6 | Sai che ti voglio bene, vero?

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CAPITOLO 6
Sai che ti voglio bene, vero?

https://www.youtube.com/watch?v=KRd4GAjoayU

Non appena nel parcheggio del campus universitario, Logan spegne il quadro elettrico della macchina e con sé anche il motore. Nell'abitacolo c'è solo silenzio, nessuna dei due ha il coraggio di dire qualcosa. O se effettivamente bisognerebbe dire qualcosa in una situazione del genere. L'unica cosa che so è il senso di colpa che sento divagare rapido nel petto fino a farmi quasi soffocare dalla vergogna.
Ce l'ho trascinato io nella mia vita e anche lì, al ristorante. Avrei dovuto semplicemente chiamare un taxi, magari avrei evitato tutto quello che è successo solo pochi minuti fa e che non riesco a togliermi dalla testa. Le immagini si ripetono all'infinito in una sorta di loop infernale.
Stento ancora a crederci... lui sopra Adrien a sferrargli tanti di quei pugni da riempirlo di sangue, ho perso il numero di quanti ne ha tirati. Troppi, questo è certo.
Logan non è così, non lo è mai stato. Anche quando c'è stato quel disguido al campus con Elias lui ha cercato in ogni modo possibile a mantenere un dialogo, non alzare le mani. Sinceramente pensavo che non sapesse usarle e non gliene avrei mai fatto una colpa. Essere uomini non significa sapere per forza saper picchiare al momento del bisogno, anzi vederglielo fare mi ha confortato per niente. Sono io quella impulsiva, quella che ha sempre tirato i cazzotti senza pensarci due volte... ma Logan, oh, no. Non è da lui.

Vedergli questa versione che non sapevo avesse dentro di sé, nelle parti più oscure del suo carattere, mi ha lasciata spiazzata, ma ancora di più è stato il comportamento di Adrien. Inutile dire che ora come ora l'idea di doverlo incontrare di nuovo mi suscita solo disgusto. Usare in quel modo il padre di Logan solo per farlo incazzare è stato un colpo veramente troppo basso di cui non credevo sarebbe mai stato capace.

Mi volto verso Logan e gli do un'occhiata, scrutandogli il profilo del viso sprofondato nel buio che avvolge entrambi.
Di spalle contro il sedile fissa un punto indefinito davanti a noi, dove non c'è niente, solo il muretto in cemento.
«Mi dispiace.»
Sono io quella a spezzare il silenzio. Il mio tono di voce è mortificato.
«Non avrei... non avrei dovuto chiamarti. Se solo non l'avessi fatto tutto questo non sarebbe mai successo» sussurro in colpa. Logan finalmente accenna un movimento. Si volta verso di me e mi guarda. I suoi occhi neri come la pece luccicano di un piccolo bagliore proveniente dalla poca luce del lampione alla mia destra.
«Se non fossi venuto chissà cosa sarebbe potuto accaderti» ribatte lui, invece, con aria contrariata e caccia un sospiro rumoroso. Con la mano destra sbucciata sulle nocche cerca la mia, me l'afferra incurante del male che molto probabilmente sentirà e la stringe forte. I miei occhi iniziano a bruciarmi di colpo.
«Io so difendermi» gli ricordo. Logan molla la testa contro il sedile e caccia un piccolo cenno di sorriso, guardandomi per alcuni istanti in silenzio.
«Non quando sei mezza ubriaca» replica. «Se fossi stata lucida, conoscendoti, avresti reagito alzando le mani come una pazza furiosa.»

Le sue parole mi fanno inevitabilmente sorridere con tristezza al solo pensiero. In automatico gli stringo la mano, appena quanto basta per non fargli del male, ma sul suo vino si disegna ugualmente una smorfia sofferente.
«Mi dispiace davvero tant-»
«Shh...» mi zittisce sul posto. «Smettila» ordina con una dolcezza disarmante che mi colpisce in pieno. Annuisco, restando in silenzio.
Poi apre la portiera, quindi stacca le nostre mani. Lo seguo a ruota e insieme ci indirizziamo verso di appartamenti studenteschi senza aggiungere altro. Quando è tempo di dividerci, entrambi ci fermiamo senza però accennare alcun movimento. Lo guardo timidamente, non sapendo che dire, se augurargli buona notte nonostante quello che è successo o dirgli un'altra volta che mi dispiace probabilmente beccandomi un altro shh da parte sua.
I suoi occhi mi scrutano silenziosamente, scavandomi fin dentro l'anima.
D'improvviso la mia mano scivola e afferra la sua, gliela stringo facendo incastrare le nostre dita e lo attiro verso l'ala est dei dormitori dove si trova la sua stanza.

«Andiamo» dico semplicemente, non volendolo lasciare questa sera, quantomeno non in questo stato. Pare come scaraventato su un altro pianeta. Non ci sono le sue solite battute, niente ammiccamenti o parole di troppo che mi fanno sempre ridere. È troppo silenzioso e non mi piace per niente.
Logan rimane muto, si limita solo a seguirmi e farmi strada fin dove vive al campus.

Quando arriviamo davanti la sua porta, lui infila la chiave, la gira e la apre, accedendo le luci dall'interruttore vicino l'entrata.
Mi ritrovo per la prima volta nella sua stanza che trovo... strana.
Le pareti sono tinte di bianco, ricoperte da diversi poster scientifici su costellazioni e scoperte varie, gli scaffali della piccola biblioteca piena zeppa di libri, alcuni perfino poggiati sul pavimento. Sulla scrivania il computer e diverse costruzioni LEGO della Star Wars. Il letto, invece, sfatto, con metà della coperta blu sulla moquette grigia.
Faccio alcuni passi dentro scrutando l'interno con aria assorta.
«Il tuo coinquilino non c'è?» gli chiedo notando che il letto dall'altra capo della stanza è perfettamente tenuto in ordine o meglio: le coperte e i due cuscini lo sono, perché sopra il materasso ci sono scatole ancora confezionate sempre di modellini da costruzione, un mucchio di libri, delle pile stampate buttate sopra e perfino delle tele ancora tenute in plastica, nuove di zecca.
«Non ho un coinquilino dalla scorsa primavera» dice chiudendo la porta. Gli do un'occhiata e lo vedo afferrare lo skateboard che stava proprio vicino all'entrata e lo poggia accanto alla pila di volumi, simil mattoni, sotto la libreria.
«Scusa per il disordine» mormora togliendosi la felpa e lasciandola cadere sulla sedia girevole della scrivania, dove ci sono un altro bel po' di vestiti accavallati gli uni sopra gli altri. Solleva le sopracciglia, sorridendo a malapena.
«Non aspettavo visite.»
«Non fa niente» rispondo e mi tolgo il cappellino e il cappotto, con essi tra le mani mi guardo in giro indecisa su dove metterli. Alla fine li poggio sul letto, accanto alle tele confezionate, poi mi giro verso di lui che trovo intento a dare una rapida sistemata al letto incurante della mano, macchiata di sangue che gli è seccato sopra.

«Che stai facendo?» gli chiedo raggiungendolo con un mezzo sorriso confuso sulle labbra. Lui si volta.
«Metto un po' a posto?» ironizza con uno strano tono di voce, sembra improvvisamente nervoso, non sembra in lui per niente. Non è in imbarazzo per trovarmi qui, nella sua... stanza che per una perfezionista come me la trovo veramente caotica, ma sembra semplicemente con la testa dall'altra parte. In automatico poggio una mano sulla sua spalla e lo fermo, quindi afferro la coperta che stava sistemando e la rimetto sul materasso al suo posto, buttando sopra i due cuscini. Logan sembra però non riuscire proprio a stare fermo. Afferra delle cose, le sposta, ne afferra delle altre e le rimette in un'altra posizione o addirittura dall'altra parte della stanza.

«Logan» lo chiamo a me seriamente confusa e preoccupata, ma non si ferma.
«Logan» tento una seconda volta. Aggrotto la fronte istintivamente. Che gli sta prendendo? Pare di colpo in cortocircuito.

Mi avvicino rapidamente verso di lui che stava per afferrare dalla scrivania due libri per portarli sui suoi scaffali già pieni sui quali non ci si può infilare un quaderno, figuriamoci due libri da cinquecento pagine ciascuno. Quindi poggio una mano sul suo avambraccio e lo fermo.
Lui improvvisamente arresta ogni movimento, gli occhi fissi in basso, di lato a lui posso vedergli la mascella serrata mentre sta cercando di trattenersi dentro qualcosa.

«Logan... ehi...» poggio una mano sul suo viso e glielo giro verso di me. Quando il suo sguardo incontra finalmente il mio che stava evitando ad ogni costo, la mia fronte si aggrotta. Ha gli occhi lucidi, gli stessi occhi che abbassa e sposta altrove pur di non lasciare che io lo veda in questo stato.
Una lacrima gli scende lungo il viso e lui la scaccia rapidamente con una mano, tirando su col naso.
«Perdonami» dice in un soffio di voce e si allontana da me subito come una scheggia. Resto immobile per alcuni istanti, spaesata del tutto. Finalmente poi consapevole che quello che gli sta accadendo è solo per colpa mia. Adrien ha toccato qualcosa di troppo sensibile per lui, suo padre.

A passi lenti, quasi temendo di spaventarlo e farlo scappare di nuovo, gli vado incontro e lo ritrovo in bagno, la porta spalancata, il rubinetto del lavandino aperto e lui che si lava le mani in un modo quasi isterico. Si sciacqua il sangue via dalla mano, si pulisce le unghie, le cuticole dove il sangue si è coagulato e si è incrostato e pare proprio di non voler andare via. Gli occhi bassi, concentrato a mille su quello che sta facendo.
Mi avvicino lentamente, gli afferro la mano sinistra e lo fermo di scatto. I capelli gli ricadono sugli occhi e paiono lievemente sudati poi però mi rendo conto che non è sudore, non lo è affatto. Ma la sua mano mano con cui, bagnata dall'acqua del rubinetto, ha provato ad asciugarsi il viso dalle lacrime.

«Logan...» lo richiamo a me, poggiando delicatamente una mano sulla sua guancia e spostando il suo sguardo verso il mio, trovandomi così davanti ai suoi occhi rossi per le lacrime. Gliene scende un'altra e in automatico gliela asciugo.
Che cosa ti ho fatto?
È l'unica domanda che mi sorge spontanea nella testa, che inizia a torturarmi.
Tu non sei questo.
Tu davanti ai problemi ridi in faccia alla vita e ci scherzi sopra, fregandotene di tutto e tutti.

Rapidamente chiudo il rubinetto accanto e poi lo avvolgo in un abbraccio, sollevandomi sulle punte dei piedi per attirarlo a me quanto più possibile.
«Perdonami» sussurra ancora come se trovarsi in uno stato emotivo del genere fosse una disgrazia per cui dovrebbe vergognarsi. L'unica a doversi vergognare sono solo io. L'ho trascinato io in tutto questo casino. È solo mia la colpa e di nessun altro, nemmeno di Adrien.
È mia.

Logan affonda il viso nell'incavo del mio collo, tra i miei capelli sciolti e avvolge le braccia intorno al mio corpo, per poi scoppiare in un pianto sommerso che mi fa tremare il cuore.
I suoi singhiozzi, il suo fiato spezzato rimbomba nelle mie orecchie, facendomi sentire uno schifo di persona, colpevole di tutto ciò che gli sta succedendo.
Lo stringo più forte a me, ancora di più e restiamo così. In piedi nel bagno della sua stanza, lui contro il mio petto, che sento sussultare copiosamente ad ogni colpo d'aria che tira nei polmoni in modo irregolare. Mi chino nelle ginocchia finché entrambi non ci ritroviamo sul pavimento. Lui tra le mie braccia, che lo stringo a me.
«I-io... io non sono questo... non.. non lo sono, io non lo sono» farnetica con la voce incrinata dai singhiozzi. Istintivamente prendo ad accarezzargli i capelli.
«Lo so...»
Provo a calmarlo.
«N-non faccio... non faccio queste cose, mi dispiace, mi dispiace t-tanto.»

Il cuore mi si stringe in una morsa feroce, tanto da farmi capire ancora di più quanto in realtà sono io, solo io, quella a dover dire che mi dispiace.
Logan tira su col naso.
«Non avrei mai voluto che... che vedessi quella parte. È... è che non ho... io non ho potut-»
«Shh... basta» lo fermo subito. Non riesco più a sentire le sue parole perché lui non deve, non deve assolutamente dire queste cose. Mi allontano un secondo, quanto basta per guardarlo negli occhi e mi stringo nelle spalle inevitabilmente nel vedere il suo viso deformato dal pianto.
«Basta.»
Gli lascio un bacio sulla fronte e alzo gli angoli della bocca. «Tu... non devi chiedere scusa, hai capito?»
Logan mi fissa con gli occhi gonfi dalle lacrime.
«Non devi» ripeto con più determinazione e lo riabbraccio forte a me, quasi a stritolarlo.
«È andata così e basta» dico stretta a lui, che ricambia l'abbraccio con tanta forza da farmi mancare a tratti l'aria.

«Non avrebbe mai dovuto nominare tuo padre» sussurro contro i suoi capelli che accarezzo dolcemente.
«Mi... mi dispiace aver reagito così... io non le faccio queste cose.»
«Lo so... lo so, Logan. Lo so» mormoro cullandolo al mio petto, il mio viso tra i suoi capelli che profumano di buono, proprio come lui.
«È stata colpa mia» ammetto all'improvviso a malincuore. «Se solo non ti avessi chiamato, tutto questo non sarebbe successo e... io davvero, mi dispiace non sai quanto, mi dispiace tantissimo.»

Sofia, sua madre, mi aveva detto che Logan è un ragazzo sensibile nonostante non voglia darlo minimamente a vedere. Suo padre è stato il suo eroe, colui che aspettava dalle missioni orgoglioso del lavoro che faceva. Essere usato in questo modo... per colpirlo e fargli del male io non me lo sarei mai aspettato da parte di Adrien.
Lo avevo capito che fosse un tantino geloso, anche prima di darci una possibilità come coppia e adesso il solo pensiero di averlo scelto come... il mio ragazzo inevitabilmente mi provoca una forte ondata di disgusto facendomi salire la nausea.
Come ho fatto a non capirlo? A non capire che tipo fosse?
Logan aveva ragione. Quando mi disse quelle cose in spiaggia, quando avevamo litigato: Adrien non è più il ragazzino che conoscevo anni fa, è cambiato e stasera ho avuto l'ulteriore conferma. Ma ancora di più... in lui stasera ho visto suo padre, lo stesso che alzava le mani su di lui e anche su sua madre. Ho avuto una sorta di dejavu, forte e violento. Mio padre, vestito poliziotto all'inizio ancora della sua carriera che esce dall'auto e va a casa sua ad arrestare suo padre e buttarlo sui sedili posteriori, più e più volte. Finché Amanda finalmente non è riuscita ad uscire da quella relazione tossica, chiedendo il divorzio, la completa custodia di Adrien e anche un ordine restrittivo.

Ogni volta che guardavo suo padre lui sorrideva beffardo al mio, consapevole che l'avrebbe passata liscia ancora e ancora. E quella soddisfazione l'ho vista stasera in viso ad Adrien e questa cosa mi ha messo i brividi.

«Che ne dici se ti disinfetto la mano?» chiedo d'un tratto, dopo diversi minuti di silenzio tombale. I singhiozzi sono terminati da un pezzo, Logan sta semplicemente tra le mie braccia, il viso nell'incavo del mio collo e le braccia che mi avvolgono il torso.
Si stacca leggermente. Con gli occhi bassi annuisce. Perciò tiro un profondo respiro e mi alzo in piedi, cercando il kit medico che c'è in ogni bagno del campus, non appena lo trovo nel mobiletto vicino lo specchio ritorno sul pavimento davanti a lui.

Apro la piccola scatoletta, prendo un batuffolo di ovatta, lo imbevo di acqua ossigenata e gli afferro la mano destra con delicatezza.
Logan la sta fissando con aria assorta. Le nocche sbucciate e rosse, il sangue che non si è ancora coagulato, i lividi tutt'intorno.
«Ehi...» lo richiamo a me per un istante. Lui solleva le pupille e mi guarda. Gli rivolgo un piccolo sorriso.
«Sai che ti voglio bene, vero?»
Non so perché glielo sto dicendo, ma voglio che lui lo sappia, che se lo ficchi bene in testa e che non se lo scordi mai, per niente al mondo.
Logan in tutta risposta si avvicina a me e poggia la fronte contro la mia, ispirando profondamente.
Lo guardo mentre il mio cuore batte piano, numerosi battiti l'uno dopo l'altro finché non sposto il viso di poco e gli adagio un bacio sulla guancia.
«Ora ti faccio da infermiera» ridacchio divertita strappandogli finalmente un piccolo sorriso a labbra chiuse. Perciò mi allontano da lui quel poco che basta e poggio il battufolo sulle sue ferite, disinfettandole e togliendo il sangue con movimenti lenti per non fargli male.
Restiamo in silenzio mentre io mi prendo cura di lui finché non prendo una benda bianca e gli avvolgo la mano, gliela fisso con del nastro che prendo dalla scatola del kit e quando finisco gli do un'occhiata, controllandolo. Rimetto a posto nella scatola ogni cosa e allontandolola da noi sul pavimento. Gli afferro entrambe le mani nelle mie.
«Ti va di mangiare qualcosa? Io sono completamente a stomaco vuoto» chiedo scrutandolo. Lui finalmente alza gli occhi e mi guarda. Annuisce. Perciò gli rivolgo un piccolo sorriso e tiro fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, ordino del sushi da asporto, delle bevande e poi quando finisco mi alzo in piedi e lo tiro per la mano, facendolo uscire dal bagno e spegnendo le luci.

Prendo il suo portatile dalla scrivania, mi siedo sul letto e lui prende posto accanto a me in silenzio.
«Ci guardiamo quel film, che dici?» gli chiedo di spalle contro i cuscini.
«Sarebbe stato più bello al cinema.»
Finalmente lo sento parlare e questo mi rincuora di scatto.
«Beh... stasera ci arrangeremo» replico e inizio a cercarlo su qualche sito di streaming. Mentre digito il titolo nella barra di ricerca Logan si trascina in basso e si rannicchia contro il mio braccio. Abbasso il viso, un sorriso che mi dipinge sulla labbra, quindi alzo il braccio e lascio che si poggi contro il mio petto, tiro la coperta accanto a noi e copro entrambi. Mi avvolge il fianco con un braccio e improvvisamente mi sento calma.
«Sai che alla cena abbiamo parlato prevalentemente di te?» ridacchio divertita cercando di tirarlo un po' su di morale e scacciare questa strana atmosfera che si è creata. Logan ha gli occhi ficcati sul desktop del PC.
«Ah... davvero?»
«Mh, mh» mugugno. «La compagna di papà ha detto che avrebbe voluto conoscerti» sorrido e finalmente lo sento accennare un breve colpo di risata che mi scalda in automatico il petto.
«Te l'ho detto che i genitori mi amano» commenta lui facendomi ridere lievemente.
«Ho detto a papà di avvisare la nonna di preparare la stanza degli ospiti per questo Natale perché verrai a casa con me.»
«Quindi non dormiremo nello stesso letto?» replica col suo solito modo di fare ammiccante. Sembra finalmente tornato il Logan che conosco. Anche se lo vedo ancora abbastanza scosso, sento che è più tranquillo. Più in sé.
«No.»
«Che peccato.»
«Scemo» ridacchio io ridendo e contagiandolo come di conseguenza. Quindi metto play sul film e alzo un po' il volume del portatile.
Torniamo in silenzio per alcuni istanti finché non è Logan a riprendere parola.
«Ronnie?»
«Mh?»
«Almeno posso dormire nello stesso letto con tuo padre?»

Eccolo. Tornato alla riscossa.
Scoppio a ridere di gusto scuotendo la testa coprendogli il viso con la mano sinistra, divertita, lui mi segue a ruota come un imbecille. Il mio amico imbecille.
Lo sento ridacchiare, togliere il braccio intorno al mio corpo, afferrare la mia mano e togliersela dal viso. O quantomeno era ciò che credevo. Invece se la porta alle labbra e ci lascia sopra un piccolo bacio.
Il mio cuore rallenta, talmente tanto che faccio fatica a sentirlo ancora battere. Inevitabilmente sposto gli occhi dal computer su di lui, sulla sua chioma scura scompigliata e morbida. Con la stessa mano che lui ha baciato, la poggio sui suoi capelli e prendo a giocarci lentamente e per un attimo resto del tutto imbambolata, ipnotizzato da lui.
Non c'è più nessun film, nessun rumore. C'è solo Logan sulla mia pancia, il suo profumo e i battiti del mio cuore che riecheggiano contro la cassa toracica solo per lui.

E forse è proprio questo il momento esatto in cui mi rendo conto di qualcosa che ho provato a non accettare a tutti i costi. Lo percepisco finalmente. Lo sento fin dentro le ossa.
Quello che provo per lui è più grande e nettamente più intricato rispetto alla sola amicizia che ci unisce. Gli voglio bene, tanto, troppo bene. Una qualsiasi altra persona stasera davanti a quella scena, a lui sopra il... proprio ragazzo, sarebbe intervenuta, sì, questo è vero, ma di certo si sarebbe schierata dalla parte di quello che le ha prese talmente tanto che stava stecchito per terra grondante di sangue.
Io ho scelto invece Logan. L'ho scelto anche quando abbiamo litigato in spiaggia. Fra tutte le persone che conosco qui a San Francisco io sceglierei lui comunque vada e questa cosa, questa consapevolezza, mi spaventa a morte.

Siamo così diversi noi due. Quando ci siamo incontrati ho rifiutato categoricamente ogni suo approccio e lui alla fine ha capito che non siamo fatti l'uno per l'altra, che io voglio ben altro e che lui invece non potrebbe mai, perché non si è mai innamorato e di certo non sta nei suoi piani sposare una ragazza per portarsela a letto, per lui il rispetto viene prima di tutto. L'ho capito anche a tavola con la sua famiglia, a casa sua.
E nonostante io l'abbia sempre visto come un tipo pieno di sé, con la battuta sempre pronta e che non stava per niente nelle mie preferenze perché io cerco qualcuno più calmo e temprato... sto iniziando a guardarlo in modo diverso, sotto una luce diversa. O forse è solo il bene che gli voglio che si sta intensificando. Sicuramente sarà questo.

Io ho scelto Adrien e si è scoperta una scelta azzardata che mi ha lasciata spaesata, col cuore nuovamente a pezzi. L'ho scelto perché provo qualcosa per lui, l'ho sempre provato da quando quella volta a dodici anni mi ha preso sulle spalle perché mi ero slogata la caviglia e si è fatto ben due chilometri a piedi per riportarmi a casa. Ma quelli sono ricordi di una vita ormai passata e lontana.
Questo, invece, è il presente e nel mio presente, qui proprio adesso, io ho trovato Logan.

Senza aggiungere più niente, ci guardiamo il film in attesa del cibo d'asporto.
La mia mano tra i suoi capelli e lui con la testa su di me.
I brutti pensieri scompaiono tutti, uno ad uno fino all'ultimo. Finché non rimane più niente a tartassarmi la testa che sento improvvisamente più leggera come il mio petto.

***

Angolo autrice
Posso dire che vedere Logan piangere mi ha lasciato un po' scossa?
È stato stranissimo. Non so.

Sì, ma adesso vogliamo parlare per caso delle sue collezioni della LEGO Star Wars? Ahaha Logan è un nerd.
Non ci posso credere.
Insomma quando nel primo volume ha iniziato a citare battute del Trono di Spade pensavo fosse una cosa così, ma adesso con i LEGO sto a crepare dalle risate.

Logan. One of us.

DAJEE AHHAHAH

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