Capitolo cinquantadue

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"La magia dell'amore"
Parte seconda

Molti danno agli altri ciò di cui avrebbero maggiormente bisogno per se stessi. ✧
-OSCAR WILD


Dopo ore di lamentele e varie pietanze sfornate, Isabel ed Elijah si riunirono alla famiglia in salotto.
«Pronta?» chiese lui, fermandola sulle scale mentre si affrettavano a raggiungere la tavola.

Isabel lo guardò confusa «pronta per cosa?»

Elijah si chinò leggermente fino a parlarele all'orecchio, un sorriso sornione sulle labbra. 
«Lo sai per cosa: come faccio a non toccarti vestita così

Isabel osservò l'abito che aveva scelto di indossare quella sera. Era un tubino bordeaux, aderente e sensuale, con un taglio elegante che seguiva delicatamente le sue curve, donandole un'aria sofisticata. Lei arrossì, poi si sforzò di distogliere gli occhi dai suoi, imbarazzata.
Era un'espressione che aveva spesso dipinta sul volto, ultimamente, come se le fosse difficile mettere a fuoco persino gli oggetti quando quell'uomo si trovava accanto a lei.
«Elijah!»

«Dovrei trattenermi lo so, ma con te è impossibile farlo. Vedi? Continui a essere la causa di tutto, amore mio» constatò, con un tono di scherno nella voce e il suo solito atteggiamento bonario.

Isabel incrociò le braccia, cercando di ignorare l'emozione che le stringeva lo stomaco. Ogni volta che Elijah le diceva quanto fosse bella, lei finiva per credergli, e incapace di resistere al suo fascino, soccombeva al potere delle sue adulazioni. Sembrava proprio non riuscire a stargli lontano!
«Se non smetti di parlare...»

Elijah inclinò la testa «finiremo di nuovo a letto?» la provocò mellifluo.

Isabel sostenne il suo sguardo lascivo e malizioso.
«Sì!» fu tutto quello che riuscì a dire. Non doveva permettere a quell'uomo di incantarla, ma ogni sua parola la trasformava in un fragile castello di sabbia destinato a dissolversi al minimo soffio di vento.

Elijah le prese la mano, baciandola come aveva fatto prima che, a malincuore, lasciassero la stanza.
«Se non dovessimo cenare, saremmo ancora lì. Anzi, se qualcuno qui dentro...» e lì le toccò la pancia, facendo chiaro riferimento al feto che portava in grembo, «non mi avesse fatto prendere un bello spavento, mi sarei "mangiato" volentieri la sua mamma...»

Quella frase scaldò il cuore di Isabel.
Era emozionante pensare che presto, ma non troppo presto, sarebbero stati in tre: lui, lei e il bambino o la bambina che sarebbe nato/a. Anche se, non poteva fare a meno di sentirsi in ansia e anche un po' terrorizzata. Non certo perché non volesse il bambino o perché non amasse Elijah, ma per tutto il contesto che faceva parte di quella storia.

Nel giro di pochi mesi, la sua intera vita, o meglio, la sua intera esistenza, era stata sconvolta. Doveva ancora capire se quel cambiamento fosse avvenuto in senso positivo o negativo: c'erano ombre che tentavano di offuscare il suo cammino, come il rapimento della zia Clorinda, la vicenda del ballo, o la caccia di Rick. L'amore poteva salvarla da una vita miserabile, ma non poteva farla sfuggire al destino.
Quello era inevitabile.
«Beh, la mamma ha fame, e anche molta, perciò rimanderemo a dopo i convenevoli romantici, papà...»

Il sorriso di Elijah si eclissò, in reazione al termine con cui era stato appena definito: era strano pensare a se stesso come una figura così importante. Sperava che il bambino avesse i suoi occhi, i suoi capelli fatati, di un biondo quasi etereo, proprio come lei.

Isabel gli faceva perdere il contatto con la realtà, ed era un sensazione così strana, un trasporto che non gli era mai capitato di provare prima, neanche con...
Lily.
Certo, il loro era stato un sentimento acerbo, esploso in un'emozione così travolgente da distruggere entrambi, ma non era paragonabile a quello che provava per la sua Isabel. Era tutto così diverso, lui era diverso, il suo cuore era diverso: lei gli faceva venire voglia di diventare un uomo migliore.

Aveva incrociato molti sguardi, molti sorrisi, visto tante facce, ma era riuscito a perdersi solo con lei.

«È una parola splendida, papà», disse lui, gonfio di gioia, rimanendo imbambolato a guardarla.

Le labbra di Isabel guizzarono in maniera involontaria.
«Non credevo che lo avrei mai detto ma...ti si addice» dopodiché, senza preavviso, un'idea folle iniziò a frullarle per la testa, ma non era plausibile o accettabile. Anche perché Clodette sarebbe presto giunta a tirar loro le orecchie, ma...non riuscì a impedire al fuoco di divampare ancora in lei. Con le punte delle décolleté si sollevò a cercare le sue labbra, e prima di assaporarle ancora, gli disse: «non smetto di desiderarti...»

Elijah continuò a fissarla in tralice per qualche secondo, poi fece scontrare le loro bocche in una danza famelica, scambiandosi il reciproco bisogno di possedersi.
Isabel sbatté la schiena al muro, le cornici appese vibrarono.
«Non dirmi così, fata...» le parlò vagamente risoluto, anche se dentro si sentiva morire. Non potevano fare sesso sulle scale e certamente non avrebbero avuto il tempo di raggiungere la stanza senza che qualcuno sentisse i gemiti incontrollati della sua fidanzata. Resistere alla passione continuava a dimostrarsi il compito più arduo per entrambi.

Lasciandosi guidare dall'impulsività, risalì la sua coscia nuda con le dita, fino a giungere al centro delle mutandine di cotone. Isabel gli permise di esplorarla per qualche istante, ma poi, quando provò a scostarle, gli afferrò i polsi attirandolo a sé.
«No!» la sua voce uscì debole e forzata e si maledisse per questo, perché mai avrebbe voluto dimostrarsi debole, ai suoi occhi. Non le era permesso, non in quello stato.

Elijah usò la sua semplice arroganza per ammaliarla: era così sensuale e tenebroso mentre si abbassava a ripetere «no?» quasi fosse stata una risposta senza senso.
«Non esiste no, fata» precisò con fiera autorevolezza.

Isabel cercò di mostrarsi impassibile ma era certa che le sue guance si fossero tinte di rosso, per l'ennesima volta.
In effetti quell'uomo la stava mandando in confusione: il suo aspetto così affascinante era un'oscura maledizione.
«Elijah, non possiamo farlo qui!»

Lui si finse corrucciato «perché no? Faremmo in fretta, nessuno se ne accorgerebbe...»

Isabel scosse la testa, decisa.
«Dubito che non ci vedrebbero, considerato il posto in cui stiamo pensando di dare sfogo alle tue perversioni: siamo sulle scale, Elijah, ci scoprirebbero prima che tu possa calarti giù le brache!»

Elijah non seppe se ammirare la prudenza di Isabel o ripudiarla al tempo stesso. Non sbagliava in effetti, ma era troppo preso da lei per potersene rendere conto. Doveva allontanarsi o avrebbe finito per prenderla sui gradini e invece fece l'esatto opposto: Isabel lo sentì avvicinarsi e, presto, il suo respiro le accarezzò la nuca.
«Hai ragione, come sempre. Ma diciamolo, sarebbe stato divertente!»

Isabel rise leggermente, stringendo la mano di Elijah.
«Sì, sarebbe stato divertente, ma meglio evitare guai» lei lo guardò negli occhi, più azzurri di un limpido cielo primaverile. Erano bellissimi, proprio come lo era lui.
A volte faceva fatica a credere di averlo accanto.
Lo aveva odiato per un tempo infinitamente lungo, tanto da resistere persino a conoscerlo, poiché non credeva che non meritasse una seconda possibilità. Tuttavia, ora, mentre si perdeva nelle sue carezze, realizzava che, nonostante i suoi sbagli, era ancora il dolce ragazzo che Lily aveva amato fino alla fine. Era sempre lui, con la sua aura un po' scontrosa e cupa, ma sempre lui.

E Isabel lo amava, profondamente, aveva imparato ad amare ogni sfaccettatura di lui, compresi i suoi lati più difficili.

«Dove ti eri nascosta tutto questo tempo?» assorbita com'era dal suo magnetismo, quasi non si accorse di quella domanda cosi insolita, né del modo in cui la stava guardando, come se stesse contemplando una galassia stellata in una notte senza fine.

Isabel provò un inatteso formicolio allo stomaco.
Solo lui era capace di suscitare scintille così intense in lei.
«Non mi sono nascosta, sei tu che non mi hai trovato prima» rispose con un sorriso affabile.
«O rapita, per meglio dire...»

Elijah reagì con uno sbuffo incontrollato.
«Ancora con questa storia? Non ti ho rapita!»

«Non direttamente ma è come se l'avessi fatto; lo sai anche tu eppure ti ostini a negarlo!» insistette lei, con un tono che voleva essere conclusivo, per evitare ulteriori repliche.

Ma ovviamente Elijah la ignorò, tirando per la sua incredibile teoria.
«Ti ho portato alla villa per salvarti da Rick, fata. Non sarebbe stato sicuro per te restare a casa tua!»

Isabel fece spallucce «avresti potuto andartene come ti aveva suggerito Benjamin, anche se fu lui stesso ad avvertirlo: probabilmente non voleva rimetterci la pelle».

Elijah dovette lottare contro la rabbia che sormontava in lui. Era la vigilia di Natale e non voleva pensare a quel dannato traditore. Rimandare la resa dei conti non era saggio, tanto meno sviare la mente da responsabilità imprescindibili come eliminare Benjamin o Rick. Ma per una volta nella vita, anzi, per una volta dopo tanto tempo, voleva godersi le feste in compagnia dell'amore ritrovato.

Non era il massimo considerando la situazione di Clorinda, ma voleva che Isabel si sforzasse di non pensarci fino a quando non avrebbero avuto sue notizie. Era una apoteosi assurda, non poteva pretendere che Isabel ignorasse il fatto che Clorinda potesse essere già morta, eppure nel suo egoismo lo esigeva. Si sentiva un po' meno colpevole, sapendo che, in qualche angolo del suo cuore, Isabel trovava un certo conforto nella sua presenza. Proteggerla, preservare i frammenti della sua vita, era il suo compito principale e, nonostante tutti i suoi sforzi, non era riuscito a evitarle il dolore né a impedire che soffrisse.

Aveva fallito con Lily, con sua madre, con Brooke, e maledizione, non poteva permettersi di deludere anche Isabel!

Si schiarì la gola, recuperando la razionalità.
Per giunta si chiese per quale motivo avessero tirato fuori quel discorso: personalmente, non provava pentimento per le sue azioni. Se quella mattina non si fosse presentato a scuola, non avrebbe mai incontrato Isabel, e di conseguenza non si sarebbero mai innamorati. Quel pensiero gli fece aumentare la presa attorno al suo corpo, come se volesse confermare che le sue paure erano solo congetture infondate.
Che Isabel era davvero lì con lui.
A volte-come Isabel- stentava ancora a crederci!

Sorvolando sui dettagli del caso, tornò a concentrarsi su di lei.
«Sai, a proposito di colpe...c'è una "cosa" che non ti perdono, fatina» le disse Elijah vagamente perentorio.

«Che cosa?» lo punzecchiò lei, afferrando una ciocca di capelli per arrotolarla attorno a un dito. Sapeva esattamente quale fosse il finale della loro conversazione: ciò che sarebbe seguito dopo, senza dubbio, sarebbe stato qualcosa di decisamente inopportuno.
E infatti non sbagliava.

Elijah le accarezzò una guancia squadrandola avidamente; con una lentezza quasi snervante, fece scivolare la mano sul suo collo, poi lungo l'incavo dei seni strizzandone uno, brutalmente indelicato. Isabel sussultò, sforzandosi di non ribellarsi quando Elijah l'attirò al suo petto.
«Che tu mi abbia detto di no, fata, non farlo più non mi piace...»

Isabel gemette sconfortata.
«Hai cominciato tu, io ho cercato di porti un freno o avremmo fatto l'amore sulle scale!»

«È vero, ma i tuoi rimproveri non mi piacciono, e non mi piace non poterti toccare quando voglio, dunque...ti meriti una punizione» il modo in cui gravò quell'ultima parola, le fece venire i brividi.

Provò a indietreggiare, ma Elijah continuava a mantenerla avvinghiata al suo corpo.
«Non puoi scappare fatina, non ti permetterò di farlo ma ti darò un'ultima chance...» con altrettanta lascivia le infilò la mano sotto la gonna palpandole il sedere.

Isabel si dimenava cercando di liberarsi, ma come sempre il peso di Elijah la sovrastava come un imponente mausoleo d'acciaio. Anche i suoi polsi erano in trappola, lui le glieli aveva imprigionati dietro la schiena.
«Elijah, con ricominciare!»

«Non fare la capricciosa!» la sculacciò per incitarla a non contraddirlo, e lei trasalì, ancora.
«Facciamo un patto...»

«No, nessun patto, dobbiamo andare!»

Elijah si intestardì, come spesso accadeva quando lei si rifiutava di compiacerlo.
«Allora non ci muoveremo da qui!»

«Tua zia ci vedrà!» gli fece notare lei, cercando di appellarsi al suo buon senso.

Peccato che ad Elijah non importasse minimamente, e non tardò a ribadirlo.
«E chi se ne frega, fata. Sei la mia fidanzata ora, non può contraddirmi se ho voglia di baciarti in pubblico...»

«Ma di criticare il modo in cui lo fai, certamente sì!»

«Te lo ripeto: per quale motivo dovrei preoccuparmi del suo giudizio? L'unica cosa che mi interessa, fata, sei tu, solo tu. Tienilo bene a mente, sempre!» Isabel riuscì percepire tutta la bramosia, l'impazienza con la quale la reclamava per ricordarle che gli apparteneva. La usava sempre quando cercava di scioglierla, e se non avesse trovato il modo di allontanarlo, avrebbe rischiato di cascarci. 

«Lo so già, razza di pervertito lasciami andare!» continuò a ribellarsi, senza però trovare via libera. Elijah continuava a mantenerla stretta, i loro corpi sembrarono essersi modellati.

«Ne sei certa, fata? Posso ancora offrirti il mio accordo, se lo desideri. È sicuramente più vantaggioso rispetto a ciò che ho in mente per te», la avvertì.

Isabel si aggrappò alle sue spalle, cercando di spingerlo via.
«Elijah, lasciami andare e ne potremo parlare, d'accordo?» cercava di mostrarsi accomodante, sapendo che sarebbe stato più facile convincerlo se avesse dimostrato di essere disposta a collaborare.

Elijah finse di pensarci, come faceva di solito quando preferiva non anticiparle le sue intenzioni, non subito almeno.
«Facciamo così...» cominciò a dire dopo, continuando a palparla «tu mi lascerai toccarti, e io ti lascerò andare.» 

«No! Te lo ripeto: non scoperemo sulle scale!»

Elijah scoppiò in una risata; sentir parlare Isabel in modo così sporco lo sorprendeva.
«Non dobbiamo scopare, infatti, anche se è quello che vorrei...»

«Elijah!»

«D'accordo, d'accordo» lui allentò di poco la stretta per poterla guardare meglio.
«Allora scegli, non abbiamo più tempo: accetti le mie carezze o facciamo a modo mio?»

Isabel aprì la bocca per rispondere ma si scoprì a corto di parole.
«Non puoi obbligarmi a prendere una decisone!»

«Sì che posso, e ti assicuro che sceglierai in ogni caso, se non lo farai tu lo farò io per te» ma quello che Isabel non sapeva, era che Elijah aveva già deciso per entrambi.
Voleva "punirla" a modo suo, anche se non c'era un vero motivo per cui meritasse una punizione.
Non poteva averla suo piacimento? Bene, allora non le avrebbe risparmiato l'imbarazzo: sarebbero rimasti sulle scale fino a quando non avrebbe ottenuto il suo premio.

Non che lei lo fosse, ma quella donna era capace di risvegliare istinti in lui poco consoni a un uomo innamorato, ma desideroso di possederla senza riserve!

Isabel continuò a ribellarsi.
«Non te la darò vinta, non questa volta, Elijah!» anche se nel profondo avrebbe preferito fare l'opposto, non poteva permettere a quell'uomo di averla vinta tutte le volte che esigeva degli insensati trionfi. Era una cosa da pazzi.

«Allora mi darai un bacio!» Elijah proseguì con i suoi capricci.
«Non ti darò nessun bacio!»
«Due baci, e la chiudiamo qui!»
«Elijah!»
«Tre è la mia ultima offerta!»
«Elijah noi non stiamo contrattando!» rise lei.
«D'accordo, a causa della tua sfrontatezza adesso passiamo a quattro baci!»

Isabel pretendeva altro da lui, pretendeva che la smettesse!
«Non te ne darò neanche mezzo, e se non la pianti, dopo cena, mamma filerà a dormire invece che intrattenersi con papà!»

Elijah aprì la bocca, recitando la parte dell'uomo sbigottito.
«Sei perfida!» l'ammonì, poi con un movimento rapido l'afferrò per i capelli e la voltò di faccia contro il muro gelato. Il suo corpo prestante si incollò a quello di Isabel, che non ebbe modo di sfuggirgli.
«Ma io lo sono di più...»

Isabel si lasciò sfuggire un piccolo grido di sorpresa, quando lo sentì armeggiare col il vestito. Elijah le tappò la bocca con la mano «non puoi dirmi di no, fatina. Lo sai come funziona...»

Un brivido le percorse la schiena, le ginocchia iniziarono a tremare, sentiva il cuore batterle nelle tempie.
Lo voleva, anzi no lo pretendeva dentro di sé, ma non in quella maniera. Non in quel momento, diamine!
Poco distante da dove si trovavano, c'era la porta che conduceva alla cucina per fortuna ancora chiusa, un piccolo sollievo considerando che nessuno sembrava incline ad aprirla. Dal di là, giungeva un tumulto di voci; Clodette stava discutendo animatamente con i fratelli di Elijah, ma l'atmosfera non era tesa come un litigio, sembrava solo un vivace scambio di opinioni che li animava e li coinvolgeva più del previsto.

Elijah la prese in contropiede, trascinando la bocca lungo il suo collo, poi sul mento, fino all'orecchio, facendola tremare debole come una foglia in balia del vento.
«No, non qui...», sussurrò, quando cercò di stringere le gambe per non concedergli l'accesso.

«E invece è esattamente qui che ti prenderò!» Elijah la fece girare nuovamente, questa volta fu la schiena a sbattere alla parete. Si avvicinò, appoggiò le mani ai lati delle sue spalle, provò a baciarla ma Isabel si discostò, non accettava di dargliela vinta. Allora decise di concentrare la sua attenzione altrove, di usare le labbra per scendere piano, verso il seno. Isabel chiuse gli occhi, la tachicardia prese a martellarle il petto.
«Oppure potresti darmi i miei baci, invece di ostinarti a rifiutarmi...» 

«Elijah...» Isabel gli passò una mano tra i capelli, con discrezione, come se temesse di risvegliare la fame della bestia. «Perché non puoi arrenderti e basta? Per una volta, per una sola dannata volta!»

«Non rinuncerei ai tuoi baci neanche se le nostre labbra facessero cadere il mondo in rovina!» Elijah prese a lambire la carne morbida vicino alle scapole, «e comincio a perdere la pazienza, fata» le baciò la punta del naso e lei sorrise.

«Anch'io!» Isabel incrociò le braccia ora che poteva muoverle liberamente, «non possiamo restare qui per sempre, Elijah.»

«Sono d'accordo» e come solo lui sapeva fare, la prese nuovamente in contropiede sorprendendola con un'altra delle sue azioni assurde: con un movimento repentino se la caricò sulle spalle, afferrandola per le cosce.

Isabel agitò le gambe, sferrandogli pugni vigorosi sulla schiena.
«Lasciami andare, Elijah!» ma lui apparve del tutto incurante: le schiaffò una natica mentre scendevano gli ultimi gradini, per incitarla a stare buona.

«Ti avevo detto di accettare i miei baci, o no? Ma hai preferito fare di testa tua, quindi ora ti toccherà salutare i miei fratelli come un sacco di juta!» e la sua minaccia sembrò materializzarsi quando, oltrepassando il corridoio, raggiunsero la porta della cucina.

Isabel, guardandola da sopra le spalle, sgranò le palpebre.
«No, Elijah, non osare. Mettimi giù, maledizione!» esclamò con voce vibrante, mostrando un'insolita ribellione. Nonostante la caparbietà con cui cercava di reagire, Elijah si mostrò del tutto insensibile ai suoi colpi, anzi, sembravano divertirlo ancora di più!

Lei nascose il viso tra le mani, quando Elijah poggiò la sua sul pomello, pronto a sospingere la porta. Avrebbe voluto gridare e fuggire; quell'uomo, accidenti a lui, poteva farle perdere la pazienza, e non in senso positivo!
«È quello che ti meriteresti, fata» le disse poi, infastidito- per gioco- dall'arroganza della giovane.
«Che aprissi questa porta e facessi vedere a tutti il tuo bel culetto sodo, ma...» e lì, dopo essersi subito svariati colpi alle scapole, le fece toccare i piedi a terra.
«Non lo farei mai!»

Isabel emise un mugolio angosciato, riportando le braccia lungo i fianchi. Li distese un istante prima di massaggiarsi le gambe, arrosate a causa dell'assalto di lui.
«Grazie» mormorò incrociando il suo sguardo, ma non riuscì a dire nient'altro: il manrovescio che gli piantò in pieno viso, bastò a parlare per entrambi.
«Se ti azzardi a farlo di nuovo, sei tu quello che non rivedrà più il mio "bel culetto"!» tuonò lei, spingendolo indietro.

Elijah si massaggiò la zona colpita, i suoi occhi diventarono ancora più gelidi, glaciali. L'aria tra loro divenne elettrica; non era l'odio o la violenza il motore che motivava entrambi,  ma qualcosa di più profondo: la passione selvaggia, l'amore oscuro e senza limiti! 
«Piccola arrogante che non sei altra...» minaccioso come un predatore, la sovrastò facendola indietreggiare.
«Ora ti scoperò qui!»

Isabel digrignò i denti, cercando di non farsi sopraffare dai suoi modi burberi, sapendo che li usava solo per impressionarla e farle credere che avrebbe presto agito di conseguenza.
«Elijah smettila!»

«L'hai voluto tu!» purtroppo per lei Elijah non scherzava, non questa volta: l'afferrò per i fianchi facendola scontare col suo corpo, e senza alcuna delicatezza le invase la bocca.
Isabel provò a distanziarlo, ma Elijah strinse maggiormente le dita attorno al suo bacino fino a farle male. Rimasero in piedi, assorbiti completamente l'uno dall'altro, finché l'arrivo tempestivo di Matthias riuscì a salvarli da una possibile figuraccia.

Matthias aprì la porta in silenzio trovandosi difronte i due amanti. Vedendolo, si separarono bruscamente, cercando di ricomporsi in fretta. Matthias fece uno sforzo visibile per trattenere una risata, ma alla fine cedette, lasciando che un guizzo ironico incurvasse le sue labbra mentre guardava Isabel sistemarsi l'abito con aria colpevole.

Elijah affondò le mani nelle tasche, distaccato, come se nulla fosse accaduto. Come se non l'avesse quasi spogliata di fronte alla cucina...
«Ti serve qualcosa, fratello?» gli domandò, quando si accorse dell'espressione complice con cui li stava studiando.

«È pronto, già da un po'. Clodette mi ha mandato a chiamarvi, è una fortuna avervi trovato qui fuori.»

«Già, un'autentica benedizione» lo prese in giro Elijah.

Matthias ricambiò la sua occhiata con una più circospetta, sforzandosi di ignorare l'imbarazzo che aveva preso a circolare tra loro.
«Datevi un'aggiustata, aspettiamo solo voi!» li avvertì, prima di scomparire oltre la porta, che chiuse alle sue spalle prima che Clodette si avvicinasse a reclamare la loro presenza.

«Bene, sei soddisfatto?» Isabel evitò di guardarlo, per non innescare in lui un'altra delle sue reazioni eccessive.
«Che vergogna, santo cielo...»

«Niente che non abbia già visto» sorrise beffardo, pronto a entrare non appena Isabel ebbe sistemato il vestito.

A quel punto, Isabel si aggrappò al suo braccio intenzionata a fermarlo.
«Che intendi dire? Ti ha beccato con altre donne?» quella domanda le uscì imperiosa e aggressiva al tempo stesso.
Non era mai stata gelosa prima che...
Prima che uno stronzo le rubasse il cuore.
Che patetico, eppure così ricorrente, cliché.

Elijah avrebbe preferito mentirle piuttosto che dirle la verità, punzecchiarla un'altro po', burlarsi del suo eccitante sospetto, ma quando notò il modo in cui lei aspettava ansiosamente una risposta, cambiò idea.
Non l'avrebbe ferita, in nessun modo.
«Non è a quello che mi riferivo fata.»

Isabel buttò fuori l'aria che non si era accorta di aver trattenuto.
«E a che cosa allora?»

Malgrado i suoi nobili propositi, questa volta, Elijah scelse il silenzio, anche se la risposta sarebbe stata semplice: non glielo disse, ma si era riferito a tutte le volte che Matthias l'aveva beccato a fantasticare su di lei, a ogni carezza che le aveva dato, a ogni secondo in cui si era perso nei suoi occhi verdi e senza confini, non riuscendo più a capire dove iniziasse lei e dove finisse lui. Non aveva nulla di cui temere; Isabel aveva preso pieno possesso della sua anima, non poteva più tornare indietro.

«Se non posso scoparti allora ti terrò sulle spine; te lo dirò dopo cena se farai la brava» si affrettò a dire, invece.

Negli occhi di Isabel brillò un scintilla di sfida, ma la scacciò subito.
«Quando dici 'brava', intendi permetterti di toccarmi sotto la tovaglia, giusto?»

La risata calda e spensierata di Elijah, le diede la conferma che cercava.
«Non vale se mi anticipi, fata!» Elijah non distoglieva ancora lo sguardo da lei, e a Isabel parve che il suo cuore galoppasse più velocemente...troppo velocemente...
Avrebbe voluto replicare, ma comprendeva che ciò avrebbe portato a un ulteriore scontro insensato o, ancor peggio, avrebbe potuto provocare un'altra delle sue condotte inaccettabili!

Preferì lasciar perdere e seguirlo in cucina quando, dopo averle sussurrato altre sconcerie, Elijah aprì la porta.

«Finalmente! Le lasagne si stanno raffreddando!» gridò Clodette, portando gli ultimi piatti in tavola.

«Oh, non cominciare con le tue lamentele, maledetta racchia, siamo tutti qui!» le fece notare Brooke, sedendosi al centro del tavolo e incrociando le gambe.

«È maleducazione servirsi per prima!» la rimproverò Clodette, sforzandosi di ignorare suoi insulti inappropriati.

«Non lo stavo facendo, infatti!» borbottò Brooke.

Matthias s'intromise tempestivamente: «per favore, non litighiamo anche oggi, vi prego!» si accomodò accanto a Ethan, che a sua volta prese posto tra Matthias e una sedia ancora vuota, cercando di calmare gli animi e instaurare un'atmosfera più pacifica.

«Cosa dovremmo farci con tutto questo cibo? Non mi andrà giù neanche se mi scolassi venti boccali di birra!» fece il più giovane dei Brown, guardando incredulo tutte le delizie preparate da Clodette. La tavola era un tripudio di profumi e colori. Al centro, una sontuosa teglia di lasagne fumanti emetteva un invitante aroma di pomodoro e formaggio, accanto a un cesto di pane appena sfornato. Lungo il perimetro del tavolo, si potevano ammirare varie pietanze succulente: un arrosto di maiale ricoperto da una crosta dorata e croccante, accompagnato da patate arrosto e verdure grigliate; un vassoio di pasta fresca, una ciotola di insalata mista con pomodori ciliegini e olive nere; e per finire, una torta di mele profumata e dorata, pronta per essere affettata e gustata.

Effettivamente, Clodette non esagerava: aveva preparato cibo per un'intera schiera di soldati!

«Ma alla fine mangerai tutto e darai anche un bell'abbraccio alla tua zietta, non è vero?» scherzò l'altra, avvicinandosi a Ethan e pizzicandogli le guance, mentre il ragazzo protestava cercando di liberarsi dalla sue manfrine.

«Zia! Mi fai male!»

Clodette alzò gli occhi al cielo «voi Brown siete così poco affettuosi! Ecco perché siete sempre nervosi!»

«Sono d'accordo! Abbiamo attitudini poco amorevoli persino verso chi amiamo» Matthias fece posto a Elijah quando si sistemò accanto a lui.

«Cara, ripulirai il piatto senza se e senza ma! Prendi pure quello che vuoi!» la incitò Clodette, mentre prendeva di mira la povera Isabel appena trovò dove sedersi.
Lo fece intenzionalmente, ma non si sedette vicino a Elijah, bensì di fronte a lui, in modo che potesse guardarla senza toccarla.
Che dolce vendetta!

«Attenta zia, le viene un po' difficile non protestare ultimamente» Elijah si inclinò per prendere la grossa ciotola di insalata, concedendosi un po' nel piatto.

Isabel s'imporporò; la tinta che colorava le sue labbra quasi si confuse con quel rossore violento.
«Sul serio? Vuoi discutere anche adesso?»

Elijah osservò Isabel con uno sguardo furbo, limitandosi a guardarla senza replicare, mentre lei lo ignorava a sua volta. Nel frattempo, Ethan ridacchiò notando la loro diatriba misteriosa, ma prima che potesse dire qualcosa, venne colpito da un coccio di oliva tirato da Brooke.

Ethan, sorpreso, rispose tirandole a sua volta una pallina di pane, in un gesto giocoso come facevano da bambini.
«Ehi! Piantala!» lo rimproverò Brooke, quando la pallina finì tra i suoi capelli.

«Perché? ho appena cominciato, ho un anno da scontarmi, perciò!» ribatté Ethan, tirandole un'altra pallina, che questa volta finì in faccia a Clodette.

La donna sbuffò, intervenendo: «insomma, voi due finitela!»

«Ha incominciato lei!» si difese Ethan.
«"Ha cominciato lei"» gli fece l'eco Brooke.

Nessuno a quella tavola poteva dire con certezza se avessero fatto pace, ma sicuramente sembravano aver deposto le armi.

«Ethan!» lo riprese Clodette mentre si accomodava «non darle retta» ma appena lo disse, si rese conto che aveva un po' esagerato. Per sua fortuna Brooke decise di ignorarla.

Ethan si voltò verso di lei.
«Andiamo perché è sempre colpa mia, ehi Sissy, tu hai visto, chi ha cominciato prima?» puntò Isabel con la forchetta, con l'aria di chi avrebbe dato la vita pur di avere ragione.
Un tratto tipico dei Brown.

«Non chiamarla così!» Elijah decise che era il caso di rispondere in qualche modo.

Uccellino.
Sissy.
Quante confidenze.

«La chiamo come mi pare è mia cognata!»
«La chiamerai col suo nome!»
«E chi lo dice?» lo sfidò Ethan, incrociando le braccia.
«Il capo famiglia, nonché suo futuro marito.»

A Isabel per poco non andò di traverso l'acqua.
Sarebbe stara una serata molto lunga.

***

Villa Brown,
il mattino precedente.

Benjamin, con un'espressione determinata, si pose il cappello sul capo mentre si avvolgeva nel lungo cappotto per ripararsi dal freddo. Con passo deciso, uscì dalla villa, scrutando attento l'ambiente circostante; aveva preparato con cura i suoi magri averi, pronto a lasciare il suo posto, con discrezione, senza farsi notare.

Appena fuori dal cancello, una jeep bianca lo attendeva, Rick scese dall'auto, applaudendo con entusiasmo.
«Porca puttana, non ci posso credere: tu, eri tu, il mio informatore, cazzo, sei sempre stato tu!» sghignazzò, battendo i palmi sulla carrozzeria dell'auto.
«Di tutti i regali che potevi farmi questo è stato il più bello, amico!»

Benjamin, rimase impassibile di fronte alla reazione di Rick. Si girò quando quest'ultimo lo raggiunse e gli disse: «che ne hai fatto della donna?» restò serio e calmo, ma si notava una luce di sfida nei suoi occhi mentre Rick rispondeva: «lo ammazzata, come mi hai detto.»

L'uomo apri la portiera, mostrandogli con orrore il corpo privo di vita di Clorinda. Benjamin, con un misto di tristezza e rimorso, si fece il segno della croce quasi come a volerle rendere omaggio. Non era orgoglioso di ciò che aveva fatto; uccidere gli innocenti non rientrava nei suoi piani, ma le circostanze lo avevano costretto a prendere una decisione estrema. Doveva compiere un gesto brutale per costringere Elijah a uscire allo scoperto, per attirarlo nella trappola nonostante conoscesse il suo nascondiglio.
Era convinto che avrebbe commesso degli errori se fosse stato sconvolto abbastanza.

E quale modo migliore se non arrecare dolore alla sua amata?

«Bene, appendila ai cancelli, che sia un monito chiaro, per tutti. Poi la fai le valigie: partiremo per la Svizzera!»

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