Capitolo XVIII - Dentro la mente

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La seduta dalla psicologa si avvicina rapidamente, e il tempo sembra scivolare via come sabbia tra le dita. Ho saltato tutte le lezioni, immersa in un vortice di emozioni che mi trascina sempre più in profondità. Agnes è rimasta al mio fianco per tutto il tempo, una presenza costante e rassicurante in mezzo al caos che è diventata la mia vita. Ha parlato ininterrottamente, raccontandomi nei minimi dettagli la sua frequentazione con Lucien. Ogni parola che esce dalla sua bocca è carica di entusiasmo e affetto, il suo sorriso luminoso mentre pronuncia il suo nome mi fa ripensare a quando ho conosciuto Roan.

Tento di rimanere concentrata sulle sue parole, di ascoltarla senza lasciare che il mio pensiero vaghi altrove. Ma è difficile. Lo stomaco si rivolta in un groviglio di nervi e rimpianti, mentre la mente è tormentata dai ricordi di ciò che è stato e ciò che avrei potuto fare diversamente. Mi chiudo in me stessa, cercando di bloccare le onde tumultuose che minacciano di travolgermi. La sala d'attesa sembra restringersi intorno a me, e sento il respiro corto e affannoso stringermi il petto.

Agnes continua a parlare, il suono della sua voce che risuona nell'aria come un eco lontano. Vorrei poterle rispondere, condividere con lei i miei pensieri e le mie paure, ma sono intrappolata in una prigione fatta di rimpianti e dolore. Cerco di afferrare un barlume di calma, di trovare una fessura nella tempesta che infuria dentro di me. Ma è come cercare di tenere ferma la sabbia tra le mani durante una tempesta di vento.

Mi aggrappo alle sue parole come a un salvagente, sperando che possano tenermi a galla nel mare agitato delle mie emozioni. Ma so che, alla fine, sarò sola con i miei pensieri, naufraga in un oceano di incertezze e rimpianti.

I suoi capelli biondi, così fini e setosi, cadono leggermente sulle spalle, incorniciando il suo viso dolce come quello di una principessa delle fiabe. Guardandola mi chiedo perché non sia scappata via come hanno fatto tutti gli altri. Forse è semplicemente quello giusto, quello che ha deciso di restare nonostante tutto.

Faccio del mio meglio per dimostrarle la mia felicità per lei, anche se il mio cuore è ancora intriso di dolori e rimpianti. «Sono davvero felice per te, Agnes. Lucien sembra proprio un bravo ragazzo.»

La sua risposta mi sorprende e mi scalda il cuore. «Sono contenta che abbiamo ripreso a parlare, mi sei mancata, Alma.» Mi avvicino a lei, desiderando ardentemente che il nostro legame possa ritrovare la solidità perduta. La abbraccio con forza, come se volessi trasmetterle tutto il calore e l'affetto che ho tenuto nascosti per tanto tempo. «Mi dispiace averti evitata tutti questi anni, mi sono convinta che tu fossi una persona diversa da quella che conoscevo.»

Il suo sorriso gentile è un raggio di luce nel buio che mi avvolge. «Le persone possono sbagliare, sai. Non ti biasimo per avermi giudicata. Da quando siamo al liceo, ho avuto altre priorità. La verità è che mi sono anche dimenticata cosa volesse dire avere amici e parlare con qualcuno senza litigare. Voglio ricominciare, è bello avere una seconda possibilità.»

Le sue parole risuonano dentro di me come una melodia dolce e rassicurante. Mi riempiono di speranza e mi fanno sentire meno sola nel mio percorso di riparazione e perdono. Ma non posso fare a meno di pensare a Margot, alle sue lacrime e alle parole che le ho inflitto con tanta durezza. La mia mente si avvolge in un vortice di rimorsi, mentre mi sforzo di trovare la forza per affrontare le conseguenze delle mie azioni passate.

Non passa molto tempo prima che anche Lucien si unisca a noi. Si siede accanto alla sua ragazza e si scusa per quanto accaduto stamattina. Io annuisco, stringendo le labbra in un segno di accettazione. Guardo il loro legame con occhi critici, notando il modo in cui Lucien sembra piegarsi alle volontà di Dax, come se fosse soggiogato da lui. Un brivido mi percorre la schiena mentre mi chiedo se l'amicizia possa spingerti a compiere azioni che altrimenti non faresti, solo per mantenere il favore di qualcuno. Ma è davvero questo il significato di amicizia?

«Ti senti meglio?» mi chiede ancora, visibilmente scosso dalla situazione di poco prima.

«Sì, grazie a entrambi per esservi presi cura di me», rispondo, alzandomi dal tavolo della mensa. Mi aggiusto la gonna e la maglietta con gesti nervosi. «Scusatemi, ma ho un impegno con...» Agnes mi interrompe prima che possa finire la frase, conoscendo il mio disagio nel pronunciare la parola "psicologa". Mi fa un cenno con la testa per indicarmi di andare.

Busso alla porta della stanza senza fare troppo rumore, sperando che non sia presente, ma la sua voce risuona dall'altro lato, spegnendo ogni speranza. «Avanti», mi invita ad entrare. Varco lentamente la soglia, sentendo l'ansia travolgermi, ma lei si avvicina a me tendendomi la mano con gentilezza. «Sono la signorina Cooper, Lavinia Cooper. Tu devi essere Alma», dice, stringendo le mie dita con forza. Io annuisco, cercando di nascondere la mia agitazione di fronte a lei.

«Siediti pure. Gradisci un tè?» mi offre con gentilezza. Approvo con un cenno della testa, accettando volentieri.

I suoi capelli, pieni di ricci che formano piccoli cilindri sbarazzini, le circondano il volto in un vortice di movimenti vivaci. Le ciocche bionde contrastano con la sua carnagione scura, mentre le labbra carnose e gli occhi grandi incorniciati da lunghe ciglia aggiungono un tocco di fascino al suo viso.

Si muove nello studio con una grazia naturale, come se conoscesse ogni angolo della stanza da sempre. Tuttavia, non riesco a ricordare di averla mai vista nella scuola prima d'ora, quindi decido di porle una domanda per soddisfare la mia curiosità.

«Signorina Cooper, da quanto tempo lavora qui nella scuola?» Chiedo, mentre lei si volta verso di me con il bollitore elettrico tra le mani. Con calma, prende una tazza e versa l'acqua calda con grande attenzione, mostrando una maestria quasi innata.

«È una nuova iniziativa della scuola», mi risponde frettolosamente, forse cercando di evitare ulteriori domande.

La bustina del tè inizia a rilasciare il suo colore rosso, mentre il profumo dei frutti di bosco inonda la stanza. Lavinia si siede di fronte a me su una poltrona verde acqua. Tra noi c'è un piccolo tavolino di legno da caffè, basso e rotondo, sul quale poggia il nostro tè appena preparato. Sorride, mostrando i suoi denti bianchi, cercando di essere gentile, ma la sua espressione mi fa pensare esattamente il contrario. Prendo la tazza di tè e la appoggio sul bracciolo del divano, mentre mi siedo con le gambe accavallate.

«Allora, raccontami qualcosa di te, Alma», mi chiede con interesse.

Deglutisco rapidamente per darmi il tempo di formulare una risposta. «Non c'è molto da dire, sono solo una ragazza normale», ribatto, anche se so che non mi crede. Lo posso percepire dalla sua espressione.

«Raccontami allora della tua migliore amica, Margot. Il preside Reiston mi ha detto che siete inseparabili», aggiunge, portando la conversazione su di lei.

Ho un groppo alla gola a sentire pronunciare il suo nome, ma non so perché nella mia mente, al posto dell'immagine di Margot, ho quella di Dax. Devo smetterla di pensare a lui. Il problema è che la mia migliore amica non mi ha detto la verità. Suo fratello è solo un problema in più.

Il ticchettio insistente dell'orologio mi perfora le orecchie, quasi come un richiamo alla realtà. Cerco disperatamente di radunare le mie idee, ma la rabbia scorre dentro di me come un fiume in piena, travolgendo ogni pensiero razionale.

«Non ho alcuna migliore amica», ribatto con tono saccente, la voce carica di un'irritazione palpabile. La mia risposta è un riflesso diretto della tempesta emotiva che mi attanaglia.

«E un'altra cosa», aggiungo con un briciolo di provocazione nell'intonazione, «se il preside mi conosce così bene, perché non è lui a partecipare a queste stupide sedute al posto mio?»

Lavinia si alza in piedi con evidente irritazione dipinta sul volto.

«Stupide hai detto, eh?» incalza con una rapidità di movimenti che tradisce la sua frustrazione. «Se vuoi passare l'anno, sarà meglio che tu partecipi a queste stupide sedute. Ci siamo capite, signorina Malet?»

Mi alzo a mia volta con la stessa audacia che ha dimostrato lei.

«È uno scherzo, vero?» chiedo, sperando di sentire che tutto ciò non sia reale.

Lavinia solleva la tazza alle labbra, un gesto che sembra quasi enfatizzare la sua risposta.

«Nessuno scherzo», mi dice con un'intonazione che non lascia spazio a dubbi.


L'ora sembra volgere al termine, e con un senso di sollievo mi avvicino alla porta, desiderando liberarmi da quella stanza claustrofobica e dalla presenza inquietante di Lavinia.

«Oh, Alma», esclama con un tono che non promette nulla di buono, «hai già un compito da svolgere per la fine dell'anno. Siccome non hai amici, ti ho assegnato una persona con la quale dovrai creare un legame. Ho già avvisato Reiston che ha parlato con la persona in questione. Buona fortuna.»

Alzo gli occhi al cielo con un'espressione di frustrazione. «Chi? Chi è questa persona?» domando con un sospetto palpabile nella voce.

Lavinia mi guarda con calma, quasi divertita dalla mia reazione. «Lucien», rivela con un sorriso quasi malizioso.

Bene, penso sarcasticamente, proprio ciò di cui avevo bisogno: diventare amica del leccapiedi di Dax. Sbatto la porta dietro di me senza nemmeno prendere la briga di salutarla. Probabilmente non è stata la mia mossa più diplomatica.

Appena fuori, mi trovo di fronte a Roan e Lucien, come se il destino avesse deciso di mettermi alla prova. Di nuovo.

«Ti stavo aspettando», dicono simultaneamente, le loro voci echeggiano nella stanza come un'eco sinistra dei miei tormenti interiori.

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