2 | Frasi molto cattive

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CAPITOLO 2
Frasi molto cattive

https://www.youtube.com/watch?v=uEtKb-srlK0

Abbasso la maniglia, spingo la porta ed entro dentro. L'aria calda mi investe in pieno viso. Tolgo la giacca, la poggio sul appendiabiti all'entrata e faccio alcuni passi nel soggiorno finché non lo vedo.

Rimango per alcuni istanti semplicemente a guardarlo armeggiare con i suoi ingredienti che nemmeno riconosco ad essere onesta. Camicia bianca a tre quarti, le maniche e il colletto sono sbottonati, e i lembi fuori dai pantaloni, le braccia scoperte. Mescola in una pentola che cuoce sul fuoco, spegne la fiamma e poi alza il viso e le sue iridi azzurre finiscono su di me.

«Sei tornata presto.»

Ho visto occhi di ogni tipo. Tanti colori, sfumature, pagliuzze, ma niente è in confronto ai suoi. Non ci sono paragoni che possano fargli fronte, che reggano al suo confronto. I suoi sono i più strani e da mozzafiato che abbia mai conosciuto.
Un tenue sorriso gli dipinge le labbra, e quei occhi ora mi guardano.

Abbozzo un sorriso e mi dirigo in cucina, poggio sul bancone la busta che reggo tra le mani e la apro, scoprendo una bottiglia di vino bianco che metto affianco al tagliere.
«L'avevi finito» dico non appena lui le dà un'occhiata. «E volevo essere in tempo per la cena. Che prepari di buono?» chiedo cercando di sbirciare.

«Risotto con sogliola, asparagi e guacamole all'arancia» dice tutto soddisfatto e io annuisco con la testa.
«Non so che significhi, ma ho fame.»

Nicholas ride lievemente e io nel frattempo raggiungo il bagno dove tolgo la camicia restando in canottiera, slaccio i pantaloni e infilo il paio di shorts che abbandono sempre sulla lavatrice. Lavo le mani col sapone disinfettante, prendo lo spazzolino e mi lavo anche i denti.
Penso sia meglio così.

Torno da lui sciogliendo i capelli nel mentre lancio la molletta sul divano.

«Ti aiuto?»
Nicholas mi fa segno di venire da lui, perciò faccio il giro intorno l'isola della cucina.
Si avvicina. Poggia una mano sul mio fianco, mi attira a sé e io sorrido in automatico.
«Faccio io, tu vai a sederti» dice sulle mie labbra per poi posare un bacio che mi scalda ancora di ogni centimetro di corpo, più di quanto i riscaldamenti accesi non facciamo già di loro.

Ecco cosa voglio.
Ce l'ho affianco, proprio qui e non me lo farò scappare in alcun modo.

«Che c'è?» chiede d'un tratto osservandomi confuso. C'è che il mio cuore batte piano, ma tanto forte da mozzarmi il fiato allo stesso modo di come lo fa il suo sguardo su di me. Ecco cosa c'è.

«Niente... sono solo... ho fame e devo anche lavarmi» sospiro liquidando la cosa con un mezzo sorriso. Lui annuisce, mi ruba un altro bacio che mi fa sentire dannatamente bene e in pace, e si allontana.

«Ti sei divertita?» mi chiede dopo un po'.
«Mhm?» mugugno distrattamente, gli occhi fissi sulla sua mano mentre apparecchia il tavolo da pranzo. Le vene più evidenti del solito che gli attraversano l'avambraccio, ed è come essere ipnotizzata.

«Alla festa. La tua amica l'aveva organizzata per te, no?» spiega.

Alzo di getto lo sguardo.
«Sì... ma sono andata via prima» dico sedendomi.
«L'ho notato» si avvicina afferrando il mio mento che solleva, guardandomi. Allaccio le mani dietro la sua schiena e poggio il viso contro la sua camicia chiudendo gli occhi.
«Tutto bene?»
«Mhm, mhm.»
La sua mano mi accarezza i capelli e mi sento sul serio bene. Non mi serve nient'altro, se non cibo, una doccia e molte ore di sonno. Voglio solo dormire con lui accanto, svegliarmi, trovarlo a preparare la colazione e poi la solita routine.

«Il risotto si sta freddando» mi dice d'un tratto. Mi stacco via a malincuore e alzo lo sguardo. Nicholas mi sposta una ciocca di capelli dietro le spalle.

«Resta qui solo un altro po'» chiedo combattendo il mio stesso orgoglio che è difficile perché molto spesso ha sempre avuto la meglio.
Lui aggrotta la fronte.
«Va tutto bene?»
Scuoto la testa. Si china nelle ginocchia e, sotto il mio sguardo, mi osserva in silenzio per buoni istanti. «Ti va se ti chiedo che succede? Possiamo non dirci niente, se tu non lo vuo-»

Muovo il piede con nervosismo mentre gli occhi prendono a pizzicarmi tutto d'un colpo.
«Fammi la domanda» lo interrompo.
Lui annuisce. «Che succede?»
Esito. Esito tantissimo fissandomi le mani in grembo come un ladro beccato a rubare e obbligato a rimettere le cose sullo scaffale per poi chiedere scusa al proprietario, a implorarlo di non chiamare la polizia.

«Ho fatto qualcosa che forse non avrei dovuto e... e mi sento forse in colpa, non lo so. Non dovrei, io so che non dovrei e che... insomma, io ho credo di aver fatto una stronzata e tu dici sempre che la verità è importante, quindi io voglio dirti la verità e-» mi blocco d'improvviso quando una lacrima mi scivola via e la scaccio immediatamente.
«Cosa hai fatto?» domanda corrucciando le sopracciglia.

Deglutisco pesantemente.
«Non lo so...» rispondo con un mezzo sorriso di amarezza. Nei miei confronti, l'amarezza che provo è solo verso me stessa perché... mi sono vendicata stasera. Avevo pensato di farlo quella volta al campus quando avevo trovato Logan a dirmi tutte quelle puttanate in faccia, volevo farlo, ma non l'ho fatto. Stasera, invece sì.

Mi sono presa qualcosa di suo, i suoi sentimenti e glieli ho calpestati, l'ho umiliato e poi me ne sono andata in lacrime perché... sono stata così cattiva da fare paura.

«Ho fatto una cosa» ripeto e tiro su col naso. Gli occhi appannati dalle lacrime che cerco di trattenere. «Una cosa molto brutta... stasera, a quella festa, ecco perché sono qui ora, perché io ho fatto qualcosa a qualcuno e... sono stata... credo di avergli fatto molto male, e l'ho lasciato. Me ne sono andata e nessuno... nessuno sa quello che ho fatto, se lo scoprissero io sarei un mostro, è... è così che mi vedrebbero perché non si fa quello che ho fatto io, mia madre mi ha insegnato cosa fosse giusto e sbagliato e... e n-non si fa e non posso tornare indietro, ma ero...» tiro un profondo respiro. «E-ero tanto arrabbiata, e l'ho colpito e lui, gli ho fatto molto male...»

Alzo a fatica lo sguardo dopo nemmeno so quanti istanti, troppi di questo ne sono certa. Nicholas è più silenzioso di quanto mi sarei aspettata. Forse l'intenzione di questa confessione è che mi desse... non so, un consiglio forse, che mi dicesse una delle sue tanti frasi filosofiche e sagge sulla vita in base alle sue di esperienze e invece è completamente ammutolito.

«Dov'è?» si sente finalmente la sua voce, poggia le mani sul mio grembo sopra alle mie e le stringe. Alza lo sguardo e mi guarda diritto negli occhi.
Aggrotto la fronte. «L-lui?»
Nicholas annuisce.
«Lui è rimasto lì» riesco a dire senza balbettare.
Lo vedo prendere un enorme respiro.
«Ti hanno vista? Qualcuno ti ha vista? C'era qualcuno lì? Ha visto quello che è successo?» chiede a raffica lasciandomi confusa.

Scuoto la testa.
«No, c'eravamo solo noi due. Volevo strozzarlo o lanciargli qualcosa contro... non l'ho fatto, ma ho fatto di peggio» cerco di spiegare.

«Va tutto bene» cerca di confortarmi guardandomi in uno strano modo. «Diremo che è stato un incidente. Gli incidenti capitano, no?» alza le sopracciglia con fare ovvio. «Gli incidenti capitano, o forse possiamo dire che sei stata aggredita e la tua è stata semplice autodifesa, possiamo dire che voleva farti del male, tu hai reagito e poi... poi ti sei spaventata e sei scappata via e-»
«Aspetta, cosa?» aggrotto istintivamente la fronte.
Lui annuisce per l'ennesima volta.
«Io chiamerò l'avvocato di famiglia. Ehi, guardami - mi afferra il viso - tutto andrà bene, non devi preoccuparti, hai capito?» mi guarda poi le mani come alla ricerca di qualcosa.

«C'era del sangue? Hai...» me le rigira indagatore «Niente sangue» conclude.
«Perché dovrei avere del sangu-» sto per chiedere completamente spaesata, ma mi interrompe.

«L'hai colpito con... con cosa esattamente? Un oggetto o qualcosa come una lama-»
Gli rivolgo un smorfia confusa.
«Avrei voluto ma credo solo emotivamente» rispondo in tutta sincerità. «No, cioè, l'ho anche sbattuto contro la parete o forse era una scrivania, non ricordo, ma lui-»

È Nicholas adesso a guardarmi spaesato.
«In che senso emotivamente?» scuote la testa non capendo.
Annuisco. «Sì, forse l'ho umiliato, insomma, lui alla fine credo che abbia pianto ed è stato molto... non so...» mormoro con sconforto.

Lui che prima sembrava in allerta come un segugio da caccia, adesso riduce gli occhi in due fessure sovrappensiero.
«Emotivamente» ripete.
«Sì.»
«Gli hai provocato un... infarto? È possibile?»
Alzo un sopracciglio. «Cosa?»

«Un momento, ma tu di cosa stai parlando? E a cosa serve un avvocato?» faccio con aria contrariata.

«Tu di cosa stai parlando?» chiede più confuso di me.
Sbatto le ciglia. «Il sesso vendicativo che ho fatto con Logan?» ironizzo. «Tu di cosa pensavi stessi parlando?»

Nicholas mi guarda per esattamente tre secondi prima di scoppiare a ridere tanto da abbandonare il viso sulle mie cosce mentre io resto sbigottita per il suo strano atteggiamento. Lo vedo cercare di darsi un contegno, si schiarisce la voce e si china completamente finché non finisce sul pavimento.
«Oh, mio Dio... credevo avessi ammazzato qualcuno» mormora ridendo ancora. Si poggia le mani sul viso per poi abbassare un po' fino a lanciarmi un'occhiata, che gli ricambio inebetita.

«Che?»
Mi sono dimenticato dei sensi di colpa, delle lacrime. Fisso solo lui, non sapendo esattamente cosa aggiungere e se dovrei o meno aggiungere qualcosa.
Nicholas resta a guardarmi in silenzio, pare essersi imbambolato.

«Aspetta...» il mio cervello si sblocca di colpo. «Ma volevi per caso insabbiare il mio inesistente omicidio colposo?» chiedo incerta.

Lui si tira in piedi. «Questa conversazione non è mai avvenuta» dice e come se niente fosse se ne torna in cucina lasciandomi a dir poco stordita.

Mi giro a guardarlo da lontano, lo vedo impiattare il risotto, prendere entrambi i piatti e portarli da me. Li poggia sul tavolo, si siede, versa un bicchiere d'acqua e mi indica il mio piatto con un cenno di testa.

«Dai, assaggia. Se ti piace, me lo segno» si porta il bicchiere d'acqua alla bocca e ne prende un sorso.
Afferro con fare incerto la forchetta, prendo un po' di quello che ha preparato e lo ficco in bocca.
Mastico. Mando giù. Mi volto e lo guardo.

«Credevi che avessi ammazzato sul serio qualcuno?»
Lui mi molla un piccolo sorriso.
«Non so di cosa tu stia parlando. Com'è il risotto?» chiede a sua volta lasciandomi perplessa.
«Molto... molto buono» rispondo alla fine. Lui annuisce soddisfatto, comincia a mangiare e dopo un paio di secondi di perfetto silenzio riprende parola.

«Sesso vendicativo» dice d'un tratto con una voce talmente seria da farmi sentire a disagio. I miei occhi scivolano di lato, sul centrotavola, dov'è seduto.
«Esiste?» chiede confuso, sembra seriamente interessato all'argomento.
Alzo le spalle giocando con la forchetta nel piatto.
«Sei tu il Maestro Spinjitzu del Kamasutra, no? Dimmelo tu.»

Nicholas alza le sopracciglia colto completamente di sprovvista.
«Sono cosa?» ride nonostante la l'espressione seria che voleva tenersi spiaccicata in faccia.
«Logan ti ha definito così.»
«Il tuo ex ed io abbiamo per caso fatto sesso per poi dimenticarmene del tutto? Molto poco probabile.»

Rido di colpo con la forchetta in bocca rischiando di strozzarmi col riso.

«Se Logan nutre interesse verso le mie doti a letto dovrebbe farsi avanti senza temere. Non l'ho mai fatto con un uomo.»

Un chicco mi va di traverso. Mi strozzo sul serio questa volta. Tanto con violenza che inizio a tossire con le lacrime agli occhi.

«Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiede sinceramente confuso mentre io cerco di riprendermi e gli rubo il bicchiere d'acqua mandandolo giù tutto d'un fiato.
«Scusa, ma come fai ad essere così...?» lo indico con lo sguardo mezza rincretinita. Lui non pare non capire.
«Indifferente» aggiungo spiegandomi meglio e solo allora Nicholas si illumina.

«Indifferente verso cosa con esattezza? Il tuo sesso vendicativo oppure il tuo ex che mi proclama una sorta di Christian Grey

Sbatto le ciglia trattenendomi a stento dal ridere. «Che?»
Lui versa dell'acqua in entrambi i bicchieri e poi beve un sorso.
«È Edith quella a passarmi generalmente i libri che leggevo in Afghanistan. Una volta mi ha infilato in valigia per errore un libro con una cravatta in copertina, credevo fosse una narrativa generale sul capitalismo e che Cinquanta Sfumature di Grigio significasse l'avanzamento tossico della globalizzazione a discapito di Paesi poveri o meno.»

Non so come, ma i miei occhi lo guardano, lo ammirano come poche volte e mi stupisce sempre di più la sua completa ingenuità nonostante il suo carattere e le cose che mi fa quando mi tocca, quando i nostri vestiti non ci sono e lui si spinge dentro di me fino a farmi lamentare dal piacere.

«È da Christian Grey che sai essere il Maestro del Kamasutra?» rido lasciandogli un'occhiata.

Lui sorride nell'angolo della bocca e scuote la testa. «Talento naturale, immagino» ridacchia beffardo infilando la forchetta in bocca.

Alla fine mangiamo, io quasi mi addormento sul mio piatto che lui alla fine raccoglie insieme al suo, li mette nella lavastoviglie e torna da me.
«Vieni qui, piccolo ninja» dice chinandosi e afferandomi. Avvolgo le braccia intorno al suo collo mentre le gambe gli cingono i fianchi, e in questo modo in silenzio mi porta in bagno.
Mi tolgo i vestiti, vado sotto il getto d'acqua e lui appare subito dopo alle mie spalle. Mette lo shampoo sui miei capelli, mi lascia un piccolo bacio sulla spalla che mi strappa un tenue sorriso prima di iniziare a massaggiarli. Mi godo il momento ad occhi chiusi, finché non li risciacqua e poi mi gira verso di lui.

Alzo il viso. I capelli bagnati, le gocce d'acqua che scivolano sulla pelle, sulle cicatrici che ha sul torso. Alzo una mano e passo le dita su quella che ha vicino alla clavicola.

«Non sei arrabbiato con me?» chiedo col cuore che prende è battere con la stessa insistenza dello scrosciare dell'acqua nella doccia. Sollevo lo guardo, gli occhi finiscono in quelli suoi.
«Per aver fatto cosa?»
«Logan e io stasera e...» mi fermo perché mi sento terribilmente a disagio. Chiudo le palpebre e poggio il viso sul suo petto.
«Ti è piaciuto?» sento invece.

Alzo gli occhi come di conseguenza. Cerco di ricordarmi quello che è successo, quello che io gli ho fatto nella stanza di Kim, lui tra le mie gambe... mi sono sentita potente. Una strana sensazione. Ma quando tutto è finito è stato come se non fosse mai successo, non mi è rimasto nient'altro che gli spasmi di un orgasmo e il rancore.
Mi è piaciuto?

«Sì» rispondo.
Mi è piaciuto. Ho adorato il modo in cui l'ho trattato, come se non significasse niente, il modo in cui merita. Ecco cos'è stato.

«Mi ha mentito su molte cose e l'ho sempre perdonato. Alla fine mi ha dato anche della puttana» sorrido con amarezza. Nicholas mi guarda silenzioso. «Mi è piaciuto... quando nonostante tutto lui mi ha chiesto di scoparlo, è stato...» trattengo un'espressione di un piacere nuovo, un altro tipo, qualcosa di veramente oscuro.
Gli occhi scattano nei suoi. «Soddisfacente.»

La sua mano si protende sul mio viso, mi alza il mento e sfiora le sue labbra alle mie.

«Quindi ora... sei una puttana?» chiede con una voce che mi percuote ogni muscolo del corpo. Le pupille basse su di me mi analizzano, sulle labbra l'ombra di un tenue sorriso.
«Fammelo vedere» mormora.

È brace il suo sguardo. Benzina che alimenta le fiamme che divampano nelle mie vene.
La mano sul mio fondoschiena nudo che mi attira a lui, che me lo fa sentire e lo spinge contro la mia pelle nuda e bagnata, struscia mandandomi in escandescenza più di quanto il vapore acqueo non faccia abbastanza.
La mano scende, attraversa le natiche, le dita scivolano tra di esse fino alle grandi labbra che sfiora, stuzzica e poi si infilano dentro.

«Fammi vedere quanto sei puttana.»
Un ordine che mi trapassa le viscere con una scarica di adrenalina feroce. La sua lingua sfiora il mio collo e brividi di piacere mi annientano la lucidità.
Le dita escono, scivolano sul mio fianco, raggiungono l'inguine, accarezzano il clitoride con movimenti circolari che mi fanno gemere.

«Questo ti piace?» chiede afferrandomi per dietro il collo e alzandomi il viso con un movimento secco tanto da tagliarmi il respiro, ancora di più quando mi fa indietreggiare e sbattere contro il vetro del box della doccia.
Rabbrividisco copiosamente quando il freddo della parete si appicca alla mia schiena.
«S-sì» rispondo, gli occhi iniettati nei suoi, la mano che mi regge il mento, stringe il mio collo fino a farmi boccheggiare. Gemo non appena rientra con le dita e le spinge a fondo. La sua bocca è sulla mia, l'ossigeno sembra sempre meno, il mio corpo trema per gli spasmi di piacere e la mano si protende da lui. Voglio sentirlo, toccarlo, voglio fargli tutto quello che sta facendo a me.

«No» mi ferma, lasciandomi confusa, col battito cardiaco che sento pulsare in ogni zona del corpo.
Sfila le dita, me le ficca in bocca e io le succhio sotto il suo sguardo che mi sta divorando con qualcosa di talmente primordiale, vorace, indescrivibile tanto è animalesco.
Avvicina la bocca alla mia, passa la lingua sul mio labbro inferiore prima di afferrare il mio viso, piantare le dita tanto da fare male.

«In ginocchio.»
Deglutisco.
«Muoviti. In ginocchio» ordina.
Il cuore mi batte all'impazzata, l'intimità mi pulsa, lo vuole ora, vuole lui. Dentro di me, lo voglio ma non posso.
Sotto i suoi occhi azzurri, vedo solo un incendio di peccato senza eguali.
Nuda, mi chino lentamente, la sua mano sulla mia testa, lo sguardo che si ferma poi davanti. Le sue dita si infilano nei miei capelli bagnati, mi afferra, li stringe quando tocco il pavimento del box della doccia.
Mi alza il viso e io mi sciolgo, mi disintegro come se non valessi niente e mi piace. Mi piace da morire.

La sua mano sul vetro che ho alle spalle, l'altra avvinghiata nella mia chioma, mi guarda mentre spinge la mia testa verso di lui e il suo membro, duro e gocciolante d'acqua si avvicina alla mia bocca.
Caccio la lingua fuori, lo sfioro appena, alzo la mano e lo afferro.
La bocca che affonda intorno a lui, che lo assaggia. Lui che mi spinge con la mano, obbligandomi a prenderlo fino a fondo tanto che lacrimo rischiando di strozzarmi.
«Togli la mano» lo sento e smetto immediatamente. «Fottimi solo con la bocca, avanti» ordina e trasalisco di piacere. «E toccati.»

Alzo lo sguardo. Mi guarda dall'alto e mi sento andare in un rogo di lussuria che mi travolge ogni fibra del corpo, la mia intimità freme, ha scariche di piacere senza nemmeno essere sfiorata.
Una mano gli stringe il polpaccio, l'altra scende sul mio clitoride mentre lui spinge ripetutamente la mia testa e le mie labbra strusciano su di lui.
Ansimo, soffoco gemiti di un orgasmo che mi travolge subito. Le lacrime agli occhi si confondono con l'acqua che scorre.

Lo percorro ancora e ancora, fino a farmi male, a sentire la mascella dolorante, in fiamme, fino a dimenticare cosa sia quello respirare. La sua pelle scivola sulla lingua, sulle labbra che serro intorno a lui mentre entra ed esce, che lo fa ansimare e muovo indice e medio sul clitoride, ancora fino a sentire la carne dolorante, infilo due dita dentro di me, le muovo come lui sa farlo, e gemo ancora, un altro spasmo di piacere mi trapassa da cima a fondo.
Mi strozzo nell'affanno, e lui spinge di più la mia testa e lo accolgo nella mia bocca del tutto. Mando giù la saliva, sento le guance in combustione, il corpo mi trema copiosamente e le mie dita sono ancora lì che si muovono al mio interno.

«Ferma» ordina dopo un po' staccando la mia bocca da lui. La sento in fiamme, la mascella mi fa male, il respiro a scatti che mi trapassa nei polmoni come schegge.
Se lo afferra in mano, mi prende il viso e lo alza di più.

«Apri.»
Mi guarda mentre un pollice si infila tra le labbra schiudendomi la bocca.
Deglutisco pesantemente. I miei occhi nei suoi, il corpo in fiamme.
E mi viene dentro. Le papille gustative danno di matto, la lingua che viene invasa dal suo sapore, che lo manda giù per la gola, io che arranco aria. Nel rumore dell'acqua, lo sento cacciare un gemito mentre continua a muovere la mano su e giù e mi riempie la bocca.

Mi osserva. Il viso frastornato, i muscoli tesi, il suo petto che si alza e si abbassa. Poggia il braccio contro il vetro appannato, lascia andare contro la fronte, io ancora inginocchiata davanti a lui, la sua mano che regge il mio viso e mi ammira, spogliandomi di qualcosa che non vesto, che non c'è, ma lo fa.

I miei occhi si abbassano sul suo membro pulsante, lo afferro, passo la lingua su tutta la lunghezza, solletico il glande, lo bacio e lo lecco mentre lui mi guarda. La sua mano scivola poi sotto il mio mento, pianta le dita intorno al mio collo e mi tira di getto in piedi spiaccicandomi contro il vetro.

«Sei una brava puttana...» mormora con un sorrisetto beffardo, tremendamente divertito, che mi manda in cortocircuito il cervello. Deglutisco a fatica, mando giù il suo sapore che ho ancora in bocca.

È un complimento. Uno strano, inconsueto e lascivo complimento. Questo è un dannato complimento.
«E sei così bella da togliermi il fiato, Veronica» confessa sfociando in una dolcezza catatonica, tanto improvvisa quanto meravigliosa. Il cuore mi trema con violenza, sussulta in ogni singolo centimetro. Imbambolata, lo fisso stordita da tutto quello che è appena successo, che mi ha detto, che mi ha fatto.

«Io mi sto innamorando di te.»

L'ho detto.
Non si torna indietro da questo.
Non si può fare, ho sganciato la bomba e niente può disinnescarla, nemmeno lui.
Il diaframma mi fa su e giù, a scatti irregolari, i polmoni invece non riescono ad elaborare l'ossigeno di cui ho bisogno per affrontare questo e quello che verrà dopo.

Nicholas mi guarda a lungo e con ogni istante che passa mi sento sempre più vulnerabile. Non è questione di essere nuda davanti a lui, ma di aver detto qualcosa che non credevo l'avrei mai più provato per qualcuno.
La sua mano sul mio viso mi annebbia la lucidità.
«Chiedimi un appuntamento.»

Il modo in cui mi scruta, attraversandomi l'anima da parte a parte, il modo in cui il mio corpo reagisce a contatto col suo, è così forte, è una sensazione talmente inebriante... bella da morire.
«Non ho mai chiesto un appuntamento e l'unico a cui sono andata è andato molto male.»
Nicholas sorride. «Chiedimi un appuntamento» ripete.
«E per cosa? Noi ci conosciamo già.»
«Vorrei che tu provassi a conquistarmi.»
Aggrotto la fronte trattenendo a stento una risata.
«Vuoi essere sedotto?»
«Sì.»

È serio.

Ispiro a fatica. Lo guardo estasiata dalla sua bellezza disarmante. Le guance che mi prudono per quello che sto provando.
È forte.
Non è niente che assomigli anche solo lontanamente alla mia storia con Adrien o con Logan. E brucerò all'inferno perché Nicholas è tutto ciò che mi smuove dall'interno. Mi tiene testa, mi stupisce sempre col suo lato più sensibile e dolce, mi cattura corpo e mente da rendermi briciole nelle sue mani.

«Tu e io, settimana prossima dopo che stacco da lavoro andiamo in un posto.»
Nicholas corruccia le sopracciglia.
«Mi vuoi uccidere?»
Spalanco gli occhi. «C-cosa?»
Lui soffoca una risata, annuendo. «Pare una minaccia. Mi vuoi portare in montagna, colpirmi con un sasso e sotterrarmi?»
«Cosa...?» scoppio a ridere questa volta io. «Mio dio... non sono brava con queste cose. Ritento? Aspetta, mhm... dai, lo rifaccio daccapo, okay? Tu... dimentica tutto, lo rifaccio daccapo.»

Nicholas fa uno smorfia divertita ma alla fine scuote la testa e mi osserva in silenzio trattenendosi a stento di non ridere.

«Vuoi uscire con me settimana prossima dopo che stacco da lavoro?» domando schiarendomi la voce e fissandolo in attesa di una risposta.

Lui sorride in un modo così tenero da sciogliermi e farmi diventare vapore e annuisce.
«Sì. Voglio uscire con te.»

E mi bacia.
Non gli importa di niente, di avermi scopato la bocca pochi secondi fa, di essere venuto proprio sulla lingua che sfiora con la sua, di assaggiare il suo stesso sapore.
Lui è... una oscura tentazione, è la gentilezza e il peccato, lui è un cumulo di cose che mi annebbia ogni capacità di giudizio.
Il suo corpo aderisce contro il mio, le sue mani sui miei fianchi, che premono, una che si sposta sul mio fondoschiena e mi incolla di più a lui.
Le mie labbra contro le sue, il respiro irregolare, i miei denti che gli mordono il labbro e lo baciano, il suo gemito che sprofonda dentro la mia bocca. Mi solleva, le gambe finiscono intorno ai suoi fianchi, le mia intimità pulsa famelica, vuole lui. Lo vuole adesso, subito.

Mi morde la spalla e gemo, striscio contro il vetro, aggrappata al suo collo.
Torna da me, mi bacia ancora, risucchiandomi ogni particella di aria, e si stacca leggermente.

«Esci dalla doccia perché voglio portarti a letto, scoparti fino a farti svenire - un formicolio mi pervade con irruenza l'interno tra le cosce - e poi dormire con te» sussurra sulla mia bocca.
«Domani è domenica» mi ricordo d'improvviso.
«Hai qualche impegno?»
«No. Tu?» chiedo.
Lui si allontana quanto basta per guardarmi. «Sì.»

Oh... beh, questo vorrà dire che andrò da Ethan a guardarci qualcosa insieme alla TV consumando un sacco di cibo spazzatura.
«Vieni con me» propone invece lasciandomi confusa.
«E dove?»
«Al campo da tennis.»

Il tennis. Aggrotto la fronte.
La racchetta di tennis, quella con volevo colpirlo quando mi sono svegliata nel suo appartamento, per poi colpire con la palla la sua tazza di caffè. Il solo ricordo mi fa ridere.

«Giochiamo a tennis» fa con una strana espressione in faccia. È... competizione.
Abbozzo un sorriso trattenendo a stento una mezza risata.

«Non mi ci hai mai portata.»
Lui alza le sopracciglia. «Ronnie, tu la domenica ti svegli alle due del pomeriggio e poi il restante della giornata poltrisci a letto guardando Brooklyn Nine-Nine
«Jake Peralta è divertente» mi giustifico con fare offeso. «E stiamo consumando l'acqua inutilmente» gli faccio ben notare. Probabilmente è ora che usciamo da qui dentro.

«Che fai quindi domani?» mi domanda invece lui. Lo guardo, tiro un sospiro e mi passo la lingua sul labbro.
«Probabilmente sarò da Ethan o lui verrà da me, non so. Domani ci sarà il mal tempo quindi non andremo in barca.»
«Andiamo a giocare a tennis.»
Rido istintivamente.
«No. E perché poi? Io non so giocare e-»
«Portiamo Ethan con noi, magari conosce qualcuno e si dimentica di quel Ryan così smette anche di rubarmi il distintivo e andare in giro a fingersi un poliziotto.»

Resto a fissarlo per dei buoni istanti. Sorrido non potendo farne a meno.
«Credi che verrà?»
Nicholas mi fa una smorfia divertita. «È il tuo gemello siamese, ti seguirebbe anche in cima a un dirupo per poi lanciarsi se te lo vedesse fare.»

Sì, Ethan lo farebbe per poi resuscitare entrambi e picchiarmi con un cucciolo di grizzly.
Mi scappa istintivamente una piccola risata.
«Domani andiamo sul campo da tennis, ti sfido, ovviamente vinco e poi tu mi fai provare quel sesso vendicativo perché sai che in realtà sono molto curioso? Cioè... ma come funziona di preciso? Mi dici tipo delle frasi molto cattive?»

Uno, due, tre secondi.
Poi altri due.
E scoppio a ridere. Un braccio gli cinge il collo mentre l'altra la porto sul viso.
«Piccolo disclaimer: io non piango» mi fa come se non fosse già sufficiente quello che ha detto.
«Puoi insultarmi quanto vuoi, ma è veramente difficile farmi piangere. Al massimo potrei ridere se mi dici "Oh, Nick, sei stato veramente un ragazzo molto cattivo..."» scimmiotta con enfasi e spalanco gli occhi accasciando il viso sulla sua spalla, ridendo come una matta.
«Che ho detto?» chiede lui sul serio confuso.

Non ci credo.
Mi sono innamorata di un completo deficiente.

«Ora chiudi questo cavolo di getto d'acqua, usciamo da qua, portami a letto e fammi tutte le cose che vuoi» dico d'improvviso senza peli sulla lingua. «E voglio un messaggio. Non mi interessa se sei stanco, ma ho male alla schiena, quindi mi fai un messaggio e stai zitto perché voglio ascoltarmi gli audio della pioggia in 8d su YouTube

Lui mi sorride lievemente.
«Sono a tuo completo servizio» dice e mi strappa un buffo bacio a stampo che mi fa ridere.

Alla fine usciamo via dalla doccia, mi avvolgo nell'accappatoio, raggiungo la cucina e apro il frigo prendendo una bottiglietta di acqua alla Aloe Vera mandandola giù.
Delle braccia mi circondano d'improvviso I fianchi, scivolano sotto il tessuto del cotone bianco e le dita mi sfiorando il ventre.
«Che stai facendo?» chiedo divertita staccando la bottiglia dalla bocca.
Lui me la ruba poggiandola sul banco di cucina accanto e mi afferra la mano facendomi fare una sorta di piroetta che mi fa girare verso il suo viso. I capelli umidi e scompigliati, il torso nudo e solo un asciugamano in vita.
Mi afferra col suo solito modo di fare e gli finisco con le gambe intorno ai fianchi, quindi allaccio le braccia dietro il suo collo.

«Ti voglio
Dice semplicemente e mi porta in stanza da letto.

***

Angolo autrice
Ho sputato mezzo polmone dopo aver riletto il capitolo per correggere possibili refusi. Sto molto male.

Malissimo.

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