23 | Sono il diavolo

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CAPITOLO 23
Sono il diavolo

«Lo vuoi col tonno?» chiede stranito.
«Che diavolo è successo a Seattle?» domando invece io di getto terrorizzata. Mi arriva una gomitata.

«Shh!» fa Kim verso di me distrattamente e si infila un pezzo di sashimi in bocca.
Cercando di fare il minimo rumore, scendo dal letto e mi avvicino a lui che sta sul tappetto.
«Che cosa è successo a Seattle?» gli ripeto. Lui aggrotta la fronte e poi mi molla un sorrisetto.
«Hai dato alla tua matrigna della puttana manipolatrice..? E hai detto che tutti possono andare a farsi fottere, incluso "il marmocchio nel suo grembo"» ride a bassa voce e si infila un pezzo di sushi in bocca.
Ah, sì... ricordo bene quella parte.

«All'hotel. Cosa è successo di preciso?» credo di spiegarmi meglio.
Logan ci pensa su. «Ci siamo ubriacati e siamo andati a dormire...?»
Qualcosa non quadra.

«E perché eri nudo nel letto?»
«Avevo caldo e mi sono tolto i vestiti. Perché?»
Non è vero, perché i vestiti te li ho tolti io. Merda.
Che altro ho fatto quella notte in quella città di merda di Seattle? Sapevo fosse un'idea del cazzo farlo venire con me. Gli avevo detto fino all'ultimo di tirarsi indietro e rimanere a casa con la sua famiglia, ma lui ha insistito e ora mi sorge spontaneo pensare che oltre a quello che penso di avergli fatto, io sia andata oltre. Ma oltre fin dove con esattezza? È questa la domanda cruciale.

«Sicuro che te li sia tolti tu?»
«Che vuoi dire?» corruccia la fronte e torna a guardare la TV. Gli schiaffeggio il braccio per fargli tornare l'attenzione qui. Da me.
Ispiro molto profondamente. «Ti ricordi di averti spogliato dei vestiti?»
Logan ride lievemente. «No, ma di sicuro avrò usato le mani. Non ho la telecinesi» fa sventolando la mano destra.

E ora sono guai perché allora il mio non è un falso ricordo. È un ricordo e basta. E dopo? Dopo che diavolo è successo?

«No. È successo anche altro.»
Lui alza le sopracciglia. «Cosa?»
«Tu non lo ricordi?» chiedo rapidamente.
Logan mi guarda con aria perplessa.
«Abbiamo giocato a Uno! e hai perso un bel po' di volte, poi ti sei incavolata e hai lanciato le carte nel water del bagno.»

Aspetta, cosa?

«Davvero?» chiedo con una smorfia.
Lui annuisce. «Sì e poi arrivato il servizio in camera, abbiamo mangiato e ascoltato canzoni latine. Tu volevi fare una sorta di spogliarello, ma sei scivolata sul pavimento e dicevi che ti faceva male la caviglia.» D'improvviso schiocca le dita come se si fosse ricordato qualcosa e il mio cuore sussulta. Bene, ora mi dirà che abbiamo oltrepassato i confini della semplice amiciz-

«Ah, sì! Abbiamo anche fatto a gara a chi scivolasse di più sul pavimento. Era un pavimento veramente scivoloso...» aggrotta la fronte ricordandoselo. Faccio una smorfia. «Comunque hai vinto tu» sorride strizzandomi l'occhio divertito. Merda, non era quello che volevo sentire ma comunque scoprire di aver vinto mi dà una certa soddisfazione. No, aspetta. Ronnie, resta concentrata, cazzo.

«E poi?» chiedo ancora.
«E poi cosa?»
«Poi che è successo?»
Logan alza le spalle. «È successo qualcos'altro?» chiede confuso e mangia un altro nigiri.

«Credo di averti fatto un pompino» confesso di getto stupita da me stessa. Ero vergine, una completa deficiente e pensare di aver fatto una cosa del genere mi fa sentire strana.
Logan si strozza. Il riso gli va di traverso tanto che tossisce fino alle lacrime.
«E credo di averti molestato, ecco perché non avevi più i vestiti» aggiungo pensierosa.

Lui finalmente sembra riprendere fiato e tira su col naso, ma la mia ultima frase lo fa voltare con un'espressione sbigottita in viso.
«Come, scusami?»

Sposto gli occhi su Finn che ci guarda stranito, non so se ha sentito qualcosa perché lo sto sussurrando ma forse ha sentito perché lo vedo cercare di non ridere. Merda...

«Mi hai violentato?»
La domanda di Logan mi prende contropiede tanto che sbianco. Lo guardo ad occhi sbarrati e cerco di tirarmi fuori subito da questo enorme pasticcio. Forse non è successo, forse sono solo io ad avere falsi ricordi. Forse.

O forse l'ho molestato. Perché la sua risposta di prima è la conferma che ad averlo spogliato sono stata io.
Merda, l'ho molestato. E che altro ho fatto?

«C-cosa?» balbetto. «No...? No, no. Assolutamente no! Ma ti pare? No? Non è successo, vero? Vero?» parto in quarta come un treno che sta per sfondare la cazzo di barriera del suono.

Lui riduce gli occhi in due fessure, probabilmente cerca di tornare indietro nel tempo e capire come siamo andate le cose, ricordarsi scene che nemmeno io ricordavo fino a pochi istanti fa. E poi ride.
Lo guardo confusa.

Si porta un pezzo di sushi in bocca e alza le spalle.
«Sicura che non ti sia sognato tutto? Avevi una forte e segreta cotta per me. Facevi la pazza gelosa con tutte anche se non volevi ammetterlo. È per questo che la nostra amicizia è finita» scherza come se niente fosse quando non c'è niente su cui scherzare.
«I miei sogni su di te non sono mai stati volgari» replico schioccando la lingua contro il palato e ficco un pezzo di sushi in bocca direttamente con le mani.
«I miei invece sì.»

Sento le guance andare a fuoco in un nanosecondo.
Sollevo lo sguardo su di lui che mi rifila un mezzo sorriso nell'angolo della bocca e mi ruba un pezzo di sashimi.
«Aspetta... quindi mi stai dicendo che mi sogni?» scherza mollandomi una spallata giocosa.
Lo guardo male per niente stupita dalla sua triste rivelazione.

«No» rispondo irritata e faccio per tirarmi su e tornare sul letto ma la sua mano mi ferma e mi tira a sé. Gli cado addosso. Mi trascina di spalle contro il suo petto e mi stringe bloccandomi tra le braccia lasciando perdere il sushi.

«Raccontami un po' dei sogni che ti fai su di me» sussurra al mio orecchio.

Il suo respiro così vicino mi fa il solletico tanto che trasalisco e rabbrividisco nello stesso identico preciso.
Mi schiarisco la voce. «Lasciami» gli schiaffeggio il braccio e cerco di tirarmi su ma non me lo permette.
Sospiro frustrata.
«Cisco, lasciami subito o ti mollo una testata.»
Nessun accenno. Magnifico.
«Si può sapere che credi di fare?» domando quindi.

«Ricomincio daccapo.»

Corruccio inevitabilmente le sopracciglia e provo a voltarmi per mollargli un'occhiata ma è impraticabile.
«Ma di che parli?» chiedi una smorfia di disappunto.

«Voglio farti innamorare di nuovo di me.»

Per un futile istante il mio cuore ha un sussulto e poi scaccio via tutte le sue insignificanti belle parole del cazzo. Preferisco morire che disperarmi dietro Logan Price di nuovo.
Inoltre sono fidanzata e sto bene così. Sono solo in astinenza da sesso, per il resto sto bene e quando Nicholas tornerà gli consumerò il pene come succede alle gomme da cancellare.
Un po' troppo violento adesso a pensarci, ma quello che è successo là fuori, sull'erba, tra me e Logan non era niente che semplice impulso e primordiale impulso sessuale. Nient'altro che questo e mentre tutto quello succedeva nella mia testa c'era un altro, il mio Nicholas. Questo, anche se è poco, mi fa stare in pace con me stessa e mi fa sentire meno in colpa. Ma fa niente, quando Nicholas tornerà gli dirò per filo e per segno quanto è accaduto. Tra noi non ci sono segreti, è stato così sin dall'inizio e di certo non inizierò a mentirgli proprio ora e soprattutto non per Logan.

«Non succederà mai» dico, afferro le sue braccia e me le levo di dosso con forza, riuscendo fortunatamente nel mio intento.

Quindi torno sul letto, mi stendo a pancia in giù e riprendo a guardare la TV. L'occhio mi sfugge a destra e becco Logan guardarmi il profilo.
Scuoto la testa a mo' di "che cazzo hai da guardare?".
Lui si porta le braccia conserte e finalmente smette di fissarmi come un cretino.

Torno con gli occhi sulla TV, non prima di guardare per puro caso a sinistra e notare Finn al cellulare intento a chattare con qualcuno. Faccio una smorfia quando noto che sta... sorridendo. Un sorriso strano.

Con chi si sta scrivendo? Il suo pusher di fiducia che gli ha fatto uno sconto incredibile su un bel po' di grammi di erba?

E dove cazzo è Kieran? Sono venuta qui per lui. Magari devo aspettare un altro po'.
. Nicholas dice sempre che bisogna essere pazienti e io lo sarò.

***

Il momento che aspettavo, arriva.
Come sempre Kieran O'Brien passa di qui per i documenti dell'azienda a cui evidentemente fa da galoppino altrimenti non si spiega. Il che è abbastanza triste adesso a pensarci. Suo padre deve portargli tanta sfiducia se invece di mollargli l'eredità di famiglia e renderlo CEO della O'Brien Atlantic lo usa come un emissario per dei fogli volanti che potrebbe tranquillamente fare spedire alla sua segretaria.

Kieran però accetta l'atteggiamento di suo padre nonostante l'evidente disprezzo che gli riserva, probabilmente ai stessi livelli di Nicholas, ma in Kieran c'è dell'altro. È chiaramente frustrato e brama il potere, di essere qualcuno, magari vuole l'adulazione di suo padre o magari vuole la sua azienda così che possa avere un motivo per sentirsi meno inutile in questo mondo di merda.

Kieran scende dalla sua Chevrolet del '67 nera tutta luccicante. Vestito in camicia e pantaloni neri, le maniche tirate su e con la giacca in mano avanza verso le scale, le sale rapidamente mentre nell'altra mano regge una cartellina con dentro di sicuro un mucchio di fogli da lasciare al signor Parker.
Dalla balconata della stanza di Kim lo vedo scomparire via dal mio sguardo. Di sicuro andrà al piano superiore dove c'è lo studio dell'avvocato, quindi attenderò.

Il film è finito da un pezzo, gli altri sono dentro a studiare mentre io sono fuori a fingere di star fumando una sigaretta. È la quinta, e nel pacchetto me ne restano solo altre due.
Picchietto il dito sopra, la cenere cade e il mio sguardo pochi minuti dopo si focalizza su Kieran che esce e frettolosamente si dirige alla sua macchina. Spengo la sigaretta nel posacenere, rientro in stanza, afferro la borsa e la metto in spalla. È ora.

«Aspetta, dove stai andando? Non abbiamo ancora finit-»
«Ho da fare» liquido Kim e apro la porta con lo sguardo di Logan addosso.

Percorro il corridoio, scendo le scale e raggiungo a passo svelto la mia moto. Salgo in sella, metto il casco, abbandono l'altro a terra, ed esco dal cancello ancora aperto.
Scendo sulla stradina privata fino allo svincolo che porta alla statale dove becco la Impala del '67 e la seguo cercando di stare attenta a non farmi notare dal suo pilota.

Per alcuni chilometri mi domando seriamente dove cavolo abiti questo troglodita o dove stia andando perché più continuo a stargli dietro e meno vedo il centro urbano e la superstrada finisce. Rallento gradualmente quando finisco in un posto veramente strano e a tratti inquietante.

Sapevo che Kieran fosse un pazzo schizzato, ma di certo non si livelli di The Zodiac. Insomma... non sarà un serial killer, vero?

Spengo i fari e andando a rilento do un'occhiata in giro in quello che pare un campo abbandonato o qualcosa del genere. Sembra il posto ideale dove uccidere qualcuno o semplicemente disfarsi del corpo se raggiungere la Baia più vicina è difficile per via della guardia costiera che fa il giro ogni tot ore.

Il mio sesto senso da progenie di sbirri mi sta dicendo di andarmene via il più rapidamente possibile da questo posto, la curiosità però supera di gran lunga il mio istinto e apparente senso di paura. C'è solo il brivido di non essere beccata. Non c'è nessuno da queste parti e Kieran è in alto, su una strada che scompare oltre un dosso a un duecento metri di distanza da dove mi trovo.

Riprendo ad accelerare. Saranno le nove di sera ormai, e spero di avere la benzina necessaria per tornare sulla statale e fermarmi a fare rifornimento da qualche parte perché sono abbastanza a secco, il che non è per niente un lato positivo.

Kieran O'Brien con la sua piccola sfumatura misteriosa mi intriga, nonostante ogni cosa. Quindi continuo a guidare, mi avvicino al dosso e lentamente inizia a sentirsi qualcosa.

Dapprima delle grida... voci, poi della musica sovrapposta a un mucchio di gente che sta facendo casino in piena fase di euforia.
Solo dopo aver sorpassato il dosso e aver compiuto un altro bel po' di metri, noto un sentiero nell'erba cresciuta che porta in quel che sembra un cantiere abbandonato a metà lavoro. In lontananza proprio dove si trova questo ci sono tantissime persone, auto parcheggiate, delle luci soffuse che battono abbastanza male e poco sul resto.

Mi avvicino ancora fin, a sufficienza per scendere dalla moto, metterla un po' più in disparte rispetto agli altri veicoli e tiro su il cappuccio. Ficco le mani nelle tasche della felpa e fisso la gente.

È una festa.
Con una smorfia di disappunto in faccia mi guardo in giro e mi chiedo seriamente chi diavolo è l'organizzatore di questo strano rave party di basso livello. Ce ne vuole per dare una festa in un posto del genere, così isolato tanto da sembrare a momenti il perfetto set cinematografico per un film horror dove l'assassino uccide tutti i presenti facendo una carneficina.

Do un'occhiata alle persone. Sembrano tutti pressoché giovani, magari in una fascia d'età dai diciotto ai trenta, può darsi. E ci sono anche diverse, se non tantissime, ragazze quindi immagino che nonostante la prima impressione grottesca, non sia il covo di un cartello che traffica droga o bambini.

Mi infilo tra le persone che bevono drink di ogni tipo, birre, alcuni ballano, altri chiacchierano. Una ragazza in un completino in latex rosso abbastanza succinto mi si avvicina, mi sorride e mi allunga una birra completamente a caso stampandomi un bacio sulla bocca. Rimango per un attimo spaesata, ma non ho tempo di chiederle chi o cosa, o forse ringraziarla - avrei dovuto ringraziarla? Sì, forse, alla fine è stata gentile nonostante io sia astemia per la maggior parte del tempo e nonostante quel bacio assolutamente non richiesto.

Mi giro e la vedo scomparire tra la folla. Faccio un altro paio di passi finché non salgo su quella che pare una sorta di pavimentazione in legno che è troppo nuova rispetto allo stato usurato del calcestruzzo del cantiere. Sopra più in fondo c'è la postazione del Dj e le luci che si sparaflesciano a tutto spiano rischiando quasi di bruciarmi una retina.

Un rombo acuto mi fa trasalire.
Mi giro col cuore che mi batte a mille per lo spavento e più in là, oltre la zona dove mi trovo, ci sono due macchine sportive su quella che sembra una pista da corsa molto grezza e improvvisata. Non che io ne abbia mai vista una dal vivo, ma nei film sì.
Una ragazza appare tra le due macchine e si ferma a qualche metro più davanti. Una bandana rossa in mano che alza in aria e poi abbassa.

Le due macchine sfrecciano con una forza tale che la polvere si solleva dietro i pneumatici. Non ci capisco una mazza di macchine, ma sono carine. Una arancione con una barra sportiva dietro sul cofano mentre l'altra blu elettrico.

Cos'è questo posto? Un club di corse d'auto clandestino?
Quasi non scoppio a ridere.
Se mio padre sapesse dove ora mi trovo di certo mi farebbe arrestare pur di farmi tornare la ragione.

«Diciannovenne!» urla qualcuno e non mi dà tempo per reagire perché mi viene addosso e mi stritola in un abbraccio talmente forte da alzarmi dal pavimento.

Mi ripone poi con i piedi sul legno e mi molla una sorriso che... resto a guardarlo incredula.
«Ma tu-» cerco di ricordarmi il suo nome ma credo di averlo completamente rimosso dalla testa. È passato troppo tempo.

I capelli sono rasati e decolorati. A differenza di quando l'ho incontrato per la prima e ultima volta non aveva di certo tutti i piercing e i tatuaggi, uno gli dipinge perfino la tempia destra.

«Carter!» esclama e mi allunga la mano.
Corruccio la fronte. Carter.
Mi è famigliare. Carter come la festa di Carter che ha proposto Kim alla quale ci sono stata, è finita male, vero, ma il ragazzo biondo qui davanti non l'ho scorto in quella suite.

Gli afferro la mano e lui la scuote felice per poi fermare un suo probabile amico e indicarmi con aria orgogliosa.

«Le ho fatto provare il suo primo spinello!» ride e d'improvviso molti brutti ricordi tornano a galla con violenza.
La mia vita è andata a darsi benedire proprio dopo quel primo spinello perciò grazie mille Carter, sei un vero tesoro.

Il biondo mi rifila altre due chiacchiere, poi scorge qualcuno e si allontana non prima di aver insistito di seguirlo per farmi compagnia, offerta che ho gentilmente declinato con un sorriso tirato e un "Non preoccuparti, divertiti!".

Torno con gli occhi sulle macchine che sfrecciano sulla pista e sembra sia scattato il secondo giro. La bottiglia di birra è abbandonata su un tavolino improvvisato e con le mani nelle tasche e il cappuccio che ho rimesso in testa dopo che Carter me l'ha tirato giù dicendo che ho dei bellissimi capelli, torno a guardarmi in giro alla ricerca di una sola persona, quella per cui sono qui.
Ma Kieran è sparito. Se ho inquadrato bene il suo personaggio di sicuro avrà trovato alcol e una bambola gonfiabile a cui ficcare la lingua in bocca.

Sospiro infastidita da questa cavolo di musica che sembra uscita a momenti dalla colonna sonora di Fast and Furious e le pupille scivolano su un volto in lontananza.

I suoi occhi chiari si poggiano nei miei, ci restano incollati mentre sorseggia un drink in un bicchiere di vetro. Addosso veste un completino fuori dal comune per un posto del genere e una festa altrettanto. Gilet sopra la camicia nera, colletto aperto e maniche arrotolate sopra le braccia... chiaramente tatuate.

Lui che stava appoggiato al pilastro in mattoni rossi della struttura dell'edificio, si stacca e viene verso di me ed è proprio in questo preciso istante che capisco di essere fottuta. Dall'espressione che ha in viso non sembra affatto un tizio molto raccomandabile e io mi guardo in giro cercando un modo per sfuggire. Non voglio parlare non nessuno, voglio solo Kieran e poi me ne andrò via perché sto iniziando ad avere il mal di testa ed essere circondata da alcol non è affatto d'aiuto.

«E tu chi sei?»
Una voce bassa e calda, talmente che rabbrividisco. Mi si infila nell'orecchio destro con prepotenza. Merda.
Alzo lo sguardo e gli occhi si ficcano in quelli celesti del biondo di poco prima. Il suo profumo di Colonia per poco non mi toglie il fiato nonostante non dovrebbe perché siamo all'aperto.

Lo fisso a lungo. Ogni minuzioso dettaglio. Forse avrà sui ventotto o forse di più considerato che tutto sommato sembra si mantenga bene. Lieve accenno di barba, occhi d'un celeste che tende al verde e il ciuffo dei capelli biondo scuro che gli ricade di lato la fronte, lungo la tempia.

Tutto d'un tratto mi sorride.
«Tu chi sei» ripropone la domanda in un modo talmente strano che quasi non sembra nemmeno una domanda, bensì un ordine.
Sposto lo sguardo per un istante a destra sulle macchine.
«Una...» torno da lui. «Ragazza?»

Lui corruccia le sopracciglia. Probabilmente non si aspettava questa risposta. Ma intendeva il nome? Sì, col cavolo che gli dirò il mio nome.
«E cosa ci fai qui?»
È un interrogatorio?

Indico il cielo. «Da questa parte si vedono meglio le stelle» rispondo onestamente. Sì, ci sono del gran belle stelle stasera.
Lui solleva come di conseguenza lo sguardo e poi lo ripone su di me.
«Ti stai divertendo?»
«Di te?» Faccio una smorfia incerta. Alza un sopracciglio. Merda.

«Ah! Parli della festa... Non so, non è il mio genere. E poi... fa freddo e guarda» punto il dito in direzione della ragazza vestita in due fasce di latex rosso fiammeggiante. «Lei domani mattino si sveglierà con la broncopolmonite.»

Rimetto la mano nella tasca e torno a guardare le auto.
«Non sei di qui.»
«Hmh?» mi giro frettolosamente da lui che per mia sfortuna non si è ancora dissolto nel nulla. Non so... Non può andare da un'altra parte a rimorchiare? Sempre che voglia fare quello e non mettermi un coltello alla gola per rapirmi. Tanto qui sono tutti ubriachi e nessuno sembra più capire un cazzo. Mi domando davvero come faranno a tornare a casa.

«Non sei di queste parti» ripete.
Aggrotto la fronte.
«Un campo sperduto in mezzo al nulla con un cantiere con i lavori sospesi? Dove alloggi di solito in questo quartiere, sotto a una pietra?» ironizzo.

Lui sorprendentemente ride, per un breve e rapido momento e poi torna di nuovo con quella sua faccia da incazzato col mondo intero.
Mi fa un cenno.
«Ti piace?» chiede in direzione della pista da corsa.
«Sono macchine» rispondo non avendo idea di che dire. Sono macchine e basta. Macchine che fanno brum brum e driftano in modo molto figo.

«Una acuta osservazione» commenta, oserei dire tagliente ma forse è divertito.
«Mi vuoi accoltellare?» chiedo di getto dopo un paio di secondi di perfetto silenzio. Meglio mettere le carte in tavola e fargli capire che magari dovrebbe girare i tacchi.

Alza le sopracciglia stupito.
«Come?» sorride lievemente.

Gli scocco un'occhiata dalla testa ai piedi.
«Mi vuoi accoltellare, derubare, uccidere, trascinarmi lontano, molestarmi, rapirmi, tenermi legata in una cantina, vendermi come prostituta, mi vuoi mangiare...? Tagliare a pezzi e poi fare anche i bocconcini sorpresa per la tigre siberiana che sicuramente potresti avere accanto la poltrona mentre guardi la TV e la accarezzi di tanto in tanto con una mano, e lei fa le fusa e tu in cambio le dai un mio mignolo?» domando tutto d'un fiato e porto le braccia conserte per scacciare la volata di vento che mi è arrivata fin dentro le budella.

Lui in tutta risposta mi mostra le mani.
«Non ho coltelli» le muove teatralmente e porta le braccia al petto come me. Credo mi stia prendendo in giro... ma magari è solo una mia impressione.

«Ti offro da bere?»
«Non bevo» replico tirando gli angoli della bocca in su e noto che la corsa è finita. La macchina arancione a quanto pare ha vinto e tutti esultano. Il guidatore, un ragazzo di colore, scende a terra e sfoggia la sua vittoria alzando una mano in aria.

«Sei astemia?»
«In un certo senso» rispondo distrattamente.
«E sei a una festa.»
«Mhm, mhm.»
«Non bevi, non ti diverti e non parli con nessuno. Chi stai cercando?»

Beccata.

«Dio» alzo le sopracciglia. Scuoto la testa con fare teatrale abbozzando un sorriso prendendolo chiaramente in giro, magari finalmente tace e se ne va.
Passo sotto analisi rapidamente un paio di facce alla ricerca di una sola che non vedo. La Impala l'ho vista parcheggiata qui, ma Kieran non c'è. Se sta facendo sesso, magari si sarà addormentato perché non è possibile che duri così tanto.

«Posso esserti d'aiuto.»
Senti sussurrare al mio orecchio di nuovo. Quasi non rabbrividisco quando il suo alito caldo mi colpisce la pelle.
«A farmi incontrare il Creatore?»
«Anche» allude, con un sorriso equivoco.
«Io non credo» dico contrariata e nello stesso istante un tizio ci passa accanto e gli urta la spalla. Lui traballa, il ragazzo lo guarda, sgrana gli occhi alla sua vista e impallidisce nemmeno avesse appena visto uno spettro. Formula un "scusa" in un modo così frenetico che a tratti la lingua non gli attorciglia in bocca e tutto paonazzo, forse anche dall'alcol, si dilegua via come una scheggia.

«Mettimi alla prova» dice il biondo tornando con lo sguardo su di me, non prima di aver lasciato una lunga e insistente occhiata al ragazzo che gli è venuto addosso poco fa.
Alzo di più il mento. I suoi occhi chiari sono affilati in un modo strano, pare di sfida, e mi osservano in attesa di qualche mio accenno di parola.

«Qui?» rido scuotendo la testa con dissenso.
Lui mi lancia un'occhiata stranito. Poi d'un tratto si lascia scappare una mezza risata.
«Io parlavo della persona che stai cercando. Tu di cosa parlavi?»

È abbastanza evidente che si sta prendendo gioco di me.

«Risolvo da sola le mie cose, grazie.»

«Sono bravo a risolvere le cose.»
Rimando indietro a forza una risata. Gli mollo un sorriso e roteo gli occhi via dalla sua faccia.
«Ah beh... io a distruggerle. Un vero talento...» replico sovrappensiero mentre guardo in lontananza e intravedo qualcosa che mi sembra famigliare. Una camicia bianca, ma lui è di spalle. Non sembra Kieran. Tutto questo sta diventando assurdo.
Dove diavolo si è nascosto? In una buca sotto terra? È probabile, insomma è un ratto.

«O una pantegana...» mormoro.
«Cosa?»
Corruccio la fronte e mi ricordo solo adesso che il tizio è ancora al mio fianco.
«Cosa?» chiedo a mia volta confusa. Lui fa per parlare ma alzo di scatto un dito facendogli segno di tacere.

Finalmente lo scorgo in lontananza. Vicino la pista, sta parlando con il tizio afroamericano che ha vinto la corsa. Non ci avevo dato molta importanza, credevo fosse da quest'altra parte a bere e ubriacarsi nel peggior dei modi. Tiro fuori il pacchetto di sigarette. Le mie ultime due sigarette. Cavolo, poi devo passare per fare rifornimento di scorte per la dopamina di cui ho fottutamente bisogno.

Infilo una sigaretta tra le labbra e tasto le tasche alla ricerca dell'accendino, cosa che smetto quando una mano si presenta davanti al mio viso. Alzo gli occhi sul biondo. Mi accende la sigaretta, gli mollo un'occhiata silenziosa e mi limito a ispirare la nicotina senza ringraziarlo.
Caccio il fumo fuori, mi passo la lingua sul labbro inferiore e strappo la pelliccina secca. Cazzo, mi serve un burrocacao.

«Scusami» dico allo sconosciuto in all black stile Sicario Stagione Primaverile con i suoi tatuaggi da urlo di cui non me ne può fregare di meno. Poggio una mano sul suo petto, lo sposto dalla mia traiettoria e gli passo davanti. Mi avvicino alla ringhiera, ficco la sigaretta in bocca, la scavalco e cado in piedi dall'altro lato dove non c'è altro che terriccio e brutte erbacee.

A passi lenti raggiungo Kieran O'Brien, mentre la nicotina finalmente raggiunge in centro del mio piacere e me lo stuzzica a dovere. Afferro la sigaretta tra pollice e indice, fischio e faccio volare la sigaretta proprio quando lui gira stranito. Nello stesso istante il mio pugno lo colpisce in faccia lasciando di sasso il suo amico nero affianco.
«Ciao, baby» gli rifilo un sorrisetto.

Kieran mi guarda incredulo, la mano sul viso dove l'ho colpito e d'improvviso il suo sguardo si rabbuia e prova a fare quella cosa strana che dovrebbe riuscirgli, ovvero intimidirmi ma non credo affatto che funzioni, non questa volta. Non più.

«Ti stavo cercando... ma dove eri finito?» chiedo sul serio curiosa. Insomma, vorrei delle spiegazioni. Perché non sono solita a rincorrere i ragazzi, men che meno gli idioti come lui.
«Che cazzo ci fai tu qui?» sibila e si avventa su me pronto per afferrarmi per la felpa. Gli fermo il braccio col mio, glielo tiro a contatto con il mio fianco dove lo blocco, poi la mano gli si pianta in gola, parte lo sgambetto e lo schianto di spalle a terra togliendogli il respiro. Kieran spalanca gli occhi.
Oh... deve avergli fatto male. Molto bene.

«Ti ricorda qualcosa?» mi fingo pensierosa guardandolo l'alto. «Come dicevi... "Ti riduco in tanti pezzetti e ci camminerò sopra". Ecco!» schiocco le dita con fare teatrale.

Kieran in tutta risposta ride, tira un profondo respiro e mi lancia un'occhiata.
«Hai la più pallida idea di dove tu ti trova adesso?»

Corruccio la fronte e mi guardo d'istinto alle spalle. Le persone sono ferme, ci guardano tutti, guardano me.

«Il tuo Fight Club segreto? Oh, no aspetta... prima regola del fight club: non si parla del fight club!» alzo le sopracciglia divertita tornando da lui e mi tiro in piedi. Nemmeno il tempo di farlo che il suo amico di colore fa un passo verso di me mentre da destra arrivano altri due ragazzi.

Li guardo con la coda dell'occhio e poi abbasso lo sguardo su Kieran che si tira su e sembra divertito.
«Sei una stupida ragazzina» fa avvicinandosi a me e si spolvera la camicia. «E sei a casa mia qui. Non ci saresti mai dovuta venire, non da sola.»
«Casa tua è questa?» indico il posto desolato con una smorfia. Sapevo si facesse di droghe, ma davvero abita in un cantiere in costruzione abbandonato?

Kieran ride e indica alle mie spalle.
«Quella è casa mia.»

Mi volto e vedo tutto il mucchio di persone che ci stanno squadrando in silenzio.
«Il pubblico di un rave party? Hai comprato loro il biglietto e ora sono in debito con te?» rido. Se è un vero uomo dovrebbe affrontarmi, anziché nascondersi nell'ombra di un cumulo di estranei strafatti e sul punto di cadere in coma etilico.

«Continua pure» mi invita Kieran spolverandosi le mani e indietreggia. «Ma io al tuo posto starei molto attenta.»

Indico i due ragazzi alla mia destra e abbozzo un sorriso.
«Sono le tue puttane? Tuo padre ha capito che non vale la pena spendere tanto per la tua sicurezza e quindi ti ha rifilato due spacciatori di quartiere?»

Uno dei due ragazzi rimane talmente offeso che mi viene incontro.
Schiocco la lingua contro il palato in segno di stare buono proprio là, al suo posto. Ho una voglia matta di rompere la faccia a Kieran, mi trasuda dai palmi delle mani, incendia il mio corpo con olio a sufficienza per rimettere in modo la macchina arrugginita che vive nelle profondità della mia coscienza e quella stessa macchina spezzerà le mani a tutti coloro che si metteranno sul mio cazzo di tragitto. Anche a costo di offrire uno spettacolino tetro in un giro di persone poco raccomandabili.

Forse è la mancanza di sesso, Nicholas e le sue mani addosso a me, forse è l'astinenza da lui a rendermi talmente irascibile ma giuro sul Dio che strapperò la pelle a chiunque mi impedirà di raggiungere Kieran O'Brien. Scuoierò le loro palle, una ad una, e gliele farò ingoiare a forza di calci diritti in trachea per farle mandare giù per l'esofago.

«Te l'avevo detto, ma tu non dai ascolto. Un vero peccato. Beh... Quando avranno finito tornerò per raccogliere quello che ne resterà di te» sorride compiaciuto e si allontana.

«Kieran?» lo richiamo spaesata tutto d'un tratto. Sta scherzando, vero? Vuole solo spaventarmi. Certo che è così.
«Kieran ma sei serio?» gli urlo dietro e faccio per raggiungerlo ma uno dei due ragazzi mi si pone davanti.

È un scherzo questo, non può essere altrimenti.

«Puoi dirgli cortesemente di levarsi di torno?» chiedo a Kieran indicando il tizio. Il mio adorabile pseudo cognato pazzo schizzato e troglodita va ad appoggiarsi alla ringhiera e mi saluta da lontano con la manina.
Gli alzo un dito medio, lui fa lo stesso, aggiunge l'indice e solleva la mano in alto simulando qualcosa di volgare com'è la sua presenza su questo pianeta che sta chiaramente inquinando.

«Senti, non voglio problemi. Il mio ragazzo mi ha detto di tenermi alla larga, perciò levati così posso spaccare la faccia a lui - indico Kieran - e poi andare a casa a guardarmi Ex on the beach
Gli faccio cenno con la mano di sparire dal mio raggio visivo ma non lo fa. Meraviglioso.

Merda. Va bene, vediamo se ricordo come si fa...
Afferro la borsa in spalla, la mollo accanto ai piedi, tiro su le maniche. Prendo gli auricolari Bluetooth, li infilo, pigio play sul cellulare e Wake me up before you go-go di Wham! mi inonda il cervello, me lo trapana a fondo e mi dà la carica giusta. Stiracchio il collo.
Un lavoro veloce. Poi calpesterò questo terriccio polveroso e raggiungerò Kieran che sarà costretto di implorare Dio per scappare dalle mie mani che affonderanno nel suo corpo.

«Non vorrei farlo, voglio ben specificarlo nel caso poi volessi rivendicare il tuo onore o cazzate del genere» spiego cercando di essere il più chiara possibile e per un istante sposto lo sguardo alle sue spalle.

Quel ragazzo che mi aveva parlato, il biondo in camicia nera e gilet, ha le braccia appoggiate sulla ringhiera e mi fissa da lontano. Che gentiluomo, il suo sesto senso di aiutare una ragazza in difficoltà è chiaramente invidiabile.

Fanculo.

Mi avvento sul tizio davanti, gli salto addosso fin sopra le spalle e lo schianto a terra. Mi tiro in ginocchio, afferro la borsa, la lancio contro l'altro che mi arriva incontro e che l'afferra come d'istinto. Ne approfitto per scivolare sul terriccio, afferrarlo per la gamba e portarlo a terra dove rotolo finché non lo blocco, stringo saldamente il suo braccio e glielo ruoto di getto. Le vibrazioni delle ossa dislocarsi si insinuano sotto la mia pelle e la sua bocca si apre. Immagino stia urlando. Disgustoso.

Glielo abbandono seccata da tutta questa situazione del cazzo che si poteva tranquillamente evitare se solo non fosse per Kieran Maledetto O'Brien. Io voglio lui e non me ne vado senza.

Mollo un calcio in faccia a quel grande genio che ha avuto la brillante idea di mettersi sul mio fottuto cammino per primo e lui ricade per terra dove è il suo posto da verme. Chi diavolo pensa di attaccare una ragazza indifesa?
Certo, io non lo so, ma... non è per niente galante. Che cattive maniere.

Sono venuta qui per Kieran, per strozzarlo a mani nude e fargli provare quello lui mi ha fatto passare. Mi ha fatto sentire il niente più assoluto. Fragile Ronnie. Debole Ronnie. Spaventata Ronnie. E ora quel gran figlio di puttana di Finn Dwayte crede veramente di dovermi per forza rifilare la sua sdegnosa compassione. Dio che schifo.

Poggio gli occhi sul ragazzo di colore e guardo le sue mani.
«Avvicinati» lo invito in tono di sfida. Dai, fallo.
Lui mi guarda, guarda i due amici striscianti per terra che cercando di rimettersi in piedi e poi riporta gli occhi su di me. Ficco le pupille nelle sue, attendendo col sangue che mi ribolle nelle vene.

Avvicinati e ti leverò la tua piccola passione da pilota nelle gare clandestine di merda.

Non lo fa. Resta al suo posto.
Molto bene.

Raggiungo la mia borsa, la raccolgo infastidita e la butto sulla spalla. Gli occhi scivolano sul primo del duo idiota di bodyguard a tempo perso di Kieran. Si tira su e mi viene incontro.

Ispiro profondamente.
«Odio la mia vita...» mormoro sconsolata e attendo in perfetto silenzio, immobile, che si avvicini. Infilo una mano in borsa e afferro il mio manuale di economia in copertina rigida che gli sferro in faccia a tutto spiano. Lui perde l'equilibrio, scuote la testa per riprendersi e prima che possa anticiparlo, mi distraggo. Due auto sfrecciano sulla pista a qualche soffio da noi. Ma che cazzo...
Evidentemente la mia intrusione non ha fermato il loro triste divertimento di corsa adrenalinica o quel cazzo che è.

Due mani mi afferrano per la felpa e mi lanciano a terra.
«Cazzo» bofonchio.
Atterro di lato, rotolo, della polvere si infilare perfino tra i denti. Che schifo.
Apro gli occhi, pianto gli avambracci in terra, alzo il viso e lo vedo avvicinarsi a me.
Scatto su e alzo istintivamente la mano verso il viso, o meglio sul sopracciglio che mi brucia. Riporto i polpastrelli sotto lo sguardo e vedo... sangue.
Meraviglioso.
Tiro un sospiro. Lo raccolgo in bocca e pianto le pupille sul tizio.

La borsa è a terra. Non fa niente. Mi avvicino a lui, prendo la rincorsa e salto roteando in aria sferrandogli un calcio in faccia. Rimango abbastanza sorpresa di me stessa.

Merda, non lo facevo da anni, o meglio da quando il mio istruttore di Judo mi aveva espulsa dal suo corso perché gli avevo risposto male per poi lanciargli addosso la stufetta elettrica.
Se ora mi vedesse, direbbe "Sono fiero di te ma sei una testa di cazzo". , era molto diretto sotto questo punto di vista e mi odiava nonostante fossi la sua preferita.

«Lurida putt-» il tipo si alza, scatta verso di me, lo afferro per il busto e lo butto a terra.
La mia ira è talmente tanta, talmente irruenta, la sento scorrere nelle vene come acqua santa nel corpo di una creatura demoniaca. Brucia, è incandescente e mi corrode, mi attizza quello che avevo dimenticato che mi piacesse talmente tanto. Il sesso con Nicholas era così. Ma in quel sesso c'era la sua mano che mi stringeva per la gola finché non ansimavo, mi contorcevo dal piacere agli ultimi sgoccioli d'aria che mi rimaneva nei polmoni e non mi importava quando gli occhi bruciavano. Forse era questo. E Kieran quando mi ha afferrato per la gola con l'intento di stanarmi io ho visto suo fratello al suo posto e mi sono paralizzata. Kieran mi voleva fare del male e tutti i miei impulsi sono andati in cortocircuito.

Stringo le dita in un pugno.
Un colpo contro il suo viso. Fanculo Kieran che mi ha fatto sentire di merda.
Un secondo colpo. Fanculo io che ho piagnucolato tra le braccia di Finn Dwayte.
Un terzo colpo. Fanculo Logan e la sua bella famiglia del cazzo.

E poi ne seguono altri, ancora e ancora, finché le nocche non mi bruciano, ardono. Finché non sento l'epidermide staccarsi, piegarsi, ficcarsi nella carne scoperta. Irrigidisco i denti, gli occhi guizzano sul povero stronzo sotto il mio peso. Un altro e ultimo pugno e mi fermo di getto.
Il fiato pesante, il cuore che corre alimentato dalla benzina.

La mano è ferma a mezz'aria, il suo viso tramortito dai colpi, il sangue che glielo imbratta, che cola. Le mie pupille lo scrutano. Si ferma tutto dentro di me, e per alcuni secondi mi limito solo a fissare, ammirare quasi, il mio lavoro.

Chiudo per alcuni istanti gli occhi cacciando un gemito gutturale, un sospiro, un momento in cui sento i muscoli rilassarsi nemmeno avessi un orgasmo. Respiro profondamente aria nei polmoni. Il ticchettio dei miei battiti rimbalzano con tonfi sordi contro lo sterno, fanno vacillare le molecole, le agitano febbrili. A cavalcioni sul tizio, punto gli occhi in lontananza. Mi stanno guardando. Tutti loro che festeggiano l'alcol e le pilloline di droga che si infilano in bocca per provare qualcosa di nuovo. Sensazioni belle, di benessere che irradiano ogni terminale nervoso e fanno allentare la tensione, lo stress. Il mio stress è scemato e un po' dispiace che non sia accaduto con Kieran, ci sarebbe dovuto essere lui al posto di questo povero stronzo.

Gli occhi scivolano brillanti di un piacere bestiale che sta ancora facendo tremare la mia carne e si scontrano contro quelli del ragazzo biondo. Appoggiato alla ringhiera, gli avambracci su di essa, un bicchiere di liquido bruno tra le mani. Se lo porta alla bocca in modo felino, ne beve un sorso e mi analizza quasi con un compiacimento che gli sprizza sull'espressione gelida e marmorea.

Le macchine da corsa terminano il primo tempo. Mi passano a mezzo metro di distanza, l'una a destra, l'altra a sinistra in un derapata quasi sincronizzata. Alzano polvere, ghiaia e pietrisco. Abbasso il viso, chiudo gli occhi per pararmi dai detriti e quando si allontanano mi tiro finalmente in piedi. Mi sollevo nel fumo della puzza di pneumatico bruciato, di gas di scarico, di polvere tutta intorno a me. Spolvero i vestiti, inguardabili, e stringo la bretella della borsa che recupero con un grugnito. La sistemo meglio sulla spalla, riprendo il libro con una chiazza di sangue in copertina e lo metto dentro. Tiro fuori il pacchetto di sigarette. Afferro l'ultima. La accendo con l'accendino che sfilo da quello a cui ho staccato il braccio e glielo ridò indietro, lanciandoglielo accanto per terra.

«Seduto.»
Ordino quando fa per alzarsi. Lui mi rifila un'occhiata e si trascina lontano, dalla parte del tutto opposta alla mia mentre mormora delle lamentele tra i denti, e imprecazioni di rabbia. Mi volto verso Kieran, il mio tanto adorato cognato che ora dovrebbe scappare perché gli staccherò il cazzo a morsi tanto che il suo livello di testosterone si abbasserà raggiungendo il suo quoziente intellettivo, ovvero il nulla assoluto.

Mi fermo a una decina di passi da lui, mi giro verso il suo pubblico privato di tossici rincoglioniti e spalanco le braccia, facendo un teatrale inchino in loro presenza.
Ecco qui, pezzi di merda. Grazie mille per essere intervenuti...

«C'è della spazzatura a casa tua» mi tolgo gli auricolari e gli indico con un pollice i due poveri stronzi in fin di vita alle mie spalle. L'unica persona intelligente è stato quel ragazzo nero che ha preferito farsi gli affari suoi come doveva andare dagli inizi.
Io sono qui per Kieran O'Brien, non per loro.

Tiro un fumo, infilo la mano nella borsa e gli porgo la sigaretta.
«Vuoi? Aiuta a rilassare i muscoli» gli faccio cenno con la testa di farsi un tiro ma non si muove, quindi lo faccio io. Sfilo la mano dalla borsa e gli pianto il teaser diritto nel ventre piegandolo in due tanto da farlo crollare per terra. Volevo fargli tanto, tantissimo male, ma ho già scaricato la tensione accumulata. Questo basterà.

Sapevo mi sarebbe servito... Ho fatto bene a prenderlo in prestito da quella guardia di sicurezza al Untold Sparks.

«Domani voglio un cesto regalo di scuse da parte tua, sai... per avermi strangolata. E fiori. Tanti fiori. Tulipani, li preferisco» dico chinandosi su di lui. «E voglio anche la tua macchina per una intera settimana. Ho sempre voluto guidare l'Impala dei fratelli Winchester. Se non mi dai quello che voglio, ti cercherò e ti friggerò le palle con questo strumento magico» scuoto il teaser. «E dirò a tuo fratello quello che hai fatto. Non ho mai visto Nicholas perdere il controllo, ma all'ultimo che si è permesso di sfiorarmi gli ha spezzato le mani. E tu ci tieni alle tue, vero?»
Alzo gli angoli della bocca rifilandogli un sorrisetto.

«Sei una fottuta psicopatica... ma che cazzo ci ha visto Nick in te, porca la putta-» mormora a fatica. Col teaser ancora in mano alzo l'indice, scuotendolo in segno di tacere e lui si zittisce sul posto.

«E tu un parassita sgradevole che non ha mai alzato un solo dito per tutto quello che ha, quindi possiamo convenire sul fatto che nessuno è perfetto.»
Mi tiro in piedi scompigliandogli scherzosamente i capelli che afferro di scatto sollevandogli il mento a forza, e lui rimanda indietro un gemito di dolore.

«Io ho perso molte cose, ma tu prova a togliermi tuo fratello e quello che raccoglierà i pezzi sarà tuo padre quando ti butterà in una fossa comune come meriti per lo schifo che sei. Dici che verrà a cercarti? Ne dubito, dopotutto non fai un cazzo dalla mattina alla sera e se la memoria non mi inganna lo vuoi morto, quindi il sentimento deve essere reciproco. Se ti ammazzo, Kieran... tuo padre che farà? Forse mi darà una stretta di mano per avergli tolto un peso inutile che gli svuota le carta di cretino in alcol, droga e puttane» sibilo ficcando le pupille nelle sue.

Kieran serra la mascella.
«Ti rovinerò» minaccia con gli occhi iniettati di veleno. Sorrido, e avvicino il viso al mio.
«Fallo. Ti aspetto» lo invito senza battere ciglio. «Tu fallo. Ti credi invincibile perché hai i soldi di tuo padre? Tu provaci a venire da me e osare sfidarmi. Ti prenderò, Kieran. Ti prenderò e ti legherò a una sedia. E poi ti strapperò le unghie, una alla volta...» gli dico con un sorrisetto. Kieran sembra sbiancare alle mie parole, perché non sto affatto scherzando. Non questa volta.

«Ricordati una cosa: non puoi rovinare qualcuno che non ha niente da perdere. L'unica cosa bella che mi resta in questo mondo di merda è tuo fratello. Se tu me lo togli, io ti tolgo le unghie, ti scortico come un ratto e poi ti do fuoco. Vedi...» faccio tirando su un'espressione pensierosa. «Ho già fatto di peggio - rido inevitabilmente, Kieran corruccia la fronte - A nove anni ho iniziato a tirare al poligono, andavo alle battute di caccia con fucili che pesano più della tua megalomania del cazzo, a dodici anni aiutavo a tagliare le gole ai maiali e raccoglievo il sangue in dei secchi, a quattordici ho visto mia madre morirmi tra le mani, a sedici ho colpito una ragazza così tanto da ridurla a un vegetale. Tu credi davvero di farmi paura? Tu? C'è una cosa però che ci accomuna: i nostri padri ci salvano il culo dalla galera. Bene... ora tu mi ascolti molto bene: Tu toglimi tuo fratello e io ti toglierò una parte di te, pezzo per pezzo, molto lentamente. E ora guardami negli occhi e dimmi se sto bleffando.»

Il cuore mi trema per l'adrenalina che pompa nelle mie vene. Le manda in escandescenza.
I suoi occhi si spalancano. Questa volta non non osa più aprire la sua bocca sporca, quindi mollo la presa dal suo viso.

«Ricordati i fiori e la tua macchina. Oppure ti verrò a cercare di nuovo e nessuno, né tuo padre e né i soldi che hai ti potranno salvare.»
Concludo.
«Sei una stramaledetta pazza svitata!» lo sento bofonchiare alle spalle mentre mi allontano in direzione della zona dove sono parcheggiati i veicoli.

Tiro un altro fumo di sigaretta che caccio fuori e il mio sguardo si posa a destra mentre passo affianco a quel strano tizio biondo in completino nero. Mi fissa senza dire o fare niente. Mille grazie per la mano d'aiuto, stronzo.

Porto su il cappuccio della felpa, continuo a camminare e la mano si allunga verso quella di un ragazzo accanto. Gli sfilo via il bicchiere che reggeva tra le dita, lui fa per ribattere indignato ma non appena mi vede in faccia si ammutolisce. Porto il bicchiere al naso e gli do una sniffata. Vodka. Molto bene. La verso sulle nocche sbucciate col sangue impiastricciato e reprimo una smorfia quando la carne esposta mi fa in fiamme. Cazzo.

Gli porgo il bicchiere, lui se lo riprende e io vado sul mio tragitto che mi porterà alla mia moto e quindi a casa dove dovrò fasciare questa cazzo di mano per non infettarla e beccarmi una sepsi o qualcosa del genere. Raggiungo finalmente la mia moto. Salgo in sella, e accendo il motore aspettando qualche secondo che si scaldi. Intanto infilo i guanti ignorando il bruciore alla mano destra.

«Mi è piaciuto l'inchino che hai fatto alla fine.»
Aggrotto la fronte e alzo lo sguardo dalle mani.
Lui è qui. La giacca stretta nel pugno della mano e gli occhi che mi scrutano silenziosi come un avvoltoio in punto di caccia. Lo stesso al quale strapperò via le sue fottute ali se non si leva di torno in meno di tre secondi.

«Sei molto bravo a risolvere le cose» ironizzo per niente in vena di parlare con nessuno. Infilo l'altro guanto, stringo la stringa intorno al polso e accendo gli abbaglianti così da accecarlo tanto da levarsi dalle palle.
«Te l'ho offerto il mio aiuto ma hai rifiutato... ed evidentemente non ti sarebbe servito» dice spostandosi di lato e avvicinandosi troppo per i miei gusti.
Caccio uno sbuffo di risata senza aggiungere niente.

«Conosci Kieran O'Brien. Perché?» chiede inclinando lievemente la testa.
Mi volto leggermente a sinistra.
«Tu fai troppe domande. Perché?»

Sulle sue labbra appare un lieve accenno di sorriso. Fa un altro passo e me lo trovo d'improvviso vicino.

«Che ti ha fatto di talmente poco onorevole da farti venire fin qui e fare quello che hai fatto?»

Gli lascio un'occhiata di striscio. «A volte mi respira addosso. Troppo rumorosamente e mi dà un certo fastidio proprio come stai facendo tu.»

La mia minaccia non sembra preoccuparlo per niente, anzi il contrario.
«Non ti ho mai vista da queste parti. Hai un nome?»
«Mi vuoi invitare al tuo bat mitzvah?» lo schernisco indicando il suo completino consapevole che questa festicciola cerimoniale sia rivolta alle ragazzine ebree. Lui ride lievemente, lo stretto necessario per mostrare che non gli frega un cazzo di quanto io stia blaterando stronzate solo per mandarlo lontano.

«Jay» dice invece presentandosi e allunga una mano che fisso senza stringere.
Gli indico invece il posto alle sue spalle.

«La tua festa è di là, Jay

«La mia festa?»

«La gente ti guarda come se fossi qualcuno di importante e considerando il tuo completino nero da Hitman - glielo indico - devi avere un mucchio di soldi o molto più probabilmente ce li ha tuo padre. Tu ti limiti solo a usare le sue carte di credito e fare il figo misterioso a questo rave di auto sportive e donne in latex rosso» formulo rapidamente quello che ho capito di lui per il breve e fastidioso tempo che ce l'ho avuto vicino.

Jay mi fissa a lungo, per poi annuire con un sorriso nell'angolo della bocca.
«Sei sempre così precipitosa a giudicare gli altri?»

«Uno come te si sente davvero giudicato?» chiedo a mia volta.

«Sei cinica» dice invece analizzandomi con un'occhiata fin troppo intensa per i miei gusti.
«E parli molto.»
Abbozzo un sorriso soddisfatta. Sì, sono proprio io.
«Menefreghista, violenta, insolente» dice ancora avvicinandosi di più ad ogni parola. Tutti complimenti.

«Scandaloso...» ridacchio divertita.

«Voglio sapere il tuo nome.»
Un ordine.

Lo guardo per esattamente tre secondi prima di scoppiare a ridere tanto che mi abbandono per un istante sul manubrio della moto. Cerco di darmi un contegno e alzo quindi la visiera per mollargli un'occhiata.
«E io voglio visitare la fabbrica di cioccolato di Willy Wonka ma... Ehi! Non tutto ci è concesso!» scherzo.

«Dimmi il tuo nome.»

Fa sul serio quindi... Ci penso rapidamente su.

«Sono il diavolo» rispondo e abbasso la visiera. «E ti benedico» gli faccio rapidamente il segno della croce.

Non ha modo per ribattere perché accelero in quarta, la ruota posteriore slitta sul pietrisco e io me ne vado felicemente via da questo posto di merda. Ripercorro il sentiero da cui sono venuta sperando di non bucare una ruota considerando che qui lo sprazzo di terra fa veramente schifo e finisco finalmente sull'asfalto dopo un paio di minuti. Mi infilo nella statale, accelero e slitto con i pneumatici tra i veicoli facendo slalom mentre do occhiate negli specchietti retrovisori controllando che Jay o qualunque altra persona non mi stia seguendo, magari uno dei due tizi a cui ho rotto la faccia.

Tornare a casa da Ethan è fuori discussione, non voglio che mi veda ridotta in questo stato. A casa mia non ho nemmeno una bottiglia di alcol quindi infilo le chiavi nella serratura del Pink Ocean e senza accendere le luci entro dentro. Prendo una bottiglia di vodka, tolgo i guanti e trattengo una smorfia di dolore quando il rivestimento interno in pelle si stacca dalle ferite aperte e ci striscia sopra.
Maledizione.

Un goccio.
Uno giù per la mia gola che me la manda in fiamme e il secondo sulla mano che mi brucia come l'inferno.
Grugnisco e fermo una imprecazione in bocca, impedendole di uscire fuori. Nella totale oscurità, con solo i lampioni a illuminare lievemente i miei contorni e quelli dei dei tavoli mi fermo per alcuni istanti a contemplare il nulla più assoluto. Sospiro, mi appoggio a uno dei tavoli accanto all'ingresso che si affaccia sulla vetrata che dà sulla strada.

Porto la bottiglia alla bocca, prendo un altro sorso e lo mando giù per l'esofago. Cazzo, non bevevo alcol puro da troppo tempo, ma questa è una serata un po' di merda. Nonostante mi abbia vendicata, il piacere è passato e mi lasciato solo un vuoto nel petto. Uno squarcio chilometrico.

Punto gli occhi sulla strada illuminata dai lampioni e dall'altro lato della carreggiata, appoggiato di spalla a uno che è fulminato da settimane e a cui nessuno cambia la fottuta lampadina, c'è qualcuno.
Corruccio la fronte quando realizzo che sta guardando... me.

Riduco gli occhi in due fessure tenendo lo sguardo fisso nel suo. Addosso ha una felpa con il cappuccio in testa che gli ricade sul viso già in ombra di suo per via dello spruzzo di marciapiede poco illuminato. Regge le mani nelle tasche, e quel gran figlio di puttana sta fissando me.
Considerata la macchina parcheggiata a due metri da lui, deve essere piuttosto alto e da qui sembra avere delle spalle larghe. Magari è uno dei tizi della festa. Magari qualcuno mi ha seguito dopo lo spettacolino che ho dato.

Abbandono la bottiglia sul tavolo, tiro la porta del Pink Ocean e il campanellino suona all'entrata. Esco quindi sull'uscio e mollo un'occhiata al tizio.

«Che cazzo hai da guardare?» alzo la voce abbastanza affinché mi possa sentire. Lo indico. «Sì, tu, stronzo!»
Inclino lievemente la testa quando realizzo che non fa alcun movimento. Se ne sta fermo, in silenzio e continua a fissarmi.

Ma che diavolo sta facendo?
Ha intenzione di avvicinarsi e magari rapinare il locale visto che qui ci sono solo io? Se ci prova, prima gli frantumo le dita con la bottiglia di vodka che userò a mo' di martello e poi lo trascinerò per i piedi in un canale.

Sbuffo incazzata e gli indico la strada.
«Sparisci o chiamo la polizia! Ehi! Mi hai sentito?! Levati subito dal cazzo o vengo lì e ti ci levo io!» lo avverto.
Forse è la vodka che sta iniziando a darmi alla testa. Forse non dovrei sbraitargli contro. Forse ha con sé una pistola che mi potrebbe fare un buco nel cranio ancora prima che possa rendermene conto.
Lui finalmente si stacca da quel fottuto palo della luce, alza una mano, mi saluta e se ne va per i fatti suoi.

Mi trovo a fissarlo io questa volta, a dir poco allibita tra l'altro.
Cazzo, questa città è piena di gente matta. Quasi mi manca la tranquilla vita di campagna nella mia cittadella sperduta in mezzo al nulla nel fottuto Texas.
Forse dovrei tornarci.

Prendere un cane, costruire un pollaio di galline ed isolarmi come un eremita in culo al mondo.
Magari è meglio se resto stasera nel mio triste monolocale, così evito che quello torni e provi a scassinare la porta del Pink Ocean. E se torna rimpiangerà la sua vita da criminale idiota che si mette a fissare la gente da lontano perché certamente non è il modo più adeguato per analizzare la zona prima di una rapina.

***

Angolo autrice

Capitolo decisamente lungo ma non potevo dividerlo in due pezzi, non avrebbe avuto tanto senso logico.
Ad ogni modo...

Ronnie è pazza e sta chiaramente perdendo il controllo. Il suo livello di menefreghismo di cacciarsi in guai seri e farsi uccidere è terrificante.

Cosa ne pensate di Jay? Sì, è un personaggio che potrebbe tornare :)

Per quanto riguarda Ronnie e Logan mhm: Ronnie ma che cazzo hai fatto a Seattle? Ahahaha vabbè adoro sto volando

Btw l'ultima scena del capitolo è qualcosa di abbastanza inquietante.
Le opzioni sono due:
1. Ronnie si farà ammazzare a furia di minacciare la gente;
2. Ronnie ammazzerà qualcuno.

Bene. Ma non benissimo.

Una cosa che vorrei commentare e poi scompaio: il modo in cui ha parlato a Kieran, il cui l'ha minacciato, è stato mhm molto pericoloso proprio perché questa pazza sfuriata non stava affatto scherzando. Ed è ancora più preoccupante come abbia preso a pugni quel ragazzo e le sia piaciuto, molto.

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