31 | Almeno siamo vestiti bene

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CAPITOLO 31
Almeno siamo vestiti bene

Papà rimane in silenzio per diversi, troppi istanti.
«La nonna? Dov'è? Perché non l'ho ancora vista?» chiedo notando che ha perso l'uso delle parole.

«E' tornata in Italia due giorni fa» dice Amanda. Le punto le pupille addosso.

«Stavo parlando con mio padre, non con te.»

Il veleno sta uscendo, a poco a poco, insieme alla mia rabbia e alla delusione. Bene, non mi hanno informato nemmeno di questo, lo vengo a sapere solo ora e solo perché sono l'unica ad aver notato l'assenza dell'unica persona che aveva un legame con la mamma oltre a me.

«Veronica» mi riprende tutto d'un tratto papà.

«Dici il mio nome completo solo quando stai per farmi la ramanzina. Stai per farmi la ramanzina, papà? E perché di grazia? Perché la mamma è morta, tu hai venduto la nostra casa, il posto dove lei ha sprecato tutti gli anni della sua vita e poi hai mandato via anche la nonna senza dirmi niente?»

«Debora se n'è andata per scelta sua, io non mandato via nessuno.»

Sorrido con nervosismo.
«Probabilmente l'avrà fatto perché tu ti sei dimenticato della figlia e hai intenzione di sposarti. I miei auguri. Ti sei dato da fare, vedo...»

«Ronnie, io e tuo padre non vogliamo che nessuno si dimentichi di Leonor» interviene subito Amanda. La guardo di striscio.

«Eleonora» la correggo di scatto. «Si chiamava Eleonora» serro forte i denti. «Era la tua amica, no? Tanto amica che mentre moriva in ospedale tu eri in un cazzo di viaggio all'estero con tuo figlio» punto di occhi su Adrien ridendo.

Silenzio.
«Ma vedo che ora che stai con mio padre ti sei accomodata molto bene, Gli hai fatto vendere il ranch, lo hai portato qui, te lo vuoi anche sposare... non ti bastava scopartelo solo?»

«Veronica!» tuona papà. Amanda mi fissa con gli occhi sgranati. Guardo lui. Quello che mi ha spezzato il cuore. Tra tutti lui che non pensavo l'avrebbe mai potuto fare.

Mi salgono le lacrime agli occhi mentre lo fisso con aria di sfida.

«Oh... ti ho mancato di rispetto?» lo prendo in giro non potendo fare di meno. «Ora che farai? Mi metterai in punizione?»

«Ronnie...» mi chiama a sé Logan, ma non gli presto attenzione.

«Mi dici da quando volevi fregarti mio padre? Magari lo volevi anche quando la mamma era in vita, probabilmente non vedevi l'ora che morisse tanto a te non è fregato un cazzo. Ti facevi dei bei scatti in giro per le capitali dell'Europa» guardo Amanda.

«Io... non-» lei prova a controbattere stordita dalle mie parole.

«Tu cosa? Parla, cazzo! Dimmi il modo in cui hai fatto perdere la testa a mio padre, a questo povero idiota vedovo, come te lo sei portata qui nel cazzo di Seattle mentre tu fai la bella vita, viaggi per il tuo lavoro di merda e io ho perso tutto per colpa tua!» sbotto alzandomi di scatto dalla sedia. Amanda sussulta e i suoi occhi prendono a brillare.

«Dati una calmata.»
Adrien.

Abbasso gli occhi verso di lui e lo divoro con gli occhi infuocati dalla rabbia e dal rancore che porto nel mio petto da troppo tempo.

«Prego?»

«Non alzare la voce su di mia madre» sibila trafiggendomi con lo guardo e alzandosi in piedi. Gli mollo un sorriso.

«Tu quindi quella cazzo di bocca» replico solo e torno da Amanda. «Sapete cosa si prova ad andare a casa e trovare tutto in scatole? Uh?» chiedo teatralmente con voce calma.
«Lo sapete?» li guardo entrambi. «Beh... fa veramente schifo ma sapete la cosa peggiore fra tutte?» chiedo ancora aspettando che indovinino, ma non lo fanno. Peccato.
«Che quel ranch era l'unica cosa certa che mi restava. Era la mia casa, la casa di mamma. E voi me l'avete portata via...»

Le lacrime mi scendono. Cazzo.
Alzo un dito, ispirando profondamente.

«Mi avete portato via tutto quello che mi rimaneva. Quel poco che mi rimaneva della mia vita. Il posto che avevo di mia madre, ora non c'è. Non c'è più»

Dalla bocca mi escono solo i sospiri mentre mi mordo con violenza l'interno guancia per restare a mente lucida.

«E non me l'avete nemmeno detto. Almeno per telefono... ma niente. Cosa vi aspettavate? Che ci saremmo riuniti a tavola, che mi avreste detto "Sì, sai Ronnie, abbiamo venduto il ranch, la casa e i cavalli sono nel cazzo di Devonshire". Cosa vi aspettavate da me?! Che vi avrei detto grazie?! Che mi sarei inchinata al vostro cospetto?! Che vi avrei dato una grandiosa pacca sulla spalla e tutto sarebbe filato liscio?!»

Amanda però si tocca la pancia in un modo strano, i miei occhi scivolano sul suo calice interamente pieno di vino... e scoppio a ridere sotto lo stupore di tutto.

«Oh... il ranch e il matrimonio non erano le sole notizie che dovevi dirmi, vero?» mi volto verso papà, il suo sguardo invece è basso.

«Guardarmi in faccia quando ti parlo!» sbraito incazzata. I suoi occhi azzurri incontrano i miei. Le mani mi stanno tremando.

«Cazzo...» mormoro poggiando una mano sulla fronte esausta, mi allontano di un passo. «Te la sposi perché l'hai messa incinta?»

Papà spalanca gli occhi, chiaramente stupito dal fatto che l'abbia capito al volo.

«Ma che cazzo...» mi allontano ancora. Papà si alza dalla sedia, prova a venirmi incontro.

«Non toccarmi» sibilo allontanandomi da lui quanto il più possibile. «Non...n-non toccarmi, non toccarmi...» sto perdendo la voce, il fiato e il battito del cuore mi sale nel cervello. La mia vista si sta annebbiando e con essa sto iniziando a soffocare.

Oh, merda. Merda. Merda.
Una mano mi afferra per il braccio, quella di papà.

«Ti prego, Ronnie, siediti, parliamone insieme e con calma...»

Strattono il braccio e mi allontano di scatto da lui.
«No.»

«Ronnie, tesoro mio, ti prego-»

«Oh... adesso sarei il tuo tesoro?» rido e indico la sua futura moglie. «Perché non lo vai a sussurrare al marmocchio che ha in grembo?»

Mi giro verso Adrien.

«Tu lo sapevi?» gli chiedo. Lui, invece, dalla faccia pare che sia stupito dalla notizia quanto me.

«Bene, sei così deficiente da non esserti reso conto di un cazzo. Poi arrivo io, guardo tua madre e lo capisco. Sei molto sveglio, sicuro che l'ingegneria faccia per te? Oh, no, aspetta: medicina, dimenticavo che qui chiunque prende delle decisioni e non dice un cazzo a nessuno!»

«Medicina?» chiede Amanda confusa nonostante tutto.

«Sì, tuo figlio vuole diventare un medico. Chicago come se non bastasse, al Saint Patrick Hospital! Bravo! – Amanda però sembra impallidire alle mie parole - Diventate pure quel cazzo che vi pare. Tu un medico di merda, tu la madre del mio futuro fratellastro o sorellastra e tu resta pure qui a Seattle a fare lo sbirro di bassa categoria quando solo pochi giorni fa eri un cazzo di vicesceriffo!» punto il dito su ciascuno in parte.

Poi torno con gli occhi su Adrien e rido senza poterlo vitare, ormai sono fuori di me.

«Allora... quando nostro fratello cresce glielo diciamo che mi hai infilato la lingua in bocca e non solo?»

Ho appena sganciato la bomba e non me ne pento. La mia famiglia è andata a puttane. Questa non è la mia famiglia, perciò se posso finalmente mandare a rotoli qualcosa, manderò questa famiglia fantoccia da quattro soldi.

«Cosa?» chiede papà.

Lo guardo sorridente e indico il suo figlio acquisito. Adrien pare in difficoltà.

«Sei bravo con la lingua, i miei complimenti ma non altrettanto bravo a tirare fuori le palle e dire ai nostri genitori che abbiamo provato a frequentarci perché mi hai detto disperatamente che mi ami... oh, povero cucciolo, una grandissima confessione d'amore. Certo, dopo hai fatto una scenata di gelosia e hai alzato le mani su Logan. Sai, non me lo dimentico affatto, quindi dopo tutto quello che mi hai detto per telefono posso anche dirti che puoi andare a farti fottere, perché tu non vuoi frequentare una bambina viziata, no? Dico bene o sbaglio?»

Ora tutte le carte in tavola le voglio. Tutte. Dalla prima all'ultima. Mi giro verso i nostri genitori.

«Non me ne sono andata da quella cena a San Francisco perché avevo da fare ma perché Adrien, qui presente, non sa prendere la situazione in mano nemmeno una singola volta. Poi mi fa una scenata, io chiamo Logan e lui come un vero gentiluomo gli insulta anche il padre morto solo perché non sapeva che parole usare per ferire qualcuno perché è così piccolo da fare schifo!»

Lo guardo e lui resta in silenzio.
Complimenti per il coraggio.

«Andiamocene via» dico verso Logan. Lui non emette alcun suono, si alza, afferra la sua giacca sottomano, ma la mia rabbia non mi abbandona. Faccio per aprire nuovamente bocca ma Logan mi ferma, fortunatamente direi.

«Dai, Ronnie, andiamo...» mi dice a bassa voce. Lo guardo e annuisco ispirando profondamente.

I miei occhi però scivolano sul mobiletto dov'è la bottiglia di vino regalata da lui, perciò passo affianco a mio padre, la afferro e torno indietro.

«Questa me la riprendo perché siete tutti delle teste di cazzo e non ve la meritate» sputo tornando da Logan. Mi dirigo a passi felpati verso l'ingresso, non prima di girarmi un'ultima volta.

«Ah, sì...» faccio con fare teatrale, un sorriso si piazza sulle mie labbra. Punto il dito su ciascuno di loro.

«Vaffanculo tu, tu e tu» indico Amanda per ultima. «E anche il tuo bambino di merda, uh?»
Apro la porta e faccio per uscire, faccio per andarmene. Adrien però prova a venirmi incontro, Logan mi si pone davanti e lo blocca.

«Ti vuoi spostare, amico?» gli chiede, ma Logan non lo fa.

«E' una cosa di famiglia perciò levati» insiste sotto gli occhi di papà e Amanda.
Logan resta in silenzio per alcuni istanti. «Allontanati subito» replica solo fissandolo in viso.
Adrien sorride e scuote la testa, alzando le mani in segno di resa.

«Oh... quindi adesso voi cosa? State insieme? Wow... mi hai rimpiazzato molto velocemente, vedo» mi dice.

Logan, invece, stringe forte la giacca nel pugno e fa un passo verso di lui.

«Ti sei mai posto il dubbio che probabilmente per Ronnie non sei mai stato nulla?» gli chiede con una calma che mi spiazza. Adrien resta di stucco. Papà e Amanda si avvicinano e ci fissano in silenzio.

«Forse solo il suo vecchio amico d'infanzia con cui si faceva qualche giro in bici, ma adesso non significhi più niente. Sei riapparso nella sua vita e l'hai distrutta più di quando lei non lo fosse già mentre io ho dovuto raccogliere i pezzi di quello che ti lasciavi dietro, ma ora basta. E' inutile e abbastanza ridicolo che tu provi a buttarmi la carta della famiglia perché qui io non vedo alcuna famiglia» prende una pausa mentre ogni mio muscolo trema copiosamente.
Si volta verso i nostri genitori e li guarda per alcuni brevi istanti.

«Vedo solo un mucchio di persone che non hanno saputo essere oneste tra di loro. Vedo indifferenza come se niente fosse mai accaduto. Vi siete seduti a tavola aspettandovi che fosse una ragazza di diciott'anni a buttarvi in faccia la realtà dei fatti, nonostante dovreste essere voi gli adulti.»

Papà resta in silenzio colpito e affondato dalle parole di Logan.

«Dovevi proteggerla» gli dice fissandolo negli occhi e dandogli di colpo del tu. I formalismi sono calati.
«Non spezzarla ancora di più. Tua figlia... io l'ho trovata in lacrime quando sono andato in Texas, cosa che avreste dovuto fare voi che vi proclamate tanto la sua famiglia» sorride con amarezza.

«Tu dovresti essere suo padre, ma non mi fidavo di un padre che l'ha mentita e l'ha allontanata dall'unica cosa che le restava ancora, strappandoglielo via e lasciandola da sola durante le feste natalizie. Ecco perché sono qui. Perché non mi fido di nessuno di voi, men che meno di te.»

Lo fissa negli occhi. La mascella serrata e in viso un'espressione talmente seria da mettermi i brividi. Di Logan raramente ho visto questa parte, ma quando l'ha portata alla luce sembra una persona completamente diversa, non il ragazzo caotico con la battuta sempre pronta, ma qualcuno di una maturità incredibilmente feroce.

«I-io non volevo che le cose andassero in questo modo, ma tutto è successo troppo velocemente e non c'è stato tempo per-» prova a dire papà ma Logan lo interrompe rifilandogli uno sguardo glaciale mentre mi afferra la mano.

«Per la tua unica figlia lo trovi il tempo, un padre che ci tiene veramente lo fa anche quando tutto va male. Mio padre l'ha fatto, con tutti i traumi che si è portato dietro dalle missioni in Iraq, c'è stato, per me e le mie sorelle, non sempre ma ci ha provato fino all'ultimo respiro» dice preservando una calma che mi lascia intontita.

«Ora la porto via, lontano da tutti voi, non lascerò che possiate farle altro male» stringe di più la mia mano fa per aprire la porta, ma si blocca. Si gira puntando verso Adrien.

«Ah, sì... se provi ancora a darle una volta della bambina viziata per telefono giuro su mio padre che ti stacco via la testa dal collo.»

Gli fa un cenno di testa a mo' di intesa sollevando leggermente gli angoli della bocca. Poi torna da me, mi guarda per un frangente e il mio cuore ha un sussulto.

«Vieni, amore mio» stringe la mia mano lasciandomi bacio accanto la tempia, tra i capelli.

Non c'è finzione, non più.

Il modo in cui ci siamo presentati quando siamo arrivati ovvero come una coppia oppure il modo in cui mi ha appena chiamato. Lo faceva tempo fa per prendermi scherzosamente in giro con fare ammiccante, ma non adesso. Qualcosa è diverso.

Logan apre finalmente la porta se solo non fosse che resto di sbieco alla vista dell'ultima persona che avrei mai pensato di vedere a quest'ora e in questo posto.

Lorelai è davanti a me, la mano alzata pronta per bussare che abbassa non appena incrocio i suoi occhi azzurri.

Ma che cazzo...

«Ronnie» mi saluta con un sorriso mentre la mia faccia è puro sbigottimento. Ma da dove cazzo è apparsa anche questa?

«Ho... ho sentito delle urla. Tutto okay?» chiede preoccupata. «Oh, sì, io abito al piano di sotto.»

«Ma che...?» mi esce con voce persa. Lorelai abbassa gli occhi e guarda la bottiglia di vino che reggo in mano, sulla spalla invece la borsa.

«Adrien e io siamo vicini da un po' di anni.»

La voce di papà che mi richiama mi riporta con i piedi sulla terra.
«Ti prego, ti prego non andare via. Ti prego, Ronnie, Sei mia figlia, sei la mia bambina, resta. Parliamone. Amanda capisce la tua situazione, lei ti perdonerà e quello che è successo tra te e Adrien io lo capisco e non-»

Alzo le sopracciglia.
«Lei fa cosa?» sbatto le palpebre cacciando un cenno di risata. Scuoto la testa.

«Non me ne frega un cazzo del suo perdono... e tu levati dal cazzo» dico a Lorelai spostandola con una mano via dalla mia traiettoria. Lei rimane visibilmente stupita.

«Ma che succede?» la sento chiedere una volta che sono nel pianerottolo. Mi giro. I nervi a fior di pelle.

«Scusa, ma tu chi cazzo saresti per presentarti qui e ficcare il naso in quello che non ti riguarda? Perché non te ne torni, invece, al diavolo da dove sei venuta?!» la aggredisco e provo a raggiungerla per metterle le mani in quei schifosi capelli biondi perfetti ma la mano di Logan mi afferra giusto in tempo per il braccio, bloccandomi. Lo guardo, lui mi guarda e mi fa "no" con gli occhi.

Merda.
Calmati. Calmati, Ronnie.

«Sono qui per Adrien... ho sentito le urla e-»

Scoppio a ridere in modo isterico.
«Oh... la dolce ragazza perfetta di 'sto gran cazzo che mentre stava con lui infilava la lingua in gola ad altri. Guarda che ti ho vista, Bella Addormentata!»

«Ma di che parli?» replica lei che ovviamente lascio perdere perché la sua voce perfetta mi dà il voltastomaco e torno quindi da mio padre.

«Torna dalla tua nuova famiglia, con me hai chiuso» gli dico ora senza la minima briciola di divertimento perché sono tremendamente seria. «E non preoccuparti dell'università. Troverò un lavoro, mi spaccherò la schiena ma mi pagherò gli studi da sola. Non voglio più niente da te. Niente. E visto Jack, me lo vado a riprendere, così come mi riprenderò Light. Ma di mio o della mamma non ti lascerò una sola briciola. Tu mi hai spezzato il cuore papà...» gli sorrido con ammarezza alla fine, le lacrime agli occhi. Tiro un profondo respiro.

«Non provare a cercarmi.»

E giro le spalle, afferro la mano di Logan e me lo tiro accanto senza voltarmi nemmeno una volta, senza imprimere nella testa niente di suo, del suo aspetto fisico o della sua ultima espressione che mi ha rivolto: smarrimento.
Ecco cosa ho provato io, quando sono andata nel Texas e ho visto l'unico porto sicuro completamente distrutto.

Non appena in ascensore, le lacrime scendono copiose ora che non devo più sottrarmi alle mie emozioni.

Senza dire una sola parola, Logan mi afferra e mi tira al suo petto mentre io scoppio di più a piangere quasi a strozzarmi in esse. Le mani lungo i fianchi, una a reggere una bottiglia di vino da probabilmente cinquecento dollari, nella serata di Capodanno a Seattle... io piango.

Ma non sono da sola. Con me c'è Logan.
Che ora mie tiene a galla.
Che è diventato il mio nuovo porto sicuro.

Con la bottiglia nella mano, mi aggrappo a lui, stringendolo tra le braccia e soffocando il viso nel suo smoking di chissà quante centinaia di dollari.

«Almeno... almeno siamo vestiti bene» dico completamente fusa da quanto è successo e dai miei stessi pensieri. Tiro su col naso e caccio una lieve risata di ammarezza. Mi stacco leggermente, alzo il viso, Logan abbassa invece il suo. I nostri occhi si incontrano e dentro di me ci sono solo scintille.
Sulle sue labbra si dipinge la piccola ombra di un sorriso.

«Oh, sì. Siamo due schianti» commenta, facendomi sorridere.

«Con un Bolgheri Sassicaia invecchiato di sette anni» gli ricordo mentre una lacrima mi scappa dall'occhio e lui me la toglie via con la mano e torna ad abbracciarmi.

«Quindi sei ricco o cosa?» gli chiedo mentre il mio respiro si fa sempre più calmo. Lo sento ridere lievemente.

«Sì, ricchissimo. Prendo parte a gare clandestine in moto ogni sabato sera nei vicoli bui di San Francisco.»

La sua risposta così seria mi lascia per un secondo inebetita.

«Sul serio?»

«Nah... ma se vuoi posso comprarti del sushi, che ne dici?»

«Dico di sì» rispondo. «Lo accompagniamo con questo vino ultra costoso?»

«E un letto.»

Sollevo il viso per un istante.

«Dalla stanza da letto c'è l'angolazione perfetta per guardare i fuochi d'artificio» spiega.

E io sorrido.
Perché è stato lui a prenotare l'hotel ancor prima di partire.

***

Angolo autrice
Beh... è andata bene, no?
Cioè, è stato catastrofico, ma quanto meno abbiamo una sorta di lieto fine XD

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