44 | Io dico stupidaggini, tu le fai

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CAPITOLO 44
Io dico stupidaggini, tu le fai

Ethan, seduto sul divano a gambe incrociate, mi guarda dalla testa ai piedi in perfetto silenzio, pare a tratti ipnotizzato. I capelli sfatti, gli occhi lunatici dall'alcol e la mia maglietta dei Metallica gli danno a tratti l'aria di un tossico, il che non è affatto un lato positivo.
«Che c'è?» chiedo quindi scuotendo la testa mentre infilo l'orecchino al lobo sinistro.
Lui si sblocca di colpo, reduce del nostro sabato sera tra popcorn, marshmallow e la settimana stagione di Game of Thrones.
«Ma ci vai così?» mi indica con un dito poi il suo corpo si inclina verso destra e cade di faccia contro il divano. Resto di sbieco soprattutto quando scoppia a ridere senza una vera ragione.
Sospiro andandogli incontro, provo a tirarlo su ma lui scivola e finisce sul pavimento con dei strani movimenti acrobatici e per poco non mi molla un calcio in faccia.

«Ma quanti gin tonic ti sei bevuto?» chiedo esasperata provando a non ridere perché non c'è niente da ridere in verità, solo da piangere.
Di faccia al soffitto, un sorrisetto idiota in faccia alza la mano e con le dita indica tre, poi solleva anche l'altra e aggiunge un indice.

«Quattro?» chiedo.
«Cinque» risponde con fare ovvio e si riguarda le dita, spalanca gli occhi e caccia un "Oh..." per poi sorridere e aggiungere un altro dito al suo strano modo di contare.

«Ce la fai a rimanere qui senza combinare qualcosa?» gli chiedo quindi lasciandolo di spalle contro il pavimento. Raggiungo i tacchi sull'uscio della stanza da letto e torno da lui.
«Io... io non combino n-niente!» lo sento esclamare indignato.

Gli lancio inevitabilmente un'occhiata che non può vedere perché sembra immerso in un mondo tutto suo, particolarmente attirato da qualcosa sul soffitto del soggiorno. Alzo di conseguenza il viso ma ci trovo solo la vernice bianca e null'altro.

«Scusa, ma cos'ha il mio vestito?» domando poi ricordandomi il suo commento di prima. Ethan fa una smorfia e mi punta gli occhi addosso.
«Sembra il vestito di mia zia Jeanette che era omofoba.»
Sbatto teatralmente le ciglia.
«E aveva... quarant'anni» aggiunge ridendo beccandosi un'occhiata di traverso.

«Non ho nient'altro da mettere... non sono una di quelle che ha tremila vestiti. È già tanto che io abbia questo. Dici che è meglio se metto una gonna e una t-shirt? Oppure... e se mettessi del jeans?» sospiro frustrata e mi siedo sul divano. Lui, come se fosse la cosa più normale da fare, mi afferra un piede e mi fa il solletico.

Lo ritraggo di scatto ridendo e gli mollo uno schiaffo sul braccio non appena prova a rifarlo.
«La pianti?!» chiedo cortesemente rimandando indietro un sorriso.
«Dove pensi di andare? Al parco giochi? I jeans no... e se la ragazza — fa le virgolette con le dita — di Nicholas si mette tutta in tiro e tu ti presenti lì come una mamma divorziata con tre figli che figura pensi di fare?»

Faccio una smorfia.
«Io non devo fare nessuna figura e né impressionare qualcuno. Questa è solo una cena per far calare i dubbi di Logan, non per fare a gara con Gwen» schiocco la lingua contro il palato infastidita.
«Togli quel vestito, sembri zia Jeanette, che è anche morta. Pace all'anima sua» mormora facendo il segno della croce, «spero che la sua anima venga inculata ogni santo giorno da Dio o Zeus... o che ne so, Thor di Asgard...»

Aggrotto la fronte. «Penso che Zeus sia più attinente a una mansione del genere» commento proprio quando qualcuno bussa alla porta d'ingresso. Rimango stranita, Ethan dal suo canto apre la bocca.
«Abbiamo ospiti?»
«Sarà Logan probabilmente...» mi tiro su mentre lui cerca di riafferrarmi trascinandosi sulla pancia come uno zombie. Scuoto la testa non appena sono vicino, mi fermo prima della aprire e mi giro verso Ethan che si sta ancora trascinando sul pavimento.

«Vuoi alzarti?» chiedo cercando di non ridere. «Ethan, mi rovini la maglietta!» esclamo indicandolo ma lui continua.
Sbuffo sonoramente e torno sulla porta, la apro e mi ritrovo davanti quello che sembra un fattorino. Sui vent'anni, biondo, con una scatola tra le mani dalle grandezze non indifferenti. Aggrotto come di conseguenza la fronte.
«Veronica Kyle?» chiede.
Annuisco. «Sì... sono io. Perché?» chiedo e do un'altra occhiata alla scatola che mi porge.
«Per lei» mi fa e senza darmi il tempo di ribattere mi saluta con un "buona serata", gira le spalle e se ne va lasciandomi sull'uscio della porta spaesata.

«Chi era?» sento Ethan. Mi giro verso di lui che alza il mento e mi guarda in un modo a dir poco innaturale, sembra una scena tratta dal film L'esorcista.

«Cos'è? Una bomba?» chiede in allerta e rotola su se stesso fino a sbattere contro il bancone della cucina dietro cui va a nascondersi.
«Ethan, ma ti pare?!» esclamo. «E smettila di pulirmi il pavimento con la maglietta di Metallica. L'ho pagata quaranta dollari, edizione limitata, non ci fanno più stampe del genere!» mi lamento provando a fare la seria e chiudo la porta alle mie spalle raggiungendolo e poggiando la scatola sul bancone sopra la sua testa.
Lo guardo dall'alto con le mani sui fianchi.
«Ti vuoi alzare da lì?»
Lui invece mi fissa in silenzio, apre il cassetto accanto a sé e tira fuori un forchetta, che stringe al petto lasciandomi confusa.
«Che stai facendo?» chiedo.
«Se è una bomba, c'è un'agenzia di terroristi che vuole fare irruzione. Dobbiamo difenderci!»

Tiro un profondo respiro e mi chino, gli strappo con forza la forchetta prima che scivoli di lato e se la infili nel petto nonostante le sue lamentele e i miei schiaffi per farlo smettere.
Cristo... non posso lasciarlo in questo stato da solo in casa. Chissà che potrà mai fare.
Lo fisso per diversi secondi finché non mi allontano, raggiungo la mia stanza da letto, prendo il suo smoking di ieri sera e torno da lui lanciandoglielo addosso.

«Avanti, fila a indossarlo. Tu vieni con me, non rimani qui perché potresti darmi fuoco alla casa oppure suicidarti con le posate della cucina» ordino e torno alla scatola.
Un quaranta per sessanta centimetri con uno spessore forse sui quindici centimetri, tutta nera con il logo argentato di un negozio, almeno credo.
Tiro su il coperchio e rimango con esso tra le mani per diversi istanti, non saprei esattamente quanti.
Guardo il suo contenuto stupita e poi scorgo un biglietto sopra. Lo afferro, rigirandomelo tra le dita e nel mentre Ethan si materializza al mio fianco fissando il vestito nero dentro la scatola.

«Hai fatto compere? Quando?» chiede stranito afferrando la camicia bianca.
«No.»
«E questo come ci è finito qui?»
Sospiro. «Non ne ho idea...»

Lo guardo mentre la stende davanti agli occhi di entrambi. È molto semplice. Così come il paio di pantaloni e la giacca nera.
Di punto in bianco mi ricordo quella volta che Logan mi mandò un fattorino all'appartamento di Adrien per consegnarmi una semplice scatola di gelato. Sì, di sicuro è Logan.

Le altre persone regalano alle donne vestiti da sera, io invece ricevo uno smoking femminile... e non mi dispiace affatto.

«Che c'è scritto?» Ethan mi fa riportare di scatto l'attenzione sul biglietto che indica. Lo apro sotto i suoi occhi che si avvicina e legge ad alta voce prima del mio cervello.
«"Mi hai stregato corpo e anima."»

Il mio cuore ha un sussulto.
Aggrotto la fronte e lui fa lo stesso guardandomi confuso, poi sulle sue labbra appare un sorriso equivoco.
«Non ci credo...» mormora con un gridolino eccitato e mi molla una spinta con la mano che mi strappa un sorriso. Merda... non c'è nessuna firma, nessun nome ma so di chi è stata l'idea del regalo e anche Ethan lo capisce senza che gli dica niente.

«È di Logan» dico.
Lui corruccia le sopracciglia, fa per dire qualcosa ma se lo rimangia subito.

«Beh... tra quello — mi indica il vestito che indosso e questo, direi che... io sceglierei questo almeno non vedrò mia zia Jeanette ogni volta che ti guarderò» dice e lo guardo male in automatico per poi dare un'altra occhiata al vestito che regge tra le mani.

Vuole farsi perdonare...

Un vestito è decisamente troppo soprattutto visto che non ho idea di quanto l'abbia pagato ed essendo contraria a regali del genere mi sento quasi in colpa ad averlo ricevuto, ma Ethan ha ragione.
Meglio questo che la roba che indosso.

Di sicuro saranno tutti eleganti e forse non devo per forza impressionare Nicholas o Gwen, ma devo essere presentabile al fianco di Logan e per la prima volta credo che questo vestito mi farà fare bella figura e poi è un regalo di Logan dopo che mi ha specificamente detto di volersi far perdonare in ogni modo possibile.

La serata è iniziata bene e di questo passo la cena sarà allo stesso modo.
Sì, ne sono certa.

***

Dopo un paio di minuti finalmente arriviamo. Il ristorante scelto è stata una delle proposte da parte di Ethan che se ne intende di più in fatto di luoghi dove cenare a San Francisco.
Parcheggio l'Audi, scendiamo e do un'occhiata in giro oltre all'area del parcheggio mentre il vento di quasi dicembre mi scompiglia i capelli lasciati liberi sulle spalle.

Mi giro e vedo Ethan con il gilet sopra la camicia bianca, una mano in tasca tasche, l'altra a reggere la giacca, gli occhi in lontananza a guardare il ristorante.
«Voglio una bistecca» dice e in automatico sento il suo stomaco brontolare. Rido lievemente e alzo una mano sistemandogli il ciuffo dei capelli.
«Come stai?» gli chiedo preoccupata. Non ha ancora smaltito tutto l'alcol e sembra che la fame chimica gli stia bussando alla porta, spero solo che non si ingozzi di cibo a tal punto da vomitare da qualche parte.
«Sto bene... smettila!» mi schiaffeggia la mano indignato. «Dai, andiamo al tuo appuntamento a quattro. Io mi metterò in un angolo e vi guarderò lanciarvi occhiate omicide mentre mi mangerò la mia bistecca» ride beccandosi un'occhiata come di conseguenza.

«Che c'è? Avanti, andiamo» sbuffa e mi afferra a braccetto con i tacchi che ho ai piedi a picchiettare contro l'asfalto.
Sono le otto e mezza di sera, l'orario fissato per l'incontro. Avanziamo verso l'entrata del ristorante che pare avere tutto l'aspetto di una sorta di museo, con tanto di scalinata e colonne in pietra, vetrate che danno sull'interno e luci esterne che illuminano il sentiero in pietra battuta che taglia un prato con siepi e fiori ben curati. Mi guardo istintivamente in giro alla ricerca di Logan o Nicholas con Gwen, ma non ci sono, e il parcheggio è abbastanza grande, quindi magari saranno già dentro seduti a un tavolo.

L'idea che loro due siano insieme mi dà l'ansia, ma è tutto okay perché c'è Gwen quindi mi aspetto che si comportino da adulti civilizzati o perlomeno lo spero in cuor mio così come spero che non abbiano già fatto qualche strana scenata.

Ethan e io saliamo le scale, lui mi spinge la porta ed entriamo. Chiediamo del nostro tavolo, il direttore di sala ce lo indica e non appena succede i miei occhi cadono in quelli di Logan che non appena mi vede sembra quasi sollevato.
Gli rivolgo un piccolo sorriso a labbra chiuse, Ethan mi riafferra sotto braccio e insieme ci indirizziamo verso il tavolo.
Di Nicholas e Gwen ancora nessuna traccia.

Non appena abbastanza vicini, Logan si tira in piedi. Capelli corvini stasera più in ordine del solito e vestito completamente in nero dalla testa ai piedi. Per alcuni attimi mi sembra di rivivere il viaggio a Seattle per la cena di Capodanno che è andata veramente male, ma questa volta sarà diverso perché questa volta tutto andrà liscio come l'olio... certo, sempre che Nicholas non mi abbia dato buca rifiutandosi di partecipare a questo teatrino come lui l'ha definito implicitamente.

Maledizione... forse ha cambiato idea all'ultimo e non potrei dargli torto, dopotutto anche per me è stata un'idea del cazzo ma poi mi è sembrata giusta.
Ora sto seriamente dubitando di tutto. Perlomeno ho Logan ed Ethan, e nel caso Nicholas non si faccia vivo non mi lascerò demoralizzare, anzi credo sarà meglio, no?

Eviterò strane conversazioni e potrei semplicemente dedicare la mia attenzione a Logan e a consumare un pasto in pace... con Ethan ma pur sempre in pace.

«Ciao» mi saluta lasciandomi un'occhiata non indifferente, forse stupito dal modo in cui abbia beccato la mia misura per il vestito che mi fascia veramente a pennello, non avrebbe potuto fare di meglio.
«Ehi...» ricambio il suo saluto staccandomi da Ethan. Mi avvicino, lui mi afferra il viso e mi deposita un bacio sulle labbra che mi fa sorridere.
«Sei qui da molto?» chiedo non appena ci stacchiamo. Scuote la testa.
«No, solo un paio di minuti credo...» i suoi occhi sfuggono su Ethan a cui porge la mano.
«Ci siamo già visti, ma probabilmente non ci siamo mai presentati come si deve. Sei Ethan, vero?»
Il mio amico, forse perché sarà brillo e confuso, indugia per diversi istanti prima di stringergli la mano.
«Sono Ethan» risponde in uno strano modo che mi lascia perplessa, sembra quasi sulla difensiva, ma decido di lasciar perdere, dopotutto è ancora mezzo ubriaco e ha fame, quindi meglio vedere se dobbiamo aspettare ancora la famosa coppia o se iniziare a mangiare così da farlo felice e togliergli dalla faccia quell'espressione stizzita.

«Forse non ti ricorderai di me-»
«Mi ricordo molto bene, invece» replica Ethan interrompendolo bruscamente.
Logan sembra rimane di stucco ma annuisce staccando le loro mani mentre io mi ricordo di colpo di una cosa.

«Merda... il cellulare!» esclamo chiudendo per un istante gli occhi esasperata.
«Torno subito» dico tastando frettolosamente le tasche dei pantaloni di Ethan alla ricerca delle chiavi della sua auto, poi ficco la dita in una di queste e le tiro fuori sotto gli occhi di Logan che mi fissa in silenzio. «Torno subito» ripeto e indico il tavolo. «Voi intanto prendete posto e magari ordinate qualcosa da bere...» guardo solo Ethan prima di riaprire bocca. «Niente alcol, solo acqua per te e nemmeno bevande gassose. Acqua e basta altrimenti mi sfilo un tacco e te lo ficco nel cranio» dico seria.

Lui sbuffa come un bambino e prende posto su una sedia con un tonfo portandosi le braccia conserte.
Mi volto verso Logan.
«Tienilo d'occhio, ti prego. Perché non mi fido di lui e...» mi sporgo verso il tavolo raccogliendo forchetta e coltello e poggiandole lontano da Ethan, «non lasciarlo toccare queste, a casa stava per ficcarsi una forchetta in gola a momenti» dico con un sospiro pesante.
Ethan mi guarda offeso.
«Avrei preferito rimanere a casa tua a questo punto se qui devi controllarmi.»
«Certo, così al mio ritorno ti avrei trovato nella mia vasca da bagno strafatto di canne al rosmarino. Se ti fumi l'erba, almeno fumati l'erba non il rosmarino!» replico con dissenso. Lui alza teatralmente gli occhi al cielo.

«... a casa tua?»
La voce di Logan mi distrae di colpo da Ethan. Mi giro verso di lui.
«Sì, abbiamo passato il sabato sera a guardarci Game of Thrones prima che lui decidesse di andare, prendere una bottiglia di Gin e bere uno shottino per ogni volta che avrebbe visto una scena di sesso» rispondo scuotendo la testa. Logan aggrotta la fronte lanciando un'occhiata rapida a me ed Ethan.

«Bene, ora vado subito a prendere il cellulare. Tienilo lontano dalle posate e non lasciarlo interagire con il cameriere. Quando è brillo tende a flirtare con chiunque e vorrei evitare che qualcuno venga e lo arresti» gli dico prima di girare le spalle e raggiungere rapidamente l'uscita. Mi faccio le scale, vado verso le macchina e apro lo sportello del conducente alla ricerca del cellulare che non trovo.
Merda.

Mi piego sul sedile del passeggero sperando magari che Ethan l'abbia fatto cadere sotto i sedili perché non la smetteva di cambiare ogni tre per due la musica su Spotify dicendo che doveva trovare la canzone adatta al suo stato d'animo tempestoso.
Alcolico, lo descriverei piuttosto io.

«Hai perso qualcosa?»
Una voce e il mio sangue si gela come di conseguenza nelle vene fino a farmi spalancare gli occhi.
Faccio retromarcia sulle ginocchia e le mani ed esco dall'auto trovandomi davanti lui.

Capelli in ordine come sempre, camicia bianca, cravatta e smoking nero che gli aderisce sul corpo in un modo che per diversi istanti resto a fissarlo completamente ammutolita.
L

'ho già visto innumerevoli volte in camicia, nel suo solito stile elegante ma questo è tutt'altra cosa e per quanto io ci provi non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Merda.

Aveva detto che sarebbe venuto e l'ha fatto sul serio e forse avrei preferito che non lo facesse, che non si presentasse e invece è qui.
Gli occhi scivolano da lui a destra. Una ragazza bionda, capelli legati in una coda alta molto ondulata con alcune ciocche frontali che le scivolano lungo le tempie, vestita con un abito blu scuro sopra le ginocchia, scollatura a cuore, una collana fine al collo.

«Ciao!» mi saluta raggiante e si avvicina avvolgendomi in un abbraccio che mi lascia un po' spaesata. Cerco di ricambiare ma le pupille si spostano su di lui che mi guarda in un modo che sento d'improvviso caldo ovunque nonostante soli pochi secondi fa stavo tremando per il freddo che gira stasera.
«Ciao... siete... siete qui» balbetto stordita guardandoli non appena Gwen si stacca. Mi sorride e annuisce.
«Oh... Nicholas ha dovuto aspettarmi un po', purtroppo il mio turno di lavoro è finito più tardi del previsto, ma è stato molto gentile» spiega poggiando una mano sul suo braccio che istintivamente guardo.

«Sì... molto gentile» mormoro mentre irrigidisco la mascella e annuisco, spostando a fatica gli occhi su di lei che mi indica il ristorante.

«Tu e il tuo ragazzo avete già ordinato? Non siamo in ritardo, vero?» ride nervosamente. Scuoto la testa mentre riprendo a fissare la sua mano sul braccio di Nicholas.

«No... no, cioè sì — alzo gli occhi di scatto — dell'acqua, ma per il resto niente. Meglio farlo insieme e...» guardo frettolosamente Nicholas che mi fissa in silenzio, «voi... voi andate pure, il tavolo è riservato a nome di Ethan, c'è anche lui.»
Nicholas pare sorpreso. Già, lo sono anche io...
«Ethan?» chiede Gwen.

Ah, sì, ovviamente non lo conosce.
Le rivolgo un'occhiata.
«È un mio amico, purtroppo non stava molto bene e... l'ho portato per con me perché non c'era nessun altro che potesse badare, ma sono certa che ti piacerà...» sforzo un sorriso. Gwen aggrotta la fronte. «Oh, no! Lui... lui è gay!» caccio una risatina e le indico di nuovo il ristorante.

«Voi andate, io arrivo fra poco, devo...» mi giro verso la macchina per un secondo. «Prendo il mio cellulare e arrivo subito» concludo.

Lei annuisce e un fastidio si infila dentro il mio petto non appena afferra sotto braccio Nicholas e insieme prendono a indirizzarsi verso l'entrata.
Per qualche istante mi dimentico di tutto. Del mio cellulare, della cena e rimango ferma a guardarli allontanare non capendo che diavolo mi stia succedendo.

È strano... vedere Nicholas insieme a un'altra donna. Solo ora ci ho fatto caso, forse è questo...

Ad un certo punto ritorno in me e sospiro pesantemente scuotendo la testa.
No, è solo l'ansia, sì, è questo. Non me ne frega niente di lui perciò nulla ha senso meglio dell'ansia per la cena.

Non mi aspettavo e non ero certa che si presentasse e ora che è qui ho paura in un certo modo per come le cose potranno andare.
Riprendo a cercare il mio cellulare, quindi mi piego sul sedile del conducente e tasto con la mano sotto quello del passeggero.

«Maledizione...» mormoro iniziando sul serio a innervosirmi soprattutto per i capelli liberi non mi facilitano per niente la cosa. Mi porto le ciocche ripetutamente dietro l'orecchio ma ogni tre per due me le ritrovo sul viso.
«Oh, ma dai!» ringhio tra i denti ormai al limite della pazienza. Magari è meglio se lo cerco aprendo direttamente l'altro sportello, almeno così non rischio di cadere.
Mi tiro indietro, poggio i tacchi sul cemento e mi rimetto in piedi pronta a fare il giro dell'auto, se non fosse che spalanco gli occhi non appena questi cadono sull'ultima persona che vorrei intorno in questo preciso momento, soprattutto quando non c'è nessun altro a parte noi due.

Mani nelle tasche dei pantaloni, mi fissa in silenzio e io lo imito per alcuni istanti finché non corruccio la fronte e gli rifilo un'occhiata truce.
«Ma mi stavi per caso fissando il culo?» chiedo indignata.
Sul suo viso appare una smorfia divertita.
«Mentirei se ti dicessi di no» risponde come se niente fosse lasciandomi a dir poco sbigottita.
«Che volgare che sei...» mormoro e lo guardo come di conseguenza male. Chiudo lo sportello con violenza per poi passargli accanto e raggiungere quello del posto del passeggero che apro pronta per chinarmi e cercare il cellulare, ma la sua mano sullo sportello mi ferma e ancora di più quando lo rinchiude.

Tiro un profondo respiro e mi giro con le mani sui fianchi.
«Che stai facendo?» gli chiedo quindi trattenendo a stento uno sbuffo. Nicholas inclina lievemente la testa, mi guarda dalla testa ai piedi in un modo tanto intenso da farmi mandare a tremila chilometri orari il cuore.
«Ti sto tenendo compagnia.»

Rido istintivamente.
Annuisco e scuoto la testa per niente convinta, per poi fargli un cenno verso il ristorante.
«Vai a tenere compagnia alla tua Gwen. Io non ne ho bisogno» sibilo e faccio per voltarmi e riaprire lo sportello per prendere il mio maledetto cellulare e tornare dentro e anche per sfuggire via da questa situazione... da lui.
Da lui che mi provoca delle sensazioni che non dovrei provare affatto perché non significa niente per me.

Abbiamo fatto sesso un bel po' di volte, è tutto qui. E forse a volte lui mi ha portata in giro al porto, a fare due passi in spiaggia di notte quando non c'erano più persone all'infuori di noi due... e mi preparava la colazione oppure mi faceva qualche massaggio alla schiena la sera tardi quando tornavo da lavoro stremata...

Serro forte i denti quasi a spaccarmi le arcate nel tentativo di scacciare via tutti i ricordi.

«La mia Gwen...? È una mia impressione o sei gelosa?» ride in un modo che non mi piace per niente.
«E perché dovrei? Se non ricordo male te l'ho fatta conoscere io, no?» gli rinfresco la memoria nel caso se lo fosse dimenticato, cosa strana per il suo cervello visto che ogni volta tende a complimentarsi da solo per quanto bravo è con la memoria.
«Non c'è niente di sbagliato ad essere gelosa.»
«Non sono gelosa» sibilo avvelenata.

Lui si porta le braccia conserte, mi guarda per alcuni istanti e poi riapre bocca.
«Ne sei sicura?»
Riduco gli occhi in due lame.
«Non sono gelosa perché ho un ragazzo e io non provo niente per te, quindi sì, sono sicura» schiocco la lingua contro il palato infastidita.
Nicholas annuisce.

«Allora sei nervosa?»
«Questa» dico muovendo la mano per indicargli la faccia. «Mi innervosisce, perciò sparisci.»
Nicholas invece non si smaterializza affatto. Alza un sopracciglio evidentemente divertito.
«Ti metto a disagio? Da quando?» chiede teatralmente confuso mentre cerco di annientarlo con gli occhi.
«No. Tu non hai questo superpotere. Mi provochi solo fastidio» replico stizzita.
«Non si direbbe.»
Tiro un profondo respiro. «Ah, sì? E da cosa?»

Lui fa un passo e in automatico io indietreggio di altrettanto. Al mio atteggiamento si ferma, mi rivolge un'occhiata silenziosa e si inumidisce il labbro inferiore.
«Perché proprio poco fa mi stavi spogliando con gli occhi.»
Sbatto le ciglia trattenendo una risata. «Prego?»
Lui annuisce beffardo. «Oh, sì...»

Lo fisso, ispiro profondamente e torno alla portiera provando a riaprirla, ma lui me la rinchiude. Di nuovo.
«La smetti?» gli chiedo esasperata girandomi.

«Sei molto bella stasera.»

Una frase, un ridicolo complimento da quattro soldi che però mi lascia di stucco. Maledizione.
«Non flirtare con me» ordino senza sbattere ciglio. Lui sorride e annuisce ficcando le mani nelle tasche.
«Non lo sto facendo. Perché dovrei?»
«Perché sei inopportuno e ti piace esserlo e perché sei sfrontato, non te ne frega niente del giudizio altrui quindi fai quello che vuoi ma non stasera» mi avvicino leggermente. «Stasera starai al tuo posto, buono e non farai niente alla Nicholas Bailey Reed, hai capito?» dico aspettando una risposta e voglio un sì.

Lui, invece, mi rifila un'occhiata talmente intensa e rovente che mi manda a puttane gli ormoni. Merda.
«Mi piace da morire quando mi dai degli ordini. Avanti, fallo di nuovo.»

Rimango di stucco. «Sei uno scemo» replico di conseguenza.
«No, sono quello che vorresti spogliare. Se vuoi togliermi i vestiti per me va bene.»

«Vuoi chiudere quella bocca?» chiedo gentilmente cercando di preservare la mia integrità mentale o perlomeno ciò che ne è rimasto. Provo veramente a non ridere, ma lui lo fa eccome. Mi scappa un sorriso ugualmente e scuoto la testa per contenermi.

«Ora vattene» ordino con un gesto di mano. «Devo prendere il mio cellulare e mi stai facendo perdere tempo.»

«Chiudimela tu.»
Aggrottoa fronte. «Cosa?»
Nicholas si avvicina troppo, esageratamente troppo.

D'accordo, ora gli do un pugno in faccia.

«Chiudimi la bocca.»
«Perché non la pianti di dire stupidaggini?» ironizzo alzando il mento per guardarlo meglio in viso.
Lui mi rivolge una smorfia contrariata. «Io dico stupidaggini, tu le fai. Incredibile come sembriamo due facce della stessa medaglia.»

Questa volta scoppio per davvero a ridere.
«Hai appena citato Merlin?» alzo un sopracciglio mordendomi un labbro per trattenere le altre risate.
Nicholas sorride.
«Ho una buona memoria e posso citarti ogni cosa tu voglia» le sue mani scivolano sui miei fianchi e in automatico gliele afferro per toglierle via perché il brivido che mi percorre ogni fibra di carne non mi piace.

«Quando ti pavoneggi col tuo piccolo talento sei irritante» gli faccio ben notare. Lui ride.
«Non è un talento, ma una cosa che va allenata ogni giorno.»
Tiro su gli angoli della bocca.
«Vai ad allenarti con Gwen e lasciami in pace.»

Nicholas annuisce sorridente. «L'ho solo accompagnata in auto» replica. «Cosa succederebbe se la portassi anche a casa mia?»
Scuoto la testa. «Vuoi che ti spieghi il processo motorio secondo cui due persone fanno sesso?» chiedo non capendo il punto che vuole toccare. Ma per un momento l'immagine mi sfiora la mente e un fastidio mi sale su per la gola, quindi cerco di scacciarlo via immediatamente.

Lui si avvicina ancora portandosi le braccia conserte.
«Procedi pure. Sono curioso.»

Rido di conseguenza. «Che ne dici di scoprirlo da solo?» sbatto teatralmente le ciglia.
«Quindi se vado là dentro» indica il ristorante alle sue spalle, «e le dico di alzarsi e venire nel mio letto a te non darebbe alcun fastidio, dico bene?»

Ma che diavolo sta cercando di fare?

«Sì, esatto» sibilo a denti stretti. Nicholas annuisce piantando i suoi occhi nei miei mentre io irrigidisco la mascella con un sorrisetto sulle labbra.

«Va bene» replica d'improvviso con aria calma. Si guarda a destra e sinistra, mi rivolge un sorriso a labbra chiuse e tutto il resto succede troppo rapidamente.
Apre lo sportello, mi spinge nella macchina con un movimento talmente brusco quanto da poliziotto che ha appena ammanettato un delinquente e finisco in men che non si dica sui sedili posteriori dove cado di spalle.

«Ma che cazzo stai facend-» spalanco gli occhi e mi tiro su a sedere, ma le parole mi si bloccano in gola e non salgono oltre perché lui entra dentro, mi afferra le gambe, tira lo sportello e mi tappa la bocca con una mano per poi spingermi di nuovo di testa contro il sedile.
«Shh... fai silenzio, altrimenti ci sentono» sussurra infilandosi tra le mie cosce.
Il suo profumo mi annebbia la testa, trattengo il respiro fissando nella penombra dell'abitacolo i suoi occhi azzurri iniettati nei miei. I pensieri mi abbandonano, il cuore mi pulsa lentamente con battiti tanto violenti da sentirli fin dentro le tempie... e le sue labbra scivolano sul mio collo e io vado a fuoco rabbrividendo di piacere.

Maledizione.

***
Angolo autrice

Hihihi *risata malefica*
Beh che dire. 🔥

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