43 | Vuoi venire nella mia macchina?

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CAPITOLO 43
Vuoi venire nella mia macchina?

https://www.youtube.com/watch?v=7yW_uJOpxww


Sollevo una mano, non appena lo scorgo da lontano avanzare e guardarsi in giro alla mia ricerca.
Seduta a un tavolo di un locale non tanto lontano dal nostro quartiere, berretto della Lakers in testa, felpa nera e pantaloni sopra le ginocchia, gli ho detto di incontrarci qui per un istante siccome dovevo parlargli di una cosa importante e lui alla fine è venuto. Anzi, era anche piuttosto sorpreso dal mio invito. Lo sono anche io onestamente, ma non potevo fare altrimenti. Discutere di questa cosa a casa sua era fuori discussione perché ogni volta che metto piedi in quel appartamento puntualmente ci ritroviamo senza vestiti addosso, quindi stare in pubblico è una buona, se non ottima, altra opzione. L'unica.

Vestito con la solita camicia, il look Old Money, il passo deciso ed elegante, oggi indossa un paio di occhiali da sole che toglie mettendo al colletto della camicia non appena prende posto davanti a me.
Punta gli occhi azzurri nei miei, un sorrisetto beffardo gli si disegna sulle labbra e io resto imbambolata a fissarlo per non so quanto tempo.
I capelli sono perfettamente in ordine come sempre, con una ciocca che gli scappa dal ciuffo e gli ricade sulla fronte mentre la barba è leggermente accennata. Le pupille cadono per qualche istante sulle sue labbra e deglutisco pesantemente. Merda.

«È un appuntamento?» spezza il ghiaccio, sollevando le sopracciglia divertito. Fortunatamente a quest'ora non ci sono molte persone nel gazebo del locale. Sono le sei di sera e ho scelto questo orario per una buona ragione, ovvero parlare tranquillamente di qualcosa di veramente poco ortodosso: il mio piano a detta di Ethan catastrofico.

«No» rispondo.
«E... cos'è?» chiede dando un'occhiata alle mie spalle.
Esito per alcuni istanti, prendo un profondo respiro e poggio i gomiti sul tavolo circolare bianco sporgendomi verso di lui che aggrotta come di conseguenza le sopracciglia.

«Tu vieni a cena con me.»
Non è una proposta, bensì un ordine.
Nicholas resta visibilmente stupito ma alla fine sorride semplicemente.
«Va bene. Quando?»
La sua risposta così positiva mi inceppa di colpo i neuroni. Oh, merda.

«No, no, non con me, non con me» mi indico. «Cioè non solo con me» aggiungo rapidamente.
«E con chi?» fa confuso.
«Con la tua ragazza» rispondo con fare ovvio.

Lui, se prima mi guardava spaesato, ora pare che io l'abbia preso e buttato su un altro pianeta.
«Ho una ragazza?» mi chiede incredulo.
Annuisco. «Sì.»
«E dov'è?»
Alzo le spalle. «E io che cazzo ne so...?» rispondo scuotendo la testa con aria teatrale.
«Devo venire a una cena con te e con la mia ragazza che non ho ma che ho?» corruccia la fronte.
«Proprio così.»

Nicholas riduce gli occhi in due fessure, mi analizza in silenzio per diversi istanti prima di riaprire bocca.
«Che hai combinato?» mi lancia un'occhiata che mi mette subito in soggezione.

Caccio come di conseguenza una risatina per niente stridula e mi tiro indietro.
«Chi, io? - mi indico - Assolutamente niente...» sollevo le spalle con aria innocente.
Lui inclina la testa lievemente d'un lato, annuisce ad occhi bassi e poi mi guarda, si alza, tira la sedia vicino alla mia destra e riprende posto. La sua vicinanza mi manda di colpo in confusione cerebrale, soprattutto per il profumo che si spruzza di solito e che si infila con prepotenza nelle mie narici.

«Dimmi cosa hai fatto» ordina serio afferrando la mia sedia e girandola verso di lui con un gesto talmente secco tanto che le mie ginocchia sbattono contro le sue.
«Che hai fatto questa volta?» insiste esasperato.

Mi nascondo il viso in automatico grazie ai capelli e al berretto che faccio calare di più sugli occhi.
«Che hai fatto?» chiede di nuovo afferrandomi il berretto, lo prende e me lo rigira al contrario, per poi ridurre gli occhi in due fessure e attendere.
«Niente» sorrido scuotendo la testa.
Lui inspira profondamente. «Non sai per niente mentire.»

«Non ho bisogno di mentire, perché non c'è niente da mentire» caccio un'altra risatina che mi mette quasi sullo stesso livello di un'oca rincorsa da un ghepardo sulla stazione spaziale internazionale senza forza gravitazionale.
«Hai fatto qualcosa. Che hai fatto?» domanda di nuovo.

Sorrido nervosamente. «Perché... perché dovrei aver fatto qualcosa? Non ho fatto niente» rispondo e aggrotto le sopracciglia sovrappensiero, «a parte aver organizzato una cena a quattro per far smettere che il mio ragazzo sia geloso di te? Niente, non ho fatto niente» scuoto la testa riducendo le labbra in una linea diritta, sfoggiando così una faccia da poker che spero mi venga bene.

Nicholas resta interdetto. «Cosa?»
«Mhm, mhm...» mugugno rifilandogli lo sguardo di chi vuole buttarsi sotto la prima macchina che sfreccia a non pochi metri da noi.
«Hai ancora un ragazzo?» domanda però, tralasciando il mio piano di appuntamento a quattro.
«Certo che ce l'ho ancora» rispondo quasi offesa.
«Non l'avevi lasciato?»
Scuoto la testa. «No...? Cioè non era ben chiaro, ma... ecco lui ieri è venuto da me e... l'ho perdonato, credo...» rispondo incerta.
«E vuoi che faccia cosa nello specifico? Che smetta di fargli credere che io possa essere una minaccia?» ride lievemente poggiando il gomito sul tavolo, divertito dalla situazione quando non dovrebbe esserlo affatto.

«Esatto» rispondo.
Nicholas annuisce, pone lo sguardo alla sua destra per qualche frangente e poi torna su di me.
«Ma lo sono.»
Sbarro gli occhi. «C-cosa?» balbetto stordita.
Lui sorride. «Lo sono, no?»
«No.»
«E da dove la tiro fuori la mia ragazza?» chiede d'un tratto ignorando la mia risposta.
«Ho scritto in fronte "agenzia matrimoniale"? Non lo so...» lo indico poi «sfoggia il tuo charme e trova un essere vivente di sesso femminile che voglia accompagnarti a una cena. No?» chiedo con fare ovvio.

Lui ci pensa su. «Ho uno charme?» ridacchia provando inutilmente a non ridere.
Ispiro guardandolo di traverso. «Guarda lì» indico con un cenno di testa la cameriera del locale che sta servendo un cocktail a un tavolo non tanto lontano dal nostro. «Chiedile se è single. Vai, buttati.»

Nicholas si afferra in tutta risposta il mento tra le dita del braccio che ha sul tavolo, mi guarda per istanti indecifrabili e poi apre bocca.
«Non mi piace» replica.
«Ti piacerà invece... guarda, sta venendo di qua, dai, fermala» dico lanciandole uno sguardo frettoloso in attesa che lui si faccia avanti.
«No» risponde però. Lo guardo male.
«Fallo. Muoviti» asserisco e gli mollo un calcio beccandomi un'occhiata di traverso da parte sua.
«Muoviti» ripeto.
Lui scuote la testa, completamente contrario. Caccio uno sbuffo sonoro.
«Che antipatico che sei...» mormoro scocciata.
«Antipatico» ripete con aria teatrale per niente scalfito.
«Sì. Avanti, ora. Fermala e chiedile di uscire. Lo sai fai?»
«Lo so fare» risponde tutto tranquillo.
«Bene, allora muoviti» ordino seria in viso soprattutto ora che la cameriera si sta avvicinando a noi. Bionda, viso a cuore e sorriso smagliante.

«No.»
Tiro un profondo respiro e torno con gli occhi su di lui.
«Ti serve una ragazza» gli ricordo nel caso se ne fosse dimenticato. Nicholas scuote la testa.
«No, invece. E nemmeno a te servirebbe un ragazzo se per starci assieme devi provargli che io non sono una minaccia.»
«Atto di fede» replico semplicemente.
Lui alza un sopracciglio. «Non serve niente di tutto ciò. Se lui crede che io possa rubarti, mi sta bene» sorride soddisfatto.
Rimango inevitabilmente sbigottita.

«Ma davvero?»
Nicholas annuisce di nuovo. «Perché tenersi stretto qualcosa che sai di non poter avere?»
«Sono stata io a proporre la cena» replico.
«Stavo parlando di te, infatti.»
«E questo che vorrebbe dire?» chiedo iniziando a innervosirmi.
«Che le persone o ti scelgono o no. Tu non devi dimostrare niente. Se lui non si fida di me o di te quando ci vede insieme è perché non dovrebbe...» sorride con fare talmente sfrontato da lasciarmi di stucco.

«Ferma la cameriera e chiedile di uscire» asserisco. Nicholas non si smuove di un centimetro.
«D'accordo...» mormoro innervosita e non appena la ragazza passa accanto a noi le alzo una mano, ma Nicholas me l'afferra provando a fermarmi e io strattono in automatico la presa.
«Smettila.»
Gli ordino a denti stretti a qualche centimetro dal suo viso non appena mi riafferra il braccio provando a impedirmi di fare il mio dovere: trovargli una ragazza cosicché la mia vita possa diventare più facile.

«No» risponde.
Gli lancio un'occhiata di sfida. «Ti mordo» minaccio. Lui alza gli angoli della bocca.
«Qui davanti a tutti? Non riesci a trattenerti per stasera?»
Lo guardo inevitabilmente di traverso.
«Lasciami o ti mordo» continuo nonostante tutto.
Nicholas alza le sopracciglia. Non pare minimamente preoccupato, anzi la cosa lo diverte anche troppo per i miei gusti.
«Fallo» mi invita. «Ma se lo fai, giuro che ti prendo e ti sbatto contro questo tavolo» fa senza sbattere ciglio.

Istintivamente rido. «Oh... è una minaccia? Mi stai minacciando? Vuoi mettermi le mani addosso? Ti ricordo che conosco il fottuto Krav Mag-» provo a dire stizzita con il nervoso a fior di pelle, ma la sua voce mi interrompe di getto.
«Ti afferro» avvicina il viso di più al mio, «ti sbatto su questo tavolo» lo avvicina ancora e il mio respiro di colpo si fa più pesante, «e ti prendo qui davanti a tutti» conclude iniettando le sue iridi azzurre nelle mie.

Deglutisco con forza.

«Quindi mordimi, così potrò metterti le mani addosso e scoparti finché non urlerai il mio nome.»

Cazzo.
Oh... dannazione, merda... merda, merda, merda...

«Ehi!» alzo la voce di colpo in direzione della cameriera mettendo forzatamente fine a qualunque cosa sia successa. Se non posso usare la mano per chiamarla, posso farlo con la bocca e quella lui non potrà di certo tapparmela. Gli rifilo un'occhiata come di conseguenza con un sorrisetto diabolico e lui alza gli occhi al cielo scocciato. Beccati questa, Nicholas.
La bionda, col vassoio in mano vuoto, ci vede e si avvicina rapidamente con un sorriso.

«Salve, vi servo con qualcos'altro?» chiede indicando il mio bicchiere di Redbull con ghiaccio.
«Mhm... no, in realtà-»
Vengo di colpo fermata da Nicholas.
«Della limonata, se c'è. Grazie» dice. Mi volto verso di scatto e lo guardo male, lui riduce gli occhi in due fessure.

Va, bene...

«Perfetto! Allora vado subito e-» risponde la cameriera, ma la blocco.
«Gli piaci» dico di getto senza pensarci due volte sopra. Lei aggrotta la fronte presa di sprovvista.

«Al mio amico qui, gli piaci tanto ma lui è...» mi volto a guardarlo con un'occhiata di sfida. Prova a fermarmi, stronzo.
«È timido!» esclamo tornando con l'attenzione su di lei che sposta gli occhi da me a Nicholas e sembra arrossire tutto d'un tratto non appena se lo analizza meglio.
Guardo Nicholas che le rivolge un'occhiata di striscio e poi torno su di lei che pare essersi di colpo immobilizzata, sfondando qualche strana parete interdimensionale che le ha bloccato il sistema nervoso centrale.
Ma che diavolo...

«Dice che non può parlarti perché non sarebbe carino visto che adesso stai lavorando, ma gli piaci molto... non è vero Nick?» la sblocco dal suo stato di trance improvvisa e lancio un'occhiata a Nicholas. Lui cerca di trattenersi dal guardarmi male e sposta gli occhi sulla ragazza.

«Oh... lui non sa parlare molto con le donne, si imbarazza facilmente - caccio una risatina mollandogli come di conseguenza uno spintone giocoso davanti a cui Nicholas sbatte teatralmente le ciglia - è molto, molto timido anche se dall'aspetto non si direbbe affatto, ma fidati di me, lo è veramente tanto...» ridacchio.

Certo, così timido che quando mi ha vista per prima volta mi ha chiesto di uscire e la seconda volta si è letteralmente spogliato davanti a me come se niente fosse.
Guardo Nicholas, lui fa altrettanto e dalla sua faccia leggo un "ma che diavolo stai dicendo?".
Non lo so nemmeno io, ma credo stia funzionando perché la cameriera è ancora qui.

«Tu come ti chiami?» chiedo allungandole una mano. Lei indugia ma poi me la stringe con gentilezza.
«Gwen.»
«Gwen...» ripeto osservandola. «Io sono Ronnie e lui è Nicholas, ma per gli amici Nick» sorrido citando le sue stesse parole che mi ha detto quando si è presentato al Pink Ocean la prima volta.
«Questa domenica ci sarà una cena, vorresti venire?» le chiedo. «Nick ha bisogno di un po' per sciogliersi con qualcuno, così lo conosci e... chissà! Magari scopri che è l'uomo della tua vita!» esclamo entusiasta scotendo le nostre mani, poi afferro quella di Nicholas e la allaccio a quella della cameriera.
Lei spalanca gli occhi e arrossisce ancora di più tanto che a breve credo sia sul punto di fare qualche strana metamorfosi in un centrale a carbone.
Sul serio Nicholas provoca questo effetto?

«Questo è il mio numero di cellulare...» dico rapidamente prendendo una penna dalla mia borsa e glielo scrivo sul tovagliolo che ho accanto al bicchiere per poi porgerglielo.
«Nick non usa la tecnologia, lui è... uno all'antica ma sono certa che ti piacerà ugualmente» tiro su gli angoli della bocca mentre lei stacca finalmente la mano da quella di Nicholas e afferra il tovagliolo.

«Siete amici?» ci indica.
Mi volto come di conseguenza verso di lui che mi guarda probabilmente in attesa di scoprire l'ennesima stronzata che oso sparare.
Mi avvicino, poggio un braccio intorno alle sue spalle e lo attiro a me in un abbraccio.
«Siamo migliori amici!» esclamo sorridendole mentre posso chiaramente sentite lo sguardo di Nicholas su di me che pare mi voglia dare fuoco e farmi diventare un barbecue umano.

«Allora ci sentiamo!» le dico staccandomi da lui e le indico il tovagliolo che ha tra le dita. «Non dimenticarti di scrivermi» sorrido, lei fa altrettanto, molla un'altra occhiata a Nicholas e torna a lavoro.

Non appena rimaniamo da soli sento la sua voce. «Sono timido?»
Mi volto e annuisco mentre rimetto a posto la penna, che lui però mi ruba dalla mano.
«E sono il tuo miglior amico. Davvero?» continua rifilandomi un sorrisetto equivoco.
«Senti, alle ragazze piacciono i ragazzi così, ispirano fiducia, quindi... è fatta! Ti ho combinato un appuntamento e avrai una ragazza, ora mi ridai la penna?» chiedo porgendogli la mano.
Lui, invece, prende il suo tovagliolo, scrive frettolosamente qualcosa sopra, poggia la penna sul tavolo e me lo mette sotto lo sguardo per poi tornare a reggersi il mento con le dita mentre io abbasso gli occhi e leggo quello che ha scritto.

"Vieni nella mia macchina e ti faccio vedere quanto sono timido."

Alzo di scatto gli occhi.
«Così ti becchi una denuncia per atti osceni in luogo pubblico?» chiedo sbattendo teatralmente le palpebre. Nicholas si morde un labbro cercando di non ridere.
«I sedili posteriori hanno i vetri oscurati.»
Scuoto con dissenso la testa.
«Comunque mi spieghi cos'è stato quello?» gli chiedo d'improvviso.
Lui alza le sopracciglia. «Cosa?»
«La cameriera. Che diavolo le hai fatto?»
«Niente. Che le avrei fatto?» scuote la testa confuso.

Rimango in silenzio per alcuni istanti con una smorfia in faccia e mi abbandono di spalle contro lo schienale portando le ginocchia al petto sulla sedia.
«Sembrava si stesse sciogliendo o qualcosa del genere... io la prima volta che ti ho visto volevo prenderti a sberle con il menù» mormoro e prendo il mio bicchiere con la Redbull sorseggiandone un po'.

«Perché tu sei matta da legare» ride beccandosi in automatico un'occhiataccia.
«Come ti è sembrata?» chiedo veramente curiosa, adesso che... insomma, ci abbiamo parlato o perlomeno l'ho fatto solo io.
«Gwen?»
«Mhm, mhm» mugugno.
«A te, invece?»
Alzo un sopracciglio. «Io, cosa? Deve piacere a te.»
«Non è il mio tipo» risponde semplicemente senza allargarsi di troppo con una descrizione più accurata. Non era lui quello che adorava parlare di continuo?

«Non ti piacevano le cameriere? Perché con lei non ci hai parlato? Ad ogni modo, lo farai a cen-»
«Mi piacciono le cameriere?» ride stupito da sé stesso.
«A me hai importunato» gli ricordo.
Lui ci pensa su e scuote la testa.
«No, ti ho solo chiesto di uscire e ti ho anche chiesto scusa per averti fissato in quel modo, ricordi?»
«Sembrava non avessi visto una donna in vita tua» commento prendendolo un giro.

Nicholas resta in silenzio per qualche secondo, si limita solo a guardarmi, forse per troppo. «Eri d'una bellezza devastante.»

Smetto di colpo di respirare. Con la cannuccia tra le labbra lo fisso ammutolita mentre il cuore mi sussulta nel petto.
Una mano si poggia intorno la mia caviglia e rabbrividisco copiosamente al suo tocco.
«Poi hai iniziato a dire tutte quelle cose e... sono rimasto senza parole. Per la prima volta in vita mia non sapevo stare dietro a qualcuno» solleva gli occhi nei miei.

«Ti ho dato del complottista» gli ricordo sfilando la cannuccia dalla bocca.
Nicholas annuisce con un piccolo sorriso. «L'hai fatto e il tuo carattere mi è piaciuto da morire.»
Alzo un sopracciglio con una smorfia schifata. «Per questo hai letteralmente urlato "posso sapere come ti chiami?"» ridacchio scuotendo la testa con dissenso.
«Mi hai fatto dimenticare che ci fossero altre persone» risponde in un modo che mi fa sentire caldo dappertutto. «Eri bellissima.»

Merda.

«La pianti? E no, non ero bellissima. - Scimmiotto incazzata - Avevo i capelli corti e mi stavano anche male» gli ricordo.

Lui ride scuotendo la testa e si morde un labbro osservandomi in un modo che non saprei come ben definire, ma mi fa sentire nuda. Completamente nuda davanti a lui e il respiro si fa di colpo irregolare.

«Ti stavano veramente bene, invece.»
«Non mi interessa il tuo parere» concludo di scatto per fermare questo scambio di battute e complimenti assolutamente non richiesti che non mi piacciono.

La sua mano sulla mia caviglia prende però ad accarezzarmi e la mia carne va tutto d'un colpo a fuoco. Merda.

«Verrò a quella cena» dice.
Afferra le mie gambe e le stende sulle sue cosce per poi prendere il berretto che ho in testa, me lo sistema e mi molla un'occhiata talmente intensa da sentire brividi ovunque.

«Indosserai qualcosa di carino?»
Aggrotto la fronte. «Tu no?» chiedo a mia volta.
«Spero niente di troppo costoso» commenta e come di conseguenza gli rivolgo un'occhiata confusa.
«Perché poi dovrò ripagartelo.»
«E perché?» caccio un cenno di risata, non capendo quello che sta blaterando perché sono parole senza un senso logic-
«Potrei far saltare qualche cucitura quando te lo leverò di dosso.»

Oh, cazzo.

«Ora vuoi venire nella mia macchina?» chiede tirando la mia sedia ancor più vicino alla sua facendomi finire con le gambe sotto al tavolo, la sua mano si infila tra le mie cosce e io quasi non mi strozzo con la Redbull che avevo ripreso a sorseggiare come se niente fosse per ignorare la sua penultima battuta sul mio vestito e...
«Mi vuoi dare un passaggio fino a casa?» domando cercando di scacciare qualsiasi allusione tra le righe che cerca di rifilarmi e anche mettere subito fine alla mia intimità che pulsa famelica.

Lui alza gli angoli della bocca e la sua mano finisce sotto il tessuto dei miei pantaloncini. Sussulto talmente forte che sbatto con il ginocchio contro il tavolo non appena raggiunge i miei slip. Cazzo.
«Ti porto ovunque tu voglia» dice mentre cerco disperatamente di tenere un'espressione piatta quando le sue dita mi spostano gli slip e cominciano ad accarezzarmi.
Merda, merda, merda.

La cameriera torna e il mio cuore sobbalza nel petto.
«Ecco la limonata!» esclama sorridente poggiando il bicchiere sul tavolo e rivolge un'occhiata a Nicholas, il qualche in tutto ciò continua a muovere le dita sulla mia pelle che inizia ad andarmi a fuoco come un fottuto incendio senza eguali.
«Grazie, Gwen» le dice. Lei annuisce e torna a lavoro. Guardo Nicholas che ripone i suoi occhi su di me.

«Vuoi venire nella mia macchina?» chiede in un modo che mi manda in ebollizione il sangue nelle vene. Serro i denti al massimo per non farmi sfuggire alcun ansimo di piacere.
«No» sibilo avvelenata col cuore che batte talmente forte da sentirlo fin dentro le tempie.
Due dita si infilano dentro di me e trasalisco tanto che quasi il bicchiere non mi scivola dalle mani. Cazzo.

«Avanti... vieni nella mia macchina, non ti farò niente. Sono timido, no?» ridacchia divertito muovendo le dita e guardandomi diritto negli occhi in un modo tanto rovente che ad ogni movimento pare sentirmi le cellulare essere percosse da mille scariche elettriche. D'improvviso stringo le cosce provando a fermarlo, ma questo non succede affatto, anzi aumenta solo la velocità e io di scatto afferro il bracciolo della sedia e lo stringo così tanto da spaccarlo a tratti.

«F-fermati subito...» ordino a denti stretti cercando con tutta me stessa di contenere un gemito.
«Fermami» replica con aria di sfida.
Sbarro gli occhi, soprattutto quando prende un sorso della sua limonata come se niente fosse.
«Non... p-posso» rispondo a fatica.
Lui alza un sopracciglio fintamente confuso. «E come mai?»
Gli rivolgo un'occhiata assassina. «P-perché attirerei l'attenzione su... di n-noi» mormoro con fare ovvio e poggio il gomito sul tavolo, portando una mano alla bocca per tappare un gemito che mi esce gutturale.
«Che peccato...» commenta sovrappensiero. Lo guardo inevitabilmente male.
«D-davvero?»
Nicholas scuote la testa. «Uh, uh» mugugna in segno affermativo e mi guarda per alcuni istanti. «Doverti trattenere così...»
Aggrotto le sopracciglia, lui coglie la mia confusione e si avvicina al mio orecchio.
«Sei una che fa tanto rumore quando ti faccio tutto quello che ti piace e che... mi chiedi di farti...» mormora. Il suo respiro che sbatte contro il mio orecchio mi fa rabbrividire copiosamente fin dentro le ossa. Sbarro gli occhi.
Si allontana, mi guarda dal basso verso l'altro e poi il suo sguardo cade sulle mie labbra.

«Preferisci il nero o qualcosa di colorato?»
Resto ancora più spaesata.
«C-cosa?»
«Cosa vestirai alla cena? Qualcosa di nero o qualcosa di colorato?» chiede rallentando le dita dentro di me. La mia intimità pulsa con violenza. So che non è normale, che i miei istinti primordiali stanno facendo a botte con la mia coscienza, ma voglio che riprenda, subito, immediatamente.

«N-non lo so... forse... p-probabilmente nero, non mi piacciono i... i vestiti colorati... ma perché?» chiedo a mia volta e sento le sue dita uscire fuori da me. Trattengo un ansimo quando mi accarezza le grandi labbra, i miei polmoni si appiattiscono, gli occhi luccicano di piacere mentre mi guarda e si gusta quello che mi ha fatto senza andare fino in fondo e farmi raggiungere il culmine del piacere.

Che stronzo.

Che grandissimo figlio di puttana.

Sfila la mano dai miei pantaloncini e il mio fiato si spezza quando infila quelle stesse dita nel bicchiere della limonata e poi se le porta in bocca succhiandole davanti il mio sguardo paonazzo.

Merda...

«Niente di che... ero solo curioso» risponde alla mia domanda leccandosi il labbro inferiore. Prende un sorso della limonata e io lo fisso allo stesso modo di come fisso i suoi pancakes alla Nutella.
«Sicura di non voler venire nella mia macchina?» chiede ancora.
«N-no» rispondo con determinazione.
Lui annuisce.
«Avrei finito quello che ho iniziato a farti qui...»

Oh... merda.
Ethan aveva ragione. Sarà una cena disastrosa.

***

Angolo autrice
Beh... *Numerosi colpi di scena*
Interessante.

Molto, molto interessante. 👀🔥

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