Capitolo sessantotto

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"La ragione del cuore"



Solo un momento, solo un momento ancora...

-DARK FLOWER







Blakely House, 03:30

La notte recava con sé i primi bagliori dell'imprevedibilità, una sottile promessa di minaccia e il pungente olezzo della sofferenza. Jack Bowell, il più fidato secondino di Fred, conosceva bene quel sinistro presagio; nonostante il pericolo incombente, continuava imperterrito la sua ronda davanti all'ingresso del maestoso edificio che conduceva all'interno di Blakely House. Da quel tenebroso antro si levavano schiamazzi, gemiti soffocati e, a tratti, urla struggenti che sembravano suggerire dolori inimmaginabili.

Jack lo sapeva chiaramente, intuiva con angoscia ciò che stava accadendo oltre quelle mura, ma non poteva fare altro che ascoltare impotente, come un muto spettatore al cospetto della ghigliottina pronta a calare sul collo del condannato.

Da quando le ragazze di Blakely House avevano osato sfidare Fred, l'uomo pareva essersi tramutato in una bestia feroce, assetata di sangue. Jack non aveva mai visto una simile furia negli occhi di Fred. Non avrebbe mai immaginato che quell'uomo potesse mostrare un minimo di fragilità; in verità, Jack non credeva nemmeno che Fred ne fosse provvisto. Ma quella notte dovette ricredersi, soprattutto quando lo vide tremare davanti all'inattesa risolutezza delle sue prigioniere, una forza che sembrava averlo colto di sorpresa e spaventato fino al midollo.

Eppure un dubbio persistente continuava a tormentarlo:

Il povero secondino non riusciva a capire se quella follia fosse scaturita dalla ribellione delle donne o...dalla fuga dell'affascinante donzella in bianco, della giovane e innocente signora Brown. Possibile che quella vittoria lo avesse sconvolto a tal punto? E poi, perché mai tutti la chiamavano signora Brown se ancora non era convolata a nozze col famigerato che portava quel cognome?

A un nuovo urlo, Jack si riscosse dai suoi pensieri, e con lui riemersero i ricordi. La risposta all'ultima domanda era piuttosto chiara: Isabel non aveva ancora sposato Elijah, ma per la nobiltà di Franciville e la malavita che la circondava era come se il vincolo fosse già stato suggellato. Isabel era la compagna dell'uomo più odiato del paese, e questo la rendeva un ostaggio inestimabile, una preziosa ninfea da conquistare. Era una preda ambita, desiderata e vulnerabile, la più fragile delle creature per chiunque riuscisse a catturarla.

Avanzò di due passi, scuotendo il capo con amara rassegnazione, quando una pallottola sibilante, pose bruscamente fine alla sua ronda. Jack rovinò a terra, e l'arma che stringeva tra le mani cadde accanto a lui con un suono sordo. Povero Jack, non era certo colpevole di alcun delitto, ma Brooke non era della stessa opinione. La donna era talmente accecata dalla vendetta che avrebbe ucciso chiunque si fosse frapposto sul suo cammino.

«Ti avevo detto di fare piano!» sbottò Matthias, uscendo per primo dal loro improvvisato nascondiglio.

«Un silenziatore non è una misura sufficientemente sicura per te?» replicò lei, seguendolo con passo felpato.

«Evidentemente, no!» ribatté lui, irritato.

Il silenzio che seguì sembrò per un attimo gravare come una cappa funebre su Blakely House. Brooke e Matthias sollevarono lo sguardo verso la porta, ancora chiusa. Fortunatamente, Jack era l'unico a pattugliare quella zona, rendendo l'accesso più semplice. Si erano nascosti ai margini del bosco, lasciando l'auto a una distanza prudente dalla villa e proseguendo a piedi nel fitto della notte. Avevano atteso con pazienza il momento giusto per agire, scrutando con attenzione ogni movimento. Si misero in azione solo quando furono certi che nessuno sarebbe intervenuto in aiuto del povero secondino.

«Le sta torturando, vero?» sussurrò Brooke.
Quella era una domanda che in realtà sapeva già essere una certezza.

Matthias si richiuse nel mutismo che lo aveva accompagnato per tutto il tragitto. Era chiaro che Fred le stesse torturando; era inevitabile. Quelle povere donne, ora alla mercé della sua crudeltà, conoscevano bene le conseguenze di sfidare il loro padrone. Ribellarsi comportava rischi enormi, spesso letali, ma non si erano tirate indietro. Con coraggio avevano aiutato Isabel, avevano riportato a casa l'unica cosa che manteneva lucido e ancora in vita suo fratello.

Ed era proprio per questo si era precipitato per primo a Blakely House. Voleva trarre in salvo le ragazze prima che suo fratello distruggesse il castello. Sapeva che Elijah non avrebbe avuto la pazienza o la lucidità di preoccuparsi di loro; troppo rapido nel cedere alla furia per fermarsi a riflettere. Ma Matthias no. Matthias era diverso, lui era un uomo d'onore, un uomo di parola, uno che aveva a cuore la salute altrui e teneva fede alle promesse. E quella notte, aveva tutta l'intenzione di mantenere la più recente, quella col sigillo ancora fresco.

Non c'era una vita più importante di un'altra, questo era chiaro, ma Matthias aveva una persona in particolare che intendeva salvare prima di tutte.

Doveva trovare Clara.

E se l'avesse trovata, l'avrebbe portata via, in un luogo sicuro, dove avrebbe protetto lei e ogni suo respiro, eliminando chiunque avesse tentato di farle del male.

Era un bisogno irrazionale eppure vivido come un cuore pulsante.

Brooke fece un respiro profondo, rompendo il silenzio che gravava tra loro. «Basta, io entro. Non posso più aspettare.»

Matthias le afferrò il braccio, bloccandola prima che potesse fare un solo passo. Il suo sguardo era penetrante, deciso, come un avvertimento. «Dobbiamo avere pazienza. Entrare dalla porta principale significa affrontare Fred direttamente, e perdere ogni vantaggio strategico. Quel bastardo non deve sapere che siamo qui. Se scopre la nostra presenza, mandiamo tutto a puttane.»

Brooke digrignò i denti, stringendo la presa sul fucile che portava a tracolla. «Me ne infischio dell'elemento sorpresa, cazzo! Mi hai promesso che lo avremmo ucciso!»

«Ti ho detto che saremmo intervenuti per primi,» replicò Matthias, mantenendo la calma, anche se nel tono vibrava un'ombra di esasperazione, «ma non ti ho mai detto né come né perché, Brooke!»

«Sì, infatti, e questa vaghezza mi disturba.» Brooke si sistemò il fucile sulla spalla con un gesto brusco. «Qual è il tuo piano? Non abbiamo molto tempo.»

Matthias trasse un respiro leggero, rivolgendo gli occhi verso l'ombra imponente del castello. «Voglio aiutarle.»

«Chi?»

«Le donne di questa villa. Non è ovvio?»
Matthias si mosse per primo seguendo il muro del castello, i passi sicuri e veloci come se avesse già tracciato un percorso nella mente.

Brooke lo seguì più incerta, con le parole pronte a scivolare fuori in una cascata di rimproveri. «La nostra priorità è Isabel!»

Matthias non rallentò la sua marcia, né si voltò a guardarla. «Isabel è al sicuro, a casa tua, con l'uomo che ama. Loro, invece, no.»

Brooke serrò i denti, accelerando per affiancarlo. «Ma loro non sono un nostro problema! Hai idea della guerra che sta per scatenare Elijah? Verrà qui e porterà l'inferno con sé! Credi davvero che avrà un briciolo di pietà per chi vive in questa maledetta topaia? Nemmeno per sogno! Farà fuori tutto e tutti, senza pensarci due volte, e tu non dovresti che appoggiarlo. Non capisco perché ti stai prestando a un'impresa così illogica come quella che ti passa per la mente! Quelle donne sono le protette di Fred, tu non puoi farci niente.»

Matthias finalmente si fermò e si voltò a guardarla duramente. «Fred voleva fare lo stesso con Isabel, anzi, lui voleva appropriarsene e tenerla in ostaggio, ricordalo bene. E ora siamo qui a vendicarla. Niente è mai così semplice, niente è mai solo bianco o nero, Brooke.» 

«Già, questa doveva essere una vendetta, non una missione di ricognizione. Perché ti interessa così tanto salvarle?»

«Perché non sono né un pazzo, né un fottuto codardo.»

Brooke lo fissò, sorpresa dal tono tagliente. «No giusto, ma sei un Brown e prima di tutto dovresti appoggiare la tua famiglia!»

«La mia famiglia la sostengo già,» Matthias si passò una mano tra i capelli, esasperato. «Lo faccio da quando ne ho memoria cazzo: esiste solo questo. È il mio unico impegno da quindici anni! E ora c'è anche Isabel a completare questo splendido quadretto, Isabel e l'ossessione che mio fratello ha per lei!»

«Dovresti essere felice che Elijah abbia trovato l'amore!»

«Lo sono, lo sono moltissimo. Ma per una volta, una soltanto, vorrei pensare solamente a me stesso e a quello che voglio io. Questa missione non riguarda Isabel, riguarda solo me!»

Brooke sbatté le palpebre, incredula. «Te?»

«Sì, me.»

Brooke si fermò di colpo, ricordando qualcosa. «Fammi indovinare, c'entra la donna con cui parlavi sul portico qualche giorno fa?»

Matthias riprese a camminare, ma il suo passo rallentò visibilmente. Brooke lo vide irrigidirsi, e poi fermarsi del tutto. Lui non rispose, e lei colse l'occasione per incalzarlo ancora.

«Clara, è così che si chiama. » Le parole scivolarono fuori dalla bocca di Brooke, accompagnate da un sorrisetto tagliente.

Matthias si girò appena, ma il silenzio che seguì fu sufficiente a confermare i suoi sospetti. Brooke incrociò le braccia, scuotendo la testa. «Oh mio Dio! Fammi indovinare, il bazooka ci serve se qualcuno o qualcosa ti ostacola dal portarla via da Blackely House, e non a divertirci un po' vero?»

Come se fosse quello il problema.

Matthias la fissò per un lungo istante, poi annuì lentamente. «Sei perspicace, a quanto vedo.»

Brooke lanciò un'occhiata intorno, come a cercare un appiglio per la realtà. «Matthias, stai correndo un rischio enorme.»

«Lo so.»

«Lo sai?» Brooke si arrestò, la bocca aperta in una smorfia di stupore.

«Sì, lo so,» ripeté Matthias. In lui brillava una triste risolutezza, come quella di chi ha già accettato il peso delle proprie scelte. Sembrava sprigionare una malinconia sottile, come quella che accompagna una vecchia canzone ascoltata troppo spesso, dove ogni nota ricorda qualcosa di perduto.

Brooke si avvicinò di un passo. «Elijah arriverà comunque, Matthias. E se non riuscirai a portarla via, lui...»

Matthias scosse la testa, tagliando corto. «È proprio per questo che sono qui, per evitare danni collaterali. Abbiamo un debito, uno bello grosso, nei confronti di queste donne, non possiamo abbandonarle. O meglio, io non lo farò. Tu fai come meglio credi.»

Brooke vacillò. Per un attimo il peso delle sue parole sembrò zavorrarla al terreno. «Non posso crederci..»

«Non c'è niente di più importante in questo momento. Io proteggerò chiunque ne abbia bisogno, forse anche a costo della mia stessa vita, non lo so. Dipende da come andrà la serata...»

Brooke si ammutolì del tutto, riflettendo attentamente.
Il piano di Matthias era chiaro: se Elijah fosse arrivato quella notte, Fred sarebbe stato perduto, e con lui tutto il suo regno, comprese le giovani donne che teneva prigioniere. Conoscevano entrambi la sconsideratezza del fratello, e sapevano che non avrebbe ascoltato alcuna ragione. Brooke poteva già immaginarlo: se quei muri fossero crollati per mano di Elijah, avrebbero seppellito ogni cosa, compresa Clara, la donna che Matthias intendeva salvare, quella che più di tutte si era prodigata per aiutare Isabel.

Proprio come diceva Matthias, avevano un debito con lei; il minimo che potessero fare era restituire il favore. Ma il brutto, purtroppo, era che...non potevano salvarle tutte.

A quel punto la rossa si fece coraggio, il tono deciso ma accondiscendente. «Stammi a sentire, ammiro il tuo spirito cavalleresco, ma siamo qui da soli, con poche armi e senza scorta. Posso coprirti le spalle il tempo di raggiungerla e portarla alla Jeep, ma non di più. Lo sai che sono letale, ma non fino al punto di schivare proiettili da tutte le direzioni. Ti supporterò, ma a patto che mi prometti che aiuteremo solo lei!»

Matthias sembrò soppesare la sua proposta. «E delle altre che mi dici?»

«Non puoi salvarle tutte, Matthias, e lo sai!» Brooke, si appoggiò al tronco di un albero. «Sono a decine là dentro, e chi può dire quante altre ancora tiene in ville diverse?»

Matthias restò in silenzio. La parte più recondita della sua coscienza gli urlava di fare qualcosa, di non arrendersi a quella crudele aritmetica del salvataggio, ma il riassunto razionale di Brooke era un dannato martello che picchiava sulle sue convinzioni. Sapeva che aveva ragione. Non potevano riuscire in quell'impresa, non con i mezzi a disposizione e con Elijah pronto a scatenare una guerra.

Il biglietto per la libertà spettava a Clara. Glielo aveva promesso. E quella promessa era l'unica cosa a cui potesse aggrapparsi in quel caos.

«D'accordo,» disse infine, tradendo un residuo di amara accettazione. «Clara è la nostra priorità. La porteremo fuori di qui.»

Brooke annuì, consapevole della lotta interiore che Matthias stava combattendo. Non era facile lasciare indietro degli innocenti, ma non c'era scelta. «Allora andiamo a prenderla. E facciamolo in fretta.»

Matthias si rimise in movimento, più deciso che mai. Sapeva che stava facendo una scelta difficile, forse ingiusta, ma inevitabile. Clara era diventata per lui una missione personale. Era rimasto profondamente colpito da ciò che lei aveva fatto per Isabel, ma più di tutto lo aveva scosso il suo disperato bisogno di avere notizie su di lui. Clara non era solo forte e audace, era diversa da chiunque avesse mai incontrato. In passato, era stato Isabel a catturare la sua attenzione per la sua perspicacia, ma Elijah si era fatto avanti prima che Matthias potesse nutrire un qualsiasi interesse concreto per lei. Un vero peccato, pensava allora.

E non solo allora...

Col tempo, però, aveva visto oltre l'irruenza del fratello e aveva imparato ad apprezzare il legame che Isabel ed Elijah avevano costruito, tanto da esserne sinceramente felice. Ma con Clara, non avrebbe commesso lo stesso errore. Questa volta, non sarebbe rimasto a guardare.

Fece il giro del palazzo, mantenendosi nell'ombra e cercando una via più discreta per entrare. Gli uomini di Fred sembravano tutti concentrati all'interno, ignorando del tutto il perimetro esterno. Il cortile era deserto, circondato da un vuoto innaturale che dava un senso di falsa sicurezza. Matthias trovava tutto questo assurdo, impensabile: come poteva Fred non aspettarsi un attacco dopo tutto quello che aveva fatto? Era davvero così sbruffone da credere di averla vinta a prescindere?

No, Matthias non se la beveva. C'era qualcosa che non quadrava, ne era sicuro. Fred doveva sapere che sarebbero venuti a reclamare la sua testa, eppure non lo dava a vedere. Forse era tutta una messinscena per far credere loro che entrare a Blackely House fosse semplice, mentre il vero pericolo si nascondeva altrove, forse proprio all'interno delle sue mura...

Quando raggiunsero il retro del palazzo, l'aria si fece più umida e carica del profumo della vegetazione rigogliosa che circondava la casa. Gli alberi torreggiavano alti, come sentinelle silenziose, e il profumo di terra bagnata e foglie era così intenso da coprire qualsiasi altro odore. Una leggera brezza muoveva i rami, e in lontananza le grida che fino a poco prima riempivano l'aria si erano improvvisamente placate, come se Fred avesse deciso di prendersi una pausa dai suoi crudeli doveri.

Era tutto così inquietante.

Matthias si fermò e puntò lo sguardo verso una finestra al secondo piano, la stessa da cui Clara era stata vista l'ultima volta. Era un piccolo rettangolo di luce fioca tra i mattoni scuri, appena distinguibile tra i rampicanti che si intrecciavano lungo le pareti. Doveva trovare un modo per salire fin lassù e, più di ogni altra cosa, sperare che Clara fosse ancora lì.

«Quindi? Come facciamo a entrare» chiese Brooke, scrutando la finestra con vigile attesa.

«Non lo so,» Matthias si portò le mani sui fianchi. «Ma dobbiamo intervenire. Dobbiamo farlo per forza.»

Brooke storse il naso, poi, con una nonchalance degna di un'eroina consumata, caricò il fucile. Lo imbracciò con fierezza, le spalle dritte e il mento sollevato, e fece un cenno a Matthias. «Andiamo, seguiremo il mio solito piano. Apro io la strada.» Quella donna si muoveva con l'abilità e la sicurezza di chi aveva fatto quel lavoro mille volte. Matthias non poté fare a meno di ammirarla.

In parte, almeno.

«E quale sarebbe il piano?» domandò lui, continuando a tenere d'occhio la piccola fessura illuminata, come in attesa di qualcosa. O qualcuno.

«Abbiamo una granata nella Jeep. La prendiamo, facciamo esplodere un masso e li attiriamo tutti fuori. Io e te ci nascondiamo vicino al portone e appena vediamo un'apertura ci intrufoliamo dentro.» Brooke si espresse senza esitazione, come se avesse già considerato ogni possibilità.

Matthias, invece, fu categorico. «No.»

«No?» Brooke alzò un sopracciglio.

«No, non funzionerà.»

«E perché no, scusa?»

Matthias la squadrò severamente. «Non lo vedi?»

«Vedere cosa?» Brooke seguì il suo sguardo, confusa.

Matthias allargò le braccia e fece un gesto ampio attorno a sé, indicando il cortile deserto. «Qui fuori non c'è nessuno. Siamo qui a parlare tranquillamente, mentre un pazzo là dentro si diverte con degli ostaggi. Non trovi che sia surreale? Al limite dell'assurdo?»

Brooke ci pensò attentamente, poi scrollò le spalle. «No, per niente! Fred è un uomo presuntuoso, Matthias. Sa che non abbiamo abbastanza risorse per farlo fuori e ha ragione. Sarebbe una strage se Elijah decidesse di agire contro di lui, visto che era proprio lui la nostra unica speranza di avere un esercito più grande di quello di Benjamin. Fred non se lo aspetta nemmeno un attacco.»

Matthias scosse la testa, tornando a fissare la finestra. «Sì invece. Lui sa che verremo. Ma c'è qualcosa che mi sfugge. E purtroppo non abbiamo il tempo di capire cosa...»

Brooke sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Quindi niente granata?»

«No.»

«E la pistola? Posso usarla?»

Matthias sembrò perplesso. «Su cosa?»

«Ma che ne so. Potrei intrufolarmi e facilitare il lavoro a Morales...»

«No!»

«Non posso sparare neanche un colpo col bazooka?»

«No, Brooke!»

«Ah, che cazzo quanto sei noioso!»

Matthias stava per ribattere, ma un movimento improvviso catturò la sua attenzione. Un'ombra si muoveva rapida oltre la finestra, avanti e indietro, come una farfalla imprigionata che cercava disperatamente una via d'uscita. Matthias socchiuse le palpebre, tentando di distinguere meglio: non era solo una figura, ma diverse persone, i cui passi frenetici sembravano alimentati dalla paura. Le voci provenienti dalla stanza si facevano più insistenti, un intreccio caotico di mormorii allarmati che si rincorrevano senza sosta.

Matthias indietreggiò di scatto, arrangiando un punto di osservazione migliore. Alzò una mano e fece cenno a Brooke di rimanere in silenzio. Brooke, sempre pronta, si bloccò immediatamente, in attesa di istruzioni. Entrambi restarono immobili, trattenendo il respiro mentre il trambusto all'interno continuava a crescere.

Non riuscivano a capire esattamente cosa stessero dicendo, ma l'agitazione era evidente, come se qualcosa di terribile fosse sul punto di accadere e li riguardasse direttamente. Matthias comprese che doveva agire in fretta. L'idea iniziale, quella di entrare con la forza gli parve improvvisamente avventata, forse addirittura suicida.
In effetti c'era altro modo per parlare con Clara, uno che comportava meno rischi. Matthias intuì che mentre loro non sapevano come entrare, Clara avrebbe sicuramente saputo come uscire.

Senza dire una parola, Matthias raccolse da terra un piccolo sasso e lo lanciò verso la finestra. Non sapeva se nella stanza ci fosse anche lei, ma valeva la pena rischiare.
Il sassolino colpì il vetro con un tintinnio quasi impercettibile. Brooke lo guardò con una smorfia scettica. «Sul serio, Romeo? Una patetica mossa vecchio stampo, sarebbe il tuo asso nella manica?» lo canzonò sottovoce.

Ma Matthias non si arrese. Raccolse un altro sasso, più grande ma abbastanza leggero da non rompere il vetro, e lo scagliò con precisione. Il rumore fu più forte, tanto da interrompere nuovamente il chiacchiericcio dall'interno. Questa volta, ci fu un sussulto, un'esclamazione soffocata.

Dopo qualche secondo, una figura si affacciò. Era Jaqueline, la bella donna dai capelli corvini che Clara aveva aiutato a partorire qualche ora prima. I suoi occhi si spalancarono di sorpresa nel riconoscere i giovani Brown; portò una mano alla bocca, dando voce a un imprecazione. Poi si voltò, urlando qualcosa all'interno in un tono concitato, incomprensibile dall'esterno.

Jaqueline scomparve per poco tempo, ma quando riapparve, lo fece in compagnia di Clara. La donna sembrava inizialmente smarrita, quasi inconsapevole della presenza di Matthias e Brooke. Il suo sguardo vagò nel vuoto, sfuggente, finché non li vide. Quando finalmente anche i suoi occhi incrociarono quelli di Matthias, rimase di stucco.
Matthias le sorrise appena, un sorriso rapido e fugace, poi si fece serio e le fece segno di aprire la finestra.

Clara esitò di poco prima di obbedire. Aprì l'inferriata con movimenti misurati, mentre una leggera brezza le scompigliava i ricci raccolti in una semi acconciatura. Indossava una vestaglia blu che scintillava lievemente alla luce tenue della luna, come se fosse ricoperta di stelle.
Matthias l'ammirò, catturato dalla sua figura esile ed elegante, senza però lasciarsi distrarre.

«Non abbiamo molto tempo,» disse lui, mantenendo la voce calma nonostante l'agitazione. «Devi scendere, ora

«Ci ha chiuso dentro, non possiamo uscire!» esclamò Clara, sperando che lui riuscisse a sentirla.

Matthias scattò in avanti; cercava febbrilmente una soluzione. «Non c'è proprio un altro modo?»

Clara scosse la testa, indicando con un cenno la finestra. «È troppo in alto, non posso saltare da qui!»

Matthias imprecò sottovoce, passando nervosamente una mano tra i capelli. La vista di Clara, prigioniera come una donzella in una torre, gli fece stringere i denti. «Dannazione, avrei dovuto portare una scala...» mormorò tra sé.

A quel punto Jaqueline si chinò verso Clara e le sussurrò qualcosa. Clara annuì di nuovo, questa volta con più convinzione. «Aspetta!» disse, un po' goffa a causa dell'urgenza, ma Matthias colse subito l'intenzione.

I fratelli Brown si scambiarono un'occhiata complice. Brooke fece un rapido giro su se stessa, scrutando ogni angolo come un predatore in cerca di minacce. Non riuscivano a credere che fossero riusciti ad arrivare fin lì senza destare sospetti. La sensazione di essere invisibili li rassicurava e li inquietava allo stesso tempo, come se qualcosa di ancora più grande e sconosciuto stesse per accadere.

Chissà, forse Clara aveva qualche risposta a quella quiete sospetta, a quell'apparente tregua che li proteggeva.

Passarono cinque minuti, forse di più chi poteva dirlo, il tempo si allungava inesorabile come una corda tesa sull'abisso...

«Clara!» Matthias la chiamò con un'inquietudine crescente. «Non abbiamo tempo, muoviti!»

Pochi istanti dopo, Clara e Jaqueline si affacciarono nuovamente, questa volta trascinando con loro una corda improvvisata, fatta di lenzuola annodate. La calarono con cautela, metro dopo metro, finché la fune non raggiunse circa metà della distanza dal suolo. Non era abbastanza lunga, ma dovevano farsela bastare.

Un'idea semplice ma efficace.
E brave ragazze.

«Scendi, ti prendo io! Non avere paura!» Matthias fu sotto il cornicione in un baleno. 

Clara si fermò, guardando il salto che l'attendeva. Le mani di Matthias tese verso di lei, pronte a sostenerla. Si preparò e, con un rapido cenno a Jaqueline, scavalcò la finestra, aggrappandosi alla corda. La fune cedette un poco sotto il suo peso, ma poi si stabilizzò, ancorata saldamente.

Matthias trattenne il fiato, osservando Clara calarsi lentamente. La donna non aveva avuto il tempo di rivestirsi: la vestaglia che indossava era corta, così corta che Matthias dovette sforzarsi di non guardare sotto il suo orlo. Il che gli richiese una una forza di volontà sovrumana. Forse più di quella che Clara stava sopportando per raggiungerlo.

Quando Clara si avvicinò alla fine della corda, Matthias si piazzò proprio sotto di lei. «Non avere paura,» disse con una calma che non sentiva dentro. «Non ti lascerò cadere.»

Clara lo guardò e non ebbe alcun dubbio. C'era qualcosa in lui, una sorta di certezza che le impediva di esitare. Si lasciò cadere, sicura che Matthias sarebbe stato lì a prenderla. E così fece: le braccia di Matthias si chiusero intorno a lei appena prima che potesse toccare il suolo. Tuttavia, l'impatto fu più brusco del previsto. Persero l'equilibrio e caddero entrambi a terra, Matthias colpì il suolo con la schiena mentre Clara gli finì addosso.

Matthias ansimò, il respiro incastrato in gola, mentre Clara si ritrovava distesa su di lui. Per un attimo, le loro labbra si sfiorarono, un contatto fugace, ma sufficiente a destabilizzare entrambi.

Solo per un po'.

«Oddio, stai bene?» Clara si ritrasse appena. Non aveva neanche avuto il tempo di rendersi conto che aveva appena baciato l'uomo che era diventato l'incarnazione dei suoi sogni. Si ritrovò subito in ginocchio accanto a lui, a tastargli il petto in cerca di ferite.

Matthias le prese delicatamente il polso, fermandola con un tocco rassicurante. «Sto bene, non preoccuparti.» Si sollevò da terra con agilità e poi le tese la mano per aiutarla a rialzarsi. Clara accettò, ancora confusa, e si alzò in piedi, lottando contro la vertigine di tutto ciò che era appena accaduto.

«Che ci fai qui?» gli chiese, riprendendo fiato mentre i pensieri le si accavallavano. «Isabel sta bene? È tornata?»

«Sì, è tornata. Tutta intera...» rispose lui, con un sorriso appena accennato. Clara stava per esultare di gioia, ma Matthias aggiunse, più serio: «Grazie a te. Grazie a tutte voi.»

«È stato un piacere aiutarla,» fece Clara, ricambiando il sorriso. «Anzi, è stato il momento più esaltante della giornata. Isabel mi ha dato la forza di affrontare Fred. Le devo molto.»

Matthias ne approfittò per muovere un passo più vicino a lei, ammirandola con più ardore. «Anch'io ti sono debitore. Tutta la mia famiglia lo è. Volevo che lo sapessi.»

Il corpo traditore di Clara si irrigidì, per poi sciogliersi lievemente. O meglio a Clara sembrò così. Era come travolta da un dolce stordimento, come se il mondo attorno a lei continuasse a sfocarsi.

Nel mentre Matthias, premuroso e deciso, si sfilava la giacca e gliela posava delicatamente sulle spalle. Era un gesto semplice, ma colmo di calore, tanto da farla sentire un po' meno esposta e vulnerabile di pochi istanti prima. Fu solo allora che si accorse dei suoi abiti sgualciti e del disordine in cui riversavano i suoi capelli. Un'ondata di imbarazzo le accese le guance di un rosso tenue.

«Mi dispiace, io...» mormorò, stringendosi ancora di più nella giacca, come a volersi nascondere.

Matthias la squadrò per un lungo istante. «Ti dispiace? Per cosa?» chiese, con genuina curiosità.

Clara esitò, mordendosi il labbro inferiore. «Non sono presentabile...» ammise, quasi vergognandosi di averlo detto ad alta voce.

Matthias sollevò un sopracciglio, un ghigno di scherno giocava sulle sue labbra. «Ti stai scusando per il tuo aspetto?»

«Precisamente, avrei voluto averne uno meno trasandato,» rispose Clara, mascherando il disagio con una scrollata di spalle.

Matthias scosse lentamente la testa, il suo sorriso si allargò. «Io no.»

«No?» ripeté lei, incapace di credere a ciò che aveva appena sentito.

«No,» confermò Matthias, in un modo che le fece battere il cuore un po' più forte.

Clara non era sicura se ringraziare per un complimento del genere fosse opportuno, ma trovò comunque il coraggio di farlo, anche se una parte di lei sapeva che Matthias, da uomo, stava semplicemente apprezzando ciò che vedeva. «Ti ringrazio,» disse, mantenendo una parvenza di compostezza, «ma avrei comunque preferito avere il tempo di rivestirmi.»

Matthias annuì con quel suo fare pacato e rassicurante, quasi come a voler sciogliere ogni preoccupazione in lei. Stava per dire che lui, in realtà, avrebbe preferito evitare anche solo di doverle passare la giacca, ma si trattenne. Non voleva farla sentire ancora più a disagio di quanto già non fosse. «Me ne rendo conto,» concluse infine, lasciando cadere il discorso con la delicatezza di chi sa esattamente cosa prova l'altro.

Nonostante l'urgenza che richiedeva quella faccenda, Matthias sembrava prendersi tutto il tempo del mondo per interagire con lei. C'era qualcosa in Clara che lo calmava. Forse, in quel breve scambio di parole, entrambi trovarono una sorta di tregua che nessuno dei due sapeva di cercare.

Clara, ancora sopraffatta dall'emozione, non riusciva a formulare domande che, in altri momenti, le sarebbero parse inevitabili. Avrebbe voluto chiedergli come stesse, come fosse andato lo scontro di quella mattina, come fosse riuscito a raggiungerla senza farsi ammazzare. Ma era troppo presa a guardarlo; era attratta da lui come una farfalla che, incantata, si avvicina per la prima volta alla luce calda e ingannevole di una fiamma.

Matthias era una visione affascinante, perfetto nella sua imperfezione. Indossava un completo nero che aderiva al suo fisico prestante, forgiato da anni di combattimenti e sacrifici. I capelli ricci e biondo scuro incorniciavano un viso dai tratti decisi: una mascella leggermente squadrata, coperta da una barba leggera che accentuava la sua aria indomita; il naso fine e dritto, e quegli occhi chiari, quasi ipnotici, che brillavano come frammenti di giada sotto la luce pallida della luna, erano un panorama indimenticabile.

Nonostante le poche cicatrici che gli sarebbero rimaste sul viso, rimaneva incredibilmente bello.

«Ti ha fatto del male?» chiese Matthias, improvvisamente serio.

«Fred?» balbettò Clara, spiazzata da quella domanda così diretta, che fece svanire la magia di quella tenue vicinanza.

«Chi altro?»

Clara scosse la testa. «Non ancora. Ci ha solo rinchiuse in camera. Ha lasciato me e Jaqueline per ultime. Immagino che se alle altre toccherà una punizione più leggera, con noi non avrà pietà.»

Matthias serrò la mascella, la rabbia gli pulsava nelle tempie come un tamburo. La presa sulla sua mano si fece involontariamente più stretta, come se potesse proteggerla stringendola più forte. Gli balenò in mente l'immagine dei lividi sul corpo di sua madre, quei segni indelebili che ancora lo perseguitavano. L'idea di vedere quelle stesse macchie su Clara era impensabile, intollerabile.

«Non lo farà!» dichiarò, con l'audacia di chi non ammetteva repliche, ma tradendo l'ansia che gli torceva lo stomaco.

Clara lo guardò con occhi spalancati, pieni di una sorpresa tanto ingenua quanto disarmante. «Che intendi?»

«Vieni via con me!» sbottò Matthias. Le parole quasi le esplosero in faccia, come se non potesse più trattenerle.

Clara perse un battito. «Cosa?»

«Hai capito,» ribadì lui, avvicinandosi ancora.
«Sono venuto per te. Ti ho fatto una promessa sul portico, te la ricordi? Sono qui per onorarla. Per portarvi via, adesso!»

«Adesso?» Clara era sopraffatta. Il suo fare cosi ardito, le fece quasi tremare le ginocchia. «Non posso venire con te adesso

«Perché no?» Matthias scattò, frustrato dalla sua resistenza.

Dannazione, stava rifiutando la sua offerta?

«Perché Fred ha mia sorella!» Clara rispose con un grido soffocato, la voce che si spezzava per quella confessione così cruda. Ma soprattutto per la dolorosa rassegnazione di non poter fuggire con lui. «Non so dove la tiene, e ogni volta che mi avvicino a scoprirlo, lui la sposta. Non posso lasciarla qui.»

«Non devi preoccuparti per lei,» garantì l'uomo con ferrea autorità. «Quando sarai a casa, ti aiuteremo a cercarla. Tu non puoi esserle di alcun aiuto restando qui.»
Quella verità per quanto macabra, risultava nettamente più tollerabile di un rifiuto.

Clara scosse la testa.
«L'unico motivo per cui è ancora viva è perché io accetto di rimanere a Blackely House! Se me ne vado, lei non avrà più alcuna possibilità!»

«No, Clara!» Matthias, leggermente brusco, l'afferrò per le spalle. «Sei tu quella che, se rimane, non avrà alcuna possibilità! Mio fratello cercherà vendetta, Fred non rimarrà impunito...»

«Che vuoi dire?» Clara allarmata, si aggrappò a lui prima che rovinasse di nuovo a terra. Non le dispiaceva affatto quell'intimità così improvvisa.

Matthias sospirò; si stava preparando a dirle qualcosa di brutto, Clara lo intuiva dal modo in cui la mestizia nei suoi occhi formava ombre cupe. 
«Se Elijah decide di agire, questa villa crollerà su se stessa prima dell'alba.»

Clara sussultò. «Non può farlo!»

«Ma lo farà,» ribatté Matthias, con una freddezza che la fece rabbrividire. «Non posso garantirlo, ma conosco mio fratello. Se Isabel gli ha raccontato tutto, non resterà con le mani in mano mentre Fred se ne va in giro impunito.»

Clara rimase a bocca aperta. Quella conversazione cominciava a non piacerle più. «Se Fred muore, non riavrò mai mia sorella», mormorò, perdendo lo sguardo nel vuoto. D'un tratto, però, vi si ancorò di nuovo, come a volerlo usare contro di lui. «Tu non capisci. Fred non rivelerà mai dove la tiene, nemmeno sotto tortura. Morirà portandosi il segreto nella tomba!»

«Clara...»

«Smettila!» lo interruppe lei, disperata. «Ho fatto tutto questo per aiutare Isabel. Lei è sana e salva...perché questo non basta a tuo fratello?»

«Perché la posta in gioco è troppo alta» ammise più teso. Fece una pausa, il silenzio tra loro si allungò pesante, poi aggiunse: «Isabel è incinta. Lo sapevi?»

Clara annui lentamente, come se quel movimento fosse meccanico, privo di vera consapevolezza. «Sì, lo so...»

Matthias osservò attentamente la sua reazione, cercando un segno, un'apertura che potesse sfruttare per convincerla.
«Bene, allora capirai,» continuò più deciso, «che darla vinta a Fred non sarebbe solo un errore. Sarebbe un tradimento verso la donna che ama. Non sarebbe da mio fratello, Clara. Lui non si arrenderebbe mai, non per Isabel.»

«Sì, ma...lei sta bene, e sta bene anche il suo bambino, spero...»  Una domanda implicita era nascosta in quella frase. Aveva bisogno di sentire la conferma, come se fosse l'unica cosa che potesse darle un po' di pace in quel momento.

«Stanno bene entrambi...» Matthias la rassicurò con prontezza.

Clara sospirò, ma non trovò alcun sollievo.
«E allora cosa c'è da discutere ancora?» chiese spazientita. Pretendeva una spiegazione che non riusciva a comprendere. Perché, se Isabel e il suo bambino erano al sicuro, non potevano semplicemente andarsene e lasciarsi tutto alle spalle?

«Niente infatti. Devi solo accettare la mia offerta. Vieni via con me, Clara...» Matthias non smetteva di guardarla, come se il suo atteggiamento supplicante potesse convincerla più di qualsiasi parola. «Non hai alcun motivo per seguirmi. Per quel che ne puoi sapere, potrei essere l'ennesimo bastardo che cerca di rinchiuderti, ma ti prego...prova a fidarti di me. Lasciami dimostrarti che...»

«Non è questo...» Clara lo interruppe, aggrottando la fronte.
C'era qualcosa nel modo in cui Matthias aveva parlato, nel pensiero che potesse essere la fiducia il vero problema, che la irritava. «lo mi fido già di te.»

«Ma?» chiese, la voce morbida, quasi temendo la risposta. Sapeva che ci sarebbe stato un seguito, una spiegazione che avrebbe complicato tutto.

Clara si rifiutò di incrociare il suo viso. «Il motivo già lo sai,» sussurrò, girando la testa altrove. «Non ti seguirò senza Lucy.»

«Stai commettendo un errore, Clara!»

«Non mi importa!»

«E invece dovrebbe!»

Clara sentì un dolore acuto trapassarle il petto, come se una lama invisibile le stesse squarciando il cuore. Fino a pochi istanti prima, l'arrivo di Matthias l'aveva fatta sentire al sicuro, quasi euforica. Ma ora...quel sogno stava crollando. Si morse il labbro ancora una volta, mentre le lacrime facevano a gara lungo le sue guance.

Com'era possibile passare dalla felicità più intensa alla tristezza più devastante in un battito di ciglia? Una parte di lei trovava quella reazione così sciocca, quasi infantile, ma le emozioni erano troppo potenti, troppo vivide, e la capacità di reprimerle si era dissolta da tempo.

Matthias non poteva, e non voleva, arrendersi. La paura di vederla morire era diventata troppo concreta, troppo reale. Non importava quanto fosse ostinata o quanto insistesse nel voler restare; lui non poteva semplicemente voltarle le spalle e andarsene. Cristo santo, avrebbe preferito spararsi piuttosto che lasciarla lì!

Il suo senso del dovere era un tarlo insidioso, impossibile da ignorare, e con Clara quella sensazione si amplificava ancora di più. Solo lei gli faceva un tale effetto. Doveva salvarla. Non c'erano alternative.

Le sue mani cercarono il volto di Clara. Con una delicatezza che faceva a pugni con la tempesta dentro di sé, le asciugò le lacrime. Lo fece lentamente, con una tenerezza quasi irreale, come se avesse paura di rompere qualcosa di fragile e prezioso. Voleva darle conforto, farle sentire che, per quanto il mondo intorno a loro fosse crudele, esisteva ancora un rifugio sicuro, un luogo dove sarebbe stata protetta. «Ti giuro che di Lucy mi occuperò io,» sussurrò. «È così che sì chiama, vero?»

Clara annuì, ma il suo cuore non riusciva a trovare pace. Chiuse gli occhi, come se potesse scacciare la tentazione che Matthias faceva nascere in lei. La proposta era terribilmente allettante, un sogno di libertà, di pace...era tutto ciò che aveva sempre sperato di ricevere.
Ma non poteva accettare, non senza Lucy.

«Bene, starai con la mia famiglia mentre io mi impegnerò a cercarla. È deciso.»

«Non posso...» insistette Clara, la voce ridotta a un filo. Matthias non poteva sapere quanto fosse difficile per lei pronunciare quelle simili oscenità, quanto fosse devastante dirgli di no. «Non ci sarebbe alcuna famiglia per me, senza l'unico pezzo che rimane della mia.»

Matthias era incredulo. Quella brutale consapevolezza lo lasciò paralizzato, giusto il tempo di trarre un respiro. Poi esplose. «Clara, lui ti fa del male!» gridò. Non poteva sopportare l'idea di lasciarla in quel posto, sotto il controllo di un uomo che non avrebbe esitato a distruggerla.

«Non farà niente che non mi abbia già fatto...» mormorò Clara, con una rassegnazione che era più che una semplice accettazione; era una condanna. Ma quell'epilogo, invece di calmare Matthias, non fece che gettare benzina sul fuoco della sua rabbia. Non c'era consolazione nel sapere che Clara era gia stata ferita, solo un' irrefrenabile rancore verso il destino che la legava a quel luogo.

«Non ti lascerò mai qui, te lo puoi sognare!» esclamò Matthias, brusco e tagliente. Non era mai stato così arrabbiato, così disperato. Persino quando Elijah lo faceva infuriare, riusciva a mantenere un minimo di controllo, ma ora tutta la sua autorevolezza stava crollando.

Brooke, che fino a quel momento era rimasta in disparte, non poté trattenersi dall'intervenire. Si avvicinò al fratello con la fronte corrugata.

«Abbassa la voce, idiota!» gli ordinò. Matthias non si era mai comportato in modo così scomposto; era surreale vederlo tanto sconvolto.

«Non rendere le cose difficili, Clara,» continuò Matthias, ignorando Brooke. «Andiamo via, adesso!»

Ma Clara non poteva più ascoltarlo, non senza rischiare di cedere. Fece un passo indietro, decisa a tornare nella sua stanza, ma Matthias l'afferrò per i polsi, attirandola a sé.
Il gesto era troppo "violento", troppo distante da ciò che lui era veramente, e Clara lo percepì. Sapeva che quel comportamento non gli apparteneva, ma capiva anche che Matthias era al limite. E lei, nonostante tutto, voleva restare lì, vicino a lui. Non provò neanche a divincolarsi.

Rivolse a Brooke un cenno rassicurante, come a dirle che stava bene, che il modo in cui Matthias la stringeva non la spaventava; al contrario, le dava un senso di appartenenza, di calore, qualcosa di cui aveva disperatamente bisogno.

Brooke la fissò per un attimo, indecisa, poi, con riluttanza, indietreggiò, concedendo loro un po' di spazio. Ma non abbassò la guardia. Rimase poco distante, con il fucile saldo tra le mani. Era lì per creare un po' di caos, dannazione, non per assistere mentre suo fratello perdeva la testa per quella donna.

Che noia mortale!

«Speriamo che arrivi qualcuno...» mormorò a se stessa con un sorrisetto feroce. «Almeno ci divertiamo un po'...»

Matthias sembrava non dimostrare segni di cedimento.
Si odiava, non era mai stato così manesco con una donna, ma quel caso specifico richiedeva della malsana mascolinità.
«Non capisci che rimanendo qui stai mettendo in pericolo la tua vita?» sembrava uomo al limite, un uomo che non riusciva a comprendere come una donna così brillante come Clara, potesse non vedere il pericolo che correva.

Clara si armò di rinnovata pazienza, sapendo di dover mentire per proteggere se stessa, ma soprattutto per proteggere lui. «Non corro alcun rischio qui, non devi preoccuparti per me.» Ma anche mentre parlava, sapeva di non essere credibile.

«Non sono né un idiota né un codardo, lo sai?» replicò lui, il tono amaro. Non sapeva come altro convincerla, come farle capire che stava commettendo una stronzata.

Clara alzò lo sguardo, un sorriso triste increspò le sue labbra. «Gia, e adesso mi piacerebbe che fossi entrambe le cose, almeno non sarebbe così penoso riuscire a rifiutarti.»

Quella confessione lo ferì come una frustata.

Maledizione, cosa stava facendo?
Come era possibile che tutto stesse andando così storto?

«Ti prego, cerca di capire...» Clara gli parlava in un sussurro supplichevole, uno di quelli che parve scuotergli le viscere. «Tu avresti abbandonato Elijah? Se lui fosse stato al posto di Lucy e tu al posto mio, avresti accettato la proposta?»

Matthias si paralizzò. La sua mente si riempì di immagini di Elijah, e comprese che no, non avrebbe mai potuto lasciarlo. Non c'era risposta che potesse convincere Clara a cambiare idea, e quella realizzazione cominciò a tormentarlo più di quanto si sarebbe aspettato.

Matthias era un uomo ragionevole, lo era sempre stato.
E, proprio perché lo era ancora, lentamente ma non senza remore, la lasciò andare.

Clara capì che, finalmente, era tornato in sé. Ma fu piacevole sapere di essere stata la causa di quel momentaneo smarrimento, di quel tale stordimento...

«Tu mi hai offerto più di quanto io abbia mai chiesto a Isabel. L'unica cosa che volevo era solo ricevere tue notizie, sapere che stessi bene. Non ti ho mai chiesto di venire a salvarmi.»

«Stronzate, ti ho promesso che l'avrei fatto!»

«Sì, ma io non ho mai preteso che tu lo facessi davvero. L'ho solo sperato, tutto qui.»

«E allora lasciati salvare, Clara Herrera.» La dolcezza con cui Matthias pronunciò il suo nome, la fece vacillare. «Non rinunciare al tuo futuro.»

Clara azzardò un passo verso di lui. Poi un altro e un altro ancora, fino a ritrovarsi faccia a faccia con Matthias. C'era un che di predatorio in lui, come se si stesse trattenendo dal fare di più, o dal portarla via con la forza, probabilmente.

«Sei un uomo buono,» mormorò Clara, guardandolo intensamente, «uno di quelli che non dimenticherò mai...»

Matthias si mosse improvvisamente, afferrandola con facilità e passandole un braccio attorno alla vita. Clara restò troppo sorpresa per reagire mentre lui la spingeva indietro, finché le sue spalle non toccarono la corda usata per scendere. Le mani di Clara si aggrapparono alla sua camicia, stringendo il tessuto liscio tra le dita.

«Se devi tornare su...» sussurrò Matthias, apparentemente più rilassato e tranquillo, anche se Clara percepiva la tensione appena sotto la superficie. «Allora fallo adesso.»

«Lo farò.»

«E questo è un bene.»

Clara sembrò confusa, scrutandolo con esitazione. «Davvero?»

«Oh sì,» Matthias attorcigliò una ciocca dei suoi capelli attorno al dito, quasi distrattamente. «Perché tra poco mi girerò e tornerò alla jeep. E tu salirai senza dire una parola. Perché se oserai rivolgermi un'altra delle tue patetiche scuse, ti trascinerò via con me. E chissà, potrei anche imbavagliarti per non sentire i tuoi lamenti, o legarti per non farti scappare. Tutto dipende da quello che farai, Clara.»

«E se ti dicessi che non ti credo?» la donna volle sfidarlo.

«Commetteresti un secondo errore, temo.»

Clara rimase di stucco. Osservava l'espressione vaga di Matthias, il modo in cui le sue labbra erano leggermente schiuse, la serietà che gli induriva i lineamenti, il respiro irregolare, gli occhi semichiusi ma penetranti. Matthias non stava solo guardando Clara; era come se cercasse di afferrarla, di trattenerla con impotenza. Era attratta da lui, ma allo stesso tempo ne era profondamente intimorita. Matthias era furioso, non poteva negarlo; non accettava la scelta che lei stava facendo, ma lei capiva quale fosse il suo gioco. Forse spingere se stesso a respingere lei poteva essere un modo per rendere l'inevitabile più sopportabile. Nessuna decisione estrema nasce su basi razionali, in fondo.

Clara decise di assecondarlo, ma a una condizione. In quel tragico ritorno verso un inferno che non voleva abitare, desiderava avere almeno un ricordo dolce a cui aggrapparsi, delle ali che l'avrebbero protetta dalle fiamme...

«Baciami» gli intimò un attimo prima che il tempo scadesse per entrambi.

Matthias si staccò da lei con riluttanza. Era incapace di formulare una risposta immediata. Si aspettava di tutto, ma non quella richiesta. Voleva davvero darle quel che chiedeva, ma il conflitto dentro di lui era straziante.
Gli impediva persino di respirare.

Clara si fece coraggio. «Io tornerò alla mia vita, e tu alla tua,» disse, cercando di mascherare la vulnerabilità con un po' di forza. «La tua vita sarà meno penosa della mia, ne sono sicura, ma andrà così. Tu ti dimenticherai della povera Clara, delle donne che sono passate nella tua vita lasciando solo tracce fugaci, mentre io continuerò a ricordarti. Perché è questo che mi riesce meglio, ripensare a tutti i miei fallimenti, ai rimpianti, a ciò che avrei potuto fare diversamente. A quello che avrei voluto nascondere sotto il tappeto, come la polvere dopo le feste di Natale. Tu riuscirai a voltare pagina, ma io rimarrò bloccata in questa prigione dorata, circondata da volti sconosciuti che provano a confortarmi. E resterò così, senza aver mai dato un bacio a qualcuno che non sia un orco mascherato da uomo.»

Si fermò a riprendere fiato, il petto in fiamme. «Tu puoi ricominciare, hai una via d'uscita. Io, per ora, non ce l'ho. Ma qui, adesso, puoi darmi qualcosa di più di una semplice fuga. Puoi darmi un ricordo, un frammento di felicità che non ho mai avuto e che non ho mai potuto costruire con le mie forze. Un sogno, Matthias, qualcosa che possa stringere nei momenti più bui, quando mi sembrerà di annegare. Un ricordo che potrò riavvolgere nella testa, come un vecchio rullino da guardare e riguardare, con le cartucce ancora intatte, e cariche di speranza.»

Si auspicava che capisse, che vedesse oltre quello che gli aveva rivelato, che non l'avrebbe respinta come nessun altro aveva fatto prima. Era stanca di vivere di amarezze, di desideri mai realizzati, e quel momento era tutto ciò che poteva chiedere: una promessa di pace, anche se effimera, anche se solo un'illusione.

Matthias la fissava con desiderio, un filo di rimorso gli serrava la gola. Non era così che aveva immaginato il loro primo bacio; nella sua mente l'aveva sognato in mille modi, ma mai così. Voleva baciarla, lo voleva eccome...ma, ciò non gli impedì distruggere quel fragile desiderio con una semplice parola, un singolo suono che la colpì come un pugno.

«No,» disse, ma privo di asprezza, quasi dolce. «Non posso farlo.»

Clara mandò giù l'amarezza, esposta e umiliata. Certo che le aveva detto di no. Cos'altro avrebbe potuto risponderle? Era stato ingenuo da parte sua pensare che l'avrebbe accontentata, come se lei potesse significare per lui quello che lui rappresentava per lei. In fondo, era solo una sconosciuta a cui aveva offerto aiuto.

Si sentiva sciocca, così tanto da pensare che l'unica cosa sensata fosse andarsene subito. Stava per girarsi e levare le tende quando Matthias la trattenne, tirandola tra le sue braccia.

«Non posso farlo, non adesso,» specificò. «Io non intendo arrendermi con te, Clara. Forse non riuscirò a portarti via stanotte, ma un giorno ci riuscirò, perché non smetterò di provarci. Io non ti dimenticherò, non lo farò mai, sarebbe impossibile. Non ci riuscirei nemmeno se lo volessi. E credimi, lo voglio. E lo vorrò domani, quando arriverà il tuo turno qui a Blakely House, e tu sarai senza alcuna protezione. Tutto vorrei, tranne saperti in pericolo. Capisci questo, vero?»

Clara non era mai stata una donna svenevole, ma in quel momento si sentiva pericolosamente vicina a perdere i sensi. Stranamente si ritrovò sul punto di crollare, di accasciarsi al suolo, ma si ricompose, accettando la sua proposta, e annuì piano.

Matthias sorrise, un sorriso appena trattenuto, ma con l'ombra di tutta la rabbia che intendeva nasconderle e che lo mordeva come un cane feroce. «Adesso è ufficiale. Ti devo un bacio oltre che la salvezza, dolce Clara Herrera.» 

Clara rise tra le lacrime, una risata sincera che per un attimo sciolse la stanchezza sul suo volto, illuminandolo come un raggio di sole attraverso le nubi. «Parlerai con tuo fratello? Lo convincerai a lasciar perdere, allora?»

Matthias annuì. «Farò quello che posso. Ma non posso garantirti che cambierà idea.»

Clara sospirò, l'anima stretta dall'ansia. «Ti prego, convincilo a lasciar perdere...»

«E tu cerca di rimanere in vita. Promesso?»

Clara gli fece un cenno d'assenso. «Dimmi, in quale modo potrei dirti di no?»

Matthias avrebbe dovuto rispondere ma non lo fece. Non riusciva a distogliere l'attenzione dall'aureola dei suoi capelli scuri o dalle sue labbra appena incurvate, che quasi davano vita a un sorriso birbantesco. Invece si sporse su di lei, lasciando che le sue dita sfiorassero uno dei suoi boccoli, nel tentativo di distrarsi dai pensieri che Clara gli aveva insinuato in testa.

L'attirò al suo petto, crogiolandosi nella sensazione del suo corpo premuto contro il suo. Clara lo abbracciava con un'intensità disperata, come se sapesse che quella sarebbe stata l'ultima volta, l'ultima prima della fatidica salita.

Rimasero così, immobili, quasi sperando di poter fermare il tempo. Nessuno dei due voleva lasciarsi andare, ma il distacco era inevitabile. Clara infatti, fu la prima a sciogliersi dalla sua presa. Matthias la lasciò andare, con riluttanza, ma lo fece, mentre lei si voltava e si avvicinava alla corda. Jaqueline era ancora affacciata alla finestra. Aveva visto tutto, aveva sentito tutto. Avrebbe voluto urlare a Clara di scappare, di non commettere la follia di tornare indietro, ma sapeva che sarebbe stato inutile.

La donna afferrò la corda e cominciò a salire.
Poi si girò a guardare Matthias.
«Quindi tornerai?» chiese, quasi come se parlasse più a sé stessa che a lui.

Matthias, contro ogni sua volontà, si posizionò sotto di lei, pronto a sostenerla se avesse perso la presa. «Puoi giurarci.»

Clara continuò a scalare. Tremava, ma cercava di mantenere un tono leggero, di smorzare l'ansia che le pulsava nelle vene. «Guarda che ti aspetto!»

Matthias avrebbe voluto risponderle con qualcosa di rassicurante, ma non ci riusciva più.
«Devi farlo,» mormorò, le parole gli uscirono come un comando urgente. «Dovrai aspettarmi.»

Jaqueline, dall'alto, tese la mano verso Clara, afferrandola e aiutandola a rientrare quando raggiunse il cornicione. Il contatto delle mani di Jaqueline era l'unica cosa che impediva a Clara di crollare del tutto. Non c'erano più parole da dire, solo un vuoto che nessuno dei due sapeva come riempire.

All'improvviso, le urla tornarono a fendere l'aria, taglienti e implacabili, come lame che affondano nella carne. Fred aveva ripreso la sua opera brutale, imperturbabile come un macellaio davanti al suo lavoro. Matthias sentì un brivido corrergli lungo la schiena. S'incamminò verso Brooke, deciso a lasciare quella proprietà prima che i nervi gli esplodessero in testa. Aveva permesso a Clara di fare le sue scelte, e lo aveva fatto consapevolmente. Lui non era un tiranno, non era Elijah; non l'avrebbe trascinata via con la forza, non le avrebbe imposto una fuga che lei non voleva.

Sapeva che l'avrebbe solo spinta a odiarlo...

Ma Dio Santo, anche lui ora odiava sé stesso per non essere un po' più simile al fratello, almeno in questo. Sarebbe stato tutto più semplice, e meno snervante. L'uomo si fermò un attimo prima di raggiungere la sorella. Si voltò indietro, forse per cercare un ultimo sguardo di Clara, per salutarla, ma la finestra era già chiusa.

Clara era sparita, dissolta nel suo mondo.
Avevano concordato il suo destino, e lui doveva accettarlo.
Solo per ora.

«Quella donna ha più palle di quanto ne abbia mai viste,» Brooke posò una mano salda sulla sua spalla. Un gesto fermo, rincuorante, che Matthias non riusciva a sentire. «Ma sai chi riesce a batterla in quanto a cazzate? Tu.»

Matthias fissava ancora il cornicione, sperando quasi di vederla riapparire. Non c'era più niente che potesse fare lì. Si chinò e raccolse da terra un sassolino, più grande degli altri sparsi attorno, ma abbastanza leggero da non rompere un vetro se lanciato. Lo rigirò tra le dita, poi se lo infilò in tasca come se potesse rappresentare un peso che voleva portarsi via con sé.

«Che vuoi dire?» chiese finalmente, rendendosi conto che Brooke aspettava una risposta.

«Voglio dire che Elijah ti scuoierà vivo per averle fatto una promessa del genere.» Brooke parlava con una sincerità esplicita, senza filtri. «Elijah non rinuncerà a vendicare Isabel, lo sai bene. Non sarà mai come te, non farà passi indietro per nessuno.»


***


Presente,
villa Rose. Dimora di Brooke, ore 05:30.


L'aveva ferita.
L'aveva ferita, di proposito.
E ora, nel timore di averla persa per sempre, si rendeva conto di aver agito con una crudeltà che non credeva di possedere. Chiedere il suo perdono gli sembrava un'impresa impossibile.

Da quando era uscita dalla stanza, non aveva fatto altro che tormentarsi. Non riusciva a credere di aver avuto l'audacia di paragonarla a Lily, insinuando che potesse essere una valida alternativa, una madre migliore, una compagna più adatta...

Era stato ignobile, ingiustificabile, al di là di ogni ragione.

Elijah se ne stava appoggiato alla sbarra del letto, la schiena curva e l'animo in tempesta, come sempre. Voleva correre da Isabel, implorarle perdono, dirle quanto si sentiva terribilmente male per averla ferita in un modo così meschino e inaudito. Voleva trascinarla a letto, e tentare di sedurla di nuovo, magari per fare pace, magari fino a riuscirci!

Ma quella parte di sé che ora lo comandava era tutt'altro che sentimentale. Elijah stava per crollare sotto il peso della confessione assurda che Isabel gli aveva fatto. Era sul punto di scatenare una guerra senza precedenti. Gli mancava solo Morales per procedere; doveva attendere il suo arrivo.
E quando finalmente lo avrebbe rivisto...

Fred avrebbe rimpianto amaramente ogni singola scelta!

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