Capitolo trentuno

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"Passione o verità?"

Per un'ora d'amore non so cosa darei.
- MATIA BAZAR


Elijah la fece accomodare sulle sue gambe; più Isabel gli stava vicino, più facile sarebbe stato raccontare quell'assurda vicenda. In realtà, erano le molte cose da dire, e tutte piuttosto devastanti. La sua vita era stata costellata da traumi, perdite e dolori incommensurabili; riviverli era tremendo. Solo la presenza di Isabel riusciva a mitigare in qualche modo il terrore e l'ansia che lo stavano opprimendo.

Isabel gli avvolse un braccio intorno al collo, abbracciandolo. Anche lei provava timore; Elijah la stringeva con forza, quasi temesse di vederla svanire come sabbia nell'aria.

«Sai che non devi parlamene per forza, vero?» gli chiese, poggiando la fronte sulla sua tempia.
Il profumo muschioso che emanava vibrava, diffondendo un'aura di virilità avvolgente e irresistibile. Era arduo frenare gli impulsi che lui le suscitava; la voglia che aveva continuava a urlarle dentro, seducente come il canto di una sirena.

Elijah la circondò con entrambe le braccia, seppellendo la testa nell'incavo del suo collo. Le ciocche ribelli le causarono brividi, scintille di fuoco che danzavano sulla pelle. Quell'uomo era irresistibile, così selvaggio, magnetico e sensuale.
Oh, quanto lo detestava per renderla prigioniera di desideri così ardenti!

«Devo fata, ma credimi: farei tutto tranne che parlare adesso» Elijah fece scivolare un dito lungo la sua schiena semi nuda, seguendo il percorso fino a raggiungere la base della nuca. Lì, tracciò movimenti circolari con un tocco morbido, quasi tenero.

Isabel chiuse gli occhi, mentre i polmoni cercavano di trarre più ossigeno possibile: il suo corpo si liberò, sciogliendo la rigidità che lo imprigionava. Quel diavolo aveva un potere oscuro su di lei, capace di plasmare il suo umore, di far rispondere ogni fibra del corpo al suo tocco dominante. Isabel non nutriva alcun dubbio: Elijah le stava conquistando l'anima, senza possibilità di resistenza.

«Ma è quello che faremo, giusto? Parlare?» chiese lei, ricambiando le sue carezze con piccoli baci sulla guancia, leggere armonie che accarezzavano la pelle con dolcezza.

Per Elijah fu come benzina sul fuoco.
Una fiamma che faticava a spegnere, sempre di più.
La abbracciò con ancora più forza, lasciando che le dita affondassero nella carne.
«Non fare così...» sussurrò, cercando le sue labbra.

Isabel lasciò che si unissero, senza remore.
Le loro bocche si incontrarono ancora e ancora, incollate da una frenesia che cresceva fino a esplodere nelle loro anime. Elijah se la mise sopra a cavalcioni, tastandola, esplorando il suo corpo con un'urgenza quasi ardente, disperata. Stava per perdere il controllo, lo sentiva, di sciogliersi come cera bollente.

Isabel assecondò i suoi gesti, facendosi più audace: col bacino si spinse in avanti, pericolosamente avanti, fino a sentire l'erezione pulsare sotto la sua intimità. Non riusciva a vederla, eppure anche solo avvertirla le dava piacere, un piacere doloroso che si diffondeva a macchia d'olio fino a renderla impaziente, affamata, vogliosa come non lo era mai stata.

«Non posso aspettare, non ci riesco...» Isabel ansimò, abbandonando il peso del corpo al suo, tremando.

«Isabel, ti supplico...» Elijah sentì uno strano fischio che andava e veniva, la vista si appannò. Era completamente, perdutamente assuefatto da lei, dalla voglia che aveva di entrarle dentro, di spingersi tra le sue cosce fino a consumarle le energie.

La voleva, la voleva con tutto sé stesso, con un ardore sfrontato che lo stava portando alla follia, un'appassionata sconsideratezza mai provata per nessun'altra. Nella sua intera esistenza, mai aveva avvertito un impeto così intenso, quasi brutale.
Resistergli, lo stava mandando in bestia.
«Non farmi questo, non farlo, non farlo...» gemette, quasi angosciato, afferrando un lembo della sua camicia. Voleva strappargliela via, adesso!

«Mi dispiace», Isabel si rialzò, guardandolo quasi imbambolata. I suoi occhi erano umidi, limpidi, verdi di un verde che scintillava amore, passione, primitiva dolcezza. Elijah ci lesse l'intensità con cui stava vivendo quel momento, quell'istante di pura estasi, e l'amò ancora di più, sentì il petto esplodere per lei.

Con lo sguardo aggrottato la vide sbottonarsi la camicia, di nuovo, fino a scoprire i seni gonfi, già turgidi, vicini alle labbra che mordeva avidamente, quasi a sangue.
Elijah si sentì morire.
«Ma dovrai fidarti di me» proseguì lei, lasciando che la stoffa cadesse oltre le sue spalle.
«Se mi vuoi come io voglio te, dovrai farlo.» 
Isabel rimase lì, a cavalcioni, le mani immerse tra i suoi capelli, la pelle pervasa da brividi mentre il cuore pompava a tutta forza.
Era il momento più magico e intenso della sua vita.

Elijah scosse la testa, chiudendo gli occhi. Il tormento che pulsava dal basso ventre lo attanagliava, ma anche quello nel cuore era altrettanto implacabile. Assediato da dubbi e mille preoccupazioni, cercava di ignorare la fame estrema che covava per quella donna. Si sforzava di respingerla, di anteporre la logica agli impulsi, la razionalità alla voglia cieca. Era sull'orlo di una crisi, una lotta disperata che alimentava la sua aggressività, specialmente quando Isabel si avvicinò nuovamente. Ora i suoi seni invitanti erano lì, troppo vicini, penzolanti e in attesa che li esplorasse, che li baciasse, che li facesse suoi come aveva sempre desiderato di fare.

Stava per esplodere.
Non doveva cedere.
"Spostala, spingila via", urlava la coscienza.
"Prendila, possiedila", sussurrava il cuore.

«Isabel...» Elijah alzò il suo sguardo invocante su di lei.
Con il polpastrello le sfiorò un capezzolo, fino a stringerlo tra le le dita. Isabel gemette più forte, scossa da quell'estremo contatto.
Doveva avvertirla, allora, del pericolo a cui stava andando incontro: nel momento in cui si sarebbe sfilata i pantaloni, non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di ritorno.
Nè per lui, né per lei.
Specialmente per lei.

«Non mi fermerò, neanche se dovessi implorarmi...» le disse con voce arrochita, con sincerità brutale.
«Se lo vuoi, se tu mi vuoi davvero, devi saperlo.»
Sperava che lei dicesse di no, che lo rifiutasse, che lo mandasse al diavolo. Lo avrebbe ucciso doppiamente, ma lo avrebbe accettato. Anzi, l'avrebbe ringraziata per questo.

Ma contro ogni sua aspettativa, Isabel lo stupì, lo mandò in estasi. Non disse sì, non rispose neanche, piuttosto usò la mano con cui lo stava accarezzando per spingere la sua testa al seno, pronto a farsi accogliere.
«Non voglio che tu lo faccia» sussurrò, ma fu l'ultima cosa che riuscì a dire: Elijah si avventò su di lei, mandando all'aria ogni dannato proposito. Aveva resistito per tutto quel tempo, ma di fronte a un invito così accattivante, non poteva che cedere.

Si odiò, maledì lei, maledì sé stesso, la sua vita.
Ma fu incapace di fermarsi.

I baci che stava lasciando lungo la linea del suo petto, si fecero più violenti, esigenti: in un lampo di passione sfrenata cominciò a succhiarle le aureole nude, stuzzicandole il capezzolo con la lingua e con i denti. Isabel gemette ancora, estasiata dal solletico che esaltava il suo piacere; inarcò la schiena, offrendosi a lui come una sorta di frutto proibito. La mela più succulenta caduta davanti al serpente, una storia che perdurava persino attraverso i secoli.

«Elijah...» i sussurri estatici di Isabel, avvolta da una sorta di stordimento, non fecero che intensificare la sua determinazione, persino la sua foga: vorace, rinnovò l'assalto sull'altro seno, assaporando il dolce gusto che gli invadeva la bocca.
Tuttavia ciò non fu sufficiente a placarlo; era suo, ma desiderava esserlo fino in fondo, completamente.

Isabel si contorse, uno sguardo estasiato dipinto sul volto, labbra socchiuse e mani che stringevano ciocche dei suoi capelli: la barba ispida le accarezzava la pelle, la saliva che inumidiva il seno libero, scivolava lungo il suo addome.
Si sentiva impaziente, desiderosa, assetata di Elijah.
Lentamente, cominciò a ondeggiare su di lui, avanti e indietro, generando un fruscio seducente tra i tessuti dei loro jeans. In quella danza sottile, le loro intimità fremettero al tocco, seppur indiretto, alimentando un incendio di piacere che cresceva, sempre più ardente.

Elijah non si fermò, immerso tra i solchi intrisi del suo sapore. Mentre persisteva nell'assaporarli, le sue mani trovarono un ancoraggio che erose ulteriormente l'autocontrollo a cui cercava di aggrapparsi: le dita percorsero le curve sensuali del suo corpo, giungendo sino alle natiche sporgenti. Le afferrò con una smania furiosa, le strinse con un desiderio insaziabile, sempre più intensamente, fino a che il piacere provocò un dolce e appagante dolore.

Isabel emise un gemito profondo, un suono che univa erotismo e sofferenza.
«Spogliami, toccami...» accecata dal piacere, cominciò a sbottonarsi i pantaloni, ma Elijah la fermò.

«Non qui!» l'ammonì, prima alzarsi in piedi prendendola in braccio, difronte a sé. Isabel allacciò le gambe attorno al suo bacino, le braccia avvinghiate al collo. Si lasciò trasportare, sorridendo tra i baci che lui le dava sulle labbra. Lo baciava senza smettere di guardarlo, di ammirarlo.

«Dove andiamo?» sussurrò, mentre il suo peso sobbalzava leggermente ad ogni scalino che Elijah percorreva salendo al piano di sopra.
Era così presa da lui, da non badare al tragitto che stava intraprendendo.

«Dove sogno di portarti da sempre...» Elijah le morse il labbro, leggermente, quasi con affetto. Era pervaso da un'emozione intensa, grato alla vita per averlo condotto da Isabel. Ma ancor di più, sentiva l'ansia incatenarlo, tartassargli petto; temeva di esplodere troppo presto, di non farla godere a sufficienza. L'effetto che Isabel aveva sul suo corpo era inspiegabile, quasi come un incantesimo irresistibile!

Ma una volta giunti davanti alla camera da letto, ogni preoccupazione svanì. Un attimo prima di adagiarla sul letto, Elijah si rese conto che l'unica cosa che veramente contava era che per Isabel fosse un'esperienza magica, intima, travolgente come lo era per lui.

Isabel sentì la freschezza delle lenzuola accarezzare la sua schiena, la testa affondare tra i cuscini. Il suo corpo tremava, vibrante di emozione e timore. Era la sua prima volta, non sapeva cosa aspettarsi, tanto meno se confessare la sua inesperienza fosse saggio o inopportuno. Voleva che Elijah la rassicurasse, che le dicesse che sarebbe stato piacevole per lei, che non le avrebbe fatto male.
Mai, né con il cuore né con la mente.
«Aspetta...» sussurrò, respirando a fatica.

Elijah la sovrastò con il corpo, appoggiando i gomiti sul materasso e carezzandole i capelli all'attaccatura della tempia. I suoi occhi azzurri, profondi come il cielo, limpidi come il mare, la fissarono con aspettativa, creando un momento di attesa carico di intensità.
«Cosa c'è?» le chiese, inclinando di poco la testa.

Isabel batté le palpebre, cercando nel cuore la forza per parlare.
«Ho paura...» gli confessò in un mormorio appena accentuato.
«Ho paura, mi sento confusa, non riesco a capire.»

Elijah continuò a coccolarla, chinandosi a baciarle l'angolo delle labbra. Isabel sorrise, immergendosi nel dolce contatto, sentendo il calore sprigionato dal suo corpo, come se il fuoco oltrepassasse la maglietta che ancora indossava.
Non le rispose, auspicando che il silenzio fungesse da invito per proseguire il suo discorso.
E di fatti fu così.

«Ti odio tanto quanto ti voglio. Non è razionale, non ha alcun senso. Eppure...» Isabel allungò le dita, tracciando dei piccoli cerchi sulla sua guancia bollente.
«Eppure è così.»

Ora anche Elijah sorrideva, un sorriso sincero, che gli sgorgò dal profondo.
«Mi vuoi e basta?» le chiese, baciando delicatamente i suoi polpastrelli, uno alla volta.

Isabel scosse leggermente la testa «che intendi dire?»
I suoi occhi, appena sgranati, seguirono i movimenti sensuali della sua bocca, mentre altri brividi la lasciavano senza fiato.

Elijah si fermò, guardandola ancora, questa volta con profonda attenzione, cercando in maniera quasi automatica una possibile conferma tra i suoi prati smeraldini.
Sinceri, troppo veri per mentire.
«Ti sto chiedendo se mi ami, Isabel» arrivò dritto al punto, senza giri di parole. Li detestava troppo per adoperarli con lei, in quel momento soprattutto.

Isabel non rispose, non subito.
Rimase in silenzio, incapace di articolare parole mentre lui la scrutava intensamente, quasi volesse strapparle la risposta dagli occhi. Una verità ben conosciuta da lei, ma che si ostinava a non ammettere.
«Saperlo è così importante per te?» chiese con voce flebile.

Elijah annuì lentamente, lo sguardo deciso, completamente innamorato.
«È tutto per me, fata» le disse senza indugi, e nel farlo riprese a stuzzicarla. Iniziò lentamente, un bacio delicato che svelava amore, poi si fece sempre più rapido, passionale. 
«Tu sei tutto per me» esalò, catturandole nuovamente le labbra. Le lingue si sfiorarono fino a toccarsi, fino a mescolare i loro sapori in un'unica cosa.
Fino a rendere i loro corpi un'unica cosa.

Erano attaccati l'uno all'altro, pelle contro stoffa, che ora cominciava a essere di troppo: Elijah si rialzò levando la t-shirt che indossava, lanciandola via, chissà dove nella stanza. Voleva liberare ogni barriera tra loro, lasciando che il torpore di entrambi li riscaldasse, li avvolgesse totalmente.

Isabel ebbe appena il tempo di ammirare il suo torace scultoreo, che Elijah le fu di nuovo sopra.
«Se solo sapessi quanto ti ho aspettato, fata» lui cominciò a percorrere dolcemente il suo corpo, arrivando a baciarle l'attaccatura del seno, lì dove la carne era più sensibile.
«Sei la luce della mia vita...» proseguì, arrivando sempre più giù, fino all'ombelico.

Isabel affondò la testa tra i cuscini, gemendo di piacere.
«Elijah...»

«Tu sei la mia vita, adesso» giunto in prossimità dei suoi jeans, cominciò a sbottonarli, tirando giù la lampo. Isabel trattene il fiato, mentre Elijah afferrava il bordo per farli scivolare via, lentamente, godendosi ogni attimo di quella meravigliosa scoperta.

E, quando anche quell'inutile indumento fu gettato via, rimase a guardarla, incantato. La sua pelle diafana era ricoperta da leggeri brividi, le ginocchia si toccavano appena tant'era l'intensità con cui tremava, con cui respirava. I suoi seni umidi si alzavano e abbassavano copiosamente, la carne nel suo stomaco si ritraeva dolcemente a ogni ansito, a ogni sospiro erotico che esalava dalla bocca rosea, semi aperta in attesa che la baciasse ancora, che si muovesse, che la toccasse.
Dappertutto.

Elijah rimase in ginocchio, le spalle leggermente incurvate, come un devoto in adorazione. Era ipnotizzato, rapito, mentre contemplava ogni dettaglio della sua etera bellezza.
Il cuore martellava violento, la pressione nella testa gli provocò un giramento.
Quella donna era un sogno incarnato.
«Tu sei...»
Il cielo, la terra, il confine che lo univa alla felicità.

«Mia, semplicemente mia» Elijah si chinò, le sue mani risalirono lungo le gambe di Isabel, fino a raggiungere la parte superiore delle cosce, là dove la sua intimità era ancora velata dal leggero tessuto degli slip.
Ma in quel punto decise di prolungare l'attesa, resistendo al desiderio di strapparle via. C'era ancora tempo per raggiungere il culmine, voleva esplorarla con calma, senza fretta.

Infatti, poco dopo, approfittando del momento di esitazione di lei, affondò la testa tra le sue cosce, perdendosi nei confini dell'estasi.

«Ma...ohhh!» Isabel sgranò le palpebre quando Elijah posò le labbra sul suo monte di Venere, seguendone il percorso proibito, giù sempre più giù, inumidendolo con la punta della lingua. Tuttavia, dovette fermarsi, poiché lei serrava le gambe con troppa intensità.
«Allargale, per me...» lui poggiò le mani sulle sue ginocchia, assecondando il movimento.
«Solo per me!»

Il cervello di Isabel subì una battuta d'arresto, sconvolto da un blackout improvviso; tutti i suoi sensi erano sovrastati da un'esigenza primitiva, un fuoco fatuo che rivendicava la sua presenza, che bramava di essere soddisfatto, placato, in qualche modo.
Così, cedette.
Per lui, soltanto per lui: con timidezza, permise che il corpo dominante di Elijah si sistemasse in mezzo a lei, mentre un'onda di sensazioni intense la avvolgeva.
Con un bisogno disperato, si aggrappò alle lenzuola ai suoi lati, sospirando e gemendo: stava per svenire, lo sentiva.

L'eccitazione di Elijah non fece che intensificarsi, crescere, trasformarsi in una forza ancora più violenta, quasi rabbiosa: senza ulteriori indugi, avvolse le braccia attorno alle cosce, immergendo la testa tra l'inizio soffice del suo sesso. La stimolava con passione, la mordeva con dolcezza, la leccava con desiderio, famelico, insaziabile. In realtà, non sapeva se avesse mai avuto abbastanza di quella donna. Sentiva di non poterle stare lontano, nemmeno per un attimo, un minuto, neanche mezzo.

Onde febbrili la attraversarono come scintille, quando Elijah, finalmente le strappò via le mutande.
Con uno squarcio deciso il tessuto scomparì, rivelando al sua nudità.
Isabel era nuda.
Completamente nuda.
Nuda e raggiante come non lo era mai stata.

Per Elijah, fu il colpo di grazia; non poteva più resistere. All'improvviso, sentì che la pelle sotto i vestiti bramava libertà, lo opprimeva, e lui voleva liberarla a ogni costo; si eresse, sbottonando i suoi jeans con determinazione. Il letto, grande e invitante, sembrò favorirlo mentre si spogliava con una frenesia crescente, con una rapidità che rifletteva l'ardente desiderio di toccare ancora la sua fata, raggiungere la fusione totale.

Isabel aveva sperimentato più volte l'urgenza che Elijah aveva di lei sulla pelle. L'aveva assaporato senza mai, però, goderselo appieno: era un piacere violento che non accettava di alimentare e non perché non lo volesse. Ma perché, in qualche modo, lo temeva: abbandonarsi a quel bisogno intenso, avrebbe sancito la fine di ogni logica, l'inizio della sua distruzione.

Così facendo, avrebbe permesso al suo cuore di amare quell'uomo. Di amare Elijah.

"Ma...forse è troppo tardi per questo," pensò, mentre avvolti dal calore purpureo sprigionato dalle leggere fiamme, ammirava per la prima volta il suo corpo statuario: così alto, così magnifico. Elijah le torreggiava difronte, nudo. Isabel lo guardava senza fiato, le labbra leggermente schiuse, gli occhi umidi e luccicanti.
Non aveva mai visto nulla di più bello.

Elijah le accarezzò la gola con la punta del dito, risalendo lungo la curva fino ad arrivare alla linea sottile del viso. La sua pelle rispose al tocco, rabbrividendo. Si sentiva così impaziente, frustrata!
Desiderava che la intrappolasse fra le braccia e la consumasse con furiosa passione, con trasporto e imperioso bisogno, immediatamente.

Ma Elijah non si mosse.
Come lei, la stava guardando ammaliato, rapito, stregato, con il sangue che pulsava a tutta forza nelle vene.

«Sei bellissimo...» riuscì a dire, prima che Elijah le si mettesse di nuovo sopra. Il suo membro era turgido, già gocciolante, pulsava più di quanto avesse mai fatto.
Questo lambì la sua apertura quando furono nuovamente pelle contro pelle.

«Ho bisogno di confessarti una cosa, adesso!»
Elijah fece scivolare una mano tra i loro corpi, toccandola. La sua fata era pronta, già bagnata per lui.
Senza darle il tempo di abituarsi a quella tenera invasione, fece scivolare un dito all'interno, poi un altro ancora, muovendosi con delicatezza per evitare di arrecarle dolore.

Isabel lasciò cadere la testa all'indietro, quello che provava era incredibile, uno stato febbrile che si diffondeva per tutto il corpo, come scintille pronte a esplodere. Nel suo estasiato abbandono, allargò ulteriormente le gambe, agevolando i suoi movimenti col bacino.
Non badò nemmeno a quello che lui aveva detto.
«Cosa?» ansimò.

Elijah immerse le dita, ancora per un po', godendo appieno del modo in cui la sua fata si contorceva dal piacere. Era così bella ed erotica, una fantasia nata per soddisfarlo, per appagare ogni suo impulso più estremo e primitivo. L'amava, l'amava con una passione travolgente e sentiva l'irrefrenabile bisogno di confessarglielo. Non voleva che quel momento sublime fosse ridotto a uno stupido impulso carnale, a un attimo effimero, vuoto, privo di continuità e futuro.

No, Isabel era l'amore della sua vita, la ragione per cui si sentiva di nuovo vivo, appagato, felice.
Dannatamente felice.
Lei era tutto e ancora di più, un'essenza imprescindibile.

Era giunto il momento, doveva averla; sentiva di non avere scelta. Con lentezza, ritirò le dita, lasciandola lì, vuota e ansimante, desiderosa di essere riempita e soddisfatta.
«P-Perché, ti sei fermato?» balbettò, alzando la testa.

Elijah sorrise, premendola sotto di sé mentre si collocava tra le sue gambe.
«Non mi sono fermato, in realtà ho appena iniziato.»
Con il membro in mano, esplorò delicatamente la sua apertura, suscitando una risposta inaspettata in Isabel, che aprì la bocca, allarmata e desiderosa.

«Aspetta...»

«Va tutto bene, va tutto bene fata», sussurrò lui con voce calda e rassicurante, mentre i loro corpi si intrecciavano in un abbraccio appassionato, pronto a esplorare ogni segreto di quel momento.

«Farà male?» mormorò, nel loro ultimo istante di razionalità.

Elijah scosse leggermente la testa, divertito dal fatto che lei avesse trovato la forza di chiederglielo.
Le fece una carezza, perdendosi nell'ammirare i suoi occhi. Ma quando cercò di parlare, riuscì solo a dire: «Lo amerai, come io amo te!»
E in quel momento, lentamente, inesorabilmente la penetrò, finché non raggiunse la delicata barriera della sua verginità.

Isabel gemette più forte, quasi urlò di piacere. Artigliò la schiena di Elijah con ferocia, lasciando graffi profondi sulla pelle, ma lui non se ne curò.
Sorrise compiaciuto, mentre con foga le baciava le labbra, la stringeva, la tastava con frenesia.
Isabel era sua, ancor prima di incontrarla.
"Anche lei mi avrà aspettato," pensò, lasciandosi trasportare dal vortice dell'emozione. E a quel punto, quando finalmente anche lui lo sentì entrare completamente, perse ogni ragione, ogni forza che aveva nel trattenersi.

Si affondò in lei, dapprima lento, poi aumentò il ritmo, spingendo di più, sempre più forte.

Era così che voleva prenderla, dannazione!

Imprecò sotto voce, resistendo all'impulso di esplodere, di venire troppo in fretta.
Non doveva cedere, non doveva, non doveva proprio!
Si sentiva peggio di un ragazzino alle prime armi, più che un uomo con esperienza.
Ma quello era l'effetto magico della sua fata, del suo dolce amore che cominciò ad accompagnare i suoi affondi prepotenti, muovendo il bacino.

«Ti amo, Isabel» le disse ancora, parlandole all'orecchio. La voce smorzata, appesantita dallo sforzo del corpo. Eppure più in estasi che mai.
«Ti amo, ti amo troppo. Voglio che tu lo sappia!»

Isabel, tra un ansito e l'altro, rise. Una risata gioiosa, fresca, sincera. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre lo abbracciava, sfregando la testa contro la sua, godendosi il piacere che le esplodeva fino in fondo al ventre. Solo in quell'istante una forza sconosciuta si fece spazio nel suo cuore, nella sua consapevolezza offuscata: Isabel lo aveva già perdonato.

Aveva perdonato la rovina della sua esistenza, perché dopo tanto, nel profondo aveva capito che non lo era. Elijah rappresentava tutt'altro: era la sua salvezza.

Così, un attimo prima che entrambi venissero l'uno dentro l'altra, sfiniti, glielo disse. Gli confessò il suo segreto, gli cedette il tesoro che custodiva nel petto peggio di una bomba a orologeria.
«Anch'io, Elijah. Ti amo anch'io!»

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