13 | Marshmallow

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CAPITOLO 13
Marshmallow

Mi avvicino rapidamente allacciando i lacci delle scarpe perché rischio di inciampare e poi mi tiro su e gli strappo il cellulare dalla mano guardandolo male.
«Potevi darmelo prima, non ti pare?!»
Gli volto le spalle e raggiungo il mio zaino.
«Non me l'hai chiesto. Non leggo nel pensiero.»
Replica dietro di me. Butto lo zaino sulle spalle e mi giro verso di lui infervorata.
«Non me ne frega niente» sibilo e do un'occhiata al cellulare. Sono le 9:12 di mattino. Merda, se corro posso arrivare ancora in tempo e fare il mio lavoro.

«Cazzo... Maddy proprio adesso doveva andare in ferie» mi lamento e metto il cellulare nella tasca della felpa. Afferro l'elastico che ho al polso, e mentre avanzo verso la porta d'ingresso mi lego i capelli nel peggior modo possibile ma fa niente. Improvvisamente la vista mi si appanna, quindi mi fermo di getto.
Merda.

Mi giro, torno indietro al tavolo dov'è Nicholas, lo guardo male e gli strappo la tazza col caffè dalla mano. Ne bevo un lungo sorso. Magari la caffeina aiuta il giramento di testa perché di questo passo credo che mi schianterò sul marciapiede prima ancora di raggiungere il Pink Ocean.

«Che diavolo è successo ieri sera? Abbiamo fatto sesso? O mi hai ripescata di nuovo dall'immondizia?» chiedo frettolosamente e prendo un biscotto integrale di merda e lo inzuppo nel caffè, ficcandolo in bocca. Ho fame, tanta, tantissima fame. Incredibilmente fame.
Poi mi ricordo che ho le mestruazioni, perciò il sesso non è fattibile.

«Dovevi lasciarmi lì. Non lo voglio il tuo cazzo di aiuto» gli punto il biscotto contro prima di infilarlo in bocca e prenderne un'altra dalla confezione. Mando giù un altro po' di caffè e mi sporgo verso la vetrata che dà sugli edifici del quartiere. Perché diavolo fuori sembrano le sei o le sette di mattino?

Mando giù il boccone, metto il biscotto in bocca e riprendo il cellulare controllandolo di nuovo.
«Ma che diavolo...» mormoro con il biscotto tra i denti e ritorno con gli occhi sulla finestra. Con una smorfia di confusione guardo il cielo abbastanza scuro e il sole che sta ancora per sorgere, è appena sulla linea di orizzonte.
Sono finita in un realtà parallela o qualcosa del genere?
Torno con gli occhi su Nicholas che mi sta fissando in silenzio.
No, lui esiste ancora perciò è impossibile.

Abbasso gli occhi sul cellulare, scorro la barra del notifiche e l'occhio mi cade alla notifica del meteo di oggi: 36 gradi Celsius, città di... Guatemala?
Ma che diavolo...
Perché ho il fuso orario impostato su Guatemala?

Il biscotto dalla bocca mi cade nella tazza che reggo sotto il viso.
Punto gli occhi su Nicholas.
«Perché sei qui?» chiedo e rimetto il cellulare a posto.
«Nella mia casa?» chiede a sua volta.
Riduco gli occhi in due fessure capaci di tranciarlo di netto e ficco le dita nella tazza, afferrando il biscotto prima che si sciolga nel caffè. Me lo porto in bocca e lo mastico silenziosamente.

«Che diavolo è successo? Perché ho il fuso orario su Guatemala? Mi hai fatto qualcosa? Dove mi hai portata? Mi hai rubato un rene? Che ore sono in realtà? Sono finita nel nultiverso? Gli One direction sono ancora una band? E tu chi sei?» mi avvicino a lui pronta per prenderlo a cazzotti in faccia. Aggrotto improvvisamente la fronte. Ah, no, l'ultima domanda non era necessaria.

Lui fa per aprire bocca ma lo fermo sventolandogli ma mano davanti.

«No, no, non farlo. Non parlare, questa volta non voglio sapere niente. Ho l'emicrania e non voglio sentire la tua voce altrimenti ti picchio con questa tazza» dico, mi sfilo lo zaino, mi butto sulla sedia davanti a lui e lo apro afferrando il barattolo di Nutella e i marshmallow.

Tolgo il coperchio bianco, ficco un dito sulla carta di sigillo dorata, la tolgo strappandola in malo modo e prendo un marshmallow, lo metto nella Nutella e poi in bocca.
Con i gomiti sul tavolo mangio senza dire più niente. Sono troppo stordita e spossata da qualunque cosa io abbia combinato ieri sera.

Nicholas intanto si alza, si versa un'altra tazza di caffè e torna seduto.
Prendo un altro marshmallow, lo metto nella Nutella e poi di nuovo in bocca.
«Che c'è? Che hai da guardare?» sbotto quando lo becco a fissarmi.
«Niente» fa e allunga una mano per prendere un biscotto ma rapida gli rubo la scatola.
Lo guardo male, la avvicino a me, ne prendo uno e lo metto nella Nutella per dargli un vero gusto perché così non sa di niente e io ho bisogno di carboidrati altrimenti credo di svenire fra qualche secondo.
Nicholas lascia perdere, beve un sorso del suo caffè e controlla un documento che aveva accanto.

Mangio senza aggiungere altro e finisco col fissarlo in silenzio. Si porta la tazza di nuovo alla bocca, gli occhi bassi sul foglio e più lo guardo più resto imbambolata. Con fastidio, oserei dire perché io sembro una tossicodipendente fuggita da una pattuglia della polizia.
Vestito così talmente raffinato, il modo in cui si muove con una delicatezza per niente tipica dei soldati. Gli occhi bassi, il caffè in mano, le gambe poste accanto il tavolo e non sotto, l'una accavallata sull'altra. I capelli tenuti in ordine sui lati, il ciuffo invece leggermente scompigliato e le maniche della camicia tirate come sempre in su.
Cristo, è così...

Improvvisamente solleva gli occhi e finiscono nei miei. Poggia la tazza sul tavolo e riprende a leggere.
«Questa volta non provi a lanciarmi qualcosa contro?» chiede con aria assorta sul documento.

Mastico e mando giù il marshmallow.
«Dopo. Adesso ho fame» dico con un gesto della mano e afferro un altro biscotto.
Lo vedo sorridere appena nell'angolo della bocca.
«Vorrà dire che aspetterò.»
Sbatto teatralmente le palpebre e lui mi guarda.
«Posso avere un biscotto?» allunga una mano sul tavolo. Tiro la scatola più vicino a me.
«No.»
«Ma sono miei.»
In automatico poggio una mano sulla scatola.
«Sono miei adesso. Li ho appena rivendicati.»
Nicholas mi rifila un'occhiata silenziosa.
«Pensavo ti piacessero di più i muffin alla marijuana» commenta.

D'istinto alzo un sopracciglio.
«Che?»
Lui annuisce e beve un altro sorso del suo caffè. «Ieri sera ti sei mangiata dei muffin che avevo sequestrato alla festa di una confraternita.»
Resto di sbieco.
«Dovevo portarli in Centrale. Ora non potrò più farlo, nonostante avessi già segnalato la cosa al mio supervisore. Quindi cosa faccio? Dico che una ragazza con il ciclo me li ha mangiati o che è stato il cane che non ho affatto?» mi guarda.

Oh... questo spiega molte cose...

«Porta quelli che sono rimasti, no?» chiedo con fare ovvio e infilo il biscotto in bocca.
«Hai mangiato tutto» alza gli angoli della bocca per niente felice.
«E tutta colpa tua» dico semplicemente. Lui solleva le sopracciglia con fare stupito.
«Mia?»
«Sì, tua. Non avresti dovuto portarmi qui ma a casa mia. Avevo un Uber, ricordi? Se mi sono drogata con i tuoi muffin è solo colpa tua. Quindi spero ti andrà veramente di merda così la pianti di girare con la tua divisa a impartire ordini e rompere le palle agli studenti delle confraternite» gli sorrido quanto più falsamente possibile.

«Più che drogata, sembravi avessi bevuto trenta energizzanti» commenta nonostante tutto.
Faccio una smorfia confusa. Nicholas caccia un cenno di risata e annuisce.
«Ti sei messa a dire che Voldemort ti ha battuto, Hogwarts è perso e poi hai sbattuto di faccia contro un muro dopo che ti sei messa una coperta in testa pensando che fosse un mantello dell'invisibilità. I mantelli dell'invisibilità non attraversano la materia, lo sapevi?» fa un con sorrisetto.

Oh, merda.

«Beh... ora lo sai» dice e beve un altro po' del suo caffè.
«La prossima volta che ti fai di cinque muffin alla marijuana, perché non provi a combattere i terroristi anziché un personaggio immaginario di un libro fantasy per bambini?»
«Perché i terroristi si fanno esplodere in aria già da soli» replico con fare ovvio.

Nicholas mi guarda, annuisce con un sorriso appena accennato e ripone la tazza davanti a sé mentre io mi accascio di testa sul tavolo e chiudo gli occhi con la fronte nascosta nel gomito.
«Devo smetterla di svegliarmi nel tuo appartamento dopo che mi ubriaco o mi faccio di droghe» mormoro sconsolata.

«A me non dispiace.»
La sua risposta mi lascia stranita, quindi apro gli occhi e sollevo di poco il viso. Sta leggendo il documento. Si ferma e mi guarda.
«Quando ti svegli sei quasi sempre mezza nuda» sorride beffardo.
Gli lancio un'occhiata di traverso.
«Magari la terza volta lo sarai del tutto» fa con fare vago lasciandomi una lunga e intensa occhiata.

È così strano. Trovarmi qui, immersa nella luce delle sole lampade appese alle pareti che illuminano poco il soggiorno, mentre fuori il sole sta ancora cercando di sorgere e San Francisco che deve ancora mettersi in moto. Con lui.
Riduco gli occhi in due fessure, lo guardo per alcuni secondi e poi afferro un marshmallow e glielo lancio addosso facendolo ridere. Che imbecille.

«Vaffanculo, Nick» mormoro e giro la testa dall'altro lato, chiudo gli occhi e resto così. Mi serve un altro po', solo qualche minuto affinché i postumi della fame chimica e la spossatezza possano passare, così come le piccole fitte al ventre con cui mi sono svegliata e ho provato a ignorare.

«Perché non vai a dormire?» sento chiedere d'un tratto.
«Non ho bisogno di dormire, fra poco devo andare a lavoro. Tu, no?»
«No, ho il turno pomeridiano.»
«Allora stai zitto e lasciami riposare per qualche minuto» replico senza muovermi. Poi aggrotto d'improvviso la fronte. Alzo di poco la testa.
«Tu hai il turno pomeridiano» ripeto incredula.
Nicholas annuisce.
«E che ci fa qui? Perché fai una cosa tipo... dormire fino a mezzogiorno?» scuoto la testa con fare teatrale.
«Perché fra poco vado in palestra, mi alleno quattro ore, pranzo e poi vado a lavorare.»

Rimango a fissarlo per niente stupita da questo suo programma da pazzo con le manie di controllo e disciplina, dopotutto era un soldato e adesso fa lo sbirro.
«In palestra ci vai vestito così? Non ti picchiano in faccia con i pesi?» lo indico con l'indice.
Lui sorride divertito, poggia un braccio sul tavolo e l'altro su quest'ultimo.
«Sono vestito così perché di mattino alle cinque vado al porto, a prendere cose fresche al mercato del pesce. Dovresti provarci anziché dormire fino a mezzogiorno. È stimolante.»

«Il pesce?» chiedo inebetita. Lui mi guarda per alcuni secondi, aggrotta la fronte per poi ridere.

«Che ho detto?» scuoto la testa non capendo cosa ci sia di talmente divertente.
Nicholas mi fissa e scuote la testa a sua volta, liquidando la cosa con un gesto di mano, afferra la tazza e ne prende un sorso.
«E dov'è il tuo pesce?» chiedo quindi.
«Mhm?» mugugna sollevando di scatto gli occhi e quasi strozzandosi col caffè.
Ma che gli prende?

«Quello che hai preso oggi mattino, al porto. Dov'è? O forse ci vai solo per sfoggiare il tuo outfit ma alla fine non compri mai niente?» mi spiego meglio perché tra i due lui sembra quello più cerebroleso.
«In frigo» risponde e mi giro in direzione di questo.
«Sei un ex soldato di ventisette anni, cucini, ti vesti così - lo indico con un dito - e vai al mercato del pesce alle cinque di mattino. C'è qualcosa che non va in te, lo sai?» gli dico sovrappensiero.
«Perché?»
«Perché sei single» rispondo senza peli sulla lingua.
Nicholas annuisce, abbassa gli occhi sul tavolo per un istante e tira su l'ombra di un sorriso.
«Vuoi chiedermi perché s-»
«Sei un serial killer psicopatico che manipola le sue vittime, le conquista la fiducia e poi le porta a casa sua un paio di volte finché non arriva il giusto momento per strangolarle?» lo interrompo.

Lui aggrotta la fronte ridendo appena.
«Cosa? No. Certo che no.»
«È quello che direbbe un serial killer.»
«Ti sembro un serial killer?»
«Mi sembri tremendamente composto, a parte quella volta in cui mi hai cacciata via. Magari dopo la cena intendevi uccidermi e hai usato una scusa come "mi hai ferito sul personale" perché ti sarai ricordato che mio padre è un poliziotto e che se mi uccidi lui alla fine si metterà sulle tue tracce considerando che anni fa ha risolto un caso di diversi omicidi che nemmeno l'FBI con i suoi agenti idioti erano riusciti a risolvere.»

Nicholas resta in silenzio per alcuni istanti.
«Va, bene...» alza le mani in aria in segno di resa. «Sono un serial killer... mi hai beccato» fa d'un tratto.
Sbarro gli occhi.
«Ah-ha! Ti ho beccato!» gli punto un dito contro.
«Ma mai così serial killer come lo sei stata tu con i miei vestiti. Sono diventati rosa. Rosa» sbatte lentamente le ciglia con una faccia seria e colma di dissenso.

Istintivamente caccio una piccola risatina non appena mi ricordo quello che ho fatto prima di drogarmi con i muffin.
«Non so di cosa stai parlando...» alzo le spalle, mi tiro in piedi con le mani in aria e afferro il mio zaino.
«Davvero non lo sai?»
«Mhm... No.»
Prendo la busta di marshmallow e ne metto uno in bocca indietreggiando con una faccia da poker.
Lui di alza in piedi e mi fa segno di avvicinarmi.
«Potresti tornare qui e farmi gentilmente le tue scuse? Quella camicia l'ho pagata ben novanta doll-»
Lo interrompo perché gli lancio un marshmallow contro. Abbassa gli occhi, lo guarda sul pavimento, li rialza su di me e io in tutta risposta gliene lancio addosso un altro.
«Perché invece di lamentarti non la indossi? Magari il rosa ti dona» ficco un altro marshmallow in bocca e sorrido beffarda.

Nicholas mi guarda male.
«Aspetta!» alzo un indice e mi avvicino, prendo un marshmallow e lo metto ad altezza del suo viso, di lato.

«Mhm...» faccio con aria pensierosa, guardando prima l'uno e poi l'altro.
«Sai che in realtà il rosa sta bene con i suoi occhi azzurri? Ecco, problema risolto e i novanta dollari non sono sprecati.»
Sorrido e metto il marshmallow in bocca, lo mastico, gli faccio un occhiolino e giro i tacchi, andando verso la porta d'ingresso.

«Metti la camicia al tuo prossimo appuntamento a lume di candela, Nicholas! Vedi che farai un figurone!» dico ad alta voce, alzando una mano a mo' di saluto, prima di chiudere la porta alle mie spalle.

***

Angolo autrice
Sì. Molto interessante.
Mhmm 👀

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