Gettato
sopra il corpo
di un impavido
compagno,
il capo scoperto
e la terra rocciosa
sotto i piedi nudi,
ho sussurrato
parole d'amore,
volanti all'aria
come rondini solitari.

Ad occhi aperti,
orami spenti
di dolorosa vita,
ho ripensato al passato;
al porto solare,
al vociare del mattino,
le bancherelle spaziose,
il tintinnio delle bici,
le grida delle venditrici,
coperte di risi
e ho sorriso.

Ho pensato a chi
resisteva ancora,
aggrappato alle forze,
le ultime
di un piccolo corpo
crivellato di
invisibili cicatrici
e ho riso,
angosciato,
nella nera quiete,
del futuro incerto.

E poi lentamente
sono svanite,
frammentati al vento
come i bianchi petali
di umile tarassaco,
come le acquerugiole
dimenticate
delle lontane estati
e allora sono caduto,
mestamente,
ormai perso.

Se solo potessi
tornare
da dove sono venuto,
nel tiepido calore
di un abbraccio
familiare,
in quattro pareti
fioriti di carta,
allora ti direi:
sai che,
potrei morire ora.