14 | Schifosamente... tu

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CAPITOLO 14
Schifosamente... tu

«Mojito!» esclama Ethan apparendo dalle mie spalle dove c'è il bancone del pub in cui mi ha trascinato per la milionesima volta. «Analcolico, perciò bevilo e non fare storie così smetti di lamentarti che io voglia farti ubriacare» dice e si siede davanti a me sulla sua poltroncina nera in rattan.
Gli rifilo un'occhiata contrariata.
«E non lo fai?» chiedo.
Lui sorride e beve un sorso del suo Old Fashioned. «Solo perché quando sei ubriaca o fatta in generale fai ridere.»

Scuoto la testa con dissenso, prendo il mio cocktail e lo porto alla bocca. Ne bevo un un po' mentre mi guardo in giro.
Non è un posto nuovo, ma oserei dire il solito dove Ethan e io andiamo il fine settimana dopo aver finalmente terminato il turno di sabato sera al Pink Ocean, stremati e in cerca di un po' di relax.
Il mio relax però finisce sempre con io che lo trascino fuori fradicio di alcol dopo che lo strappo via dalla sua ennesima fiamma che vuole portarselo in giro per farci chissà cosa.

Anche se un uomo trentenne, Ethan può sempre finire in Dio da solo quali mani o direttamente al mercato nero russo, nonostante a lui non freghi niente perché "l'amore è amore".
Certo.
Proprio così: un tizio ambiguo che vuole portarti a casa sua mentre tu a tratti sbatti contro il cemento del marciapiede è amore.
Ho visto abbastanza puntate della serie Netflix su Jeffrey Dahmer da perdere ufficialmente la fiducia nelle persone e finché Ethan è ubriaco morto con me nei paraggi nessuno lo sfiorerà con un solo dito perché sono capace di staccarglirlo e usarlo come collana per i riti satanici in cui lo sacrificherò a Lucifero come vendetta, non prima di avergli sezionato le palle direttamente sull'altare e soprattutto senza alcuna anestesia.

«La pianti di prendermi in giro?» gli chiedo cortesemente riferendomi alla sua battuta. Lui prende una nocciolina dalla ciotola posta sul piccolo tavolino basso in vetro e me la lancia contro.
«Mai» fa con gli occhi ridotti in due fessure. «E poi quando bevi o fumi erba fai delle cose strane. O sei arrapata e provi a strusciarti contro gli idranti — sbarro gli occhi — oppure i tuoi neuroni si spengono completamente e finisci in un mondo tutto tuo.»
Inevitabilmente mi ricordo dei cinque muffin alla marijuana a casa di Nicholas. Mi aveva detto che ero così fatta da credere di star combattendo contro un personaggio fittizio di Harry Potter.
«L'ultima volta, hai fatto lo sgambetto a un bambino, gli hai rubato la bici e sei scappata via ma per pochi metri, perché ti sei ribaltata. Ho detto alla madre che sei Down per non farti arestare.»

Cerco di guardarlo di traverso, ma non ci riesco e scoppio a ridere mentre sposto gli occhi sulla gente che abbiamo intorno. Fortunatamente non ci sono tante persone e questo vuol dire poco chiasso e confusione. Almeno non tornerò a casa con il mal di testa, l'unico lato positivo.
Siamo all'aperto, sotto i piedi un rivestimento in erba sintetica, intorno una recinzione carina in legno. Somiglia vagamente al gazebo del Pink Ocean, ma questo è sprofondato in fioche luci blu e viola che rendono tutto più notturno, in perfetto stile Malibu, il che fa bene anche alla retina dei miei occhi già abbastanza affaticata per oggi sotto le intermittenti luci a tremila watt del locale in cui lavoriamo.

Ethan è vestito con la camicia e il gilet nero, io invece ho un paio di pantaloncini da uomo che arrivano alle ginocchia, una t-shirt grigia della Hard Rock Cafè e le mie comodissime Jordan rosse.
A vederci dall'esterno sembriamo letteralmente due poli opposti che non hanno niente in comune, ma noi due nonostante tutto stiamo bene insieme e ci basta così.
Lui con la testa tra le nuvole, io quella che lo tiene legato alla terra per non perderlo oltre la stratosfera nello spazio.

Ora che lo guardo mentre prende delle noccioline e prova a lanciarle in aria per beccarle in bocca riuscendoci con maestria, con un sorriso stanco dalla giornata di oggi, realizzo che è lui il mio vero miglior amico. Quello che ho aspettato da una vita e che dovevo semplicemente fare tanti piccoli falsi per incontrare non solo per il modo in cui ci siamo conosciuti, ovvero nella fase peggiore della mia vita dopo quella della morte della mamma, ma anche per la differenza di età.
La nostra è un'amicizia genuina, fatta di battute idiote. Lui che mi pizzica ogni volta per darmi fastidio e io che lo guardo male e gli lancio qualche sberla. Lui che si comporta come un tredicenne, io che sembro a tratti sua madre quando lo riprendo per le stronzate che combina. Lui che vuole ubriacarsi e io che prima lo porto al camioncino di fast-food per fargli mangiare qualcosa così non vomita nelle siepi dei locali.

È incredibile come stare lontano da qualcuno, da certe persone, ti faccia vedere la realtà dei fatti in maniera talmente oggettiva e obiettiva. Non l'avevo mai capito quando frequentavo Adrien o Logan, forse perché per entrambi ho provato qualcosa, ma per Ethan provo solo uno sconsiderato amore fraterno, viscerale probabilmente e non mi fa paura perché gli voglio troppo bene per scappare via intimorita da un sentimento del genere.

«Apri!» mi fa lanciandomi la nocciolina contro. Fulminea mi avvicino, la prendo in bocca e lui alza i pugni in aria euforico.
«E... canestro!» ride divertito contagiandomi.
«Aspetta, turno mio...» prendo una nocciolina e gliela lancio. «Vai!»
Lui si sporge indietro e la becca eccome come al solito. È troppo bravo in questi giochetti idioti.
«Domani andiamo in barca?» chiede dopo aver fatto altri lanci con le noccioline.
«A pescare?» chiedo mentre bevo un sorso del mio analcolico e cerco di non ridere e strozzarmi.
«Pensavo piuttosto a fare dei tuffi. Sai che ho noleggiato delle tute da sub con bombole di ossigeno?»
Aggrotto la fronte.
«Tu hai fatto cosa?» scoppio a ridere sotto i baffi abbassando il viso verso il bicchiere che reggo in mano rischiando di finire dentro col naso e ispirare il Mojito.
Ethan annuisce tutto felice.
«Centoventi dollari per una giornata intera» dice e poi ci indica. «Tu ed io, domani scendiamo di sotto baby e facciamo le carezze ai delfini» gesticola con una mano in un modo a dir poco volgare tanto che gliela schiaffeggio rapida come una scheggia per farlo smettere immediatamente. Con gli occhi sbarrati mi guardo in giro e poi guardo lui che se la ride di gusto.

«Ma sei fuori di testa?!» cerco di fare la seria ma non posso che ridere perché non ce la faccio ad essere matura quando quello che dovrebbe esserlo non lo è affatto.
«Che c'è? Sai che i delfini quando si incontrano, sfregano i loro peni per dirsi "ciao"?» fa con un sorrisetto da completo deficiente in faccia. «Probabilmente io discendo dai delfini...» commenta con aria pensierosa.

Mi lascio cadere contro lo schienale della poltrona e mi copro il viso con una mano.
«Ethan la vuoi smettere perché la mia mente, anche se non lo voglio affatto, si immagina scene che non vorrei immaginare per niente. Perciò smettila o giuro che ti lancio quel vaso — indico alla destra, accanto a un altro tavolo occupato da due ragazzi e una ragazza — in testa così te la rimetto in sesto!»
Lui se la sghignazza e beve il suo Old Fashioned con un'espressione complice in faccia.
«Fra i due, chi è più dotato? Io o-» prendo una nocciolina e gliela lancio contro.
«Ethan!» esclamo ormai esasperata.

Aspetta un secondo...
Corruccio d'improvviso la fronte e torno con lo sguardo verso destra. Stringo gli occhi e resto di stucco, completamente incredula.
«Oh, ma dai... È uno scherzo o cosa?» mi lamento non potendo fare altrimenti.
Ethan segue il mio sguardo e fa una smorfia divertita.
«È il destino, streghetta.»

Mi giro di scatto su di lui e lo trancio di netto con un'occhiata velenosa.
«Ma che schifo» replico mimando un conato di vomito. «Che diavolo ci fa lui qui?!» gli chiedo stizzita indicandolo con una mano. Il sangue mi va tutto nel cervello.
«Vai a parlagli. Il destino lo richiede.»
«Ethan, ma taci ché ti mollo un cazzotto in faccia.»
«Ma cosa ho fatto?» alza le mani all'aria e poi mi fa gesto con la mano di andare da lui. Colui che mi ha visto ubriaca, vomitata addosso, fatta di marijuana e che mi ha anche rubato le mie patatine all'Jalapeño.
«No» sibilo contrariata. «Dopo la seconda volta a casa sua ne ho abbastanza» sbuffo come un toro inferocito.

«Dopo che gli hai colorato di rosa i vestiti?» ride Ethan.
«Che c'è? Se l'è meritato quel grande idiota! E smettila di guardare in sua direzione, se non mi vede è meglio. Non lo voglio tra i piedi, magari fra poco se ne va a fanculo insieme alle sue tremila camicie!» lo guardo di sfuggita e mi volto verso Ethan.
«Tu e quel tipo potreste tranquillamente fare a gara di chi ha più camicie. Non hai visto il suo armadio...» mormoro con dissenso. «Le ha messe in ordine di tessuto, colore e stile» numero sulle dita e schiocco la lingua contro il palato.

«Lui è un poliziotto maniaco del controllo e tu una perfezionista che otto mesi fa fumava erba sul retro e sfamava Pipistrello» dice riferendosi al gatto nero che vive accanto ai bidoni dell'immondizia.
«Pipistrello mi ama perché gli do il prosciutto migliore, è un gatto col palato gourmet. E poi, che c'entra? Perché mi metti a confronto con quel cazzone di Nick? Non mettermi in una stessa frase con lui.»
Ethan sbatte teatralmente le ciglia.
«Ma se solo qualche settimana fa volevi portartelo a letto e sei andata a quella cena!»
«Perché volevo solo scopare ma poi ho scoperto che soffre di qualche strano trauma dall'Afghanistan, quindi è meglio stargli alla larga. Magari quando si incazza sul serio prende e mi spara alle gambe o che diavolo ne so... si mette su un palazzo e mi ficca un proiettile nel cranio con una carabina» dico sovrappensiero per qualche istante.

Se si mettesse con una carabina, siccome deve stendersi sul petto, indosserebbe sempre una delle sue camicie o finalmente porterebbe degli abiti normali? Mhm...

«Fanculo. Adesso vado lì e chiedo spiegazioni prima che mi veda e venga da me. Almeno se gli rompo le palle per prima, si incazzerà e non mi darà fastidio.»

Mi tiro in piedi come una scheggia e non do il tempo a Ethan a fermarmi, riesco solo a sentire "Non fare la matta schizzata".
Quello schizzato è lui, il tizio che raggiungo con il mio Mojito in una mano, tiro la poltrona e prendo posto accanto a lui con un tonfo strafottente. Lui alla mia vista resta di sbieco.

«Ciao, Nicholas» lo saluto con un falso sorriso di buoni convenevoli. «Che cazzo ci fai tu qui e perché ovunque io mi giri ti trovo tra di piedi? Fammi capire...» tiro di più la poltrona vicino alla sua con dei piccoli saltelli a cui alla vista lui cerca di non ridere. «Devo chiedere un ordine restrittivo oppure salto tutte le pratiche legali e ti mollo un colpo alla trachea tanto da spingerti oltre lo zero assoluto, creare una singolarità e trasformati in un buco nero che farò esplodere con la forza del pensiero dopo aver rubato le Gemme dell'Infinito a Thanos?» chiedo mentre gli do un'occhiata, pronta per mollargli un pugno alle palle.
Dopo tanto tempo finalmente veste una semplice t-shirt bianca, un paio di jeans e scarpe da ginnastica. Lo indico come di conseguenza.

«Hai sbloccato una nuova skin del tuo inventario di outfit e stasera hai deciso di lasciare "Nick Old Money" a casa?» chiedo.
Lui in tutta risposta solleva le sopracciglia e mi fissa in uno strano modo, come se mi stesse vedendo per la prima volta in vita sua, come quella volta che l'ho beccato al Pink Ocean a fare cerchi con il dito sul tavolo.
«Che c'è? Hai visto per caso una nuova forma di vita extraterrestre? Dov'è? Così gli chiedo un passaggio per prendere il tuo culo e spararlo nella galassia di Andromeda così non ti trovo mai più a consumare il mio stesso ossigeno» dico.

«Vorrei ricambiare il saluto, ma hai detto talmente tante cose che adesso sarebbe fuori contesto, ma ti posso dire "Buona sera"» sorride.
Oh, mio Dio...
Mi lascio cadere ancora di più contro la poltrona con un lamento esasperato.
«Anche senza la forza ancestrale delle camicie sei schifosamente... tu....» lo indico con una mano e prendo in automatico un sorso del mio Mojito mentre do un'occhiata ai suoi due ospiti al tavolo.
Un ragazzo con i capelli biondi e abbastanza rasati, mento spigoloso e faccia che puzza di sbirro da chilometri di distanza. L'altra ragazza, invece, ha i capelli castani sciolti sulle spalle ad onde. Entrambi sembrano suoi coetanei.

«È una tua amica?»
Il biondo, piuttosto divertito, mi indica a Nicholas per poi allungarmi una mano che guardo con una smorfia in viso.
«Tyler Whedon» si presenta e indica la tipa accanto. «E lei è la signora Whedon: Edith, mia moglie. Tu, invece?»

«Hannibal Lecter» gliela stringo.
Tyler rimane confuso ma poi scoppia a ridere e mi indica di nuovo come se fossi un animale in esposizione a uno zoo degli anni venti. «Mi piace!» esclama.
Edith mi rivolge un sorriso cercando di rimandare indietro la risata che sta trattenendo e mi alza una mano.
Per cortesia le faccio un cenno di testa e mi volto di scatto verso Nicholas, accedendo alle mie competenze professionali nel Curriculum vitae che ho inviato a Satana settimana scorsa.

Scivolo lievemente di spalle contro la poltrona e afferro i braccioli con le mani.

«Se alzo così il piede» dico sollevando la gamba verso di lui che mi guarda in silenzio. «Ti posso mollare un calcio sfidando la forza gravitazionale di Newton e farti attraversare la stratosfera senza l'uso di ossigeno liquido e Kerosene RP-1. Vuoi vedere?» gli chiedo sbattendo teatralmente le ciglia.

Nicholas, come se fosse la cosa più normale da fare, mi afferra le gambe, se le mette sulle cosce e con uno strattone tira la poltrona su cui sto seduta più vicino finché non gli sbatto contro.
«Avanti, voglio proprio vedere che mi farai adesso» alza gli angoli della bocca mentre lo fisso presa completamente di sprovvista. Va bene, questo... questo non lo avevo messo in considerazione.

***

Angolo autrice
Io sto male ahaha vabbè innanzitutto adoro Ethan, personaggio preferito sbloccato. Poi adoro Ronnie che combina stronzate quando si ubriaca.

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