Capitolo quarantaquattro

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"Tu mi appartieni, ora!"

Io che mi sentivo perso come un fiore nel deserto
E all'improvviso tu, tu..
-IL VOLO

Era ormai passata la mezzanotte, Isabel continuava a fissare la finestra. Era preoccupata per il suo Elijah.
Doveva vederlo, parlargli, sentirlo di nuovo vicino.
Il bisogno di lui la pervadeva, tanto che ne avvertiva il calore anche solo nel pensiero.

Con un bicchiere di camomilla tra le mani, aspettava trepidante, mentre guardava la luna sospesa nel cielo notturno. Matthias, seduto su una sedia nelle vicinanze, osservava la donna in una specie di contemplazione, immerso nei suoi pensieri.

Per un uomo come Matthias, abituato ai rigidi schemi della vita e della morale, l'idea che una donna come Isabel potesse accettare tutto il passato turbolento che suo fratello le offriva sembrava al di là della comprensione. Eppure, Isabel era lì, che lo aspettava con il cuore aperto e le sue paure riflesse negli occhi.

In quel momento, si rese conto di quanto suo fratello fosse fortunato ad avere una donna così speciale al suo fianco. Era un privilegio osservare l'amore e la dedizione di Isabel, un riflesso della forza e della dolcezza che dimostrava ogni giorno.

Era incredibile.

«Tornerà da te, non devi preoccuparti. Ti ama molto» sorrise Matthias.

Isabel si girò di scatto, colta alla sprovvista. Non aveva notato la presenza silenziosa di Matthias; era così assorta nel fissare il tragitto di casa, al punto da farsi quasi venire le allucinazioni.
«Tu dici?» chiese, con voce leggermente smarrita, mentre tornava con la mente nel presente, stupita di essere stata così distratta.

«Oh sì, ti ama più di quanto ami se stesso, il che rappresenta un notevole progresso», scherzò lui.

«Amarsi non dovrebbe essere una banale consapevolezza?» Isabel bevette un sorso della sua bevanda, rigirando il liquido ambrato nel bicchiere. 

«In teoria, ma la pratica è piuttosto deludente per il genere umano», Matthias si alzò dalla poltrona; con sereno andare si avvicinò a lei.
«Ma suppongo che non bisogna generalizzare; Elijah ne è prova lampante. Prima di conoscerti, era un uomo borioso, del tutto incurante verso le necessità altrui. Lily si era portata nella tomba la parte migliore di lui. Lo aveva svuotato, sembrava un fantoccio, un uomo le cui fattezze corrispondevano a quelle di mio fratello, ma dentro... Elijah Brown era morto da tempo. Credevo di averlo perso per sempre...»

L'uomo raggiunse la finestra dalla quale Isabel stava scrutando il mondo esterno. Si parò di fronte a lei, poi le rivolse un sorriso affettuoso.
«Eppure, Isabel, tu me lo hai restituito.»

«Io?» Isabel si indicò, quasi meravigliata dei meriti che le venivano attribuiti.

«Sì, proprio tu. Una maestra di scuola, dolce e cocciuta, ha riportato in vita mio fratello, è incredibile da pensare. Eppure è così», Matthias prese delicatamente il bicchiere dalle mani di Isabel, notando con preoccupazione quanto lo stringesse con intensità. Per un istante, temette che potesse rompersi sotto la sua stretta. Nonostante fosse quasi vuoto, voleva accertarsi che non si facesse male in alcun modo. Sapeva che, in caso contrario, Elijah avrebbe distrutto la baita dalle fondamenta stavolta.

Isabel lo lasciò fare. Sebbene la bevanda, piacevole e calda, avesse dovuto rasserenarla, si sentiva ancora più agitata, nervosa e spaventata di prima. Poteva prepararsi un'altra camomilla, consumare l'intera dispensa, ma ne aveva già bevute cinque.
La melatonina tardava a fare effetto, o forse si ostinava a lasciarla annaspare nell'angoscia...
Di proposito.

«Sei gentile, ma non ho fatto niente di speciale. In realtà è stato lui a cambiare me. Le sfide che abbiamo superato insieme mi hanno fortificata, mi hanno resa più coraggiosa. All'inizio non la vedevo così, lo temevo, e in realtà non solo lui ma anche i sentimenti che stava scatenando dentro di me. Eppure adesso non riesco a immaginare una vita in cui lui non esiste. Non è razionale, è pura follia, Matthias ma...»

«Ma il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce, no?» la interruppe Matthias, comprensivo.

A quelle parole, lei alzò lo sguardo. Sembrava così malinconica.
«Conosci Blaise Pascal?» chiese.

Matthias annuì.
«Un fuori classe, i filosofi della storia sapevano sempre cosa dire.»

Lei sospirò leggermente, soppesando le sue parole. «Temo di sì. È per questo che i loro aforismi sono così diffusi. Cerchiamo sempre qualcosa che possa esprimere ciò che noi stessi non riusciamo a dire...»

«Non potrei essere più d'accordo», rispose lui, con un tono che Isabel giudicò sincero.
«Sai chi altro ne sapeva d'amore?»

Isabel fece di no con la testa, «chi?»

«Charles Baudelaire», Matthias si appoggiò al bordo della finestra, le braccia conserte.
«L'amore secondo lui era una rosa. Come un fiore, è tangibile, profumato e potenzialmente colorato, con mille sfaccettature. È un'immagine precisa, ambivalente, che cattura la magia e l'illusione, la dolcezza e la carezza di ogni petalo. Tuttavia, realisticamente parlando, può anche essere crudele, come le spine che pungono e fanno sanguinare. Accettare entrambi gli aspetti è parte integrante dell'esperienza amorosa. Tu ed Elijah, per esempio, siete esattamente questo, il petalo e le spine: lui ama di te la tua delicatezza, la tua bellezza, come se in qualche modo rendessi la sua anima più leggera, e tu ami di lui il suo carattere pungente. Il dolore che ti provoca è penetrante, ma ti ricorda di essere ancora viva, di sentire ogni emozione in modo reale e intenso...»

Lui la guardò, studiando la sua espressione meravigliata.
«È proprio questa complementarità che vi unisce, che vi fa dipendere l'uno dall'altro per sopravvivere. Come la rosa, imperfetta senza le sue spine, voi due siete simili, essenziali l'uno per l'altro...» concluse, girandosi poi a osservare la luna.

«Spero anch'io, un giorno, di trovare un amore come il vostro, che riesca a superare anche gli ostacoli più insormontabili. Saremmo un bel quartetto per i barbecue domenicali, non trovi?» la prese in giro.

Isabel dovette imporre a se stessa di smettere di guardarlo come se fosse un chissà quale extraterrestre. Matthias era così diverso rispetto ad Elijah; aveva un animo vecchio stampo, decisamente raro. Tutto il suo aspetto trasudava una bellezza d'altri tempi, come se fosse stato un bellissimo principe di qualche castello abbandonato.

Persino il suo abbigliamento evocava quello di un affascinante vassallo dai tocchi moderni: una camicia bianca dalle maniche a sbuffo, decorata con laccetti che danzavano ad ogni suo movimento, avvolgeva il suo ampio torace, mentre jeans scuri aderivano alle sue gambe tornite. I riccioli biondo cenere accentuavano il suo aspetto, gli conferivano quasi un'aura di eleganza selvaggia. Era indubbiamente molto bello.

Tuttavia, niente e nessuno poteva eguagliare il fascino animalesco del suo Elijah.
Il solo pensiero di lui le fece traballare le ginocchia!

«Certamente, il divertimento sarebbe assicurato»,
Isabel non potè trattenere una debole risata.
«Immagina te ed Elijah impegnati in una gara per arrostire la miglior salsiccia di Franceville. Sarebbe uno spettacolo da non perdere.»

«Daremmo il via a una competizione culinaria senza eguali», concordò lui. «E finiremmo a botte, ne sono sicuro», aggiunse con un sorriso complice.

Isabel non si voltò, né disse una parola. Era ancora assorta nelle riflessioni che Matthias le aveva espresso poco prima. Le trovava così calzanti da esserne rimasta sbalordita.
«Comunque hai espresso un pensiero magnifico, Matthias, sai riguardo Baudelaire. Sicuro di non essere la reincarnazione di qualche poeta maledetto?»

Matthias si strinse nelle spalle.
«Chi può dirlo, essere o non essere...è sempre stato un dilemma interessante», scherzò, divertito dalla domanda.
«Ma in sostanza era quello che pensavo. Voi due siete fatti per stare insieme, per quanto possa sembrare il contrario. Oggi me lo avete dimostrato. Tu sei rimasta al suo fianco nonostante la discordia che la mia famiglia ha seminato nel tuo cammino, e lui...beh, credo che si sarebbe ammazzato se non ti avesse ritrovata» sostenne, con una serietà invidiabile.

«La follia dei nostri sentimenti, come dicevi tu, spesso ci guida lungo i sentieri più belli della vita. Dobbiamo solo avere il coraggio di percorrerli. Perciò siate indomiti, Isabel, è solo così che sarete felici.»

Isabel rimase senza fiato, sapendo perfettamente ciò che voleva dire. Doveva smetterla di avere paura e abbracciare i sentimenti che provava per quell'uomo. E per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì pronta a farlo nonostante tutto sembrasse così strano, così surreale. L'amore della sua vita aveva spaccato il suo presente, e nel corso del tempo aveva scoperto che persino suo padre aveva minato il suo passato. Era una storia incredibile, come se entrambi fossero stati destinati a incontrarsi, legati da una forza sconosciuta, un intreccio intricato del destino che li aveva uniti indissolubilmente.

«Posso abbracciarti?» chiese Isabel, poi tacque cercando di mettere insieme le parole che faticavano a uscire. «Finché non trovo un modo migliore per ringraziarti...»

Matthias rimase perplesso per un attimo, poi cercò di scavare più a fondo di quella richiesta. «Ringraziarmi per cosa?»

«Per tutto, per aver cercato di aiutarmi, per aver cercato di salvare Lily, Elijah...» Isabel respirò profondamente. Era difficile parlare di quella storia. «So di quello che è successo quando tuo padre ha ucciso...»

«Lo so», Matthias la interruppe bruscamente dapprima, poi ripeté con più calma, «lo so, Elijah me lo ha detto.» Ogni traccia di umorismo era svanita.
Ora sembrava trattenere un dolore che faticava a mantenersi discreto.
«Non devi ringraziarmi, è stato il minimo che potessi fare.»

«Ma ti è costato la vita di tuo fratello...e anche quella di Parker. Mi dispiace così tanto, aveva l'aria di essere un uomo buono e gentile, non meritava di morire...» Isabel gli andò più vicino, gli occhi che brillavano di emozione.
«È da quando siamo arrivati qui che mi sento in colpa per quello che è successo. Sento la sua morte sulla coscienza, non riesco a smettere di pensarci...»

Allora Matthias, anziché rispondere con banalità insensate, esaudì il suo desiderio: la tirò in un abbraccio spontaneo. Contrariamente a ciò che poteva sembrare, non c'era malizia o ombra di sentimenti nascosti da parte sua. Voleva solo consolarla, la considerava una sorella, ormai.
«Non dirlo neanche! Non è stata colpa tua. Parker è morto facendo la cosa giusta, ma non certo perché fosse costretto. È stato lui a scegliere di proteggerci, nessuno può incolparti per la sua morte...»

Isabel si sentì improvvisamente più leggera, come se si fosse liberata di un peso enorme. Aveva bisogno di sentirselo dire da Matthias per poter veramente convincersi della propria innocenza.
«Lo so, adesso lo so» sospirò, lasciandosi avvolgere dalla presa delicata dell'uomo.
«Eppure mi sento comunque in torto, hai fatto tanto per la tua famiglia, per me...meriti di essere felice, Matthias.»
Isabel si scostò leggermente «spero davvero che anche tu possa trovare la persona giusta.»

«Grazie», disse Matthias, lasciandola andare e osservando il bicchiere mezzo vuoto di Isabel. Non si era mai preoccupato di apparire forte e indifferente come quella sera. Era stata una giornataccia, e non poteva certo lasciarsi andare al pianto di fronte alla donna di suo fratello. Isabel aveva già abbastanza pene da sopportare, non voleva aggiungere anche i suoi problemi.

«Ne vuoi ancora?» le chiese, sviando la conversazione alla bevanda che Isabel aveva quasi terminato.

Isabel scosse la testa «sei gentile, ma no, va bene così. Ne ho già bevute cinque ma sembra che non facciano alcun effetto.»

«Perché non vai di sopra a sistemarti? Rimango qui io. Aspetto Elijah e gli dico che sei salita intanto», le propose con gentilezza. Era notte fonda, e non sembrava giusto farla rimanere ancora in piedi dopo tutto lo stress a cui era stata sottoposta. Anche se non era sua responsabilità, non poteva fare a meno di preoccuparsi per Isabel. Era protettivo verso tutti coloro a cui voleva bene.

«Preferisco restare, non dormirei comunque senza di lui, io...»

«Insisto!» dichiarò Matthias, inclinando la testa di lato e sfoderando tutta la sua determinazione. A volte, sapeva essere ancora più cocciuto del fratello e non avrebbe esitato a dimostrarlo!

Isabel si trovò chiaramente in difficoltà «ma...»

«Niente ma!» l'interruppe Matthias, con un tono che non ammetteva repliche.
«Gli dirò che lo stai aspettando in camera, così sarai più comoda.» Era chiaro che non avrebbe accettato un no come risposta, Isabel glielo lesse in faccia.
Poteva anche protestare per tutta la notte, ma l'esito sarebbe rimasto lo stesso: doveva andare a letto, punto e basta.

Che progenie ostinata quella dei Brown!

«Siete...siete incredibili! Tu, Brooke ed Elijah! Come fate a essere così...»

«Rompi coglioni, intendi?» Matthias le rubò le parole di bocca, soffocando una risata con un colpo di tosse.

«Non è quello che volevo dire...ma sì, in un certo senso! Come diavolo fate?»

Matthias si limitò a gesticolare con evidente compiacimento. «È un tratto di famiglia, suppongo.»

«È fastidioso!» si intestardì Isabel, incrociando le braccia.

«Al contrario, è utile con chi è pertinace come noi», ribatté lui, facendo chiaro riferimento al suo carattere peperino. «E comunque non cercare di cambiare discorso, cognatina, fila a letto.»

Isabel fu sul punto di replicare, ma poi chiaramente ci ripensò. «Cognatina?» ripeté, invece.

«Perché lo sei, no? Tu ed Elijah state insieme adesso, o mi sbaglio?»

«Io non porto ancora l'anello», gli fece notare lei.

Matthias infilò le mani nelle tasche, poi fece un rapido dietro-front, e si avviò deciso verso la cucina.
«Qualcosa mi dice che lo indosserai», rispose, girandosi appena per fissare Isabel. Le rivolse un ghigno machiavellico, carico di implicazioni, prima di riprendere il cammino.
«Fila a letto! Elijah mi uccide se ti trova ancora in piedi» ribadì per l'ennesima volta.

«Elijah, certo», fece eco Isabel con un tono ironico. Lo guardò allontanarsi fino a quando la sua figura non scomparve oltre la porta.

D'un tratto si sentì travolta da una valanga di domande che l'assillarono senza tregua.
Cosa avrebbero fatto riguardo alla faccenda di Benjamin? Da quanto ne sapeva, si trovava alla villa, gestiva ancora le loro finanze, l'intero patrimonio dei Brown, l'impero che il defunto padre aveva costruito.

E Brooke? Sarebbe sparita di nuovo?
Dopo i recenti avvenimenti, aveva deciso di tornare a casa, seguita da Rosalind chiaramente, la cui ferita non sembrava destare gravi preoccupazioni; con qualche medicamento sarebbe presto guarita. Clodette, invece, aveva scelto di restare, sistemandosi nella stanza degli ospiti al piano di sotto; non voleva lasciare soli i suoi nipoti in un momento così difficile.

Cos'altro sapeva riguardo ai suoi genitori?
E ancora, Clorinda, o meglio Ava, chi era davvero?
Perché aveva scelto di mentirle per tutti quegli anni?

Isabel sospirò, esausta. Guardò la luna attraverso la finestra, cercando conforto. Almeno per quella notte, nessuno avrebbe discusso delle faccende in sospeso; doveva seguire il consiglio di Matthias e provare a riposare. Ma poi, un altro pensiero le balenò in testa, uno decisamente più attraente, che non riguardava affatto il voler chiudere occhio...

***

Senza dubbio, la sua adorabile domestica, Felicity, aveva un gusto impeccabile. Isabel non potè a fare meno di pensarlo mentre si guardava allo specchio.
Seguendo gli "ordini" di Elijah, si era concessa una doccia, ma aveva deciso di lasciare i capelli umidi, evitando di disturbare il silenzio della notte con il rumore del phon. Invece di rivestirsi, aveva optato per una vestaglia nera semitrasparente, che lasciava trasparire la bellezza del suo corpo.

Nudo, tutto nudo come lo pretendeva il suo uomo.

Era elegante, tanto elegante ma anche sensuale e audace. In realtà non possedeva altro che abiti succinti e lingerie di ogni tipo, tutto il suo guardaroba era stato interamente stravolto: reggiseni in pizzo, completini intimi coordinati, babydoll trasparenti, corsetti con balene, tanga di pizzo, guêpière, sottovesti di seta...

Elijah aveva delle inclinazioni decisamente fuori dagli schemi, ma perfette per un uomo istintivo e selvaggio come lui. A Isabel piacevano quelle stranezze, la stimolava l'adrenalina del rischio, la sensazione elettrizzante di perdersi nei momenti di sfrenata passione. Da più di un'ora sognava di vederlo spuntare dalla porta, temeva che si fosse perso o che avesse combinato qualche sciocchezza. L'ansia cresceva, si faceva più insistente, quasi insopportabile.
Doveva vederlo, aveva bisogno di sprofondare tra le sue braccia, dei suoi baci voraci, delle sue carezze tutto fuorché innocenti.

E non solo di quelle...

Ma non certo senza indossare il dettaglio più importante: aprì il cassetto della scrivania e ne estrasse il cofanetto di velluto blu. Quella minuscola scatola magica racchiudeva il dono più prezioso che Elijah le avesse mai fatto: il suo cuore. Era proprio questo che simboleggiava l'anello custodito al suo interno.
Elijah voleva lei, voleva esserle legato in ogni modo possibile, non solo fisicamente ma anche mentalmente, spiritualmente, con ogni parte di sé stesso!

Isabel ci aveva pensato e ripensato...
Accettare la vita che le stava offrendo, era l'alternativa giusta?
Se ne sarebbe pentita?

Con il cofanetto stretto al petto, chinò la testa sul pugno, chiudendo gli occhi e lasciando che i suoi sentimenti guidassero la decisione.
Un sorriso delicato si dipinse sulle sue labbra.
No, non avrebbe mai rimpianto quella scelta, lo amava troppo per potersene rammaricare...

«Perché sei ancora sveglia?» la voce cupa di Elijah la fece sobbalzare. Era così assorta da non aver notato il suo arrivo. L'uomo le rivolse uno sguardo poco lungimirante, poi chiuse la porta che Isabel aveva accidentalmente lasciato socchiusa. Indossava ancora gli stessi abiti di quando era uscito, ma il suo umore sembrava essersi attenuato.
Ora appariva più calmo, meno agitato.

«E soprattutto, perché la porta era aperta?» chiese con eccessiva autorità. «Immagina se uno dei miei uomini fosse salito e ti avesse vista così...»
Evitò persino di concludere la frase, tanto era il fastidio che gli procurava quel pensiero.

Isabel sentì un groppo alla gola, ma subito dopo l'agitazione che l'aveva così torturata, sembrò svanire nel nulla.
«Sei qui!» esclamò, felice così felice di saperlo sano e salvo.

Prima che potesse rendersene conto, lui la prese per mano, facendola scontrare con il suo corpo robusto.
Le sue braccia la circondarono saldamente, mentre le baciava i capelli, più volte.
«Scusa...» mormorò con un tono più caldo, «se sono andato via così di fretta, ma dovevo...»

«Calmarti, sì lo so.» Isabel non mosse un muscolo. Rimase lì, appoggiando la testa sul suo petto.
Gli occhi chiusi, l'anima più leggera.
Il suo Elijah era di nuovo lì, a prendersi cura di lei, della sua fata. Sapeva di paura e rabbia repressa.
«Ma non farlo più ti prego, ero preoccupata, temevo ti fosse successo qualcosa...»

«Niente al mondo potrebbe separarmi da te, nemmeno la morte, amore mio», sussurrò Elijah mentre seppelliva il viso tra la sua chioma profumata.
«Mi sei mancata, mi sei mancata troppo! Un giorno intero senza te, sapendoti chissà dove è stato...è stato orribile, orribile fata!»
Avevano un mare di argomenti da discutere, domande senza risposta e nuove sfide da affrontare, ma per quella sola notte desiderava mettere tutto da parte e godersi Isabel.

La sua scomparsa lo aveva portato sull'orlo della follia! 

«Lo so, lo è stato anche per me» Isabel dovette implorare il suo cuore nel petto, poiché batteva così forte che riusciva a sentirlo nelle guance.
«Ma ora sono qui, sono qui amore...»

Elijah annuì «sei qui, sei qui...» ripetè come a convincersene a pieno. Poi si ritrasse di poco giusto il tempo di posarle un bacio sulle labbra, uno dolce, dolcissimo, che le fece perdere l'equilibrio. Isabel schiuse le labbra, intensificando il contatto; gli affondò la lingua nella bocca, permettendogli di avere pieno accesso al suo corpo. Elijah la strinse con più violenza, le dita si conficcarono nella stoffa, come se avessero potuto trapassarla. Il suo peso la portò a indietreggiare, fino a farle sbattere la schiena al muro.

Isabel emise leggero mugolio, ma non smise di baciarlo, non lo allontanò malgrado la sua stazza la fece quasi boccheggiare. La ferocia con cui si stava avventando su di lei le offuscò la ragione, le accese una voglia dentro che solo lui sapeva scatenare!

Ma ad Elijah non bastò; le afferrò il viso con più energia, avvicinandolo al suo. Le curve dei loro nasi si sovrapposero perfettamente quando inclinarono leggermente la testa. Stava ancora lottando per placare l'uragano di disperazione che lo aveva sconvolto.
«Capisci l'effetto che hai su di me quando non sei qui? Non posso vivere senza te, Isabel. Non ce la faccio!»

Le loro bocche erano così vicine, Isabel sentiva il calore del suo respiro anche se le labbra non si toccavano, non più. L'attrazione era elettrica, palpabile, un'energia che pulsava e li univa l'una all'altro.
«Non dovrai, infatti» Isabel ripetè la frase che Elijah, qualche ora prima, le aveva detto al piano di sotto.
«Non ho intenzione di lasciarti andare, mai più!»

Era il momento.

Elijah le prestò maggior attenzione, cercando di capire cosa intendesse; senza staccare gli occhi dai suoi, la vide premergli una mano sul petto. Voleva che si allontanasse, seppur di poco, in modo che potesse continuare a osservarla. Ma Elijah desistette, anzi l'avvinghiò nuovamente a sé, come se l'aria che avesse riprese a circolare tra loro fosse insopportabile, come se l'idea di qualsiasi distanza tra loro fosse diventata intollerabile.

«Elijah!» lo riprese Isabel, «lasciami fare...»
«No, sta qui!»
«Elijah!»
«Non mi piace...»
«Cosa, non ho fatto niente!»
«Non allontanarti, lo detesto!»
«Ma...»
«Shh, zitta. Non parlare» brontolò, poi, come se i suoi moniti non fossero sufficientemente chiari, tornò ad abbracciarla, tastandola, sfiorando e strizzando le sue natiche, leccandole e succhiandole le labbra.
Era una tentazione irresistibile!

Isabel soffocò un gemito; doveva infilarle l'anello al dito e invece stavano per fare l'amore, di nuovo.
L'idea le provocò un giramento.
Lo desiderava ardentemente ma stavolta preferiva concedersi in maniera diversa: come una vera compagna!

Dovette lottare con tutte le sue forze per riottenere la sua attenzione, in realtà bastò coprirsi i seni che Elijah stava cominciando a torturare attraverso il tessuto della stola. La faccenda lo irritò, e non di poco.
«Insomma vuoi che te la strappi?» si acciglio, indicando la vestaglia.

«No, anzi sì, ma...» Isabel scosse la testa «ho bisogno che mi ascolti prima, è importante!»

Elijah si protese verso di lei, impaziente, famelico. Dovette fraintendere le sue parole, poiché sembrò coglierle come una sorta di sfida; con un dito, cercò di scostarle il bordo della veste, lentamente, mentre fissava i suoi occhioni verdi.

La cosa la divertì, tanto che Isabel dovette mordersi le labbra per trattenere una risata.
«Elijah...»
«Mh?»
«Non è questo che intendevo con "devo parlarti"!»
«Isabel io non voglio conversare» Elijah si chinò a mormorarle all'orecchio. «Io voglio scoparti!»

Isabel deglutì. Tutto, al di sotto del suo giro vita, si contrasse. Bastava la sua voce a sedurla, a farle perdere il controllo.
«Adesso, e anche molto forte. Lo capisci o vuoi te lo spieghi a modo mio?» aggiunse.

Il suo sguardo audace e sfrontato, la inchiodò; era felice di averla addosso, ma non era ancora soddisfatto.
Desiderava di più, voleva starle dentro!

Ma al contempo doveva scusarsi per essere stato un vero bastardo con lei; non avrebbe dovuto sparire in quel modo. Isabel era tutto il suo mondo, ma si era ripromesso che al minimo accenno di rabbia si sarebbe sfogato altrove, lontano da lei. Non voleva spaventarla o rischiare di ferirla, in alcun modo. L'amava troppo per potersi permettere un errore del genere. Fortunatamente la tomba di sua madre non era così distante dalla baita. Era riuscito a raggiungerla a piedi senza perdersi, e a calmarsi prima di tornare da Isabel. Si sentiva in dovere di darle delle spiegazioni, anzi, gliele doveva, ma preferiva farlo in un altro momento...

L'averla vista seminuda gli fatto andare il sangue al cervello!

«Prima ero fuori controllo...» cercò di dire, ma Isabel lo interruppe.
«Lo sei ancora» le fece notare.
«Che c'è vuoi tenermi al guinzaglio, fata?» scherzò lui.
«Elijah!»
«Di sotto mi hai fatto una promessa!»
«Non ti ho fatto nessuna promessa...»
«Sì invece, con il tuo splendido faccino. È solo questo il motivo per cui ho aspettato!»

Elijah fu in procinto di rinnovare il suo assalto, ma Isabel riuscì a fermarlo questa volta. Stretta nel pugno, teneva ancora la scatolina con l'anello.
La sollevò per fargliela vedere.
«Ho bisogno che tu faccia una cosa per me...» sussurrò, il respiro pesante.

Elijah rimase di stucco; dovette studiarla per qualche secondo prima di riconoscere l'oggetto. Lui alzò un sopracciglio, confuso.
«Non capisco.»
«Lascia che ti spieghi, allora» Isabel gli rivolse un sorriso lascivo. Prese un lungo respiro, poi un altro e un altro ancora. Era così emozionata da non avere più voce.
Elijah si stranì «ti senti bene?» la interrogò, ma Isabel non rispose, non direttamente almeno.

Con un movimento lento e delicato, allentò il cinturino di seta che teneva chiusa la vestaglia, lasciando che il tessuto scivolasse giù dai suoi fianchi e le si aggrovigliasse ai piedi. Rimase ferma, con un lieve tremito che le attraversava la pelle, nuda come non lo era mai stata. Aveva spogliato non solo il suo corpo, ma anche la sua anima, lasciandola vulnerabile eppure piena di fiducia. Era innamorata di Elijah, profondamente e quello le sembrava il modo migliore per dimostrarglielo.
Aprì la custodia, mostrandogli l'anello.

«Potresti mettermelo tu?» esalò, sforzandosi di mantenere ferma la voce.

Elijah cercò di rimanere impassibile mentre esplorava ogni curva del suo tempio, catturando ogni brivido sottile che solcava la sua pelle vellutata. Aveva già ammirato le sue nudità innumerevoli volte, eppure ogni volta era come se fosse la prima.

Moriva dalla voglia di toccarla, dappertutto!

I suoi occhi risplendevano di voglia e passione, d'amore, ma anche qualcosa di più oscuro e misterioso, un sentimento arcano e viscerale che lo lasciò a corto d'aria. Il suo cuore batteva così forte che poteva sentirlo rimbombare nelle orecchie. Dovette rimanere immobile un istante, chiudere gli occhi e respirare a fondo per convincersi che fosse tutto reale, che non stesse sognando, ma vivendo una realtà così intensa e meravigliosa da terrorizzarlo.

Era come se fosse stato catapultato in un mondo parallelo, un luogo dove il tempo si fermava e ogni cosa era possibile. Gli sembrava di fluttuare in un mare di emozioni, di essere avvolto da una corrente potente e irresistibile che lo trascinava sempre più in profondità. E in quel momento, quando ebbe il coraggio di guardarla nuovamente, capì con certezza che non avrebbe mai più potuto tornare alla realtà precedente.

Ora era Isabel la sua nuova vita.
Non perse tempo, afferrandola e tirandola a sé per i fianchi.

«Non stai scherzando, vero? Perché non ti perdonerei mai!» sussurrò, tremante di emozione.
Era un'affermazione impietosa e tuttavia necessaria; i suoi sentimenti erano veri e sinceri. Cristo, lo stavano portando all'esaurimento!

«No, lo voglio davvero...» gemette Isabel, con voce venata di desiderio. «Voglio te! Voglio tutto di te!» e senza aspettare oltre lo spinse in un bacio vigoroso, carico urgenza e passione. I suoi lombi temevano di impazzire; gli prese le mani, che Elijah le teneva attorno alla sua vita, guidandoli verso la morbida curva dei seni. Pretendeva chiaramente che la facesse sua, che l'assorbisse completamente. Era stufa di aspettare!

Elijah mormorò il suo nome come se fosse una benedizione, la luce divina, la salvezza e al contempo il suo tormento, la guerra e ancora la pace!
La palpò, fino a strizzarglieli, violento e sfrenato come la brama che aveva di lei. Isabel rispose con un debole lamento, poteva sentirla contrarsi a ogni contatto con i punti più delicati che raggiungeva.
Staccò le labbra dalle sue, accarezzandole l'interno della coscia, poi abbassò la testa leccandole e mordendole il collo.

«Elijah...» Isabel cominciò a supplicarlo, a spingere la sua mano più su, fino a sfiorarle il pube. Sussultò quando con le dita le solleticò l'apertura, gemendo dolcemente, e inarcando la testa. Isabel lasciò che le desse piacere mentre ancora assaporava la sua pelle salata.

Elijah sentì il sangue pulsare nelle vene.
«Non urlare, amore...» le fiatò all'orecchio.
Preferiva prepararla alle fantasie perverse che aveva in serbo per lei. Ne aveva sognate così tante che non sapeva da quale cominciare.

«Perché no?» Isabel prese a sbottonargli la camicia con gesti lenti e deliberati. Con ogni bottone che si apriva, il tessuto si allontanava sempre di più dal suo corpo, rivelando il torace scultoreo che si nascondeva sotto di esso. Poggiò i palmi sui pettorali di Elijah, sentendo il calore che emanava. La pelle era ruvida al tatto, solcata da una leggera peluria là dove il busto spiccava erculeo. Due linee sinuose finivano nei suoi jeans, da cui il rigonfiamento sporgeva con brutale evidenza.

Elijah era combattuto, indeciso se scoparla sul letto o sul bordo della dannata scrivania.
L'incertezza iniziava a diventare insopportabile.
Seguì una lunga pausa mentre Isabel aspettava che Elijah parlasse.

Per sua fortuna lo fece poco dopo.
«Ricordi cosa ti dissi a uno dei nostri primi colloqui, fata?» chiese, mentre slacciava la cintura dei pantaloni.

«Ricordo tante cose...» Isabel osservava ogni suo gesto con attenzione. Non smise di lambirlo, al contrario, si fece più audace. Quando Elijah abbassò anche la zip intrufolò le mani nei suoi pantaloni, afferrando decisa la sua erezione. Fu inaspettato, tanto che Elijah si sentì contrarre da capo a piedi, il respiro gli venne meno.
«Su quale vuoi che mi soffermi in particolare?» domandò, fissandolo con sfida.

Gli stava dimostrando chiaramente che voleva di più. Dentro e fuori di lei.

Elijah amava di già la sottile brutalità che la sua fata cominciava a sfoderare, lo eccitava da morire.
Dalle labbra gli sfuggì una sorta di ringhio incontrollato: attorcigliò i capelli di Isabel intorno alla sua mano e le tirò indietro la testa, poi le serrò la natica con quella libera.
«Non fare questo gioco con me...»

Isabel lo guardò sorpresa, ma non si fece intimidire.
«Non ti piace?» lo provocò, «neanche a me piace quando mi fai aspettare troppo...»

Elijah la fissò, decisamente più ardito.
Quanto gli era mancata la sua fata, troppo!
Tuttavia, prima di arrivare al dunque, c'era una cosa più importante che doveva fare. La bile incommensurabile che aveva di quella donna, gli aveva fatto scordare la cosa più essenziale di tutte: non le aveva ancora messo l'anello.
Allentò la presa, fino lasciarla andare.

Isabel sbuffò «questo fa parte del tuo piano diabolico?» la sua domanda sembrò quasi un piagnucolio.

Elijah le accarezzò entrambe le guance «oh sì, fin dall'inizio, fata», ma piuttosto che spiegarle a cosa si riferisse preferì mostrarglielo.
Prese dal bordo della scrivania la scatolina che Isabel aveva deposto quando si erano lasciati andare alla passione. L'aprì, tirando fuori l'anello.

Isabel si illuminò, come se avesse intuito quale fosse la sua intenzione. Allungò la mano, le dita aperte come una stella marina. Sorrise, raggiante, le lacrime la punzecchiavano, minacciando un trabocco inarrestabile. Elijah baciò il loro sigillo d'amore, poi con estrema lentezza lo lasciò scivolare lungo il suo anulare sinistro. Ora erano uniti da una promessa che profumava d'eternità!

Elijah non riuscì a trattenere la gioia che scoppiò dentro di lui come fuochi d'artificio. La sollevò per la vita facendola girare, i suoi capelli dorati svolazzarono come piume. Isabel rise, una risata leggera, spensierata che sapeva di vita. Le fece posare i piedi a terra, poi unì le loro fronti.

«Come la rosa, imperfetta senza le sue spine, io e te siamo...essenziali l'uno per l'altra» recitò Isabel, prima di tornare a baciarlo.

Era da lì che sarebbe cominciata la loro fiaba.

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