Capitolo XV - Nei tuoi occhi

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Alma

Il cielo immenso e sereno sembra contrastare le mie emozioni interiori, creando un profondo senso di smarrimento dentro di me. L'immacolata serenità che sovrasta tutto mi avvolge, ma al tempo stesso mi confonde. Lascio quella classe con un turbinio di dubbi, più di quanti ne avessi prima di entrarvi. La tranquillità del cielo si scontra con la tempesta dei miei pensieri, lasciandomi incerta.

L'atteggiamento di Dax ha avuto un impatto devastante su di me, come se avesse frantumato il mio cuore come un fragile vaso di vetro, lasciandomi immersa in una marea di frammenti taglienti che mi feriscono ad ogni movimento. Ogni pezzo rotto rappresenta un dolore, una delusione, un tradimento, e mentre cerco di raccogliere i pezzi, la ferita continua a sanguinare.

Le sue parole, così crudeli e velenose, hanno dilaniato ogni residuo di affetto che nutrivo per lui. Nel momento in cui credevo di averlo finalmente capito e di poter riporre fiducia nelle sue intenzioni, ha rivelato la sua vera natura, mostrando un volto oscuro privo di empatia, incapace di comprendere il significato del volere bene qualcuno. La sua freddezza ha squarciato il mio cuore, lasciandomi con l'amara consapevolezza di aver investito sentimenti in un essere che non sa nemmeno cosa significhi anche una semplice amicizia.

Il suo cuore è stato un abisso vuoto fin dall'inizio, e per un certo periodo ho illuso me stessa di poterlo colmare con la mia gentilezza e il mio affetto.

Ma ho imparato a mie spese che un demone non si trasformerà mai in un angelo: l'oscurità non diventerà mai luce, e l'odio non si tramuterà mai in amore.

È come se un angelo fosse destinato a cadere per mano del demone che ama, come se il bianco fosse destinato ad essere macchiato dal nero e come se l'amore, infine, dovesse cedere il passo all'odio, l'ultima trasformazione di un sentimento che ha conosciuto troppo dolore.

Non voglio sporcarmi della sua crudeltà, non voglio essere chi non sono e nemmeno morire per chi non darebbe mai la sua vita per me.

La strada mi inghiotte e sembra essere un piano scorrevole che mi fa camminare rapida, i miei passi si susseguono precisi.

La mia bramosia di risposte mi tormenta, ma le sue parole vuote continuano a rimbombare nella mia mente.

I suoi occhi, così freddi e distanti, in netto contrasto con il calore del loro colore, hanno il potere di penetrare nella mia anima, lasciandomi vulnerabile e smarrita. Mi hanno atterrata con la loro chiarezza tagliente, strappandomi via ogni illusione di sicurezza e infine infliggendomi una pena devastante: "Vuoi conoscere la verità? Chiedi a tua zia, a Michael, a Roan o a chiunque ti tenga realmente a cuore".

Continuo a camminare mentre mi massacro per non aver capito niente. Un senso di pesantezza mi riempie il petto creando un dolore appena percettibile, ma che mi mozza il fiato.

Con una mossa impetuosa, mi accarezzo il seno sinistro, cercando disperatamente di placare quell'angoscia opprimente che mi avvolge, ma ogni tentativo è vano. Stringo la maglietta, aggrappandomi al colletto nel tentativo di trovare un po' di sollievo, ma l'aria sembra mancarmi, soffocandomi ancora di più.

Abbandono ogni resistenza e lascio che le lacrime, trattenute per troppo tempo, scorrano liberamente lungo le mie guance, consegnandomi completamente a un pianto fatto di pura disperazione e tormento.

Mi fermo nel parco, il luogo che una volta era il nostro rifugio, dove trascorrevamo le giornate giocando felici, io, Dax e Maggy. Con un senso di malinconia mi lascio cadere su una delle panchine, cercando di trovare un po' di pace.

Prendo il telefono e accendo la fotocamera, scrutando il mio riflesso. I miei occhi sono gonfi e arrossati per il pianto, le lacrime hanno lasciato segni sulle guance, il mascara ha lasciato delle strisce nere come se un pennarello avesse tracciato il mio viso.

Mi avvicino alla fontanella con passo determinato, lasciando che l'acqua scorra tra le mie dita mentre riempio le mani e le porto al viso. Cerco di sciacquare via ogni traccia di dolore, sperando che l'acqua possa lavare via anche il peso che sento nel petto.

L'odore dell'acqua stagnante invade le mie narici, un ricordo persistente di vecchie estati trascorse in questo stesso luogo. Spinta dall'istinto, mi allontano leggermente, cercando un respiro d'aria fresca lontano da quell'odore penetrante.

Mi guardo di nuovo allo specchio, scrutando ogni angolo del mio viso, alla ricerca di qualsiasi traccia di dolore o tristezza impressa nella mia pelle. Non trovo nulla di evidente, ma so che la mia sofferenza è rimasta scolpita negli occhi dei bambini che mi osservano con una curiosità mista a inquietudine.

Possono percepire il mio tormento, anche se non possono comprenderlo appieno. Sono innocenti, ignari della tristezza e del dolore che affliggono il mondo degli adulti, e mi rendo conto che non dovrebbero mai dover imparare cosa significhino quelle emozioni.

Quanti sogni avevamo io e Margot da bambine! Passavamo ore a fantasticare sulle avventure che ci attendevano, osservando ammirate le ragazze più grandi e immaginando di essere come loro un giorno.

Margot, con i suoi occhi scintillanti di speranza, mi confidava i suoi sogni più grandi: voleva diventare la reginetta del ballo, indossare un abito sfavillante e trovare il suo principe azzurro con cui scappare via verso un mondo di favole e promesse.

La sua fiducia nel destino e la sua determinazione a realizzare quei sogni mi contagiavano, e insieme ci illudevamo di un futuro luminoso e pieno di possibilità. Oh, quanto vorrei poter tornare a quei giorni.

Da bambina, bramavo l'amore, osservando con una sorta di invidia i ragazzi scambiarsi baci, chiedendomi se mai avrei potuto sperimentare quel tipo di affetto.

Io e Margot dipingevamo il nostro futuro con colori vivaci, descrivendo avventure romantiche e passioni travolgenti ai nostri genitori, che sorridevano indulgenti. Ora, a distanza di anni, capisco perché quei sorrisi erano velati di saggezza.

Essere adulti non è affatto come ce lo immaginavamo: con l'età arrivano non solo le responsabilità, ma anche le delusioni, gli amori non ricambiati e un dolore che si insinua nelle vene, colorandole di un oscuro e amaro dolore.

Mentre il corpo si trasforma con il passare del tempo, anche l'anima subisce cambiamenti profondi.

Mi fermo un istante, osservando il parco con uno sguardo malinconico, sapendo che sarà l'ultima volta che lo vedrò con gli occhi dell'infanzia.

Chiudo gli occhi e mi abbandono al desiderio struggente di tornare bambina, nella speranza che quella piccola superstizione possa operare un miracolo e riportarmi indietro nel tempo. Ma quando riapro gli occhi, la realtà è lì, implacabile: non è successo nulla, e mi ritrovo ancora qui, una donna cresciuta con i ricordi dell'infanzia che si dissolvono lentamente nel passato.

Guardo la casa dall'esterno e immagino Derek correre insieme a quella bimba piccola che non ha potuto salvarlo, lo guardo mentre la abbraccia e la tiene stretta tra le sue braccia per proteggerla proprio come farebbe un fratello più grande e mi domando perché la vita mi ha tolto tutto ciò a cui tenevo di più.

La morte improvvisa di Derek ha gettato Edith in un abisso di dolore e disperazione. Per anni ha lottato contro la depressione, subendo vari episodi di oscurità e persino tentativi di suicidio.

Solo grazie all'amore e al sostegno instancabile di Michael è riuscita a trovare un barlume di speranza e a rimettere insieme i pezzi della sua vita frantumata dalla perdita del figlio.

Ma il peso della sua assenza è ancora insopportabile. Edith si sente come se non avesse un luogo fisico dove poter andare a onorare la memoria di Derek, poiché l'acqua lo ha inghiottito e portato via così lontano che a volte sembra impossibile anche solo immaginare i suoi lineamenti.

Non ho la forza di rievocare la sua dolce faccia che tanto mi faceva sorridere nei momenti di tristezza. "Mi manchi così tanto, Derek," confesso con un filo di voce, lottando contro il senso di colpa che mi perseguita da quando ho perso il mio punto di riferimento.

Apro la porta con le mani che tremano, prendo fiato e trattengo l'aria nei polmoni alcuni secondi lunghi. Il riflesso di mia zia mi fa cedere le gambe. Sostenendomi a malapena mi avvicino a lei e cado sulle ginocchia vicino al divano dove è stesa.

Poggio le dita delicatamente sulla sua mano da cui si intravedono le vene scure ed esposte. Il suo corpo è stanco, gli occhi rimangono aperti per uno sforzo immane e le labbra sono secche.

Mi dirigo verso la cucina con l'intento di prendere un bicchiere d'acqua. L'amarezza che provo nel vederla in quello stato supera di gran lunga il dolore inflitto dalle sue bugie. Mi avvicino per darle una mano a rialzarsi e le offro da bere. Nel frattempo, Michael scende le scale con uno sguardo curioso rivolto a me. Mi avvicino a lui e ricevo conforto in un abbraccio caloroso che mi rassicura.

«Stava bene quando sono andata via dall'ospedale, cos'è successo?» Edith mi fa cenno con la mano di avvicinarmi a lei.


«Tesoro, ho ancora un po' di tempo, ma non posso prevedere quanto. La decisione finale spetta agli antenati.» Una lacrima solca la mia guancia.
«No, non piangere," mi conforta lei.» Non ho paura della morte, Alma. Perché la morte mi riunirà finalmente con mio figlio. Non è una condanna, ma una benedizione."

Si asciuga le lacrime con il dorso della mano. «Non riesco a capire, Edith. Ci provo, ma davvero non ci riesco.» La mia voce si spezza e tutte le parole che avrei voluto dire o chiedere restano soffocate sulla punta della lingua.


Edith si gira verso Michael, i loro sguardi si incrociano e un'intesa silenziosa sembra stabilirsi tra di loro. Michael annuisce leggermente, confermando qualcosa che solo loro due possono comprendere. Osservo la scena con una punta di invidia, ammirando la profonda connessione che li lega, anche senza bisogno di parole. È come se avessero un linguaggio segreto tutto loro, capace di superare qualsiasi barriera comunicativa. 

«Alma, se sei pronta, vorremmo condividere con te un po' del tuo passato,» dice Edith con gentilezza, mentre Michael annuisce accanto a lei. «Non è obbligatorio, naturalmente, ma credo sia arrivato il momento.»

Mi guardano con un misto di premura e rispetto, ma anche preoccupazione, lasciandomi spazio per decidere senza pressioni. È una proposta delicata, ma è quello che chiedo da giorni, voglio sapere di più sulla mia storia, anche se so che potrebbero esserci verità scomode da affrontare. La curiosità mi spinge a rispondere con un semplice: «Sì, vorrei sapere.»

Uniscono le loro mani, formando un cerchio che sembra emanare una sorta di energia rassicurante. Poi, mi invitano a unirmi a loro. Senza esitare, afferro le loro mani con decisione, sentendo un brivido corrermi lungo la schiena mentre mi preparo ad affrontare ciò che verrà.

Improvvisamente, come se un velo si sollevasse nella mia mente, inizia a emergere un passato che non ho mai vissuto. Immagini sfocate e ricordi sconosciuti si materializzano, avvolgendomi in una nebbia di emozioni e sensazioni mai sperimentate prima. È come se fossi catapultata in un'altra dimensione, dove il tempo si mescola e le vite si intrecciano in modi che non avrei mai immaginato.

Mi ritrovo a camminare lungo strade che sembrano familiari, ma che non riesco a riconoscere. Incontri fugaci con volti che mi sembrano noti, ma che non riesco a identificare. Eppure, c'è un senso di familiarità, una connessione profonda che mi lega a queste immagini e a queste persone che non ho mai conosciuto.

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