9 | Sono solo un uomo

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CAPITOLO 9
Sono solo un uomo

https://www.youtube.com/watch?v=AR0E8p2kYHE

Fisso la porta del suo appartamento da non so quanto tempo.
Merda. Non so nemmeno che diavolo sto facendo qui, non sarei affatto dovuta venire. Sono sempre in tempo per cambiare idea e andarmene, lui non lo verrà mai a sapere, no?
E allora perché non mi muovo né un passo avanti e né uno dietro?

Non sono così ingenua da non sapere come andranno le cose se busso e sorpasso l'uscio di questa porta. Negli ultimi tre anni ho fatto un sacco di stronzate, ma mai come questa. Il punto è che non sono più la Ronnie dell'anno scorso, né di due o di tre anni fa, sono diversa e questo è diverso.
Ho vent'anni ed è arrivato il momento di fare questo passo. Non è solo una questione legata alla mia perenne frustrazione, come la definisce Ethan, è anche un modo per voltare finalmente e in maniera definitiva pagina.
È la linea del non ritorno che va oltrepassata. Ho vent'anni, sono una donna, non più la ragazzina che abitava nel Texas e aveva una cotta per Patrick Grey, né tantomeno quella che è arrivata a San Francisco con la testa al suo ex miglior amico d'infanzia, Adrien Monroe.

Il solo ricordo di tutto quello che è successo tra noi adesso a pensarci mi fa abbastanza ridere. Eravamo così sbagliati da non volerlo vedere, siamo stati semplicemente trascinati da semplice attrazione fisica, rancore e sensi di colpa.
Quello, invece, che attira me da Nicholas è il bisogno irrefrenabile di placare un desiderio che sento vacillare dentro di me da troppo tempo e che mi aiuterà finalmente a smettere di pensare a "la prima volta deve essere importante, ci deve essere amore e soprattutto va fatta dopo il matrimonio".
Che stronzata.

Io adesso voglio scopare.
Cazzo, voglio solo scoparmi quel pezzo di merda di un militare.

Busso.
Attendo.
Il respiro regolare e il mio cuore stretto a chiave.
Stasera se dovrà esserci qualcosa, non oltrepasserà nient'altro che le mie carni, ma non il mio cuore. Basta con i sentimenti, con l'amore e tutte quelle stronzate per cui ho sofferto come un cane da troppo tempo. E di certo un tipo come Nicholas non potrà mai avere nient'altro che il mio corpo fra un paio di coperte.

La porta finalmente si apre e lui mi appare davanti al viso.
Camicia bianca, colletto aperto, maniche tirate su che scopre gli avambracci. Un paio di pantaloni neri e delle scarpe eleganti.
«Ti sposi?» chiedo di getto rifilandogli un'altra occhiata, ricordando il modo in cui sono io in questo preciso momento: un paio di jeans, t-shirt dei Pokémon, scarpe di ginnastica e le mani ficcate nelle tasche della felpa grigia a zip aperta.
Nicholas alza lievemente gli angoli della bocca.

«Sei venuta» osserva stupito poggiando una mano sulla porta.
«Sì... hai detto che cucini, no? Mi sono risparmiata i soldi per il cibo d'asporto di stasera» dico e mi sporgo di lato sbirciando alle sue spalle la cucina, che ovviamente non vedo, però scorgo il tavolo da pranzo apparecchiato e resto perplessa quando noto delle candele ancora spente, ma delle candele.
Cristo...
E se giro i tacchi e me ne vado?

«Sei un tipo romantico?» gli chiedo cercando ovviamente di prenderlo in po' in giro ora che non indossa quella sua divisa che lo gonfia della sua mania di esercitare il suo potere, e gli passo sotto il braccio alzato infilandomi nel suo appartamento.
Come una ladra, mi guardo in giro, analizzando un po' il luogo dopo la prima e ultima volta che ci sono stata.
Nicholas intanto chiude la porta e viene verso di me. Mi avvicino al tavolo, vedo i piatti e le posate messe con una precisione maniacale.

«Tu leggi, Nick?»
«Libri?» chiede avvicinando ancora.
«No, riviste porno... ovvio che libri» ridacchio. Lui ride lievemente e annuisce.
«Leggo un po' di tutto, in Afghanistan non c'è tanto che puoi fare. Perché?»
Indico le candele poste al centro tavola.
«Il tuo autore preferito è Nicholas Sparks? Fammi indovinare: perché si chiama come te! Ho beccato?» sorrido con una finta aria intelligente.

«La mia ultima lettura è stata La fattoria degli animali di George Orwell» sorride a sua volta con soddisfazione.
Alzo le sopracciglia stupita.
«Sei un comunista?»
«Cosa?» ride lui fermandosi davanti a me, poggia una mano sul tavolo e punta gli occhi nei miei.
«Non parla di politica e comunismo quel libro? In chiave ovviamente più ingenua.»
«L'hai letto?»
«No, me lo sono sognato stanotte immaginando di dovertene parlare quindi quello che sta succedendo ora in verità non è reale ma è solo sogno condiviso alla Inception» ironizzo.

Nicholas mi guarda in silenzio, le sopracciglia corrucciate e l'ombra di un smorfia divertita in viso.
«Le candele...» prende a parlare d'improvviso, guardandole per un istante. «Non sapevo se metterle o meno. Non ho mai invitato nessuno per cena, men che meno una donna» confessa.
«Perché? Le avresti messo anche se avessi deciso di invitare un uomo?»
Lui abbassa gli occhi per un istante per nascondere il suo sorriso.
Resto stranita... ma è per caso in imbarazzo?

«Quindi... per questo sei vestito così?» gli faccio un cenno ritornando al discorso di prima. «Guarda che non devi impressionarmi, tanto per ricordartelo. Se sono venuta qui è perché hai detto che mi dai del cibo, a detta tua buono, perciò spero per te che non faccia schifo, e poi ovviamente se il tuo atteggiamento da militare barra sbirro non mi infastidisce, possiamo fare sesso...» spiego senza peli sulla lingua andando diritto al punto. Nicholas alza le sopracciglia sorpreso ma si limita solo ad annuire.

«Se vuoi le tolgo» dice riferendosi alle candele.
«Nah... lasciale, così se dici qualcosa di stupido e pieno di testosterone posso sempre darti fuoco per sbaglio» gli rifilo un sorrisetto beffardo e afferro una forchetta, me la giro in mano e la scruto. Ma perché luccica in questo modo strano?

«Non ti piace essere corteggiata con cene a lume di candela?»
Sollevo di scatto gli occhi.
La Ronnie di qualche anno fa sarebbe impazzita dietro una cosa talmente smielata, ma non quella di adesso.

«Non sopporto queste cose da diabete» rispondo e rimetto la forchetta al suo posto sul tovagliolo bianco. Lui alza una mano e la muove di alcuni millimetri accanto al coltello, mettendola perfettamente perpendicolare.
È un maniaco del controllo quindi...

«Ti disgusta l'amore?» chiede infilando una mano nella tasca dei pantaloni, l'altra appoggiata sullo schienale della sedia.
I suoi occhi azzurri mi scrutano in un modo insolito... sembra quasi che vogliano leggermi dentro.
«Io non mi innamoro» rispondo seria e glaciale.
Nicholas solleva leggermente le sopracciglia stupito.
«Perché lo sei stata ed è finita male?»
«Perché l'amore fa schifo e qualunque cosa tu faccia finirai col soffrire o far soffrire l'altra persona» rispondo e do un'occhiata frettolosa all'appartamento. «Perché? Vuoi per caso farmi innamorare di te? Per questo mi hai invitata qui?» rido tornando a guardarlo.

Nicholas lascia perdere la sedia e si avvicina, ponendosi proprio davanti. Gli occhi fissi nei miei, una mano che si alza e mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Resto immobile, il respiro controllato, niente che io non possa controllare. Io controllo tutto. Devo farlo.
La sua mano finisce sotto il mio mento, l'altra sul mio fianco.
Cazzo.
Un'ondata di fiamme mi colpisce in pieno, rendendo brace la mia carne.
Avvicina di più il suo viso al mio e trattengo di colpo il respiro non appena si ferma proprio a qualche millimetro dalle mie labbra. Solleva gli occhi lievemente e dalla mia bocca si puntano nei marroni.

«Ho ventisette anni, Ronnie» dice. La voce bassa, roca e fottutamente rovente. «Il mio tempo di giocare sta scadendo ormai...»
Sfiora le nostre labbra con un piccolo sorriso sulle sue e si avvicina un altro po', mi spinge contro il tavolo e la sua mano preme con forza sul mio fianco.
Non lo voglio, ma il mio cuore prende a correre più veloce della luce. Cazzo.

«C-che vuoi dire?»
Mi maledico.
Io non posso lasciarmi andare in questo modo tanto da sentite le corde vocali tremarmi.
«Che con te o è tutto o è niente. E se l'amore ti fa schifo, non fa nulla. Tu hai conosciuto un altro tipo di amore... io potrò farti conoscere quello mio, se lo vorrai.»
«Io non provo niente per te, Nicholas» replico riprendendo lucidità subito. Lui si allontana un po', tanto da poterlo guardare in viso.
«Per adesso limitiamoci solo a cenare... e magari riesco a farti apprezzare la mia buona cucina.»
Sorride e indietreggia.
Annuisco alla fine, staccandomi dal tavolo. Mi schiarisco la voce.

«... Ora! - esclamo battendo le mani - che hai cucinato? Dai, voglio vedere. Sai che ho origini italiane e una nonna che cucina come un ristorante da tre stelle Michelin?» mi allontano verso la cucina saltellando, vado al forno, lo apro e do un'occhiata, e non trovo niente.

«Scusa, dov'è il cibo?» mi giro confusa. Nick, con le mani nelle tasche dei pantaloni, si avvicina al bancone da cucina e alza il coperchio in metallo di quella che credevo fosse un recipiente per caramelle.
Il vapore esce e il profumo arriva fin dove sono io.
«Petto d'anatra in soar con asparagi e carote al vapore con cremoso di prezzemolo» spiega con una certa soddisfazione in viso.
Mi avvicino in automatico. Dubbiosa, guardo la preparazione e poi lui.

«Credevo avresti fatto del pollo in padella e uova strapazzate» commento. Lui alza un sopracciglio. «Sei un soldato, no? Alla mensa non vi danno roba ultra calorica per fare fronte ai terroristi?»

Nicholas ride e scuote la testa.
«Tu non mi prendi mai seriamente. È per il mio vecchio lavoro? Perché?» chiede e si appoggia di fianco al bancone della cucina.
Alzo le spalle mentre allungo un dito, raccolgo un po' della salsina glassata e la porto in bocca.
Niente male, però...

«Non so... forse perché chi fa la tua vita poi pretende di essere visto come un eroe o qualcosa del genere, tutti gli vanno dietro e lo idolatrano come se sparare un colpo di proiettile in testa a qualcuno con degli ideali diversi e fortemente radicati lo renda in automatico migliore» dico tornando a guardarlo e pulendomi il dito sul fianco dei suoi pantaloni che guarda, rimane in silenzio e poi punta gli occhi azzurri su di me.
Gli rifilo un sorrisetto a labbra chiuse.

«Forse è stata una pessima scelta...» commenta d'un tratto lasciandomi confusa. L'espressione che ha in viso cambia di trecentosessanta gradi.
«Invitarti a cena.»
Rimango per un attimo di stucco.
«Cosa?» caccio inevitabilmente una mezza risatina nervosa.
Lui annuisce.
«Tu non hai la più pallida idea di cosa stai parlando.»
Si stacca dal bancone, copre il cibo e mi indica la porta in fondo a destra. «Vattene.»
Inutile dire che lo fisso spiazzata.

«Ma... che succede?»
«Succede che te ne vai e anche immediatamente.»
Aggrotto la fronte.
«Perché ti ho detto quelle cose? Te la sei presa così male?» cerco di sdrammatizzare con in sorriso ma il suo viso si rabbuia solo.
Cazzo, cos'è questa strana atmosfera che è calata d'improvviso?

Nicholas fa un passo verso di me e piazza le sue pupille nelle mie.
«Tu non sai un bel niente di quello che succede quando sei laggiù. Non hai idea di quante persone vedi morire ogni giorno, di quanti feriti, di quante donne maltrattate e assassinate, di quanti bambini...» si ferma di colpo come se non riuscisse a continuare, la vena del collo sporgente, la mascella serrata.
«Ho perso tante persone» riprende con aria leggermente più calma. «Per quei ideali diversi e fortemente radicati. Ho perso dei fratelli e ho perso anche persone che si fidavano di noi, persone che hanno tradito il loro stesso Paese a cui noi avevamo giurato di proteggere le famiglie e sono finiti tutti ammazzati perché alla fine alla nostra Patria, al nostro cazzo di Governo non frega niente di quella gente. Per loro un soggetto qualsiasi di quel posto è un probabile terrorista. Ho visto morire gente davanti al mio viso, giustiziata davanti al mio viso mentre io non potevo fare niente, hai capito?» si avvicina ancora di più e in automatico trattengo il respiro.

«E non sono stati fatti fuori con un colpo di proiettile - caccia una risata nervosa - ma con uno spettacolo in pubblica piazza per dimostrare che la libertà non è un'opzione, che non esiste, e che chi osa tradire quei ideali rischia solo il peggio per sé stesso e per chi ama. Perciò tu - sussulto quando poggia un dito contro il mio petto - non sai un bel niente, e ora prendi e te ne vai da casa mia» sibila a qualche centimetro dal viso.

Mando giù la saliva con forza, sostenendo a fatica il suo sguardo intriso di rabbia e che per la prima volta mi fa paura e non ho il coraggio di fronteggiare.

Cazzo, ma questo è fottutamente matto...
E io ci volevo andare a letto? Cazzo, no. Ora me ne scappo via da qui dentro. Fanculo lui, l'Afghanistan, e il suo cibo di merda. Mi arrangerò stasera con un cheeseburger.

«Menomale!» dico invece io alzando le mani in aria in segno di resa e facendole ricadere lungo i fianchi.
Nicholas corruccia la fronte. Probabilmente non era questa la reazione che si era immaginato quando ha deciso di scattare come un matto e ringhiarmi contro.
«Era strano che fossi sempre così calmo e... disciplinato. Perciò... fanculo! Me ne vado e menomale che ti ho detto quelle due parole così almeno adesso so che sei uno svitato» gli rivolgo un sorriso cordiale, un saluto militare con due dita e giro i tacchi.
Ficco il mio cappuccio in testa, e con le mani nelle tasche raggiungo la porta.

Fanculo.

«Io non sono migliore di nessuno.»
Mi fermo di colpo e mi giro. Mi guarda in un modo a dir poco glaciale.
Le mani nelle tasche e gli occhi puntati su su di me.
«Sono solo un uomo» aggiunge e tira un forte respiro, puntando gli occhi a destra. «E ho fatto cose... per cui non vado affatto fiero. Non mi serve essere idolatrato, perché non c'è niente di eroico nelle mie azioni. Sono un criminale di guerra e anche se ho smesso, lo resterò a vita.»
Torna a guardarmi e sento... brividi.
Non di paura, ma di qualcosa di peggiore della paura, qualcosa che gli si cela dietro le palpebre. Cose orribili... peccati che ha commesso.

***

Angolo autrice

Ordunque. È stato inaspettato mhm sì decisamente. Il modo in cui Nicholas è cambiato tipo in uno schiocco di dita, le sue parole... non so. Io in questo capitolo ho visto solo una persona gentile, romantica e sensibile e ho visto anche qualcuno che ha provato a dare il meglio di sé stesso ma alla fine ha capito che non potrà mai rendere il mondo un posto migliore per questo motivo ha lasciato la carriera da militare.

Ah, sì. Ronnie sei una testa di cazzo, fattelo dire.

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