EPILOGO terzo volume

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EPILOGO

https://www.youtube.com/watch?v=qzDz7a-dGJY

È il primo di dicembre e perfino a San Francisco il freddo si infila nei vestiti, oggi mattino però è più gelido di quanto immaginassi.

Con gli occhi rivolti ad Est, sul sole che sta per alzarsi sulla linea d'orizzonte, le onde piatte e il cielo ancora scuro, pitturato di un placido bagliore rosa misto a viola, mi stringo nel mio cappotto a quadri grigio e cerco di scacciare via i brividi di freddo.

Mi siedo sullo spigolo del pontile e dondolo i piedi fasciati dagli anfibi, le cuffie alle orecchie, i versi di Dogs days are over di Florence + The Machine a frullare nella testa che si muove lentamente a ritmo.

Qualcuno prende posto accanto a me, una mano mi porge un caffè, lo afferro e mi volto verso destra mentre abbasso un po' la musica e poggio il telefono di fianco.
Occhi azzurri e ancora assonnati, lineamenti tirati per via del freddo, naso e guance color porpora. La giacca del corpo di Polizia gli fascia il torso.
«Nick dell'Afghanistan non è abituato alle basse temperature?» scherzo bevendo un sorso del caffè.
Lui abbozza un sorriso.
«Preferisco il caldo.»
«Perché sei tutto un fuoco?»

Aspetta, che ho detto?
Aggrotto subito la fronte, ripensandoci con una smorfia. Lui corruccia le sopracciglia.
«Riformulo» dico subito. «Perché hai vissuto in Australia e Medio Oriente?» chiedo tirando su gli angoli della bocca.

«No, perché evidentemente sono tutto un fuoco» sogghigna e io lo guardo male mentre lui se la ride di gusto spostando lo sguardo verso il sole. Metto il caffè da parte e prendo il cappellino nero dalla tasca del cappotto. Alzo le mani e glielo infilo in testa beccandomi un'occhiata confusa.
«Puoi anche dirlo che hai freddo» schiocco la lingua contro il palato. «Non perdi nessun grammo del tuo immenso livello di testosterone da ex Marine, sta' tranquillo, dolce Nick...» lo prendo in giro accarezzandogli la guancia.

Lui mi guarda, riduce gli occhi in due fessure per poi scuotere semplicemente la testa con dissenso.
Eppure sorride. Glielo vedo chiaramente anche se prova a nasconderlo.

Allungo distrattamente una mano per prendere il caffè e fermare la musica, spingo per sbaglio il cellulare accanto, questo scivola oltre il bordo del pontile e spalanco gli occhi di getto.
«Oh... il cavo degli auricolari» rido ricordando solo ora di aver messo fortunatamente quelli col filo e non quelli bluetooth. «Beh, sarebbe stato molto esilarante se mi fosse cascato - faccio per tirarlo su - sai ho tutte le password scritte nel blocco note che non ha il salvataggio nel Cloud e-»
Mi fermo di getto.

Il cavo aux si stacca.
Plop.
Il cellulare scompare sott'acqua.

Mi volto lentamente verso Nicholas, ci guardiamo l'un l'altra in perfetto silenzio finché non è lui a spezzarlo.
«Stavi dicendo?» alza le sopracciglia trattenendosi dal ridere.
Oh, maledizione...

Sospiro pesantemente e mi lascio cadere di spalle sul pontile, le mani sul petto e il viso verso il cielo. Le sue mani mi afferrano e mi tirano su di spalle al suo petto.

«Mi abbracci perché sono in modalità auto commiserazione?» chiedo dubbiosa.
«Ti sto usando per scaldarmi, shh...»
Aggrotto la fronte.
«Che?»
Lui mugugna un "Mhm, mhm".
«Mi sento usata» mi lamento con voce drammatica. Lui mi stringe di più a se.
«È così, infatti» replica come niente fosse lasciandomi ancora più sbigottita.
«Mi sento poco dignitosamente usata» mi correggo subito.
«Vuoi che ti usi in un altro modo?» ridacchia e nasconde il viso nell'incavo del mio collo. Rabbrividisco.

«Nick... che stai facendo?» chiedo stranita.
«Shh... fa' silenzio, ho freddo» ride lievemente accanto al mio orecchio.
Alzo il viso confusa.

«Senti, se hai così freddo, possiamo alzarci e andare dentro l'auto al cal-» propongo tranquillamente ma non finisco perché lui si tira in piedi, mi afferra e con me in braccio percorre tutto il pontile mentre i pescatori pronti per salpare fra non molto ci fissano straniti.

«Non aspettavi altro, eh?» scherzo ridendo appena. Lui alza gli angoli della bocca.

«Nick» lo chiamo ad un certo punto.
«Mhm?» volta il viso verso di me e lo guardo nella poca penombra della macchina. Il sole è ancora basso, il buio non si è del tutto dissolto ma nonostante tutto l'illuminazione esterna è spenta. Lo ammiro in silenzio come poche volte. Forse è l'abitudine di vederlo quasi ogni giorno, mangiare il suo cibo, abusare del suo bagno e di quel suo shampoo al profumo di mela e cannella, ad avermi fatto dimenticare quanto lui sia bello.

Lo è.
Chiaramente lo è e ne sono consapevole, ma delle volte mi dimentico di quanto sia bello in ogni modo possibile.
Avrà fatto le sue esperienze di vita e di carriera, e puntualmente si atteggia con quel suo ridicolo portamento da adulto, la sua galanteria, i suoi outfit Old Money o le sue magliette attillate che lui pensa siano della sua misura, né è fortemente convinto e questa cosa mi fa ridere ogni volta, ma lui è bello e sul serio mi chiedo che diavolo ci faccia qui, con me, di sabato mattina.

Sei molto bello, tanto da mozzare il fiato gran figlio di puttana. «Il mio caffè è rimasto sul pontile» dico invece.
Lui mi guarda e sembra se lo ricordi solo ora. Molto strano, di solito non gli sfugge niente. È sempre stato in viaggio, per lui i piccoli dettagli sono importanti.

«Te ne prendo un altro» annuncia e apre lo sportello, uscendo via dalla macchina senza darmi il tempo per replicare e forse dirgli che in realtà non è il caso siccome si stava finalmente scaldando un po'.
Attraverso il parabrezza, lo fisso allontanarsi pian piano in direzione del piccolo bar che apre prestissimo per i lavoratori del porto.

"Sono tuo".

Le sue parole riemergono con forza a galla e il mio cuore batte d'improvviso più forte. Tiro un profondo respiro mentre attendo che torni, che si sieda di nuovo accanto a me a continuare a guardare insieme il sorgere del sole. Lo facciamo da mesi, ogni singolo weekend. Anche quando litighiamo per delle stronzate, il sabato mattino siamo qui. Non ci parliamo. Lui prende il mio caffè ginseng, si siede al mio fianco e stiamo in silenzio finché io non mi giro, lo fisso, lui fa lo stesso e io gli dico "Vuoi un sorso?", e gli porgo il bicchiere.

Dopo un paio di minuti lo sportello si riapre, lui sale a bordo, lo chiude e mi passa il bicchiere sfregandosi le mani e soffiandoci sopra per scaldarle.
«Non è il solito che piace a te?» chiede stranito quando mi nota non toccarlo minimamente, ma soprattutto poggiarlo nel porta-bicchieri vicino al freno a mano.
«Manca lo zucchero?» chiede ancora e fa per prenderlo e sorseggiarlo, ma mi sporgo verso di lui, la mano gli afferra il viso e le mie labbra si poggiano sulle sue.
Il batticuore, quello mi devasta il petto.

Basta vivere nel passato, pensare a quello che è stato, che sarebbe potuto essere o che mi sono persa. Sono stanca di rincorrere vecchi volti ed emozioni. Io voglio lui.

Ogni cosa di lui.
Il suo corpo, la sua voce che mi parla e mi racconta cose, voglio vederlo ogni mattino in cucina a preparare la colazione, voglio fare la doccia insieme, staccare da lavoro e andare a casa trovando qualcuno ad aspettarmi. Voglio tutto questo.
Voglio lui.

«Non manca niente» sussurro sulla sua bocca e alzo le pupille, un po' quanto ad ammirare i suoi occhi. Nicholas resta in silenzio, così insolito per lui che ha sempre da dire un sacco di cavolate tutte rigorosamente sincere e oneste. E poi spinge le labbra contro le mie, mi afferra fino a trascinarmi a cavalcioni sulle sue gambe.

***

Attraverso il cancello, parcheggio davanti la villa di famiglia di Kim e ancora in sella alla moto le do un'occhiata. È proprio così come me la ricordo. Sfarzosa, giardino immenso che pare a tratti un campo da football, piazzale in pietra dove sono parcheggiate tutte le altre macchine.
Mi crea una strana sensazione essere qui. L'ultima volta che ci ho messo piede è stato al mio diciannovesimo compleanno e fra poco ne farò ventuno di anni, sembra poco tempo ma per me è come fosse una eternità. Sono cambiate molte cose, io stessa sono cambiata.
Alcuni ragazzi e ragazze dell'università sono fuori a chiacchierare, i restanti sono dentro dove vedo un'atmosfera abbastanza tranquilla. Questa volta Kim ha mantenuto la sua parola: niente caos eclatante tipico delle feste degli universitari.

Alcuni sguardi si poggiano su di me, mi fissano probabilmente chiedendosi chi io sia, tra alcune facce riconosco quella di Duncan e Kim che parlano tra di loro, ma nessuno riconosce me.
Tolgo il casco dalla testa, i capelli lunghi scivolano sulle mie spalle e lo poggio sul manubrio della moto. Me li aggiusto rapidamente togliendo le ciocche che ricadono sulla giacca formale da smoking che indosso. Sotto la camicia nera e una cravatta dello stesso colore.

Scendo dalla sella, infilo le chiavi in tasca e prendo il pacchetto di sigarette. Ne infilo una tra le labbra, la accendo e tiro un fumo mentre inizio ad avanzare con gli anfibi ai piedi verso l'entrata.
Le ciocche frontali fortunatamente le ho legate dietro con una molletta, alcune però ricadono lungo le tempie e il poco vento che tira me le sventola.

Kim mi guarda, Duncan rimane con gli occhi fissi su di me mentre continuo a camminare sotto gli occhi loro e degli altri presenti alla festa.
Tiro un altro fumo sperando che la nicotina calmi l'agitazione che mi scorre nelle vene. Spero che vada tutto per il meglio, perché da quel che so ad ogni festa che sono mai andata da quando sono qui a San Francisco ho sempre combinato qualcosa.

Ma non stasera.
Stasera andrà tutto liscio come l'olio.

Qualche chiacchierata, nessun bicchiere di alcol, un saluto e poi andrò a casa, o meglio dire casa di Nicholas dove so che mi aspetta qualcosa cucinato dalle sue mani e anche le sue mani sul mio corpo.

Ecco com'è cambiata la mia vita.
Ho smesso con le stronzate, ho una indipendenza, un lavoro, Ethan, una routine e poi ho Nicholas.
E lui è mio.

Questa volta farò in modo di non fare passi falsi perché puntualmente tendo a incasinarmi la testa con pensieri distruttivi o ad auto sabotarmi perché penso che la felicità sia solo una illusione nel mio caso, ma non questa volta.
Le cose andranno diversamente con Nicholas perché lui è diverso.

Sa cosa vuole, non me l'ha mai nascosto, si è fatto avanti dalla prima volta che mi ha visto e lui è ancora qui, ed è giusto. Lui è dannatamente giusto per me.

«Stai andando a un matrimonio?» ridacchia Kim non appena le sono davanti.
Sorrido lievemente. «Fa freddo e questa giacca è un buon sostituto al mio cappotto.»

«Posso dire che sei veramente uno schianto?» commenta Duncan che mi guarda dalla testa ai piedi.
Questo è il completo che mi ha regalato Nicholas, e lui ha dei gran bei gusti in materia.

«Il tuo poliziotto dov'è?» chiede Kim con una lunga occhiata e un sorrisetto complice in viso. Duncan aggrotta la fronte.
«Che poliziotto?» ride mollandoci un'occhiata.
«Oh, nessuno solo... Ricordi il tizio del bar dove lei lavora?» gli dice indicandomi con una mano. «Quello che gli aveva baciato il dorso della mano, quello... quello alto, il soldato arrogante» ride beffarda. Duncan corruccia le sopracciglia cercando di ricordarsi per poi improvvisamente sbarrare gli occhi.

Si volta e mi guarda.
«Ma è seria?» mi chiede riferendosi a Kim. Scuoto la testa con dissenso, quantomeno cerco di farlo ma poi semplicemente mi libero in un piccolo sorriso senza rispondere.
«Dov'è il tuo poliziotto e perché non l'hai portato con te?» mi domanda Kim confusa bevendo un sorso del drink che ha in mano.

«Nicholas oggi fa il doppio turno, deve compilare dei rapporti...» liquido l'argomento con una mano.
«Nicholas» ripete Duncan con uno sguardo equivoco.
Kim sorride alzando le sopracciglia. «Un nome che gli si addice in fondo... Sai che in realtà mi è famigliare? Cioè il suo viso, credo di averlo già visto da un'altra parte oltre il Pink Ocean, ma non so dove...» mormora sovrappensiero.

Ti sembra famigliare perché è il fratello maggiore di Kieran che tu conosci da una vita, vorrei dirle ma preservo il silenzio. Nicholas non vuole essere ricollegato al nome degli O'Brien, meglio che non sia io a farlo.

Alla fine ci addentriamo all'interno della villa dove la situazione è molto tranquilla, forse troppo, decisamente troppo di quanto mi aspettassi.

«Mio padre è a casa nel suo ufficio e ha detto di sì alla festa ma niente baldoria» dice lei al mio orecchio notando probabilmente la mia faccia stupita.

«Potevamo fare questo - mi riferisco alla festa - un'altra volta. Non voglio che lui venga disturbato» dico sincera. Il padre di Kim l'ho visto poche volte e ogni volta mi è sembrato un uomo rigido, ma non con Kim, quando vedeva la figlia si addolciva di punto un bianco.

«Oh, non preoccuparti!» ride afferrando un bicchiere di qualcosa da uno dei tavolino e porgendomelo. Oh, merda.
Sollevo di scatto gli occhi e deglutisco.
Calma, Ronnie, calmati. Respira profondamente.

«Hai della Coca-Cola?» chiedo invece. Lei aggrotta la fronte stranita.
«È solo un po' di Vodka lemon. Ti piaceva, no?»

«Io... sì, no, cioè non bevo. Non bevo alcolici, solo un po' di vino se c'è, ma non posso nemmeno quello, magari una bibita gassata è megli-»

Qualcuno mi viene addosso e mi abbraccia di getto.
«Ronnie!» urla Nath stringendomi fino a farmi scricchiolare le ossa.
«Ciao!» si stacca e mi stampa un bacio sulla guancia. Le sorrido.
Nathalie appare sempre nei momenti meno opportuni, ma non questa volta.

Tra un altro paio di chiacchiere, Kim e Nath si allontanano per prendere qualcosa mentre io rimango al tavolino. Il bicchiere con la Coca-Cola nella mano, il mio interesse di socializzare pari a zero e io che di tanto in tanto lancio occhiate in giro sperando che nessuno si avvicini per parlarmi. Non sono a mio agio. È questo il punto.

È come trovarmi in un posto dove sono stata buttata completamente a caso. Tempo fa era diverso, ma adesso mi sento come un pesce fuori d'acqua. Non ricordo nessuno e se qualche faccia mi è famigliare il mio intento di riallacciare i rapporti non mi sfiora nemmeno il cervello.
Gli unici con cui ho parlato sono Kim, Nath e Duncan, per il resto me ne sto qui dando un'occhiata all'orologio che ho al polso aspettando che il tempo passi più rapidamente così me ne potrò andare via senza deludere le aspettative di Kim.

Ha organizzato tutto questo per me.

Giro e rigiro il bicchiere di vetro con la Coca-Cola sul tavolino, alzo il viso di nuovo cercando di scorgerla, ma invece scorgo qualcun altro.

Qualcuno che non dovrebbe affatto essere qui per nessuna ragione al mondo. Mi guarda, a una decina di metri di distanza.

I miei occhi finiscono nei suoi neri e salgono su, sui capelli corvini scompigliati.
Non lo sento. Il mondo fermarsi, il mio cuore battere all'impazzata come la volta in cui l'ho rivisto al festival in montagna oppure a bordo della nave, a quella festa dove io ed Ethan ci siamo imbucati.

Non lo so sento.
Quello che provo è solo la rabbia con cui le mie dita stringono tra di esse il bicchiere che reggo in mano. Forte.
Quanto è forte il mio rancore.

«Cosa ci fa lui qui?» chiedo a Kim quando la scorgo con la coda dell'occhio affiancarmi. Lei probabilmente segue il mio sguardo prima che io lo distolga. Non su di lei ma sulla mia mano.

Gli occhi bassi a fissare i cocci di vetro, il bicchiere che mi si è letteralmente spaccato in mano per quanto lo stavo stringendo nel tentativo di soffocare la rabbia che mi vacilla la carne.
«Oh, Dio! Stai bene? Vado a prendere subito-»
«Sto bene» la interrompo bruscamente prima che mi faccia da piccola infermiera. Tiro un profondo respiro e con la mano sinistra tolgo un pezzo di vetro che è rimasto incastrato nella pelle, lo poggio sul tavolo accanto al poco di Coca-Cola ora riversata su di esso e prendo un tovagliolo accanto alla bottiglia di vodka, fermo il poco sangue che esce e asciugo la mano.

«Che ci fai lui qui?» le chiedo di nuovo alzando le pupille nelle sue. Kim sembra completamente su un altro pianeta.

«Io... non lo so, non l'ho chiamato, non gli ho nemmeno detto di questa festa, forse l'avrà sentito da qualcuno.»

L'ha sentito da me. Ecco dove l'ha sentito.
Maledizione.
Eppure non credevo avesse il coraggio di venire qui e fare la sua apparsa come se niente fosse.

«Io me ne vado» le dico senza attimo di indugio. Kim mi ferma.
«No, aspetta, tu vai sopra, okay? Vai nella mia stanza da letto. Gli vado a parlare io e gli dico di andarsene, d'accordo? Ti prego non andare via, sei appena arrivata e questa festa è tua» poggia le mani sulle mie spalle.
Tiro un profondo respiro. Ha ragione.

Annuisco e lei mi ripete di andare nella sua stanza, quindi mi giro e nonostante non lo voglia per niente inizio a camminare in sua direzione, gli occhi puntati solo su di lui che ricambia lo sguardo e proprio quando gli sono vicina, fa per aprire bocca, ma io gli passo accanto a qualche centimetro di distanza sorpassandolo, diretta spedita verso le scale che salgo senza guardarmi indietro.

Logan Price non esiste più. Non fa più parte della mia vita e io non gli permetterò mai più di ritornarci.

Non appena trovo la camera di Kim, spingo la porta pronta per entrare, ma qualcuno mi spinge con forza dentro e la richiude dietro di sé girando la chiave nella serratura.

Sbarro gli occhi e mi giro.
Nella penombra della camera lo riconosco. Non serve la luce, non serve niente, l'illuminazione che viene dall'esterno della villa evidenzia quei pochi di contorni necessari per non sbandare contro i mobili o inciampare nel tappeto, e scorgo anche lui.

«Cosa pensi di fare?» chiedo a denti stretti avventandomi sulla sua mano per strappargli via la chiave e uscire da questo posto. Non ho la minima intenzione di restarci, non se c'è lui.

«Voglio solo parlare» dice spostando la mano in alto dietro le sue spalle così bruscamente che gli vado addosso e quando succede mi tiro come una scheggia indietro.

«Tu vuoi parlare» ripeto incredula, a stento riesco a non ridere.
«Sì, voglio parlare. Non mi hai dato il tempo per spiegarti come stanno le cose, te ne sei andata» mi ricorda.

Inclino lievemente la testa d'un lato e gli porgo la mano.
«Dammi subito quella chiave, altrimenti ti spacco la faccia e me la prendo ugualmente.»
Lui però non si muove di un centimetro. Incredibile...

«Prima riappari della mia vita, mi mandi a puttane quello che mi sono costruita e adesso pretendi veramente di potermi riempiere con le altre tue bugie?» chiedo riuscendo veramente a stento a crederci.

«E cosa ti saresti costruita?» replica con un tono talmente di sfida che mi manda a tremila gradi centigradi il sangue nelle vene.
«Il tuo lavoro sottopagato? O il tuo piccolo monolocale? Oppure è quel Nicholas del cavolo?»

Serro i denti e deglutisco a fatica per evitare di fare una strage, qui, all'oscuro di tutto nella casa di Kim.
«È questo che volevi dirmi? Sminuire la mia vita? Oh, già...! Perché ovviamente la tua è di gran lunga migliore: stai per laurearti, avrai un lavoro di gran prestigio, hai un figlio, una moglie, una famigli-»
«Io non ho una moglie» mi interrompe.
Sorrido inviperita. «Non me ne frega un cazzo se la Barbie sirenetta è la tua consorte o la tua bambola gonfiabile, e ora dammi quella stramaledetta chiave, io con te non ci parlo» allungo di nuovo la mano non vedendo l'ora che si dia una mossa.

«Quando te ne sei andata, Meredith ha scoperto di essere incinta e non ha voluto abortire perché fortemente cattolica, ho promesso che le sarei rimasto accanto, non potevo fare altrimenti, non avevo altra opzione, mia madre mi odia perché ho fatto un grande errore, ma Alec è una mia responsabilità adesso e non posso fuggire via come fai tu ogni volta che le cose diventano complicate e difficil-»

Scoppio a ridere. «Hai finito di offendermi?» chiedo scuotendo la testa. «E non me ne frega niente di te, del tuo Alec, o di Sofia che si è resa conto che suo figlio è un gran cretino che lascia gravide le ragazze in giro per la città! Ma che vuoi dalla mia vita? Eh? Ogni volta mi giudichi per chi sono, cosa sono e cosa ho fatto. Ma che diavolo vuoi? E poi tu - gli punto un dito sul petto e lo spingo finché le sue spalle non aderiscono alla porta - osi veramente dirmi che "stai facendo solo il tuo dovere". La pianti per un fottuto istante di dire bugie?! Non fai altro che mentire! Da quando sei tornato non hai fatto altro che mentire!» sibilo e gli afferro il volto.

«Guarda che ti ho visto, genio. Se le vuoi solo stare accanto, questo non significa che devi per forza infilarle la lingua in bocca. Ma forse mi sbaglio. Forse le serve, magari alle neo mamme serve che qualcuno le ficchi la lingua in bocca. Io non so niente di queste stronzate ma di sicuro tu te ne intendi di più, dico bene?»

Gli tolgo la mano via e mi allontano. «Ora apri quella porta. Sono stanca di vedere la tua faccia e sentire la tua voce. Apri quella maledetta porta.»
Sospiro pesantemente poggiando le mani sui fianchi in attesa che si muova.

«Meredith crede che siamo una famiglia e che alla fine le chiederò di sposarmi ma non accadrà e ogni volta prova ad avvicinarsi troppo per farmi cambiare idea perché per lei un figlio fuori dal matrimonio è un grande peccato e tutte quelle stronzate!» gesticola venendomi incontro.

«Oh... quindi le usanze religiose di Meredith sono stronzate mentre il mio anello di castità, per il quale mi hai sempre rimproverata, non lo era? Ma che ti frulla per quella testa?!» alzo le mani in aria con sconforto. Voglio andare via da qui, subito. Ne ho abbastanza.

«Non me ne frega niente di lei! Perché non provo niente per lei! Io sono innamorato di te! Cazzo, Ronnie! Io amo te!» ringhia a qualche centimetro dal mio viso.
«E quando al Pink Ocean la chiamavi "amore"? Quando avevi una foto di voi due impostata come sfondo del cellulare?! Mio dio, tu sei così...» lo indico con la mani cercando di trovare un termine adeguato, «un pezzo di merda senza eguali!» esclamo disgustata da tutto.

«Lo sapevo!» urla di getto lasciandomi spaesata. «Sapevo che lavorassi là! Sapevo tutto! Va bene?! Lo sapevo, maledizione! Lo sapevo e volevo andarci là con lei per vedere se tu...» si ferma di getto e tira un profondo respiro.
«Se io fossi gelosa?» chiedo ridendo a malapena per l'assurdità di questa situazione.

«Tu non stai bene» scuoto la testa con dissenso giungendo finalmente a una chiara conclusione. «Sai essere così un bugiardo e sai architettare dei piani incredibilmente ridicoli quando basta solo andare da una persona e dirle in faccia quello che pensi!» sbraito con la gola in fiamme per lo sforzo.

«Io te l'ho detto! Te l'ho sempre detto! Ogni volta! Te l'ho detto e tu mi hai rifiutato per quella puttanata degli amici! Io ti ho voluta da quando ti ho vista la prima volta! Pensavo fossi una cotta e che mi sarebbe passata ma non è successo! E in ogni ragazza io cercavo te! Qualcuno che ti assomigliasse! Ecco la verità e tu l'hai sempre saputa! Ma tu non volevi accettarla e allora mi hai lasciato, cazzo! Mi hai lasciato! Dove diavolo è finita quella dannata promessa che qualunque cosa fosse accaduta noi ci saremmo sempre voluti bene?!»

«Fanculo la tua promessa del cazzo!»
Lo spintono lontano. «Tu mi hai lasciato! Tu l'hai fatto! Tu! Quando mi hai vista stare di merda, sei stato solo tu a lasciarmi! Perciò non osare lanciarmi la colpa perché tu, Logan Price, non sei affatto migliore di me!»

«Io non voglio essere migliore di te! Entrambi abbiamo commesso degli errori! Entrambi! E... ma perché diavolo è sempre così difficile parlare con te?!» esclama esasperato.

«Se io non lo avessi scoperto da sola, tu non mi avresti mai detto di tuo figlio e di quella Ariel del cazzo che vive a casa tua!» sputo incazzata nera andandogli incontro e sbattendolo al muro accanto la porta.

«Te l'avrei detto!» esclama invece.
«No, non è vero!»
«Sì, invece! Te l'avrei detto! Volevo solo capire se tu volessi una cosa seria con me, capire se questa volta le cose sarebbero andate bene perché io non posso più permettermi di fare stronzate. Ho un figlio, capisci?! Sto ancora studiando, vivo a casa di mia madre con mio figlio e se tu vuoi far parte della mia vita io devo essere sicuro che è veramente quello che vuoi!»
Ringhia gesticolando come un forsennato.

«Io non la voglia la tua fottuta vita con tuo figlio e la rossa che ti sei scopato mentre io mi ubriacavo e mi facevo di droghe perché la mia famiglia mi ha abbandonato e poi l'hai fatto anche tu!» sbraito e sento gli occhi bruciare copiosamente. «Non voglio e non devo essere all'altezza delle tue aspettative di merda per poter fare parte della tua stramaledetta vita! Se mi vuoi, dovresti accettarmi per quella che sono!» la voce mi si spezza di colpo. «Quando sei riapparso, avresti dovuto dirmi ogni cosa, e io ti avrei detto no!» sibilo avvelenata.

Mi stacco da lui e indietreggio.

«Ti avrei detto di no» confesso sorridendo con amarezza. «Perché io non sacrifico me stessa per il tuo amore, non più. Quando mi hai lasciata, ho perso il controllo. Ora l'ho ripreso e non lascerò mai più che la tua vita e ora quella di tuo figlio o di qualunque altra fottuta persona che hai intorno, mi distrugga ancora. Io non voglio fare parte della tua vita. Io ho la mia e nella mia ho trovato una stabilità che tu non hai mai saputo darmi e... quel Nicholas» dico alla fine con una mezza risata, «è la cosa migliore che mi sia mai capitata!» spalanco le braccia all'aria per poi indicarlo.

«Lui è tutto quello che tu non sarai mai! Onesto, maturo e seriamente responsabile delle proprie azioni, cosa che tu evidentemente non hai saputo essere altrimenti non avresti un figlio e una sanguisuga cattolica che vuole legarti a lei perché le sei venuto per dentro per errore e dopo nove mesi ha partorito un bastardo!»

Confesso senza battere ciglio non fregandomi minimamente del suo piccolo moccioso che ha a casa. Non me frega un cazzo di lui, delle sue giustificazioni o dei suoi insulsi ti amo. Non me ne frega niente.

Logan mi guarda ammutolito, sposta lo sguardo altrove e poi annuisce.
«Torna a farti infilare la lingua in bocca da Meredith» consiglio con un sorrisetto, la voce nettamente più pacata.
«E tu a farti scopare dal tuo Nicholas» replica lasciandomi stupita.

«Certo che sì, stasera dopo che sarò andata via da questa festa. E me lo farò in ogni modo e ogni angolo del mio piccolo monolocale. Scopa veramente bene, sai? A differenza tua ovviamente» alzo le sopracciglia soddisfatta.
Lui sorride con astio.
«Beh, complimenti perché se prima eri solo una alcolizzata e drogata, adesso sei anche una puttana.»

Non ci credo.
Scoppio a ridere come di conseguenza.
Pensa davvero di scalfirmi in questo modo?

«Lo dice il padre di famiglia che si è fatto una mentre pensava che stesse scopando me. Almeno ti è piaciuto il sesso con Meredith? Com'è?» azzardo guardandolo diritto negli occhi mentre il fuoco divampa nel mio corpo.

Logan resta in silenzio.

«Cos'hai fatto? Sesso al missionario mentre lei faceva il cosplay di Patrick, la stella marina? Hai spento le luci di casa per non guardarla in faccia? Ti sei divertito almeno? Uh?» lo stuzzico perché mi piace.

Mi piace molto vederlo così stupido, lui con la sua stupida vita falsamente perfetta.
Le sue parole del cazzo che non mi sfiorano minimamente. Pensa di colpirmi? Di farmi sentire di merda? Non accadrà mai più.

Logan ride lievemente.
«Oh, adesso sei una intenditrice? Quante volte ti ha scopata Nicholas per trasmetterti tutti i suoi insegnamenti? Cos'è? È una sorta di Maestro Spinjitzu del Kamasutra?»

Lo guardo ad occhi sbarrati per poi ridere scuotendo la testa, ormai rassegnata al fatto che fra esattamente dieci secondi gli staccherò via la testa dal collo.

«Sei geloso, Cisco? Se vuoi ti faccio assistere a una delle nostre maratone così impari qualcosa e lo provi con la tua sirenetta del cavolo, magari sui fondali marini. Hai detto che nuoti bene, no? Ficcati in acqua e fatti una bella scopata, ma mi raccomando, non pensare a me mentre te la sbatti» gli rifilo un sorrisetto.

Lui si passa la lingua sul labbro.
«Sei veramente una stronza» commenta e scuote la testa.

Alzo le spalle noncuranza.
«Sono quello che tu hai creato. Non ti piace quello che vedi? Beh, peggio per te. Perché a me piace e anche a Nicholas. Gli piace ciò che sono e lui a differenza tua non mi ha ancora strappato via il cuore dal petto dopo avermi fatto tremila promesse del cazzo» faccio dei passi verso di lui e mi fermo a mezzo metro.

«Adesso guardami e dimmi ancora che mi ami. Avanti.»
Chiedo fissandolo diritto negli occhi.
«Vai a farti fottere» sibila in tutta risposta. La mia mano scivola sui suoi addominali, finché non oltrepassa l'elastico dei pantaloni e gli si infila dentro. Al mio tocco sussulta.

«Vado a farmi fottere, amore mio, ma non da te, è questo il punto. Però se vuoi puoi guardare mentre un altro mi scopa come tu non hai saputo fare.»
Sussurro sulla sua bocca accarezzandolo. La mano intorno a lui, che lo percorre dal basso verso l'alto. Ad ogni movimento Logan trasalisce copiosamente finché non gli scappa un ansimo di piacere.
«Meredith sa toccarti così?» chiedo curiosa col fuoco che divampa in ogni angolo del corpo mentre l'altra mano lo spinge finché non lo finisce di spalle contro il mobiletto accanto all'entrata. Qualcosa rotola e cade per terra frantumandosi in mille pezzi.

Rumore che sembra svegliarlo di colpo.
Con un gesto secco mi toglie via la mano, mi afferra e mi sbatte al muro accanto.
«Smettila subito» ringhia a qualche centimetro dal mio viso.
Istintivamente mi scappa una breve risata.

«Altrimenti? Che mi fai?» chiedo sul serio curiosa. «Sei tu quello ad essere venuto da me per parlare. Abbiamo parlato, ora che si fa?» alzo le sopracciglia.
«Che vuoi farmi? Sentiamo.» Alzo le mani afferrando i lembi della sua giacca. «Vuoi sfoggiare il tuo lato da piccolo criminale che spacciava droga? Oppure adesso che sei papà devi stare al tuo posto, alla tua finta vita di uomo di famiglia con la tua finta vita felice in quella finta casa del cazzo dove tua madre ti odia perché le hai portato un marmocchio dai capelli rossi che nemmeno ti assomiglia? Sicuro almeno che sia tuo figlio?» rido non riuscendo a controllarmi.

Silenzio.
Aggrotto istintivamente la fronte.
«È tuo, vero?» inclino lievemente la testa.
«Ma come... quando sei diventata così cattiva?» mi domanda però lui lasciandomi confusa.
Sembra serio, più che serio. Che gran imbecille.

«Non lo so Cisco... forse quando mi hai presa in giro o quando ho capito che in fin dei conti senza di te vivo meglio. Cioè...» faccio con finta aria pensierosa. «... non hai saputo essere sincero, mi ha lasciata perché non sapevi come aggiustarmi e adesso... mi rendo conto che fai schifo non solo ad amare qualcuno ma anche a scopare - caccio un cenno di risata - e io che ho sempre pensato fossi bravo, magari lo credevo perché ero vergine e tu eri veramente... il grande Logan Price» confesso senza alcun imbarazzo, ormai quella Ronnie impacciata non esiste più.

«Ora mi molli?» chiedo riferendomi alle sue mani che mi tengono bloccata contro la parete.
Lui me le stacca immediatamente di dosso e indietreggia di un paio di passi.

«Mi apri la porta adesso? O vuoi che aggiunga per favore?» la indico con un pollice e mi stacco dalla parete scocciata.

Logan però mi osserva in silenzio e io vorrei davvero entrare nella sua testa per capire che offesa sta cercando di trovarmi da spararmi.
Mi porto le braccia conserte, attendendo spazientita.

«Ti è per caso morto il cervello?» chiedo curiosa. «Oppure hai perso l'uso della parola? Avanti, ripeti quanto io sia una stronza, dai, fallo, voglio sentirtelo dire ancora una volta perché in realtà mi piace...» mormoro facendo dei passi in sua direzione e mi fermo proprio davanti al suo viso.
«Sai, è divertente. Eri tu quello che mi lanciava tutte quelle stupide battutine da rimorchio e io ogni volta mi imbarazzavo. Ma adesso pare che i ruoli si siano invertiti...» osservo d'un tratto veramente stupita dalla cosa.

«Io non provo imbarazzo» replica senza battere ciglio.
Annuisco e faccio mezzo passo, tutto quello che ci divide ancora l'uno dall'altra.

Le mie labbra sfiorano il suo collo, annuso l'odore della sua pelle, le labbra lo sfiorano e lo sento sussultare. Caccio fuori la lingua che lo accarezza, striscia sul suo collo, lo assaggia e lo trova rovente.
Mi allontano leggermente quanto basta per guardarlo in viso e un sorriso tenue si stampa sulle mie labbra.
«E cosa provi, Cisco?» chiedo sulla sua bocca. Sfioro le sue labbra con le mie. «Uhm?» insisto.
Silenzio.

«Te lo dico io cosa provi» allungo una mano sui suoi pantaloni, strisciando le dita su quello che nasconde sotto il tessuto. Avvicino la bocca al suo orecchio. «Credo proprio che tu abbia una erezione. La stronza che sono, ti eccita per caso? Uh? Se adesso volessi, ti potrei togliere i pantaloni, portarti sul letto e scoparti, ma...» mi fermo fissandolo negli occhi. «... preferisco andare a casa da Nicholas. Cenare con lui, fare la doccia con lui e poi fare tanto sesso e non penserò di certo a te quando sarà dentro di me, a fottermi fino a farmi urlare di piacer-»

La sua mano mi afferra e mi spinge all'indietro tanto da farmi sbattere contro la scrivania che trema con violenza.
Rido come di conseguenza.

«Chiudi quella cazzo di bocca» sibila a denti stretti vicino il mio viso.
«Ti dà fastidio? Che un altro possa avermi mentre tu no?» lo stuzzico non potendo farne a meno.

«Mmh? Dai, rispondi...» lo incito dolcemente infilando la mano nell'elastico dei suoi boxer.
«Fermati» ordina afferrandomi il braccio nel tentativo di togliere via la mano, la stessa che inizia a strusciare su di lui, dall'alto verso il basso mentre sento qualcosa che mai ho provato bruciare con irruenza nelle mie vene. Un desiderio che mi arde sotto pelle.

Lui si blocca.

«Fallo, fermami» dico sulla sua bocca mentre lui prova inutilmente a non farsi sentire, a non farsi scappare alcun suono. Abbasso il viso sul suo mento, gli lascio una scia di baci che accompagnano le mie dita che corrono su di lui.
La lingua tasta la sua pelle ricoperta di tatuaggi, scivola ancora, l'altra mano si infila sotto la giacca e la maglietta, gli percorre la pelle nuda e lo obbligo ad andare di spalle contro la scrivania mentre mi chino lentamente, ancora e ancora finché non sono inginocchiata davanti a lui.

Tiro un po' giù i pantaloni cargo, la lingua lo sfiora e lo percorre per tutta la lunghezza, gusta appieno la parte più sensibile del suo corpo e lui non si oppone. Gli do un'occhiata dal basso e lo trovo a fissarmi, una mano che stringe il bordo del mobile, l'altra gliela afferro e la porto sui miei capelli, dietro la nuca, e lo prendo in bocca, ogni centimetro fino a fondo facendo attenzione ai denti. Ancora una volta, e tante altre.
Lo lecco, lo stuzzico con la lingua e la sua mano finalmente si infila nei miei capelli, li afferra, li tira finché non mi alza il viso e mi guarda nella penombra della stanza.

Ed è fuoco puro il mio sguardo nel suo.
Sotto i suoi occhi, glielo lecco dal basso verso l'alto accompagnando con la mano, che struscia su di lui, che lo fa ansimare, lo infilo in bocca un'ultima volta e mi tiro in piedi.

Ficco le unghie nel suo viso, avvicino la mia bocca alla sua, la lingua si insinua dentro e incontra la sua. Lo tiro a me, verso il letto mentre gli tolgo via i vestiti e faccio lo stesso con i miei.

«Credi di potermi avere, Cisco?» chiedo buttandolo di spalle sul materasso e salendogli sopra. «Che io abbia bisogno di te, della tua vita, del tuo amore? Credi che... io sia la piccola Ronnie disperata affinché qualcuno la volesse, che la scegliesse mettendola davanti a tutto, ad ogni cosa? No...» sorrido lievemente.
«No» ripeto. «Ma tu invece lo vuoi. Vuoi essere scelto, lo vuoi con una tale fame che sei venuto qui con le tue spiegazioni delle quali non ne faccio niente.»

Gli lascio una scia di baci sul collo, allargo il nodo della cravatta, mi tolgo la camicia. Gli afferro le mani e gli lego i polsi sopra la testa, tiro il nodo con tanta violenza che lui geme per il dolore.

«Stasera puoi scoparmi se vuoi. Ma non avrai nient'altro» gli dico chiaro e tondo. «Ora dimmi se vuoi che continui» ordino guardandolo diritto negli occhi.
Lui resta in silenzio, completamente ammutolito.
«Dimmi se lo vuoi» chiedo di nuovo con la carne che vacilla, che non aspetta altro.
«Parla» sibilo afferandolo per il mento.
«Sì» biascica a fatica.
Lo guardo. «Sì, cosa?»
Lui deglutisce.
«Sì, lo voglio... voglio che continui.»

Sorrido come di conseguenza e mi lascio andare in basso, facendolo entrare dentro di me, la bocca attaccata alla sua che soffoca un mio gemito e si mescola al suo.
Esco e rientro, lo sento scivolare tra le grandi labbra che pulsano con una violenza tale che nemmeno Nicholas mi faceva provare. Qualunque cosa sia è nuova, pericolosa e devastante.

Reggo i suoi polsi tra le dita, l'altra mano invece tiene il suo collo e lo sento ancora, e ancora.
Il nodo della cravatta si allenta, le sue mani si liberano e mi afferra, capovolgendomi. Le mie spalle sprofondano tra le coperte mentre lui lo fa dentro di me, tra le mie cosce.

Si spinge affamato, con movimenti talmente forti che mi mozzano il fiato. La sua mano sul mio fianco che preme tanto da scavare nella mia carne, il battito accelerato, e i gemiti che si diffondono nella stanza mentre mi aggrappo alle sue spalle, al suo profumo di ammorbidente, mentre affondo i denti nella sua carne e come premio lui si spinge tanto da farmi male e rabbrividire di piacere.

«Cazzo...» mormora nell'incavo del mio collo gemendo. Lo stringo a me, le gambe intorno ai suoi fianchi lo attirano ancora, le unghie si infilzano nella sua spalla, l'altra mano è nei suoi dannati capelli del cavolo.
Il suo sudore si mescola al mio. Torna a baciarmi, e gli divoro le labbra, gli strappo via ogni singolo fottuto respiro. Le cosce mi tremano ad ogni spinta e io lo voglio di più.
Lo spingo di lato, le sue spalle finiscono contro il materasso, io invece sopra di lui e lo accolgo dentro di me al massimo, un lamento mi scappa dalla bocca. Continuo a muovermi e sento le sue mani sui miei fianchi che mi spingono di più contro il suo corpo, che premono maggiormente le nostre carni e le fanno aderire al massimo.
Mette una mano contro la mia nuca, mi attira a lui e mi capovolge tra le lenzuola, mi sale sopra, e inizia ad entrare e uscire così rapidamente e fino a fondo da farmi lacrimare di piacere.

«Non... ti fermare» ordino a fatica mentre il suo viso è nell'incavo nel mio collo e i suoi gemiti mi mandano a puttane il cervello. «Vai così, continua, n-non fermar-»
La voce mi si spezza di colpo e mi stringo a lui quando una una scarica elettrica mi attraversa da cima a fondo, fino a farmi rabbrividire, a irrigidire ogni muscolo del corpo. Inarco la schiena e un lamento mi scappa dalla bocca che si attacca sulla sua spalla nuda.
Un'altra spinta violenta e lo sento mentre prova a bloccare un gemito gutturale che mi fa rabbrividire. Un'altra spinta e una seconda, ed esce via. Col respiro pesante, il diaframma che mi si alza e si abbassa irregolare, lui abbandona la fronte sudata contro il materasso, accanto al mio viso e rimane su di me, tra le mie gambe tremanti e doloranti.

La mano dai suoi capelli scivola dietro il suo collo, gli asciuga il sudore, le labbra gli baciano la pelle della spalla.
Il cuore mi galoppa pericolosamente contro la cassa toracica, lo sento rimbombare fin dentro le tempie. L'intimità pulsa con ferocia.

Logan alza finalmente il viso e i suoi occhi si scontrano ai miei. Mi afferra il viso e mi bacia in un modo che mai aveva fatto. È rovente, manesco, mi risucchia ogni piccola particella d'aria.

«Ora ti alzi, ti vesti e te ne vai» dico non appena si stacca. «E non torni mai più nella mia vita.»

«Un altro addio» dice con un tenue sorriso di amarezza.
«L'ultimo.»
Annuisce, mi guarda per alcuni istanti e riappoggia le sue labbra sulle mie, spinge la sua bocca contro la mia, la mano sul mio viso e qualcosa scivola e mi bagna il viso.
Si stacca, mi rivolge un'ultima occhiata e si tira su asciugando frettolosamente la guancia. Si riveste mentre faccio lo stesso, prendo la mia giacca, la cravatta ed esco via dalla stanza prima di lui.

«Ti amo anche adesso, nonostante tutto» sento però alle mie spalle. Mi giro e punto lo sguardo all'interno della stanza. Guardo le sue labbra gonfie per i baci, le guance color porpora, i suoi occhi pece. E abbozza un sorriso.
«Ti amo» la voce gli si incrina, scuote la testa esausto e sposta lo sguardo per un istante da un'altra parte. «Ti amo da morire perché sei l'amore della mia vita» riporta lo sguardo su di me.

Lo fisso in silenzio mentre raccoglie la sua giacca, poi si gira.
«E... e so bene di averti persa tanto tempo fa, ma continuo ad amarti e mi fa così male che...» prende una pausa e sospira. «Vorrei non averti mai lasciata quella volta nella stanza al campus. Vorrei essere rimasto... Vorrei-»

«È proprio questo Cisco» gli dico con un tenue sorriso amaro interrompendolo. «Vorrei» ripeto. «Ma il tuo vorrei è inutile adesso.»

***
A

ngolo autrice

L'epilogo più lungo della storia dell'umanità ahaha ma volevo che tutto fosse all'interno di un unico spazio perché è importante.
Da una parte c'è la relazione di Ronnie e Nicholas che sembra andare veramente bene, dall'altra invece Logan.

È stato tutto molto intenso mhmm ahaha ecco non mi aspettavo questa presa di posizione di Logan e il modo in cui ha abbandonato ogni grammo di dolcezza.

Non so, considerazioni?

Fatemi sapere cosa ne pensate, sono curiosa 👀☕

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