10 | Rimpianti

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CAPITOLO 10
Rimpianti

Entro al Pink Ocean, mi dirigo in silenzio e a passo felpato alla stanza riservata ai dipendenti, prendo il mio grembiule che lego al ventre, raccolgo i capelli in un nodo frettoloso ed esco.
Ethan è sulla porta di ingresso con una busta in carta da spesa, di sicuro frutta fresca e altre erbe aromatiche per i cocktail. Facendo attenzione a non farla cadere, chiude la porta alle sue spalle.
Sono le otto e mezza di mattino, fra trenta minuti esatti il locale apre.

«Come mai sei qui prima di me?» mi lancia un sorrisetto complice non appena mi nota. «Forse perché abito al piano di sopra mentre tu ogni mattino ti svegli in un letto diverso» replico con una punta di nervosismo che non appena la scorge gli fa aggrottare la fronte.
«Nemmeno il sesso riesce a placare la tua vena da piccolo diavoletto?» ride di gusto e raggiunge il bancone, poggia la busta sopra mentre io lo fisso con un cipiglio in viso.

«Ma di che parli?» gli chiedo infatti. Lui va dietro al bancone del bar e si toglie la giacca da smoking oggi completamente nero, solo la camicia sotto il gilet è bianca.
«Come di cosa parlo? La tua notte bollente con Nicholas Puro Sangue Militare?» ammicca e si slaccia i polsini, tirando su le maniche della camicia.
Lo guardo di traverso e inevitabilmente mi tornano a galla i ricordi di ieri che sono stati tutto tranne che bollenti.

«Non è successo niente tra me e quello schizzato. Me ne sono andata via prima» rispondo semplicemente con disgusto e vado ad aiutarlo con la spesa.
Ethan si ferma di colpo dal tirare fuori le cose che ha comprato, poggia i suoi occhi neri su di me e non li scolla più. Di fianco a lui, sospiro pesantemente ad un certo punto. Quindi mi volto e lo trancio di netto con veleno.

«La pianti di fissarmi?» chiedo inalberata già di mattino.
«Aspetta... in che senso non è successo niente? Non gli si... cioè... aveva problemi là sotto? Sai, a noi uomini capita a volte soprattutto quando siamo stressati a lavoro, ma-»
«Ethan, vuoi chiudere la bocca?» lo interrompo di scatto.
«O forse aveva una strana forma? Pendeva verso destra o sinistra? Oppure non era molto prorompente? Non devi giudicare, è un tasto sensibile e ci fa molto male quando non piacciamo a qualcuno e veniamo rifiutati anche se non lo diamo a veder-»
«Ethan! Ma che cazzo?!» lo fermo di nuovo sentendo abbastanza, più di quanto non avrei in realtà voluto affatto.

«È uno stronzo! Ecco perché me ne sono andata! Ora prendi queste fragole e mettile nel mini frigo e taci» gli porgo la vaschetta. Lui l'afferra, prende una fragola e in tutta tranquillità la addenta.
«Quelle non sono tue» gliele indico.
«Che ti ha detto?» chiede però con la fronte aggrottata. Sospiro di nuovo.
«Dobbiamo mettere questa roba al suo posto prima dell'arrivo della clientela.»
«C'è tempo...» fa con un gesto di mano e con un balzo salta sul bancone del bar continuando a mangiare la fragola.
«Vuoi scendere da lì?» gli faccio segno, ma lui non lo fa.
«Che è successo? Ti ha fatto qualcosa che non volevi? Ti ha toccata? Guarda che anche se è un poliziotto, puoi denunciarlo, lo sai, vero?» parte a raffica, tutto in quarta e poggia accanto a sé la vaschetta di fragole che io afferro esausta e metto nel frigo.

Mi giro verso di lui con le mani sui fianchi.
«Non mi ha fatto niente» rispondo e mi passo una mano tra i capelli, tirando alcune ciocche dietro l'orecchio.
«E allora che è successo?»
Chiudo per un istante gli occhi.

«Non lo so... ha dato di matto improvvisamente, iniziando a dirmi cose sull'Afghanistan, che io non capisco un cazzo di quello che dico e mi ha cacciata via» spiego con un retrogusto acido che mi risale su per la gola. È disagio quello che sto provando. Non mi piace parlare di queste cose.

«Che gli hai detto?»
Ethan schiocca la lingua contro il palato di colpo sbattendo le ciglia con fare teatrale. Lo guardo e scuoto la testa.
«Niente. Che dovrei avergli detto?»
Lui però non è della stessa opinione, infatti mi punta un dito contro e mi indica.
«Tu sei una streghetta e parli sempre troppo anche quando non dovresti. Quindi, cosa gli hai detto? Perché quel tizio è pazzo di te, ieri stava per scoparti davanti a me senza che gliene fregasse un accidente. Quindi cosa gli hai detto?»

Il suo discorso gli fa conquistare uno sguardo di traverso.

«Non gli ho detto niente!» alzo le mani al cielo, mi avvicino, strappo con rabbia la busta da spesa e metto le erbe aromatiche nel solito vaso d'acqua per tenerle fresche.
«Ronnie?»
«Uh?» mugugno senza girarmi. Lo sento saltare giù e avvicinarsi a me.
«Cosa gli hai detto?»
«Niente, te lo ripeto. L'ho solo preso un po' in giro con le sue cose da soldato» replico, mi giro e poggio il vaso accanto al lavabo del bar, riempiendolo d'acqua.
Ethan mi segue.

«Su una scala da uno a "le Kardashian che si tirano per i capelli" quanto l'hai preso in giro?»
Corruccio la fronte e mi volto a guardarlo con le mani sul piano di lavoro del bar.
«E questo che vorrebbe dire?» sbatto le palpebre confusa.
«Che per chi non ti conosce molto bene, tu parli troppo e dici le cose che pensi, a volte dicendo in realtà un sacco di stronzate solo perché non vuoi lasciarti messa in un angolo e calpestata, quindi preferisci sparare stupidaggine pur di aver ragione.»
Non posso far a meno di restare di stucco.
Ma come diavolo fa a conoscermi così bene?

«Senti, ma tu da che parte stai? Sei mio amico o di quel cazzone megalomane? Perché non vai da lui, allora? Vai. Dai, vattene da lui, così non ti sento più parlare e prendergli le difese!»

Mi allontano furibonda e prendo dei bicchieri puliti dalla stanza adiacente al bar dove custodiamo le casse di alcolici, il frizzer del ghiaccio e i vari ingredienti confezionati come latte e simile. Torno e poggio quelli puliti nel ripiano sottostante al bancone.
«Dico solo che magari dovresti chiedergli scusa.»

I miei occhi, già iniettati di sangue, si puntano su Ethan.
Scoppio a ridere.
«Prego? E perché dovrei?» sbatto le palpebre con fare teatrale.
«Perché tu sai essere una vera stronza nella maggior parte del tempo, ma non lo sei, è questo il punto. Però quando ti comporti da stronza, ferisci le persone senza nemmeno rendertene conto.»
«Sei il mio psicologo?» chiedo infastidita.

Ethan sospira pesantemente e si poggia di spalle al lavabo.
«Senti, io non gli chiederò affatto scusa perché non devo scusarmi siccome lui non significa un bel cazzo per me. Dovessi mai chiedere scusa a qualcuno, quello sei tu e basta.»
Dinanzi le mie parole lui mi rivolge un piccolo sorriso.
«Sapevo che in realtà, sotto quella finta aria glaciale da iceberg, c'è una piccola streghetta dal cuore d'oro...» viene verso di me e mi afferra in un abbraccio da cui io cerco di staccarmi immediatamente.
«Oh... lasciami! Ethan!»
«Smettila!» mi molla una sberla sul braccio e mi stringe a lui talmente forte da sollevarmi con i piedi dal pavimento. Poi si stacca e mi arruffa i capelli. In tutto ciò si becca un'occhiata di traverso.

«Non guardarmi così... lo so che invece ti piacciono gli abbracci e anche molto altrimenti mi avresti stesso a terra con una delle tue mosse di karate» ride con una spallata giocosa.
Alzo semplicemente gli angoli della bocca senza dargli la soddisfazione di un sorriso vero e proprio.
«Sì, ti voglio bene. Okay? Ora vai e metti il cartello alla porta ché siamo pronti per aprire» gli ordino. Lui si allontana, non prima di passarmi affianco, afferrarmi e schioccarmi un bacio violento sulla tempia.

Che idiota...
Eppure sorrido sul serio questa volta, tanto da cacciare un mezzo cenno di risata.

***

Sono passati più di quattro giorni da quando non ho più rivisto Nicholas tra i piedi, il che è abbastanza confortante.
Finalmente si è smaterializzato nel nulla o forse è in giro a scaricare la sua frustrazione esercitando il suo potere sui civili. È stato più facile di quanto pensassi levarmelo di torno. Se avessi saputo che sin dall'inizio dovevo sminuirgli la carriera da militare, avrei osato di più così non mi avrebbe ronzato intorno come un fastidioso insetto da sterminare.

L'unica cosa a cui penso fortunatamente non è più il sesso, ma il caldo. In questi quattro giorni ho rischiato di sciogliermi più e più volte sul pavimento del Pink Ocean. Fa un caldo bestia, un caldo mai sperimentato da quando sono qui a San Francisco.

Tra gli scaffali del negozio aperto ventiquattr'ore vicino casa mia, cerco quel pacco di snack all'Jalapeño che mi mangio quando sono nervosa per via delle mestruazioni. Ethan dice che mi piacciono le robe piccanti perché sono sgusciata via dall'inferno dopo aver ribaltato il Diavolo e averlo preso a pugni.
Non ho mai capito il senso di tutte le sue metafore...

Tra le mani ho un pacchetto di assorbenti, un barattolo di cetriolini sott'aceto, uno di Nutella, pacchetto di marshmallow, Haribo al gusto chimico di frutta e due barrette di Mars. Ora mi manca quel pacchetto di patatine, così posso andare in cassa, pagare e buttarmi poi nella mia vasca da bagno in acqua ghiacciata perché sento il sudore scivolarmi dalla nuca su tutta la spina dorsale e mi dà un fastidio enorme, non solo perché fa caldo e qui dentro pare che il climatizzatore non funzioni affatto, ma anche perché ho la felpa addosso siccome quando sono uscita di casa pioveva a dirotto. Ora ho anche il ciclo e il dolore al ventre sta iniziano a tornare.
Merda.

Affretto il passo verso lo scaffale dove ci sono i cereali e il cioccolato in esposizione quando vedo un ventilatore che prima non esisteva affatto in questo posto, e mi ci butto davanti.
Caccio un gemito gutturale e chiudo gli occhi. Con i capelli raccolti malamente, le ciocche frontali che svolazzano e le cose che mi tengo in braccio, sto ferma aspettando che la temperatura del mio corpo si abbassi.
Vorrei anche togliermi la felpa ma fra poco mi servirà per mettere in grembo tutte le cose che ho preso e che ormai iniziano a farmi male le braccia tanto si sono intorpidite e fra poco potrebbe cascarmi sul pavimento uno tra i due barattoli, spero non quello di Nutella.

Dopo un paio di secondi tiro un profondo respiro e apro gli occhi, mi volto verso sinistra e noto che c'è un piccolo scaffale con dei peluche ficcato tra i cereali completamente a caso. Mi sposto di poco dal ventilatore che continua a girare, e do un'occhiata ai vari orsacchiotti.

Non lo so nemmeno io per quale ragione... non è una nostalgia di quando ero bambina.
Mio padre non mi ha mai comprato queste cose, a tre anni lui mi portava in sella a cavallo, a sei a caccia, e poi alle convention con i suoi colleghi di lavoro nel Texas oppure in Oklahoma.
No, quello che provo è un sottile dolore.
Il figlio di papà e Amanda dovrebbe essere già nato da un pezzo e se non sto sbagliando i conti il mese prossimo dovrebbe esserci il suo secondo compleanno.

Due anni.
Io ho un fratello o una sorella... e non l'ho mai incontrato. Papà non si è fatto sentire e a breve, questo Natale, ci sarà il nostro secondo anniversario di quando ci siamo allontanati.
Afferro un peluche a forma di piccolo T-Rex e lo porto vicino al viso.

Gli piacerebbe una cosa del genere al mio fratellino? Non lo so, forse. Anzi, no, è troppo piccolo per capire cosa sia questa roba e probabilmente sarebbe pericoloso per lui giocarci.
Sorrido inevitabilmente al pensiero che fuori da qui, dalla California, ci sia qualcuno di talmente piccolino che ha una porzione del mio stesso DNA.
Gli piacerebbe conoscermi? Potrei piacergli forse? O magari sono quel tipo di persona che i bambini scoppiano in lacrime guardandole?

Forse sì.
O forse...
Tiro un profondo respiro quando sento gli occhi inumidirsi. È più forte di me, non so perché lo faccio, ma lo faccio.
Prendo l'orsacchiotto e lo metto in braccio tra le altre cose. Papà e Amanda non mi hanno mai contattata ma ciò non vuole che io non posso contattare loro, farmi forza e conoscere mio fratello... o sorella. Forse ho una sorella. Piccolina, magari con i capelli biondi, gli occhi azzurri come quelli del nostro papà.
Chissà se Adrien l'ha già incontrata... No, l'avrà fatto di sicuro. Il periodo estivo e natalizio lo passa sempre da sua madre a Seattle, perciò lui... L'ha conosciuta... o conosciuto.
Somiglia più a me o a lui? Da chi ha preso maggiormente? A chi sembra più fratello e a chi meno?

Una fitta al ventre mi ricorda che devo darmi una mossa. Quindi con il piccolo T-Rex verde in braccio e le altre cose da portare alla cassa, giro il volto verso destra alla ricerca delle buste di snack che a quanto pare hanno spostato, ma nel farlo i miei occhi scivolano e si bloccano su qualcuno.

Non è possibile...
No, no, no.

Rimango immobilizzata.
Ancora davanti al ventilatore, i miei occhi finiscono in quelli suoi azzurri che mi fissano a una decina di passi. Da quando diavolo era lì e da quando mi stava guardando?

Una mano sollevata intenta a prendere un pacchetto di spaghetti, il carello accanto a lui con alcune cose ficcate dentro.

Oh, no. Io non ci voglio parlare e lui di sicuro dopo l'ultima conversazione non ha la benché minima intenzione di avvicinarsi più a me. E va bene così. Non me ne frega un cazzo.
M

i allontano frettolosamente, girandogli le spalle e raggiungendo l'altra parte del negozio dove trovo anche il pacco di patatine. Lo guardo e maledico chiunque si occupi del riordino merci in questo negozio di merda.

Alzo una mano e non ci arrivo.

Mi alzo sulle punte dei piedi e non ci arrivo ugualmente.

«Cazzo...» brontolo infastidita. Ho i crampi mestruali, fa caldo, voglio togliermi questa felpa e voglio anche tornare a casa dove morirò di certo per strada considerando che dovrò farmela tutta a piedi.
Cerco di fare dei saltelli rischiando di far cadere tutta la roba che ho in braccio, ma riesco a stento a sfiorare per alcuni istanti il pacchetto senza riuscire a smuoverlo di un solo millimetro.

Vorrei qui con me quello spilungone di Ethan. Lui con i suoi un metro e ottanta ce la farebbe senza troppa fatica.
Sento gli occhi inumidirsi per la rabbia.
Cazzo, ho gli estrogeni sparati a mille e credo di star per avere una crisi di pianto isterica.

«Lurida. Busta. Di merda. Vieni, qui, cazzo.»
Sputo ad ogni salgo che faccio senza combinare niente perché non vuole farsi toccare minimamente.
«Fanculo.»
Sibilo tra i denti, il fiato corto, i crampi che sono aumentati e gli occhi che bruciano per il nervosismo.

Dove cazzo si trova il tizio che lavora tra gli scaffali? Così prima gli chiedo di darmi quella busta di patatine e poi lo soffoco con le mie stesse mani.
Non me ne vado senza i miei snack all'Jalapeño. Li voglio, cazzo.

Poggio la roba che ho tra le mani su uno scaffale un po' più libero dove la merce si è venduta, alzo un piede e con una mano mi arrampico sullo scaffale rischiando di cadere di spalle e trascinarlo con me.
Proprio quando sto per alzare la mano destra e afferrare la sola busta che sta davanti e che è più facile da prendere, una mano appare, la afferra e me la ruba.

Ma che cazzo...
Mi giro di scatto verso sinistra mentre salto giù e quasi non cado e sbatto sul pavimento.
«Senti, brutto pezzo di merda, quella è mi-»
Il sangue mi si gela nelle vene.
Occhi azzurri, una chiazza marrone su quello destro e quel suo modo strano ed elegante di vestirsi che a quanto pare non lo fa solo per gli appuntamenti a lume di candela, no, lui si veste proprio così.

Nicholas.
Nicholas, brutto verme arrogante che mi prende quello che è fottutamente mio.

Gli punto un dito contro.
«Sto per mollarti un calcio nelle palle talmente forte e violento da spostare l'asse terrestre di trenta gradi e aprire un cazzo di varco interdimensionale verso il Regno Quantico dove ti ci butterò per renderti così piccolo, così sub atomico, invisibile all'occhio umano e insignificante che il tuo unico e solo pensiero sarà quello di rimpiangere amaramente il giorno in cui mi hai conosciuta!» sibilo in quarta, a tremila chilometri orari, con i denti serrati, i nervi a fior di pelle, il sudore che sento sotto la nuca e le ovaie che mi fanno male da morire.

Lui in tutta risposta, si volta, mette la busta nel carrello e mi passa di fianco.
Resto completamente spiazzata.

***

Angolo autrice

Dunque. Io amo da morire Ethan. Non credo di aver mai amato così tanto un personaggio secondario. ♥
Poi: finalmente torna l'argomento della famiglia di Ronnie, che in questo libro verrà riaffrontata ovviamente perché le cose non posso rimanere in sospeso.
Poi X2: oh... Sì. Nicholas è tornato e preparatevi perché il prossimo capitolo sarà una bomba 👀🔥

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