Capitolo quarantatre

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"Inizia il conto alla rovescia"


✧ Tante volte uno deve lottare così duramente per la vita che non ha tempo di viverla. ✧
-CHARLES BUKOWSKI


La rabbia è come precipitare.
È il fuoco che arde nell'anima, la spada che taglia il silenzio e lacera il velo dell'equilibrio interiore, che scuote il cuore e annebbia la mente, un abisso senza ritorno che inghiotte sia l'oggetto della nostra furia che noi stessi. Ma nonostante la sua oscurità, porta con sé una fiamma che, se guidata con saggezza, può illuminare il sentiero verso la giustizia e la trasformazione. Tuttavia, può anche trascinarci verso finali inaspettati, verso azioni imprudenti e impensabili, lasciando dietro di sé solo distruzione e rimpianti, consumando tutto ciò che è caro e prezioso.

O, come in questo caso, può condurre alla morte.

Nessuno nella stanza avrebbe potuto prevedere ciò che sarebbe accaduto quando i commensali videro arrivare Elijah, peggio di una furia. Impugnava l'arma con vigore, l'aria entrava e usciva dai suoi polmoni come se fosse sul punto di esaurirsi, aveva le spalle leggermente curve, gli occhi infuocati d'ira sanguigna. Era uno spettacolo orribile persino per Isabel, la sua dolce, dolcissima compagna, che Dio se lo amava e lo amò anche dopo aver scoperto quell'ennesima parte di lui. Era quella che riusciva a scatenare solo lei; la paura di perdere la sua donna lo faceva diventare pazzo, offuscava la sua già becera razionalità.

Toccare o anche solo pensare di sfiorare la sua fata significava la fine per chiunque avesse mai concepito una simile idiozia!

L'avevano catturata sotto il suo naso, proprio nella casa che lui aveva reso un rifugio d'amore e protezione per lei. Quella baita rappresentava i ricordi più preziosi della sua infanzia, i momenti degni di essere ricordati, eppure, adesso la odiava!

Un uomo misterioso l'aveva rapita sulla soglia, violando il suo spazio, il suo corpo. Si era preso il suo angelo, non importava se per conto d'altri. Non riusciva a sopportare quel pensiero, continuava a tormentarlo, a consumarlo.

Elijah raggiunse l'ultimo gradino, il passo pesante. Attraversò l'atrio con determinazione, poi irruppe in cucina. La sua presenza scosse l'ambiente; sparò verso il soffitto scatenando una pioggia di detriti e intonaco. Brooke balzò in piedi, le mani sollevate in segno di resa, mentre Matthias si frappose tra lui e la sua furia omicida, ancora sconvolto di trovarsi di fronte alla sorella scomparsa. Rosalind trovò un patetico rifugiò dietro le spalle di Clodette, che a sua volta lo guardava con occhi spalancati, come se avesse perso il contatto con la realtà.

In effetti, Elijah era proprio impazzito.

«Elijah, ti prego!» implorò Isabel, cercando di afferrarlo per un braccio, ma Elijah si divincolò con un gesto brusco. Normalmente non avrebbe mai allontano la sua fata in quel modo, ma preferiva evitare di averla vicino in uno stato simile. Non ragionava neanche più.

«Tu! Maledetta vipera del cazzo!» gridò, indicando Brooke con la pistola.
«Ora mi dici i nomi di tutti quelli che hanno preso parte al tuo piano di merda o giuro su nostra madre che ti faccio saltare le budella!»

«Ehi! Che cazzo fai!» Matthias lo spinse, il colpo lo fece barcollare indietro.
«Avevamo detto niente stronzate, Elijah. Vedi di calmarti!» gli intimò. Che uomo ragionevole era suo fratello. Peccato che difronte all'insensatezza del diavolo la diplomazia andava a farsi fottere.

Elijah gli puntò la pistola alla testa.
«Levati, di mezzo, Matthias» scandì ogni parola, ogni sillaba con lentezza. Voleva dargli il tempo di riflettere, di capire che questa volta il suo aiuto non sarebbe servito a niente. Lui era deciso a consumare la sua vendetta, a cancellare dalla faccia della terra i responsabili del rapimento di Isabel, e così avrebbe fatto!

«No!» Matthias lo guardò inorridito «ti ha dato di volta il cervello? Cos'è non gli arriva più aria? Non fare cazzate Elijah, abbassa la pistola. Ascoltiamo cos'ha da dirci, e poi agiremo. Era questo il piano!»
Dopo la sua l'esortazione, Elijah lo studiò per diversi istanti; sembrava trasudare frustrazione. Poi, con un movimento repentino, si voltò verso Isabel che era ancora dietro di lui. Le afferrò i polsi e mostrò i lividi che segnavano la sua pelle delicata.

«Ecco, guardali, guardali bene, fratello!» disse con veemenza. «Pensi che io possa ignorare una cosa del genere? Uhm? Il piano non vale più un cazzo!» la lasciò andare, quindi puntò la pistola oltre le spalle di Matthias, diretta verso la testa di Brooke.
«Te l'avevo detto: un solo graffio e li avrei ammazzati, tutti quanti. Lo sapevi, eri stato avvertito!!»

Matthias rimase in silenzio, con lo sguardo che passava da Elijah a Isabel e poi di nuovo ad Elijah. La sua espressione era una miscela di confusione, di preoccupazione. Infine, si girò verso Brooke, cercando una qualche risposta o chiarimento da parte sua.

Ma Brooke si limitò ad avanzare in silenzio, fiera e decisa, sprizzando una sicurezza disarmante. Quando Matthias cercò di fermarla, alzò una mano come a zittirlo. Brooke non nutriva alcuna paura nei confronti del fratello; non avrebbe mai temuto colui che considerava la sua famiglia, il bambino a cui aveva dedicato tutti i suoi disegni.
Non l'avrebbe mai ferita volontariamente. 

Matthias rimase accanto a lei, pronto a difendere la sua vita se fosse stato necessario. Non voleva interferire, ma neanche restare in disparte!

Elijah la guardò avvicinarsi con il cuore spezzato, ma ancora saturo di risentimento. Non avrebbe mai creduto di arrivare a tanto, di puntare un'arma contro la propria sorella. La sua mancanza era stata un peso insopportabile, ma ora, guardandola, non vedeva altro che un nemico, la personificazione di un ennesimo fallimento.

«Avanti, spara» disse Brooke, fermandosi a un solo passo dal tubo in metallo. Nonostante fosse più bassa di Elijah, sollevò la testa con un'audacia sfacciata.
Il pericolo non la intimidiva, non dopo tutto il male che aveva superato.
«Sparami, dimostra alla tua fidanzatina che si sbaglia su di te. Lei ripone una grande fiducia nelle tue capacità, crede addirittura che tu sia un uomo buono, ragionevole, a volte. Dimmi Elijah, lo sei?» scherzò, sbeffeggiandolo.

«Perché io conosco un uomo diverso, un uomo che non si farà scrupoli a dimostrare l'esatto contrario. Uno disposto a uccidere senza neanche sapere il perché. Lo hai fatto per tutta la vita, per quale motivo dovresti esimerti adesso?» mormorò, cercando di ignorare la scomoda, penosa verità.

Benchè fosse felice, tanto felice di essere di nuovo vicina ai suoi fratelli, non poteva fare a meno di provare pena e rammarico. Il ragazzino a cui era tanto legata, non le avrebbe mai imputato una condanna a morte così ingiusta e severa, non senza prima aver ascoltato la sua versione dei fatti.

«Quindi...acceleriamo questa merda» continuò lei, trattenendo con sforzo l'amarezza che le saliva in gola.
«Spara, spara, cazzo!»
A quel punto, fece qualcosa che riuscì persino a strappare un esile grido a Rosalind: senza riflettere, appoggiò la fronte alla canna, sentendo il freddo del metallo contro la pelle come un'invasione di ghiaccio.
Audace, coraggiosa o sconsiderata?
Chi poteva dirlo?

Era una Brown, proprio come Elijah, e senza dubbio dimostrava la stessa imprevedibilità!

L'uomo la studiò senza indietreggiare, tenendo saldamente la pistola tra le mani, senza abbassarla né muoverla di un solo millimetro.
Era travolto da emozioni confuse che mettevano a repentaglio il suo già instabile equilibrio emotivo.

Era sfinito, esasperato, oppresso dai sensi di colpa.

Nonostante l'odio che covava per Brooke, non poteva negare l'affetto che lo legava ancora a lei.
Era come se un seme d'amore, sepolto nel profondo del suo essere, stesse germogliando di nuovo, lentamente, inesorabilmente, e lui non poteva fare niente per fermalo. Il suo carattere attempato gli riportava alla mente tanti ricordi. Era sempre stata tenace, così incurante e temeraria.

Ma il presente era completamente diverso.
La guardava e non riusciva a riconoscerla, proprio come il giorno in cui i rapitori l'avevano portata via.
Sembrava essere lei, ma non del tutto...
Quella sensazione persisteva ancora, persino a distanza di anni. Il fatto che avesse rapito Isabel, che li avesse traditi, non faceva che confermare un'ovvietà già conosciuta: sua sorella era morta, e di lei non rimaneva che un fantasma.

Rimasero entrambi immobile come statue per un lungo istante. Elijah era consapevole delle sue capacità, della sua maestria nel trarre gli altri in inganno con astuzia e intricata abilità. E ne era certo anche in quel preciso momento: stava cercando di manovrarlo, di manipolare tutti nella stanza. La ignorò con un distacco glaciale, spostando la sua attenzione su un'altra figura: Rosalind. La presenza della ragazza gli era sfuggita, eppure era lì, di fronte a lui.

Non riusciva a comprendere come fosse arrivata alla baita, né quale fosse il suo ruolo nella situazione, ma era certo che fosse coinvolta in qualche modo.
I suoi uomini la stavano cercando, senza tregua, da giorni!

"Comodo," pensò Elijah, "almeno ne ammazzo due con un solo colpo!"

«Quindi anche tu collabori con lei?» sussurrò Elijah, con una freddezza tagliente.

Clodette si avvicinò con cautela, con l'intento di persuadere Elijah: «per favore, caro, dobbiamo mantenere la calma per trovare una spiegazione. Solo così potremo risolvere tutto...»

Ma nel momento esatto in cui si mosse, lasciò scoperta Rosalind. A quel punto la pistola puntava la sua testa.
«Non fare cazzate, Elijah! Lei sta con me, ma non c'entra con tutto questo...» provò a convincerlo Brooke.

Rosalind cercò freneticamente un oggetto che potesse servire a difendersi, ma non riuscì a trovare nulla di nemmeno lontanamente adatto.
«Non sono io la talpa, ti prego, non sono stata io...» balbettò, ma non riuscì a terminare la frase.

Elijah le sparò alla gamba, interrompendola brutalmente. Rosalind cadde a terra con un grido straziante, il suo viso contorto dal dolore mentre stringeva la gamba ferita. Il sangue iniziò a macchiare il pavimento, formando una pozzanghera rossastra che si espandeva lentamente.

«No!»
Brooke si precipitò verso di lei, agitata, cercando un panno per tamponare la ferita.
Isabel sbiancò; le si era gelato il sangue. Si coprì la bocca con le mani, gli occhi spalancati dall'orrore.
Si sentiva soffocare: non aveva mai visto Elijah ridotto in quello stato.

Matthias si strofinò le mani sulle guance, incapace di credere a ciò che stava accadendo.
«Ma che cazzo fai, idiota così l'ammazzi!»

Clodette si fece il segno della croce, le dita giunte e le labbra mosse in un mormorio di preghiera rivolto a una qualche forza immaginaria.
«Gesù, Giuseppe e Maria...» sussurrò, fissando il soffitto in un gesto di supplica.

Sentendo il rumore dello sparo, gli uomini di Elijah irruppero in casa con i fucili puntati, il passo deciso e l'espressioni tese dallo stato di allerta. Il loro arrivo fu repentino, accompagnato dal frastuono dei passi che rimbombavano per le stanze. Morales, esaminò l'ambiente alla ricerca di eventuali minacce, ma rimase sorpreso quando vide Rosalind a terra.
Si avvicinò a Elijah, con cautela.

«Signore! Va tutto bene?» chiese risoluto.

«Sei pazzo!» gridò Rosalind, le lacrime rigavano la sua faccia. Dondolava avanti e indietro, non riusciva a sopportare il dolore.

Elijah la guardò furente, la voce altrettanto rabbiosa: «questo è perché hai cercato di mandare il piano a puttane!»

«Elijah...ti prego, lasciale parlare non risolveremo un cazzo così!» lo supplicò Matthias, le mani serrate a pugno sbiancarono. Ma il fratello ancora una volta non gli prestò attenzione.

Si voltò invece verso Morales.
«È tutto apposto» chiarì, poi involontariamente guardò anche Isabel.
La sua fata.

Sembrava così spaventata, e il peggio è che lo era a causa sua, ma anche lui era furioso a causa di lei.
Era convinto di averla persa, e quel pensiero lo riempiva di un bisogno vendicativo che non riusciva a placare, a controllare in qualche modo. Si avvicinò con la pistola ancora in mano, simbolo della sua determinazione a proteggere ciò che considerava prezioso, nonostante le conseguenze devastanti delle sue azioni.

Voleva parlarle, tranquillizzarla, farle capire che non c'era motivo di avere paura. Sarebbe stato disposto a sacrificare tutto per proteggerla, per avere la certezza di saperla viva e al sicuro. Avrebbe dato ogni cosa pur di ammirare i suoi occhi, di assaporare i suoi baci, di godersi il calore dei suoi abbracci, di perdersi in quel paradiso incantato tra le sue cosce, immergendosi nell'estasi della sua candida, magnifica bellezza.
Ogni, santo, giorno! 

Voleva dirle tante di quelle cose...
Ma si scoprì a corto di parole.

Allora fu lei a esprimersi per lui.
«Basta, ti prego...» sussurrò, il cuore prese a batterle all'impazzata. 

Elijah addolcì la sua espressione, ma la tensione rimase palpabile. Era consapevole del timore che aveva provocato in lei, eppure il suo odio non accennava a vacillare. Anzi, non fece che peggiorare.
«Va di sopra, Isabel. Ti raggiungo dopo.»

«Non vado da nessuna parte!» Isabel si ribellò, com'era prevedibile che facesse.
«Voglio solo che ti calmi e dia a Brooke l'opportunità di spiegarsi. Sparare a chiunque ti abbia fatto un torto non cancellerà il passato, Elijah. Io sto bene, guardarmi!» disse, tastando il proprio corpo per enfatizzare il concetto.
«Non c'è bisogno che tu faccia del male a Brooke o che punisca Rosalind, non ne vale la pena!»

Infischiandosene del caos intorno a loro, del frastuono delle urla, della macabra visione del sangue, gli posò le mani sul petto.
«Mi sei mancato così tanto oggi», mormorò «non voglio più stare lontana da te...»

«Infatti non dovrai, amore mio», sussurrò Elijah, chinandosi per parlarle all'orecchio, come se fosse un segreto solo loro.
«Non vedo l'ora che questa commedia finisca, per salire di sopra e scoparti come si deve» aggiunse, facendo scivolare la punta del naso lungo la guancia, fino ad arrivare alle sue labbra.

Isabel le schiuse; era come incantata da lui, come se fosse sotto l'effetto di un'affascinante maledizione.
Elijah le guardò tenendo a freno di voglia di mandare tutto all'aria e sbatterla in cucina.

«Ma devi darmi tempo e soprattutto devi lasciarmi fare. Non so quale assurdità ti abbia raccontato mia sorella per spingerti a stare dalla sua parte, ma ti assicuro che sarà una qualche stronzata che ha architettato per farsi perdonare. Lei è fatta così, è una bugiarda del cazzo...» Elijah si girò verso Brooke, che in maniera piuttosto grottesca era riuscita a fermare il flusso di sangue dalla gamba di Rosalind. In realtà, il proiettile non si era nemmeno conficcato nella carne; Elijah voleva solo ferirla. Il colpo era superficiale, ma sufficiente a causarle dolore.

Tornò a guardare Isabel e inevitabilmente ricominciò a sognare le sue labbra, a desiderarle, a pretenderle!
Trattenersi con lei era tortura, la sua fata era un'incarnazione di pura grazia e bellezza, ma anche di sensualità ed estremo erotismo. Lo guardava con quegli occhi verde smeraldo che sembravano riflettere l'intero universo e lui sognava!

«Perciò, adesso fa la brava, amore. Morales ti accompagnerà al piano di sopra, ti farai una doccia, resterai nuda, tutta nuda e mi aspetterai, va bene?» Elijah si sollevò incombendo su di lei. Isabel non fu in grado di muoversi, di respirare, di emettere alcun fiato. Era così stordita da non riuscire a visualizzare nient'altro che il viso seducente e magnetico di Elijah. Quell'uomo possedeva un'abilità straordinaria: la faceva sciogliere come neve al sole. Le sue avance erano come un'invocazione a peccare, a lasciarsi andare agli impulsi più eccitanti e irresistibili!

Ma, per quanto avrebbe preferito esaudire gli ardenti desideri del suo amante, la situazione la costringeva a confrontarsi con la realtà dei fatti, e quei fatti sembravano indicare solo una cosa: guai in vista!
Non avrebbe mai lasciato Elijah, né lo avrebbe lasciato con Rosalind o Brooke. Era davvero la sorella a nasconderle la verità o era lui a essere abilmente ingannevole, bravo a confonderla?

«Te lo ripeto, amore» Isabel sfoderò tutto il suo autocontrollo, tutta la sua indifferenza.
«Non vado da nessuna parte!»

Elijah sorrise, ma era un sorriso malinconico, mesto. Non rispose, non verbalmente, anche se il suo silenzio non equivaleva a una rassegnazione: lanciò un'occhiata complice a Morales, indicando poi Isabel.
«Portala di sopra e assicurati che ci rimanga» ordinò.

«No, Elijah, devi ascoltare...non toccarmi!» Isabel si dibatteva contro la presa degli uomini di Elijah, che nel frattempo eseguivano gli ordini.
Tuttavia, Elijah rimase irremovibile.
Con un gesto sbrigativo, indicò loro di portarla via.
«Elijah!» Isabel gridò, mentre veniva trascinata via da due braccia forti e robuste.

L'uomo si voltò, lo vide parlottare con Matthias, il cui viso esprimeva chiaramente il dissenso verso la sua decisione. Doveva fare qualcosa: sentì l'impulso di urlare, di svelare la verità. Se Elijah non voleva ascoltare Brooke, allora doveva ascoltare lei!

«Tuo padre ha ucciso i miei genitori!» esclamò, un attimo prima di lasciare la stanza. Matthias ed Elijah si voltarono all'unisono, ma non solo loro: anche Clodette la fissò con sconcerto. Brooke rimase a testa china, con un batuffolo di cotone ancora in mano, intenta a tamponare la ferita di Rosalind. Sembrava quasi un patetico tentativo di sfuggire alla baraonda che si sarebbe scatenata da lì a poco.

«Cosa?!» esplose Elijah.
I suoi occhi scintillavano di un'intensità che avrebbe potuto incenerire qualsiasi cosa.
Era sbigottito, ma anche confuso e...sconvolto.

«Ma che dici, Isabel?» Matthias si avvicinò a lei con aria smarrita. Gli uomini si fermarono, permettendo alla donna di esprimersi con più chiarezza.

«Vi sto dicendo la verità! Brooke mi ha rapita perché pensava che fossi la talpa, che avessi un motivo per tradirvi...Ti prego, permettimi di restare e ti spiegherò tutto. Puoi fidarti di me, lo sai!» Isabel fissò Elijah, intensamente, il tono urgente.

Elijah sembrò combattuto, ma la fiducia assoluta che riponeva in Isabel lo spinse a concederle il beneficio del dubbio. Se quanto diceva era vero...lasciarla spiegare era il minimo che potesse fare.
«Va bene, vieni», deglutì, sentendo il peso di una nuova difficoltà in arrivo.

Gli uomini che la tenevano stretta la lasciarono andare, permettendole di tornare da Elijah. Isabel rivolse loro un'occhiataccia prima di raggiungerlo.
«Dov'è il fascicolo?» chiese a Brooke.

Brooke si preparò ad alzarsi, ma Rosalind la fermò aggrappandosi al suo braccio.
«No, ti prego, resta qui!» implorò con voce tremante.

Brooke la rassicurò.
«D'accordo, va bene» disse, poi estrasse dalla tasca del cappotto alcuni documenti, accartocciati e sgualciti. Era troppo pigra per portare con sé l'intero fascicolo. Con un gesto fluido, passò i fogli a Isabel; trasmetteva quasi un senso di urgenza misto a una certa noncuranza nell'atteggiamento, quella donna era incredibile.

Isabel afferrò i documenti, poi li stese con cura sul tavolo in modo che fossero visibili a tutti: a Elijah, a Matthias, persino a Clodette, che si spostò intorno al tavolo per assicurarsi della loro autenticità.
Ogni dettaglio era lì: le pagine di giornale, l'attestato di nascita. Tuttavia, mancava un elemento chiave, un pezzo mancante del puzzle che Isabel si affrettò a completare. Con un gesto rapido, tirò fuori dal taschino dei jeans la fotografia ingiallita dei suoi genitori, posandola accanto ai resti una vita mai conosciuta.

«Loro sono mia madre e mio padre» cominciò a dire indicandoli, «trafficavano della merce illegale con tuo padre, li ha uccisi perché volevano interrompere gli affari con lui dopo la mia nascita...» continuò, mettendo in evidenza ciò che restava del periodico.
«Mia zia Clorinda...o meglio Ava, Ava Mendes, lo ha coperto per permettermi di vivere lontano dalla criminalità. James la costrinse a cambiare identità per non risalire alla sua famiglia originaria e...per tenermi all'oscuro per ben venti cinque anni» sorrise amaramente.

«Dio mio! Allison Mitchell» Clodette sfiorò il viso sorridente della donna, come avesse potuto toccarla per davvero. «Ma certo...come ho fatto a non capirlo, la somiglianza è incredibile!»

«Tu la conoscevi?» scattò Isabel «intendo di persona.»

«Oh sì! Era una persona splendida» Clodette si portò una mano sul cuore, il viso segnato da una velatura di malinconia.
«Ricordo tutto di lei, eravamo molto amiche. Veniva spesso alla villa quando tuo padre restava in città. James era rimasto affascinato dal suo carisma, fu lei a convincerlo a mettersi in affari insieme. Tua madre era una donna caparbia, straordinariamente persuasiva. Il suo fascino l'aiutava a farsi strada, suppongo...»

«Quindi è vera anche la storia?» chiese Elijah, con evidente angoscia, stringendo automaticamente la mano di Isabel nella sua. Non riusciva a reggere il peso di quella situazione, era evidente.

«Temo di sì», rispose Clodette con un sospiro. «Fu uno shock per tutta la famiglia quando venne a galla la notizia della sua morte. James aiutò Isabel e Ava a ricominciare da capo, ma per quanto fosse affezionato, ai suoi genitori li considerava dei traditori. Il fatto che stessero lasciando la città senza preavviso era più che sufficiente per lui.»

Matthias fissò i fogli senza riuscire a trovare parole da dire, parole che potessero esprimere il suo dolore, il suo rammarico, i sensi di colpa per le azioni di un padre orribile e sconsiderato. «Isabel, io...» scosse la testa, «sono incredibilmente addolorato. Non so...non so cosa dire se non di perdonare la mia famiglia, in qualche modo. Ti chiedo scusa, infinitamente scusa a nome dei Brown.»

«Non devi scusarti, Matthias. Non è stata colpa vostra, voi non c'entrate niente...» lo rassicurò Isabel. Ora che lo aveva davanti poteva notare chiaramente quanto sembrasse stanco, esausto. Nei pochi giorni in cui non si erano visti, il suo aspetto era cambiato: il malumore aveva segnato i suoi occhi, persino il suo viso, ora contornato da una leggera barba vagamente trasandata. Era evidente che la morte di Parker lo tormentasse ancora.

Sperava di avere l'opportunità di parlargli. Dopo il ballo, non avevano avuto modo di contattarsi, ma dati i recenti avvenimenti, si sentiva legata a lui. In qualche modo, provava un affetto sincero per Matthias.
Era un uomo di valore, buono e giusto: non meritava di soffrire.

Elijah le baciò una tempia, cercando poi il suo sguardo.
Il buco nel suo petto si espanse, i suoi occhi ardevano, Isabel non seppe dire se di rimpianto o di sofferenza.
Era incapace di accettare quella maledetta verità!
«Isabel...»

«Parleremo dopo», lo fermò lei, spinta da un moto di coraggio. «In privato, va bene?» Erano così tante le cose da dirsi, ma non voleva condividerle con altri sconosciuti nella stanza; quelle erano confidenze d'amore, intime e personali. E poi, sarebbe stato molto più eccitante sussurrarsele...nudi.

Elijah aggrottò la fronte; rimandare non era il suo forte, anzi non digeriva le questioni in sospeso ne aveva avute fin troppe in quell'ultimo periodo.
Ma poi Isabel piegò la testa di lato, e lo fissò con uno sguardo particolare. Quello giocherellone, che sembrava mormorare: "dopo, tu e io faremo l'amore, capisci? Non posso dirlo apertamente, ma spero tu capisca."

Deglutì, inspirando seccamente. Era stupefacente come Elijah Brown, solitamente così saldo e integro, cedesse ai desideri di quella donna.
Sarebbe morto per lei, cazzo!

Perciò, anche stavolta gliela lasciò vinta. Accadeva troppo spesso ultimamente.

«Lo abbiamo capito, scoperete come conigli» Brooke si rialzò da terra. «Yeh! Felicitazioni!» li derise, agitando le mani.

Rosalind sembrava essersi calmata, anche se il dolore la tormentava ancora. Fortunatamente, non sembrava essere in pericolo di vita; il foulard usato per fermare l'emorragia sembrava dare i suoi frutti. Con un semplice kit di pronto soccorso, sarebbe tornata come nuova. La ferita, non così profonda, non sembrava destare gravi preoccupazioni.

«Ma c'è una cosa che devo chiarire prima di lasciarvi ai vostri amplessi», riprese a dire Brooke, «non sono mai stata io la talpa. Non ho spifferato le informazioni sui conti all'estero, né sul vostro stupido piano al ballo! È stato il nostro maggiordomo, Benjamin, a ingannarmi e a fare lo stesso con voi fin dall'inizio.»

Elijah serrò i denti, i muscoli del viso si tesero di rabbia. I suoi occhi si dilatarono mentre si posavano su Brooke, trasudando incredulità e sconcerto. Il suo respiro diventò più rapido, quasi affannoso, mentre cercava di elaborare le parole udite. Matthias, al suo fianco, ebbe una reazione simile: le sue labbra si strinsero in una linea dura, le vene del collo sporgenti per lo sforzo di trattenere la furia. Guardò Brooke con freddezza, muto, attonito.

«Ma che cazzo stai dicendo!» gridò Elijah. Isabel continuava a stringergli la mano, nel futile tentativo di calmare la sua anima devastata. 

«È la verità, coglione! Se mi avessi dato l'opportunità di spiegare invece di sparare a Rosalind, ora non sarei qui a insultarti!» Brooke si avvicinò a passo deciso.
«Rimasi in contatto con lui quando me ne andai, volevo assicurarmi che stesse tutti bene. Era lui a passarmi le informazioni, e a dirmi di Isabel» tagliò corto.

«Dopo il ballo gli chiesi di indagare su di lei, e questo...» indicò i fogli sparsi «è quello che è emerso.»
Incrociò le braccia sul petto, l'espressione velenosa.
«Sì, è vero, ho rapito la tua preziosissima fatina perché ero convinta che la talpa fosse lei. Ma nessun altro, a parte me, è coinvolto nel rapimento. Rosalind non c'entra, e non c'entra neanche con quello che è successo a Parker. Non è lei la spia. È scappata perché aveva paura di te, razza di troglodita pazzoide!»

«Nessun altro?» Elijah ridusse gli occhi a due fessure. «E l'uomo che l'ha presa sulla soglia? Non ha nessuna colpa?» la sua domanda trasudava un ovvio fastidioso.

«Lui lavora per me, seguiva i miei comandi. Non ti devo spiegazioni!»

«No? Io lo voglio morto!» ringhiò, stringendo la pistola nel pugno.

«Va a farti fottere, non lo te consegnerò mai!»
Brooke non avrebbe ceduto ai suoi ordini, Elijah lo sapeva, e ciò non fece che aumentare ulteriormente la sua frustrazione.

«Non lo risparmierò mai, col cazzo! Dimmi chi è!» la incalzò, rabbioso.

«No, mai! Non ucciderai un uomo innocente solo perché ha seguito un mio ordine!»

«Quale uomo perbene rapirebbe una donna in pieno giorno, a casa sua!» replicò arcigno.

«Non è casa sua!» precisò Brooke.

«Sì, da adesso lo è, ma non è questo il punto!» Elijah si interruppe, tutto il suo corpo trasudava sdegno e irritazione. «Ammesso e concesso che tu non sia la talpa, hai appena detto la più grande stronzata della tua vita: sei rimasto in contatto con Benjamin invece di mantenere un contatto con noi, i tuoi stracazzo di fratelli? Stai scherzando?» urlò.

Brooke faticò a mantenere intatta la sua finta indifferenza.
«Non potevo parlare con voi, era pericoloso. Vi avrei messo in una brutta posizione...»

«Perché te ne sei andata?» domandò Matthias.
Teneva la testa bassa, le braccia conserte, il corpo appoggiato al tavolo alle sue spalle. Deglutì più volte, forse cercando di trattenere le lacrime, emblemi del dolore che aveva nascosto e soppresso troppo a lungo.

Un silenzio pesante calò nella stanza, come se l'aria stessa si fosse solidificata intorno a loro. Ognuno, nel profondo del proprio cuore, desiderava conoscere la risposta: perché una madre avrebbe dovuto abbandonare suo figlio?

Perché scomparire nel nulla per quasi un anno, lasciando dietro di sé solo interrogativi e dolore?

Perché, per l'amor del cielo, era svanita così, senza una parola, senza lasciare traccia?

Cosa poteva averla spinta a compiere un gesto così estremo?

Erano domande che tormentavano persino Isabel. Thómas meritava una spiegazione, ma la meritavano anche i suoi fratelli, la gente che l'aveva cercata senza sosta.
«Non posso parlare a nome di mio fratello, ma il mio perdono dipende da questa risposta», disse ancora Matthias, la voce appena udibile, carica di tensione e indecisione.

«Lo avrai solo se il tuo gesto è giustificato da un motivo valido, uno che possa spiegare...tutto questo», continuò, raddrizzandosi e affondando le mani nelle tasche. Poi la guardò, con uno sguardo che Brooke non avrebbe mai dimenticato: rispetto a Elijah, lui non urlava, non perdeva la calma, ma esprimeva il suo dissenso in modo più misurato e deciso. Matthias era fatto in tutt'altro modo.

Matthias non apriva bocca, non faceva rumore.
Il suo silenzio era più eloquente di mille parole.
Sapeva che, se non fosse riuscita a dare una spiegazione convincente, Matthias non avrebbe esitato a eliminarla dalla sua vita. Il suo odio era molto più pericoloso di quello di Elijah.
Era definitivo.

Elijah strinse involontariamente la mano di Isabel, come se quel contatto potesse proteggerlo dalla verità che forse non era ancora pronto ad ascoltare.
E di fatti non lo era, non gli sarebbe piaciuta per niente, lo sentiva.

Brooke sentì il cuore stringersi nel petto; si sentiva come accerchiata, braccata. Lo sgomento dipinto sui volti dei presenti era il risultato diretto delle sue azioni; non poteva aspettarsi altro. Anche Clodette la fissava con aspettativa, Isabel, e persino Rosalind, ancora dolorante sul pavimento.

Tutti si aspettavano una dannata spiegazione.

Ma la verità era che non si sentiva ancora pronta a rivelarla. «Non posso dirvelo. Non ancora...»
Il suo corpo si irrigidì, incapace di trovare le parole giuste. «Non ho risolto la questione per cui me ne sono andata, ecco tutto.»

«E fammi indovinare, noi non possiamo aiutarti, giusto?» concluse Elijah, non riuscendo a trattenere lo sdegno nella voce. 

«No, infatti non potete» Brooke si morse il labbro, mentre il fratello la osservava con aria truce.

«Come immaginavo», Matthias annuì. Batté la punta del piede con rassegnazione. Non riusciva neanche a guardarla.

«E le fotografie? Come le spieghi?» tornò alla carica Elijah; era più facile ignorare la faccenda, continuare ad accettare di aver perso una sorella piuttosto che soffermarsi sul pensiero di poterla riavere. Il suo cuore tornò a spezzarsi doppiamente, ma lui fece di tutto per ignorare i pezzi che crollavano in fondo alla sua anima.
«Benjamin ci ha mostrato dei negativi prima del ballo...»

«Sì, lo so, Isabel me ne ha parlato» lo fermò Brooke.
«Le foto che ha scattato sono autentiche, ma risalgono a mesi fa, ai primi giorni della mia scomparsa. Rick voleva coinvolgermi in un progetto, ma ho rifiutato. Le informazioni che volevo erano altre, ma non mi è stato d'aiuto...»

«Ha sfruttato il momento», intervenne Clodette, «Sapeva che al ballo ci sarebbe stata anche Rosalind. Ha passato lui l'informazione a Rick, convinto che avreste sospettato di lei. È stato furbo, devo ammetterlo.»

«Questo spiega come Rick facesse a conoscere l'indirizzo di Isabel il giorno che vi ha attaccato...» rifletté Matthias ad alta voce.

«E dei finanziamenti» aggiunse Elijah, sul punto di perdere la pazienza.
«Perché...non riesco a capirlo, perché?» sbottò frustrato.

Si divincolò dalla presa di Isabel e cominciò a camminare per la stanza, nervoso e sempre più inquieto. Non poteva crederci: l'uomo che era stato come un padre per lui e i suoi fratelli li aveva traditi. Ora era lui che voleva morto, insieme all'uomo che aveva rapito Isabel. Nutriva odio e rancore verso sua sorella, e provava sconforto nel vedere soffrire suo fratello. Il cuore gli batteva frenetico nel petto, la tensione nella stanza sembrava soffocarlo.
Cielo stava per avere una crisi!

«E dimmi...tu adesso cosa farai?» chiese a Brooke, fermandosi e inspirando profondamente, cercando di evitare di smantellare quello che rimaneva della baita. «Te ne andrai di nuovo? Sparirai nel nulla? Fammi capire, perché proprio non riesco a trovare una logica in tutta questa storia di merda!»

Brooke si prese qualche secondo prima di rispondere.
«Voglio salutare mio figlio, poi deciderò cosa fare», rispose in fine.

Elijah batté le mani in modo conciliante, poi rise, con una risata piena di sarcasmo e disprezzo.
«Tuo figlio? Avete sentito gente, dopo un anno, improvvisamente si ricorda di essere madre.
Cazzo, questo è esilarante!» fece con incredulità.
«E cosa gli dirai esattamente? Che te ne andrai di nuovo? Cos'è il tuo pit stop prima della prossima fuga? Mi fai davvero pena!» la sua voce trasudava disgusto. Era fuori di sé.

Le labbra di Brooke si incurvarono in un sorriso ironico. Attese un attimo, mordicchiandosi l'angolo interno della bocca. Poi, con un certo aplomb, avanzò verso di lui. Rimasero a guardarsi, a studiarsi, cercando di prevedere l'uno le mosse dell'altro. Peccato che anche stavolta Brooke si dimostrò più scaltra e anche più veloce: lo schiaffo che gli piantò in pieno viso confermò la sua superiorità.

«Vaffanculo stronzo! Pensi che non sappia cos'hai fatto alla Middle? Che hai tirato i capelli a mio figlio o delle parole orrende che gli sputavi addosso? Se ti azzardi a farlo un'altra volta, ti ammazzo, ti ammazzo cazzo!» stavolta anche Brooke alzò la voce, e lo fece in una maniera pericolosa.
Una che diede il via alla guerra!

«Ah sì? E perché non ci provi, avanti, uccidimi!» Elijah afferrò una delle sedie ancora intatte e, in modo del tutto inaspettato, la scagliò nella sua direzione. L'esplosione portò con sé polvere e schegge che si disperderono per la stanza. Brooke riuscì a evitarla, ma non si arrese: tirò fuori la pistola che aveva saldamente nascosta in vita. L'aveva portata con sé in caso di emergenza, e a giudicare dal viso fumante di Elijah, era stata una decisione più che saggia. Gliela puntò contro, ma Elijah fece altrettanto con la sua.

«Ehi fermi, cazzo!» Matthias si mise in mezzo, tentando di evitare una strage imminente.
«Basta così! Calmatevi!»

«Elijah...abbassa la pistola», sussurrò Isabel, avvicinandosi con incertezza. Allungò una mano verso di lui, sfiorandogli appena la schiena. Il contatto fece guizzare la carne sotto la camicia.
Era così assorto da non averla vista arrivare.
«Ti prego» aggiunse, sperando che ciò che bastasse a farlo ragionare.

Ma Elijah mantenne alta l'ascia di guerra: lui e Brooke continuavano a puntarsi le armi, i loro respiri furono l'unica cosa che si udì nella stanza.

Nella sua mente contorta, si sentiva messo da parte, abbandonato per l'ennesima volta: Brooke stava scegliendo di voltargli le spalle, di voltarle a tutti loro.
La delusione e l'amarezza gli perforavano l'anima, lo annientarono, lo accecarono di una rabbia che avrebbe faticato a spegnere. Sentendo il petto serrarsi, capì che doveva allontanarsi, soprattutto da lei, da Clodette, da Isabel. Ogni istante trascorso in quella stanza significava un rischio maggiore di compiere azioni irreparabili.

Emise un ringhio frustrato, poi abbassò la pistola. Senza guardare nessuno, si lanciò fuori dalla stanza; la foga del momento lo spinse addirittura verso la soglia. Elijah lasciò la baita, sbattendo la porta dietro di sé con forza.

«Elijah!» Isabel, preoccupata e ansiosa, si mosse per raggiungerlo in fretta, ma Matthias la trattenne, afferrandola per il polso.

«Lascialo sbollire, tornerà.»

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