Capitolo trentadue

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"Fammi sognare, ancora!"

Ti sento, la musica si muove appena,
ma è un fuoco che mi scoppia dentro.
Ti sento, un brivido lungo la schiena,
un colpo che fa pieno centro!✧
-MATIA BAZAR


Grindelwald, Svizzera, ore 09:50.

Il sole sorgeva maestoso dietro le cime imponenti delle alpi, tingendo l'innevato paesaggio di toni caldi e azzurri, un meraviglioso affresco che si diffondeva lentamente sull'orizzonte.

In quella fredda mattina, il gelo avvolgeva il mondo in una coperta di brividi. L'aria era cristallina, ogni respiro si trasformava in una nuvola vaporosa. Il suolo si vestiva di una leggera brina argentea, conferendo un tocco magico a ogni elemento che incontrava. Gli alberi spogli brillavano con piccoli cristalli di ghiaccio, mentre il silenzio dell'aria fredda amplificava i suoni della natura, un sussurro appena percettibile che gradualmente risvegliava Isabel dal sonno.

Raggi luminosi creavano tracciati dorati sulla sua pelle, avvolta da lenzuola soffici e candide come piume nell'aria. Mai prima d'ora aveva vissuto un risveglio così incantevole.

Tuttavia, la placida quiete fu bruscamente interrotta da un insolito fastidio, un senso di stordimento che la travolse. Lentamente, batté le palpebre, permettendo alla coscienza di riemergere, e poi si sedette. Una strana sensazione di indolenzimento pervadeva parti del suo corpo, come se fossero state assopite per troppo tempo. Le gambe protestavano con dolori sordi, così come la schiena e le braccia nude.

Ancora confusa, si passò una mano sulla fronte nel tentativo di raccogliere i frammenti dei suoi pensieri, di dare un senso a quei disagi improvvisi.
La risposta si materializzò quasi subito.
Un sorriso le illuminò il volto quando comprese il motivo.

Era Elijah il fulcro di tutto.
Avevano fatto l'amore la notte scorsa, anzi, in realtà tutta la notte. Elijah era un uomo piuttosto esigente, fervido, impaziente come pochi soprattutto con Isabel e non si era fatto scrupoli a dimostrarlo; l'aveva svegliata nel cuore della notte, dolcemente, cercando le sue labbra rosee, i suoi seni nudi, godendo fra la sua intimità più e più volte, con estremo bisogno, con passione sfrenata, come se non riuscisse a farne a meno.

Una sorgente calda da cui non riusciva a smettere di bere.

L'aveva prese su di sé, sul materasso, sul pavimento.
E mentre si spingeva in lei portandola al culmine del piacere, le aveva sussurrato quanto l'amasse, quanto l'avesse desiderata non solo nei vasti confini del tempo in cui ignorava ancora la sua esistenza, ma anche oltre, quando finalmente il buon fato aveva deciso di sorridergli, di concedergli una grazia, una nuova di zecca.
Una stella del firmamento che portava il suo nome, Isabel.

Era stato sublime, un'esplosione di amore e intensità.
Il momento più bello e passionale della sua vita.
Lo aveva accontentato, si era concessa a lui spoglia di paure e ogni inibizione perché francamente non riusciva a fare il contrario. Quell'uomo la scioglieva come neve al sole, la faceva sentire come aveva sempre sognato di essere: bella, amata, ma soprattutto adorata!

Con le dita si sfiorò le labbra, come se avesse potuto gustare il sapore di quei momenti, di quegli attimi squisiti incastonasti nel tempo e nello spazio, nel suo cuore, che ora batteva più veloce. Lo cercò con lo sguardo, ma non riuscì a trovarlo; era sola in stanza seduta sul lettone disfatto, ciò che restava dei suoi vestiti ingombrava il pavimento. Le mutandine strappate giacevano ancora lì, testimoni dell'irrefutabile verità: ora non era più soltanto sua. La sua anima, il suo corpo erano irrevocabilmente legati a un altro essere umano.

La cosa la colpì, con un misto di stranezza ed eccitazione: Isabel aveva sempre camminato da sola, la solitudine era stata la sua ininterrotta compagna di vita, sapere che ora un altro cuore batteva per lei le faceva venire voglia di inseguire tutti i sogni che aveva dato per morti, spacciati.
Le dava speranza, voglia di vivere, di vivere davvero!

Tuttavia, non poté evitare di interrogarsi: era davvero saggio amare quell'uomo con una tale intensità?

Non aveva dimenticato i dubbi, le paure, la confusione legata al suo passato, al suo presente, al futuro misterioso che l'attendeva. Anzi, dopo quella notte erano diventati più nitidi, manifestandosi con fermezza; Isabel non voleva soffrire.
Aveva già versato abbastanza lacrime, ma perlomeno erano stati pianti legati alla sua esistenza e non a quella di un uomo e ai suoi capricci. Non avrebbe concesso a nessuno di spezzare il suo cuore, la vita lo aveva già dilaniato abbastanza.

E ora che il puzzle era tornato al suo posto con tanta fatica, esigeva che non si rompesse più. Questa volta, l'amore richiedeva non solo passione, ma anche la promessa di non lasciarla mai più in frantumi!

Giuramento che non avrebbe tardato a farsi prestare: dalla porta che si apriva sul corridoio proveniva un odore invitante, un'aroma di fritto e sale che le stimolò l'appetito. Poco dopo, udì rumori di padelle, forse il tintinnio di forchette prima di essere adagiate su un tavolo.
«No, non può essere vero...» Isabel si alzò dal letto, infilando le ciabatte che magicamente erano apparse all'estremità; evidentemente, Elijah le aveva lasciate lì per lei.
"Che uomo premuroso", pensò.

Ma ciò che la rendeva ancora più euforica e divertita era un pensiero un po' assurdo, che dopo l'irresistibile aroma nell'aria, non sembrò più così irragionevole: era probabile che Elijah stesse cucinando. Non sapeva che ore fossero, ma sicuramente era tardi e doveva sbrigarsi.

All'improvviso si sentì agitata, emozionata, e in quel momento si rese conto di quanto fosse ansiosa di vederlo. Le aveva rapito il cuore, non c'era dubbio.
Non comprendeva il come, il perché o la ragione per cui il suo cuore avesse deciso di aprirsi, accogliendo e perdonando i suoi peccati, ma ormai apparteneva a lui.
Doveva accettarlo; non c'era via di ritorno, nessun modo di redimersi.

Raccolse la camicia che Elijah aveva lanciato via la notte scorsa e se la mise addosso. Voleva chiuderla, ma una strana vocina nella testa le suggerì di non farlo; che donna audace e spregiudicata stava diventando?

A passo furtivo, si allontanò dalla stanza e scese le scale. Il cigolio sotto i suoi piedi veniva sovrastato dal fruscio di qualcosa che bolliva sulle pentole. Voleva coglierlo di sorpresa, scoprire cos'altro stesse architettando. Elijah era un uomo imprevedibile e ricco di risorse, il fatto che fosse riuscito a scoprire il giorno del suo compleanno lo provava.
Era una data del tutto segreta che non aveva mai rivelato a nessuno; come avesse ottenuto tale informazione rimaneva un mistero.

Prima di scendere gli ultimi gradini si protese in avanti, assicurandosi che la stanza fosse vuota.
Si sentiva una vera deficiente, come una bambina intenta a giocare a nascondino, ma contro un povero avversario ignaro, del tutto inconsapevole del gioco.

Cauta, si diresse verso i rumori, scoprendo con grande sorpresa che provenivano proprio dalla cucina.
Si nascose dietro la porta, osservando all'interno.
Il suo respiro accelerò, la razionalità subì una battuta d'arresto: i suoi sospetti erano veri, Elijah stava effettivamente cucinando.
Ma nudo.
Solo un slip lo copriva, seppur in maniera parziale.

Rimase senza fiato, ammirandolo in silenzio.

Elijah era un uomo bellissimo, resistere al fascino che emanava era pressoché impossibile. Il suo corpo possente e slanciato emergeva maestoso di fronte a lei, un profilo scultoreo e mascolino che le fece serrare le cosce. I contorni definiti dei suoi deltoidi si stagliavano con precisione, mentre la schiena larga evidenziava la curva definita che scivolava fino ai glutei marmorei. Le sue braccia potenti comandavano le pentole con decisione, rivelando una padronanza sicura, del tutto inusuale per Isabel.
Non sapeva delle sue doti culinarie, la cosa la stupì.

Dava le spalle e pareva ignorare la sua presenza, altrimenti avrebbe sicuramente notato l'espressione sognante sul suo volto, la brama palpabile che provava per lui. La sentiva ovunque dentro di sé, permeava ogni cosa.

Fu proprio quel bisogno arcano e viscerale a spingerla a rivelarsi; non poteva rimanere sulla porta all'infinito. L'avrebbe scoperta prima o poi, e a quel punto non sarebbe stata in grado di giustificare il perché si trovasse lì a spiarlo come una depravata. Anche se in fondo, in maniera del tutto inaspettata, scopriva di esserlo: voleva baciarlo, voleva che lui la dominasse, ancora!

Si schiarì la gola, le mani dietro le schiena, la camicia semi aperta, le gambe nude e incrociate.
Era nervosa, tanto nervosa.
«Da quando cucini?» chiese, sperando che il cuore cessasse di battere così velocemente.

Elijah si voltò, sorpreso dapprima, colto alla sprovvista, poi sorrise. Un sorriso dolce, intenso, quasi felino.
«Da quando ho una ragione per farlo» rispose. Spegnendo il gas, si pulì le mani con uno straccio a portata di mano. Poi, come se il bacon e le uova sulla padella fossero del tutto irrilevanti, si avvicinò a lei. Subito, non aspettò un attimo.
Niente aveva importanza per lui se non Isabel.
La sua fata.

La raggiunse un passo alla volta, fermandosi poco dopo e sovrastandola. Isabel strinse il labbro inferiore tra i denti, irrigidendosi; quell'uomo era così vigoroso e forte che non riusciva a controllarsi quando le stava vicino.

E la situazione peggiorò quando lui la tirò per un fianco, facendo incollare i loro corpi con decisione.
«Buongiorno, fata» le sussurrò all'orecchio.
Rapido la intrappolò tra le braccia mordendole il lobo, succhiandolo poi, lentamente.

Isabel chiuse gli occhi, aggrappandosi al suo collo.
«Buongiorno...» riuscì a dire, prima che le gambe minacciassero un cedimento istantaneo.

Elijah la abbracciò con maggiore fermezza, inalando appieno il suo dolce profumo; sapeva di sesso e arrapante ingenuità. Una fragranza crudele che lo condannò doppiamente. Con le mani scivolò lungo il suo corpo, fino a raggiungere il sedere nudo, morbido appena pronunciato.
Era magnifico, doveva averlo.

Doveva avere tutto di lei, semplicemente lei solo e sempre lei.

Lo palpò con violenza, con languida lentezza, strappandole un gemito.
«Mi piacciono questi risvegli» mormorò, sfregando la testa contro la sua, simile a un micione che fa le fusa.

Isabel gli concesse libero accesso al suo collo; ecco l'insensato desiderio che cominciava a bussare, a martellare con furia la sua presenza! Si sentiva di nuovo impaziente, pronta per lui per il suo nuovo e ardente amore.

Elijah raccolse immediatamente l'invito, iniziando a morderle la curva con gusto, come se fosse il frutto più succulento mai assaporato. Giù sempre più giù, le labbra premevano forti e calde, la lingua umida le sfiorava le pelle, un piacevole formicolio le solleticò il corpo, la parte più recondita di lei.

Giunto in prossimità delle scapole però, si fermò.
La trama della camicia gli impedì di continuare la sua scalata lungo quel monte di piacere, quella terra da scoprire che lo faceva sognare più di qualsiasi altra cosa al mondo.

La faccenda lo irritò.
«Cos'è questa?» le chiese, mostrandole il colletto.
«Non ci siamo, non ci siamo proprio...»

Isabel, col fiato corto, lo guardò confusa.
Non capiva a cosa diavolo si stesse riferendo, ma poi rimase di stucco, ferma come statua quando Elijah, senza preavviso, le tolse la camicia di dosso lanciandola via, lontano.
Quasi fosse spazzatura.

«Io ti voglio nuda, tutta nuda!» Elijah la guardò intensamente prima di tirarla malamente a sé, di nuovo.
«Ti proibisco di indossare stracci come quella, anzi di indossare qualsiasi cosa!»

Isabel avrebbe voluto ribattere, sottolineare che non aveva alcuna intenzione di cedere a quei capricci ambigui e del tutto illogici. Ma ogni protesta svanì, spazzata via dal bacio rude con cui Elijah la imprigionò. La cercò con la lingua, impetuoso e senza freni, graffiandole la schiena, le natiche, i fianchi avvinghiati ai suoi. Vicini abbastanza da poter sentire l'erezione premere sulla pancia, gonfia e pulsante.

Isabel cercò di stare al passo, di resistere a quel dolce tormento che la consumava; così, persa a gustare la sua bocca invitante, decise che, alla fine, era magnifico restare nuda davanti ai suoi occhi.

Valeva la pena cedere, ancora una volta.
Come la notte scorsa e tutte quelle che sarebbero seguite.
Non aveva scelta.

Cominciò a sospirare e a gemere, tenue come il sibilo del vento, quando Elijah si fece spazio tre le sue cosce toccandola. Le labbra peccaminose si bagnarono mentre faceva scivolare le dita avanti e indietro, stimolandola dolcemente, piano, ma poi veloce, sempre più intenso.
«Elijah...»

«Shh, zitta» Elijah rimase in piedi di fronte a lei, i lineamenti duri come uno scudo di bronzo.
Si stava trattenendo, fino allo sfinimento.
Non voleva rischiare di sbatterla sul pavimento, o sul tavolo da cucina; nonostante fossero posti allettanti non erano adatti a sopportare l'impeto con cui voleva riempirla.

Il letto era stato un giaciglio perfetto, consono alle necessità di Isabel: la sua fata era alle prime armi, doveva andarci piano, senza esagerare come invece avrebbe tanto voluto fare. Quella donna era una maledizione, una condanna; ì sentimenti che provava per lei erano così forti da confonderlo, lo torturavano istigando indicibili voglie su di lei.

Si era svegliato in anticipo quella mattina: era impaziente di preparare la colazione per Isabel, di svegliarla con il profumo del caffè e il calore dei suoi baci sulla guancia. Ma quando lei si era palesata alla porta, raggiante e seminuda, aveva perso la ragione. Non gli importava più di niente, all'improvviso tutto era diventato grigio e superfluo. Per lui, Isabel era come un'alba: aveva il potere di accecarlo, di catturare totalmente la sua attenzione, di riscaldarlo con la sua sola presenza.

E ora anche lei sapeva bene il perché: l'amava, l'amava con l'anima e il cuore.

La baciò ancora, senza smettere di muoversi in lei,
i suoi umore gli ruscellarono lungo le dita, ma non si fermò. Anzi, voleva assaggiarli, scoprire che sapore avesse la sua fata. Così, lentamente, ritirò la mano.
Isabel emise un mugolio angosciato; si abbandonò al suo corpo, quasi cadendo su di lui, sopraffatta dal piacere al punto da non riuscire a stare in piedi.
Elijah l'afferrò prima che raggiungesse il suolo.

Quant'era bella, bella e travolgente.

«Va tutto bene, tutto bene...» le cantilenò all'orecchio, un sussurro tenero, affettuoso.

Isabel poggiò la testa sul suo petto «perché mi fai questo?» chiese, ancora ansimante.

Elijah corrugò la fronte «di che parli?»

«Perché mi torturi? Prima mi appaghi e poi lasci vuota, così, di colpo. Non mi piace...» s'imbronciò, quasi adorabilmente.

Elijah sorrise, sollevato.
«Sto giocando un po', fata. Non ti piace?»

Isabel fece di no con la testa «è fastidioso!» biascicò, ancora incollata ai suoi pettorali.

Elijah rise. Un suono profondo e spensierato che non sentiva da tanto, troppo tempo. Si chinò su di lei sfiorandole la tempia con il naso. Era così piccola e a portata di mano che mantenere il controllo cominciava a diventare snervante.

Tuttavia, questa volta, le sue fantasie erotiche partorirono un nuovo desiderio. Un sogno ancora più audace da realizzare sotto un getto d'acqua calda. La doccia era un posto perfetto per entrambi!

«Allora, facciamo così...» Elijah la prese per i fianchi, sollevandola da terra. Isabel lo lasciò fare, gli avvolse le braccia attorno alle spalle e affondò il viso nel suo collo. Non sapeva cosa aspettarsi da lui; ormai aveva imparato che prevedere ciò che si agitava al suo interno era impossibile.
«Cosa?» chiese.

Elijah cominciò a camminare, sostenendo il suo peso con una mano mentre con l'altra si affrettava ad aprire una porta poco distante da loro.
Un ghigno soddisfatto si fece strada sulle sue labbra, poi rispose: «e se ti scopassi nella doccia, fata? Ho voglia di un bagno.»

Isabel si irrigidì; il desiderio che provava per lui era intenso, ma si chiese se fosse saggio proseguire i loro amplessi con un ritmo così incalzante. Si sentiva sfinita e ancora indolenzita. Elijah era un uomo insaziabile e iniziava a rendersene conto.
«N-non saprei, non è tardi?» balbettò, cercando scuse che non suonassero troppo banali e poco credibili. Anche se di fondo lo erano comunque.

Lui si limitò a mantenere il silenzio mentre attraversavano l'uscio della stanza.
Il posto in cui Elijah l'aveva condotta era effettivamente il bagno. Uno delizioso, quasi elegante: le pareti erano rivestite da piastrelle bianche e dorate, un soffice tappeto color sabbia sostava di fronte al lavabo. La luce soffusa delle applique creava un'atmosfera intima, il profumo leggero di fiori freschi si diffondeva nell'aria, emanato dai petali che galleggiavano con grazia nella vasca già piena.

Elijah la adagiò, con calma, lasciando che i suoi piedi toccassero le piastrelle gelate.
La guardò tutta prima di rispondere, finalmente.
«Non era una domanda» precisò, a voce bassa e roca.

Sotto gli occhi attoniti di Isabel, si portò le dita alla labbra, quelle che fino a poco fa erano immerse dentro di lei. Il suo intento era chiaro, lo sguardo felino ne tradiva l'eccitazione. Le leccò, una per volta, gustandosi il suo sapore, i suoi umori fatati che ora ricominciavano a impregnarla.

Isabel lo guardò, estasiata, mentre con le dita gli accarezzava i pettorali. Goccioline di sudore scivolavano sulla pelle, ne seguì il percorso con devozione, fermandosi sul basso ventre, là dove il torace spiccava erculeo. Due linee sinuose finivano nelle sue mutande, da cui il membro emergeva turgido e prominente.

Quell'uomo era una visione di bellezza e sensualità oscura.

«Entra» le ordinò, facendo cenno alla vasca.
Non sembrava disposto ad accettare un rifiuto e lo fece capire chiaramente: si abbassò a prenderle un capezzolo in bocca, succhiandolo e mordendolo con avidità, mugolando sfacciato.
Prima uno, poi l'altro, poi l'altro ancora, senza smettere, senza allontanarsi.

D'istinto, Isabel curvò la schiena, consegnandosi ai baci appassionati di quel diavolo. Affondò le mani tra i ciuffi dei suoi capelli, estasiata e desiderosa come non mai. Sentiva la testa leggera, il cuore traboccare d'amore, lo stomaco in tumulto.

Stava sognando a occhi aperti.

Era sua con il cuore e con la mente, ma voleva esserlo anche con il corpo, perciò non attese oltre: gli prese il viso fra le mani, allontanando le sue labbra.

Elijah assecondò il movimento, soddisfatto nel capire che avrebbe obbedito ai suoi desideri.
Arretrò di un passo, aiutandola a entrare nella vasca con una mano.

Isabel sedette con facilità, sentendo il corpo immergersi nel piacevole calore dell'acqua bollente.
Il vapore riempì delicatamente le sue narici, il profumo del bagno schiuma la inebriò. Si fece spazio, dando a Elijah la possibilità di entrare, ma lui rimase immobile a guardarla con uno strano sorriso beffardo, dall'alto in basso.

Scosse la testa, facendo "no" con il dito.
«Non così, alzati.»

Isabel aggrottò la fronte, confusa.
«Ma me lo hai chiesto tu!»

«Ti ho chiesto di entrare, non di sederti» precisò lui, con il suo solito fare da arrogante.
Poi, cogliendola di sorpresa, si abbassò lo slip che ancora lo copriva rivelando la sua erezione già gonfia e penzolante. Il glande luccicava zuppo di piacere, la sua virilità innata lo rendeva ancora più irresistibile.

Era maestoso, possente, un colosso bronzeo.
Isabel rimase senz'aria nel polmoni.
Non riusciva a muoversi, lo guardava e basta.

Elijah le offrì di nuovo la mano, invitandola ad alzarsi. Il suo respiro era affannato, le guance arrossate, la mente annebbiata, il petto avvolto da una sensazione di fuoco. Un leggero dolore la pungolava proprio lì, tra le cosce serrate, impaziente di accoglierlo ancora, senza remore.

Era in fiamme, bruciava per lui!

Con grazia si alzò, rivelando la sua nudità alla luce dorata delle lampade, ai suoi occhi blu e dannatamente famelici. La sua pelle scintillava con delicati riflessi causati dall'acqua, eterei brillanti che Elijah si allungò a sfiorare con le dita.

«Sei bellissima» le disse con un filo di voce.
Anche se era cosi riduttivo dirle che era bella, stupenda come nessun'altra al mondo.
Lei era molto di più.
Era una dea.
Il cielo e il mare, la luna e le stelle.
La chiave per scarcerarlo dal suo tormento.

Isabel credette di avere dei fuochi d'artificio nello stomaco; si sentì svenire tant'era l'intensità con cui la guardava.
«Vieni?» sussurrò.
Gli sfiorò il mento, ricambiando il suo sguardo con uno più carezzevole, dolce.
Sapeva quasi d'amore.

Un sentimento che cresceva fino a esplodere nelle loro anime, nei loro corpi impazienti di unirsi, di fondersi in un'unica cosa!

Senza indugi, Elijah entrò nella vasca occupandone metà dello spazio. Fortunatamente, era abbastanza grande per accogliere entrambi con comodità, altrimenti non avrebbe potuto contenere il suo corpo imponente. Allargò di poco le gambe facendo tap-tap su di esse: l'invito implicito era chiaro, la stava esortando a sedersi su di lui. Isabel si morse il labbro, esitante ma quando lui la afferrò per il polso, tirandola lentamente a sé, non ebbe scampo.

Si posizionò a cavalcioni sul suo corpo, circondandogli le spalle con entrambe le braccia. I capelli biondi le ricaddero davanti come una tenda, celando in parte l'imbarazzo sul suo volto. Non era ancora abituata a contatti così intimi, eppure Elijah, riusciva a trasformare ogni momento in qualcosa di romantico e piacevole. Malgrado la sua spiccata perversione.

Ora erano di nuovo vicini, troppo vicini.

Elijah sorrise, felice di averla addosso, anche se non era ancora soddisfatto.
Desiderava di più, voleva starle dentro!
«Così va meglio, non credi?» chiese, spostandole una ciocca dal viso.

Isabel annuì, così arrendevole, sciolta come miele tra le sue dita; un raggio di luna che si inchina al calore del sole. «Molto meglio» bisbigliò, baciandogli le labbra.
Lo fece piano, senza fretta, dolce come il petalo di una rosa. Poi aumentò il ritmo, accompagnando i baci con un movimento sinuoso: iniziò a fare su e giù, strusciando il pube sulla sua erezione, che gradualmente sentì pulsare.

Il piacere reclamava soddisfazione, era impossibile spegnerlo.

Elijah affondò le dita tra le carni delle cosce, frustrato, implorando il suo autocontrollo; non voleva farle male, ma se avesse continuato a provocarlo l'avrebbe invasa senza alcuna delicatezza!
«Ferma...» ansimò, bloccandola per i fianchi.
«Aspetta!»

Isabel rallentò fino a rimanere immobile.
«Perché?», chiese in un sussurro erotico.
«Non ti piace?»

Elijah quasi rise; trovava assurdo che lei potesse pensare una cosa simile!
Isabel era un concentrato di purezza e luminosità che gli mandava il cervello in frantumi.
Gli dilaniava l'anima e il cuore!

«Io muoio per te, fata» le disse, posandole una mano calda sulla guancia.
«E questo è un problema...»

Isabel sorrise, strofinando il viso sul suo palmo.
«Lo è davvero?»

«Sì» disse Elijah, allungando anche l'altra mano per avvicinare loro volti.
«Non farei niente che tu non voglia, mai più.»

Isabel lo strinse con fermezza; i baci tra loro si facevano sempre più profondi.
«Pensi che io non lo voglia?» esalò.

«Penso che non devi assecondarmi. Se non vuoi farlo...»

«No io lo voglio!» Isabel si ritrasse, fissandolo intensamente.
«Lo voglio», confermò con un tono più leggero.

Elijah rimase combattuto; pretendeva la sua sincerità, che non si concedesse solo per compiacerlo. Aveva notato la sua esitazione, sapere che in qualche modo avrebbe potuto turbarla o forzala lo torturava.

Isabel, però, lo sorprese ancora una volta: si posizionò tra le sue gambe, sempre più giù fino a poter toccare la sua erezione. La prese tra le dite inesperte, avvicinandola a sé, alla morbida apertura già umida e con una lentezza quasi snervante, cominciò a scivolarci sopra accogliendolo un po' per volta.
Le pareti si dilatarono, un dolce fastidio si trasformava in piacere avvolgente, una voglia bramosa e intensa che li univa sempre di più!

Elijah serrò i denti, gemendo e dandole la stoccata finale per riempirla completamente, fino in fondo come piaceva a lui. Isabel si aggrappò ai suoi bicipiti, cercando sostegno per non barcollare, mentre un urlo liberatorio le sfuggiva dalle labbra. Senza remore né inibizioni, si abbandonò al diavolo tentatore che, ancora una volta, l'aveva sedotta, superando e demolendo ogni barriera che le impediva di cedere alle sue dannate lusinghe.

Tremava, piena e appagata, sentendo il modo in cui Elijah cominciava a spingersi dentro di lei, regalando piacere a entrambi.
«Sii, più forte...» ansimò, conficcando le unghie nella sua carne; un'energia selvaggia sbocciò in lei, una bramosia quasi animalesca, un'esplosione di bisogno e desiderio che la travolse completamente. Ne voleva ancora, voleva lui, voleva il suo cuore, la sua anima condannata e ancora voleva che la dominasse, che la consumasse, che la prosciugasse dall'interno!

Quell'uomo aveva conquistato la terra promessa, aveva conquistato lei, l'anima preziosa che custodiva nel cuore. Senza possibilità di ritorno.

Elijah si fece più irruente, quasi indelicato accecato da un impeto estremo: prese a muoversi con più energia, spingendo più forte. Ogni colpo la faceva la sobbalzare su e giù, con violenza. La strinse per i fianchi, avvinghiando i loro corpi con maggiore intensità, morendole tutto: spalle, collo, orecchie, le guance imporporate. Era fuori controllo, invaso da un'irrefrenabile esigenza, quasi viscerale che provava per lei!

Isabel lo faceva sentire come avesse potuto spostare una montagna con un dito, invincibile, felice ed euforico come mai prima d'ora. Distruggeva la sua volontà, ogni ragione che lo tenesse ancorato alla disperazione. Lo portava su fino al cielo, svelandogli il vero significato della vita, dell'esistenza umana.
Della sua esistenza, vuota e insignificante prima che arrivasse lei; ora invece, era colma di una luce radiante emanata dall'angelo nudo che dondolava su di sé.

La sua fata.

«Dimmi perché, Isabel...» le ansimò all'orecchio.
«Dimmi perché mi rendi un pazzo, un cazzo di folle!»
Portò le mani sui suoi seni e li strinse, poi si piegò leccando e succhiandoli, mordendole i capezzoli con voracità. Stava assorbendo ogni parte di lei, e lei glielo stava concedendo.

Isabel sorrise, fiera e adorata come solo lui sapeva farla sentire; lo baciò, sigillando quelle parole con un significato più intenso, un mistero svelato tra i sapori che si intrecciavano. Era l'amore la forza che li univa, spingendoli l'uno verso l'altro, fino a farli perdere la ragione. Con una mano le spinse la nuca intensificando il loro bacio, continuando a pompare dentro di lei, instancabile, perverso.

Isabel sentiva di essere sull'orlo, oltre le sue umane capacità: si mosse a ritmo, agevolando la forza con cui la stava annientando, consumandola fino in fondo.
Gli strinse i fianchi attorno al bacino, gemendo quasi urlando. Era così stanca, esausta, ma felice.
Tremendamente felice.

Elijah aumentò la sua foga, spingendo ancora, insaziabile: lo schiocco dei loro corpi lo mandava in estasi. Avrebbe prolungato quel momento all'infinito, ma sentiva di non farcela più: altri due rapidi colpi e venne. Isabel si inarcò, i muscoli si tesero. Nel momento in cui raggiunse il culmine, le affondo i denti nella gola, il suo seme caldo le stillò lungo le cosce.
Le sue mani, grandi e virili, le strinsero i glutei mentre si accasciava al bordo della vasca, stremato.

Isabel ricadde su di lui, cercando di riprendere fiato.
Non aveva più aria.

«Sei incredibile, fata. Sei incredibile» Elijah trovò appena la forza di posarle un bacio sulla nuca, prima di cedere alla stanchezza, lasciandosi avvolgere dalla sensazione appagante che lo travolse.

Lei sorrise, posizionandosi più comodamente sul suo torace, robusto e caloroso, bollente.
«Te l'ho detto: lo volevo sul serio» scherzò, respirando a fatica. Rimasero distesi l'uno sull'altro, i corpi ancora uniti, svuotati, fusi in tutt'uno.

Elijah rise, e Isabel avvertì il vibrare del suo petto, il suono echeggiare dentro di lui.
In quel momento decise che quella era la sua nuova melodia preferita. La circondò con le braccia, sfiorando dolcemente i suoi capelli.
«Potrei non averne mai abbastanza, lo sai?»

Lei sollevò la testa e lo guardò: i suoi occhi verdi lo fissavano con gioiosa malizia.
«Neanch'io...»

Elijah si chinò a baciarla di nuovo, questa volta con dolcezza. Isabel lo sentì sorridere sulle labbra, e si chiese quale pensiero lo rendesse così fiero.
«Dimmelo ancora, fata» le disse all'improvviso.

«Dirti cosa?» sussurrò lei.

Elijah esitò prima di rispondere; «che mi ami. Dillo, ho bisogno di sentirlo.» La fissò con uno sguardo più profondo, stringendole delicatamente le guance con le dita.
«Ripetilo ancora...»

Isabel sentì il cuore esploderle nel petto.
Il corpo si piegava al suo tocco, una risposta istintiva che suggeriva appartenenza. Perché ormai c'erano più dubbi: era sua, completamente sua.
«Ti amo» gli disse, col respiro smorzato.
«Ti amo.»

E quando lei sorrise fu colto da un'incredibile gioia, sommerso da un emozione che andava crescendo,  come un focolare nella notte. Solo allora si rese conto di quanto effettivamente fosse legato a Isabel.
Quanto il suo amore fosse impetuoso, fuori controllo, incontenibile.

Non le disse un banale "anch'io", anche se Isabel rimase a guardarlo come se effettivamente se lo aspettasse. No, aveva in mente un modo migliore per dimostrarglielo.
«Ho bisogno che tu faccia un'altra cosa per me, fatina» esordì.

Isabel inclinò la testa «ho già fatto abbastanza, non trovi?»

Elijah rise, di nuovo.
Tre volte in un giorno, quello sì che era un record.
O solo l'effetto fiabesco della sua fata.
«È vero, ma questo puoi farlo tranquillamente.»

L'occhiataccia di Isabel lo esortò a continuare. «Questo

«Vestirti, fatina» puntualizzò, rivolgendole uno dei suoi soliti ghigni insolenti. 

«Ma avevi detto niente vestiti, per poco non mi strappavi anche la camicia!» Isabel fece per alzarsi ma Elijah la fermò quasi subito.

«Dove vai, fa' la brava!» le intimò, tenendola stretta al suo petto. Non aveva scampo.

Isabel lo assecondò: certo, poteva dimenarsi e cercare di scappare via, ma sarebbe stato inutile.
Quando Elijah voleva qualcosa la otteneva, manifestando una determinazione paragonabile a quella di un bambino capriccioso.
«Insomma vuoi che mi vesta o no?!»

«Sì» brontolò lui, mordicchiando la pelle tenera del suo collo.
«Ma tra cinque minuti...»
In realtà era già tardi; avrebbero dovuto abbandonare la vasca prima di diventare due sarde secche.
Ma non riusciva a staccarsi da quella donna.

Isabel aprì la bocca per rispondere, però poi ci ripensò. Anche stavolta preferì lasciar perdere. Invece, si dedicò a lui, concedendogli dolci carezze sulla nuca, ghirigori delicati che gli provocarono brividi su tutto il corpo.
Era bellissimo averlo così vicino, ma anche speciale e insolito: era come se il demonio si fosse piegato a lei con docilità.

«Dove andiamo?» chiese poi.
Non era certa che sarebbero usciti, ma, considerando l'insolito divieto che Elijah le aveva imposto pochi istanti prima, dedusse che non sarebbero rimasti in casa.

Lui alzò la testa, poggiandole il mento sul petto, e la guardò dal basso verso l'alto. Gli occhi azzurri la ammiravano con devozione.
«A conoscere una persona», sussurrò.

Isabel aggrottò la fronte «chi?»

Lui sorrise malizioso, un'espressione che non preannunciava nulla di buono.
A parte stavolta.
«Mia madre!» rispose, semplicemente.

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