un piccolo sorso.

«Darei di tutto per tornare come loro... a quell'età.»

«Perché non sanno niente della vita?»

«Perché sono felici con poco» replico.

Cala il silenzio fra noi due, l'unico suono quello dei bambini che ridono spensierati.
Logan si alza in piedi ad un certo punto, scende i gradini mi si piazza davanti. Lo guardo confusa, soprattutto quando mi tende una mano.

«Sei mai stata su uno skateboard?» mi fa con un piccolo sorriso sulle labbra mentre il poco di sole dietro di sé gli illumina le ciocche dei capelli.

"Sei come i fuochi d'artificio quando ti guardo. Da mozzafiato."

Ecco cos'era. Tutte parole che ho detto a lui.

Fisso la sua mano e con lo stupore negli occhi torno con le pupille nelle sue. Le mie labbra si incurvano in una piccola ombra di sorriso. Gli afferro la mano alla fine.

***

Angolo autrice
Innanzitutto Adrien dati una cazzo di calmata, poi: Ronnie che cazzo stai combinando, svegliati, ti prego. Dai su.

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