Capitolo venticinque

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"Qual è la verità?"



Il paradiso arriva a un prezzo
che non sono preparato a pagare.
-MUSE



La vita si dispiega come un intricato mosaico di possibilità, tessendo la trama del destino con fili imprevedibili. Ogni passo intrapreso è un salto nel vuoto dell'incertezza, dove il futuro si manifesta come un'enigma in continua evoluzione, come un puzzle complesso e mutevole. Isabel ne sapeva qualcosa: tutta la sua esistenza ruotava attorno all'ignoto, alla paura di non non farcela, di soccombere in chissà quale destino infausto. Non era mai stata una donna particolarmente positiva, tanto meno si auspicava un vita migliore di quella che le era capitata: per quanto grigia e senza emozioni le andava bene così, l'accettava.

Ma diamine, un po' di maledetta fortuna la pretendeva, l'universo gliela doveva. E invece si ostinava a lasciarla a bocca asciutta e con i piedi nel fango: il fatto che quella megera fosse ripiombata nella sua vita in un momento come quello, lo confermava.

Isabel era incredula, inerme e paralizzata.
Melissa la stava a guardare in silenzio con uno sguardo carico di disapprovazione, gli occhi freddi come il ghiaccio.
«Cielo non posso crederci!» riprese a dire lei, acida.
«Guarda un po' chi si rivede, non è di certo un piacere incontrarti ma perlomeno non sei morta...» fece una breve pausa fingendo una riflessione, poi riprese a dire: «come speravo che fossi in realtà, ma la vita non ci accontenta mai, giusto? Dobbiamo imparare a convivere con la sua frustrante inutilità purtroppo.»

Isabel corrugò la fronte: erano trascorse settimane dal loro ultimo incontro, la sua intera esistenza era stata stravolta, il tempo aveva cambiato tante, troppe cose eppure questo sembrava non aver influito per niente su di lei. Quella donna continuava ad essere la copia sputata dei suoi ricordi: una strega malefica e spregevole, un essere privo di qualsiasi umanità!

«È buffo sai? Per una volta condividevamo lo stesso desiderio. Peccato, dovremo accontentarci di sperare in un epilogo migliore, magari più tragico e imminente» Isabel strinse i pugni, scattando in avanti.
I suoi occhi smeraldo scintillavano di rabbia.
«Come il tuo se non sparisci immediatamente brutta strega!»

Melissa ridacchiò, per nulla intimidita dalla sua reazione. Al contrario: la trovava innocua, quasi buffa. Come se una farfalla avesse appena minacciato di buttare giù una montagna.

«Uh! Mi piace la nuova Isabel, carismatica, forte, violenta! Anzi, in realtà ho sempre saputo che sotto quell'aura di finta verginella ci fosse qualcosa di oscuro in te, ne ero certa!» Melissa socchiuse gli occhi, la sua bocca si curvò in un sorriso trionfante: l'aver dato conferma a un dubbio di lunga data la faceva sentire così fiera e soddisfatta, orgogliosa, addirittura felice. Finalmente poteva smettere di patire quel maledetto senso di inadeguatezza quando la guardava.
Ora anche l'angelo più bello era piombato all'inferno!

«Quindi sei una puttana adesso? E di chi? Anzi!» la donna s'illuminò «forse credo di saperlo! Dov'è Elijah? Mi piacerebbe conoscere il tuo nuovo cavaliere.»

Isabel faticò a mantenere intatta l'indifferenza sul suo viso. Quella domanda si conficcò nel suo petto peggio di una lancia di fuoco: come diavolo faceva a sapere di Elijah?

Stava per dire qualcosa, ma il suo cavaliere la anticipò.
Matthias era rimasto quieto nel salvare le dovute apparenze: durante la sua conversazione con Parker aveva ascoltato tutto ma non si era intromesso. Non ce n'era stato bisogno, non fino a quel punto perlomeno. E poi, in tutta franchezza, nessuno poteva parlare in quel modo alla donna di suo fratello, doveva difenderla- oltre che pretendere spiegazioni- ovviamente!

Chi diavolo era quella maleducata?

Congedò Parker con un lapidario "ci vediamo dopo" prima di voltarsi a fronteggiare Melissa.
«D'accordo ho sentito abbastanza...» Matthias la fissò con rimprovero: il suo viso esprimeva silenziosa condanna, come se in qualche modo portasse con sé il peso di un giudizio.
«Chiedile scusa, immediatamente!»

Melissa piegò la testa da un lato, guardandolo con fastidiosa disinvoltura: non nutriva neanche il più piccolo dell'interesse verso il suo ordine.
«E tu chi sei bel fusto? Non credo di averti mai visto in giro.»

«Sono Matthias Brown, compagno ufficiale di questa splendida donna...» Matthias si girò con grazia, lasciando un bacio delicato sulla guancia di Isabel. Poi si raddrizzò, incrudelendo lo sguardo.
«E voglio che tu le chieda scusa, immediatamente o ti faccio buttare fuori dall'asta!»

Melissa lo guardò per qualche secondo...
Poi scoppiò a ridere! Così sguaiatamente che alcuni nobili di passaggio si girarono a guardarla. Sembravano perplessi, in qualche modo infastiditi.

«Cos'è che vuoi? Anzi, cos'è che farai?» la donna portò le mani sui fianchi, fissando Matthias con uno sguardo tagliente, le labbra sottili incurvate in un ghigno di derisione. Tutta la sua postura emanava una superiorità indiscussa, una fastidiosa esuberanza che non passò inosservata.

Elijah sembrò notarla nell'esatto momento in cui passò di lato al trio, ma non si fermò.
Non poteva.
Isabel ebbe un tuffo al cuore quando lo vide avanzare lungo il corridoio affollato: quell'uomo, dalla stazza imponente, camminava con una sicurezza che irradiava virilità e forza. I tratti del viso erano segnati da una rudezza affascinante, occhi intensi che catturavano l'attenzione di chiunque incrociasse il suo sguardo. Era avvolto da un'aura così oscura e seducente che era impossibile non guardarlo. Elijah faceva sembrare Rosalind quasi trascurabile in confronto. Vicino a lui era invisibile, come se non reggesse il peso della sua importanza.

Era bello, di una bellezza che ti cattura con la stessa intensità con cui una maledizione si insinua nelle pieghe dell'anima, rendendola dipendente da un fascino che, nonostante la sua bellezza, porta con sé un carico di complessità e conseguenze imprevedibili.
Isabel lo sapeva bene, non avrebbe dovuto permettere a quell'uomo di conquistarla!

Ma in maniera inevitabile, non potè che sentirsi tradita, ferita in qualche modo quando lo vide abbracciare Rosalind: le mormorava parole all'orecchio, frasi romantiche magari alle quali lei rispondeva con risolini imbarazzati e carezze affettuose lungo la schiena. C'era confidenza fra loro, un'intesa innegabile, o così sembrava.

Sapeva perfettamente che era un farsa: ogni sorriso era un atto ben orchestrato, ogni abbraccio un gesto di convenienza. Eppure non riusciva a convincersene fino in fondo. Il motivo le rimaneva sconosciuto.
Forse aveva imparato a non aspettarsi troppo dalla vita, non voleva restare delusa, con un pugno di mosche in mano. Così rimase lì, immobile a contemplarlo in silenzio, desiderando solo di scomparire, di svanire nell'ombra.
Ma poi, all'improvviso, accadde qualcosa, qualcosa che le mozzò il respiro e la lasciò senza fiato nei polmoni: un attimo prima che sparisse in mezzo alla folla, Elijah si girò a guardarla.

In realtà guardò lei, poi Matthias e Melissa e poi ancora lei. Non fu in grado di decifrare la sua espressione, ma per un attimo le sembrò quasi preoccupato, inquieto. Lo era anche lei, ma non glielo disse, non nel modo convenzionale: glielo comunicò senza parlare. Lo guardò sperando che lui potesse leggere la sua sofferenza, che tornasse indietro!

Non voleva certo che la baciasse nel corridoio, ma che confermasse le sue parole, che le offrisse certezze alle quali aggrapparsi. Voleva soltanto che le ricordasse quanto fosse unica e indispensabile per lui, che Rosalind era solo il personaggio di una notte, il capro espiatorio ideale e che era lei invece la donna che desiderava.

Ma non lo fece. Elijah riprese a camminare, cingendo il fianco della sua accompagnatrice.
Si rivoltò, senza dirle o fare niente.

Isabel deglutì cacciando indietro le lacrime.
Voleva fermarlo, voleva...
Parlargli anzi urlargli contro!

Tuttavia, la voce risoluta di Matthias la svegliò riportandola nel pieno del loro conflitto: per un attimo aveva quasi scordato quell'arpia di Melissa!
Era come se la presenza di Elijah avesse imbottigliato la sua coscienza, come se avesse inghiottito lo spazio circostante in un suono ovattato.

«Dammi ascolto» riprese a dire il conte.
«Non so chi diavolo tu sia ma ti conviene scusarti con la mia fidanzata, immediatamente!»

Melissa sorrise con gusto, quasi come se fosse impaziente di iniziare a parlare «sai non ti farò uccidere, non è te che vuole Rick. Ma ti conviene startene zitto belloccio o potrei cambiare idea!»

Isabel fissò Melissa con occhi sbarrati: il suo sguardo attraversò il vuoto mentre la frase pronunciata da lei si insinuava nella sua consapevolezza come un enigma svelato. In quel istante un lampo di comprensione gli illuminò il viso, e nel silenzio carico di rivelazioni, Matthias si rese conto con un brivido che anche la sconosciuta, in modo imprevisto, aveva un ruolo cruciale in quella storia maledetta: lei conosceva Rick? Come! 

«Di che cazzo stai parlando!» Matthias corrugò la fronte, il suo sguardo rivelava una tempesta di rabbia pronta a esplodere. Ma fu costretto a soffocarla con forza.

Melissa ne fu compiaciuta «oh. ora non fate più i coglioni spavaldi? Dov'è andata a finire la cavalleria che mi hai propinato fino a un attimo fa? Non vale più non è vero? Lo immaginavo.» La donna fece retrofront, incitandoli a seguirla. «Venite vi sta cercando, Rick non è un uomo paziente. E a proposito, chiama tuo fratello, ovunque sia, vuole parlare anche con lui» disse, ancheggiando verso il corridoio.

«Cosa c'entri tu con Rick?!» Isabel non demorse, era decisa ad avere risposte: qual era il legame di quella donna con gli eventi che le erano accaduti? Aveva qualche collegamento? 

Melissa interruppe il passo, voltandosi «sono la sua protetta tesoro, ci divertiamo» rispose con malizia.
«Grazie a lui, sono riuscita a ottenere persino il ruolo di preside alla Middle, Isabel. Non è meraviglioso? Sono il preside!» esclamò, trattenendo l'euforia.

Isabel sbiancò. Non poteva credere che ora fosse Melissa a detenere il controllo assoluto della scuola. Quella megera senza cuore, che tanto l'aveva  disprezzata e umiliata. Improvvisamente, le tornò in mente una frase che il piccolo Thomas le aveva confidato sotto le lenzuola: "si comporta come se la scuola fosse sua."
Ora, finalmente, cominciava a capire a cosa si riferisse.

A quel punto fu Matthias a prendere parola.
«Dacci un minuto, chiamo Elijah e arriviamo» garantì, sfoderando tutto il suo autocontrollo, la blanda sicurezza di un uomo alla deriva. Aveva bisogno di fare chiarezza nella sua mente: non capiva ancora se quella donna fosse una potenziale minaccia, se il suo legame con Rick fosse casuale, o se invece celasse una natura decisamente più oscura, legata in qualche modo a Isabel.

Doveva parlare con Elijah, ora!

La mora ponderò attentamente la sua proposta, poi acconsentì con un cenno. 
«Vi concedo dieci minuti, dopodiché sarà lui a darvi la caccia. E fidatevi, non vi piacerebbe vederlo incazzato!» 

Melissa storse il naso, indurendo lo sguardo in maniera poco rassicurante. 
«Tavolo cinque, non mancate,» ordinò, poi si voltò dirigendosi verso la porta all'estremità del corridoio, da dove giungevano i primi applausi. 

L'asta stava per cominciare. 

Matthias attese che gli ultimi nobili in fila raggiungessero la sala principale, in modo da poter rimanere solo con Isabel. Sorrise a ognuno di loro, ricambiando i saluti con cenni cordiali mentre li guardava allontanarsi. 

«Vuoi spiegarmi chi diavolo è quella donna?» le chiese, una volta certo che nessuno potesse sentire il loro discorso. 
«Che cazzo c'entri tu con la protetta di Rick? Mi avevi garantito di non conoscere nessuno in questo ambiente!»

Isabel si portò una mano sulla fronte, l'altra sullo stomaco, camminando avanti e indietro. Era agitata, troppo agitata.
«Non sapevo che Melissa fosse la protetta di Rick, Matthias! Lavoravamo insieme a scuola: lei insegnava storia io geografia, condividevamo le classi, l'aula pranzo ma non abbiamo mai avuto un buon rapporto. A malapena ci tolleravamo, non so praticamente nulla di lei! Men che meno, sapevo cosa significasse essere una protetta o chi fosse Rick de la Cruà prima di incontrare voi! Non mi aspettavo di trovarla qui.»

Matthias imprecò sottovoce «merda, merda, merda!» ringhiò. «D'accordo niente panico, fammi pensare...» lui trasferì il peso del corpo da un piede all'altro, le mani posate sui fianchi, gli occhi aggrottati chini al pavimento.

«Matthias, lui sa di Elijah! Lo sa, me l'ha detto chiaramente!» Isabel sentiva la voce incrinarsi mentre lottava per mantenere il controllo, ma le lacrime iniziarono a scendere ugualmente. 
«Che facciamo adesso? Io...non so che fare,» ammise con un tremito nella voce. La paura la sovrastava, impedendole di ragionare con lucidità. Rosalind, il bacio con Elijah, Melissa, e ora questo: una minaccia che rischiava di far crollare tutto ciò per cui avevano lottato. La gola si serrò in un nodo doloroso, le labbra si fecero aride. Non riusciva più a scappare dai suoi pensieri: vedeva solo il fallimento, la distruzione imminente del loro piano.

«Ehi, ehi, va tutto bene risolveremo tutto, sta tranquilla!» Matthias la raggiunse, tirandola in un abbraccio che trasmetteva conforto: non sopportava di vedere piangere una donna, chiunque essa fosse.
«Melissa sa quello che sa Rick, ricordi? Se sono amanti lui le avrà parlato di quello che è successo con Elijah e dei suoi sospetti. È probabile che voglia discuterne con noi per confermare le sue informazioni. Era una possibilità che avevamo già considerato e previsto, Isabel» lui si staccò dall'abbraccio per guardarla meglio.

«La cosa che mi preoccupata è un'altra: se Rick ha fatto assumere Melissa come preside è probabile che abbia avuto un confronto con chi occupava la posizione prima di lei. Potrebbe anche essere che costui gli abbia raccontato il motivo per cui Elijah ti ha fatto licenziare e...se è quello che penso, siamo fottuti!» Matthias scosse la testa.

«Devo parlare con Elijah, sarà già all'asta probabilmente.» Dal fondo della stanza, al di là del portone che separava il corridoio dalla sala in cui si svolgeva il gala, giungevano altri applausi e schiamazzi. Una voce al microfono pronunciava delle parole, ma il suo discorso si confondeva con le voci dei commensali. Non riuscirono a capire cosa dicesse.

Isabel annuì, asciugandosi le lacrime con il palmo della mano. «D'accordo, vengo con te allora.»

«Devi darti una sistemata prima,» Matthias sfilò il fazzoletto che aveva ben riposto nel taschino e glielo passò.
«Mio fratello è già abbastanza nervoso: se ti vedesse piangere darebbe di matto, Isabel. Sai com'è fatto. Inoltre, attireresti l'attenzione e non possiamo permettercelo» lui le indicò un secondo corridoio che si apriva alla fine di quello in cui si trovavano.

«Laggiù in fondo c'è una toilette, proprio sulla destra. Sciacquati un po' il viso, prendi un po' d'aria e poi raggiungici. Ti aspettiamo in sala, d'accordo?»

Isabel era così sopraffatta che non riuscì a ponderare la sua decisione, né a opporsi, e annuì meccanicamente, accettando il fazzoletto che le veniva offerto.
«Va bene, io...vi raggiungo lì,» mormorò, iniziando a muovere i primi passi.

Matthias, da galantuomo qual era, si offrì di accompagnarla.
«Ricorda, vieni al tavolo dopo. Il nostro è il numero sette. D'accordo?» le disse con tono fermo, quando Isabel fu sul punto di entrare in bagno.

Lei annuì ancora, poi chiuse la porta dietro di sé, appoggiandovisi con la schiena. Immersa nella solitudine della stanza, finalmente lasciò che le lacrime scorressero. Il terrore che aveva trattenuto fino a quel momento la travolse, rendendola incapace di resistere o di arginarlo. Si avvicinò al lavabo e aprì il rubinetto.

Il bagno, come tutto il resto della villa, era un tempio al lusso e all'eleganza: pareti di marmo color crema, luci soffuse integrate negli specchi, asciugamani morbidi e piegati con precisione su mensole di vetro, e un delicato profumo fresco che permeava l'aria. Tutto era un'esagerazione di raffinatezza e ricchezza, in contrasto con l'oscurità e la complessità di quel mondo che la circondava. Un mondo al quale Isabel non apparteneva, e con cui era in profondo disaccordo.

Si guardò allo specchio, esaminando il proprio riflesso mentre il suono dell'acqua che scorreva cullava i suoi pensieri. Chi era quella donna? Poteva davvero dire di conoscerla? Forse no. Quella figura elegante, vestita di abiti costosi, non le apparteneva. Il vestito la faceva sentire diversa, i gioielli che indossava le regalavano una luce inedita, un bagliore che non avrebbe mai immaginato di meritare. Si sentiva desiderabile, apprezzata, forse persino amata. La Isabel riflessa nello specchio poteva essere chiunque, conquistare chiunque. Ma la Isabel che viveva nel suo petto si era persa.

Non aveva la minima idea di chi fosse ora.

Inspirò profondamente e iniziò a sciacquarsi delicatamente braccia, polsi e viso, facendo attenzione a non rovinare il velo di mascara che Felicity aveva applicato con tanta cura. Le piaceva l'effetto dava, anche se non era abituata a truccarsi. In effetti, non lo aveva mai fatto prima. Le sue abitudini stavano cambiando, così come la sua vita.
Anzi, quella era già cambiata da tempo.

Tornò a insaponarsi le mani, nella speranza di calmare il cuore che le tuonava nella cassa toracica. Era agitata, nervosa, spaventata. Non sapeva cosa aspettarsi dall'incontro con Elijah, né come avrebbe reagito alla notizia di Melissa.

Giusto! Matthias ed Elijah la stavano aspettando. Elijah, soprattutto. E lei era impaziente di tornare di nuovo al suo fianco.

Certo, il bacio con Rosalind e la loro intimità, sebbene parte di una recita, continuavano a insospettirla. Ma, per mantenere la credibilità della loro farsa, decise di mettere da parte ogni dubbio; avrebbe trovato le risposte più avanti. 
"Un problema alla volta, Isabel," si disse, imponendosi di rimanere lucida.

Chiuse il rubinetto, asciugò viso, mani e collo con gesti rapidi, e si affrettò verso la porta. Tuttavia, quando fu sul punto di aprirla, qualcuno la precedette: Rosalind apparve sulla soglia, sogghignando con sadico divertimento.

Aveva dimenticato di chiudere a chiave.

Isabel sobbalzò, sorpresa nel vederla lì fuori.
«Elijah chiede perché ci metti tanto,» si pronunciò la rossa. Teneva in mano un bicchiere di champagne, ancora pieno, dal quale prese un sorso prima di continuare a parlare.
«C'è qualche problema?»

Isabel scosse la testa, stranita «no nessun problema...» cercò di allontanarsi muovendo qualche passo, ma Rosalind la emulò, sbarrandole le strada: «non così in fretta biondina!» afferrandola bruscamente per il braccio, la spinse di nuovo dentro il bagno, sbattendo la porta.

Isabel barcollò leggermente, aggrappandosi al lavabo per mantenere l'equilibrio.
«Che diavolo fai? Fammi uscire da qui!» protestò.

Rosalind tracannò un altro sorso. «Fra poco, prima voglio parlare un po' con te. Conoscerci meglio, sai, come due vere amichette!» la prese in giro.

Isabel sentì la sua pazienza vacillare: quella donna cominciava a stancarla.
«Ho capito qual è il tuo giochetto, sai?» mormorò.
Il suo sguardo si fece più ostile; aveva voglia di darle uno schiaffo. Uno così forte da sbatterla al suolo.

«Uh! Davvero? Sei così intelligente?» Rosalind si portò una mano al petto, esasperando il suo ilare stupore.
«E quale sarebbe? Dimmi, sono curiosa di sentire!»

Isabel scosse la testa «lascia stare! Non mi presto a...qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare. Questi sotterfugi non m'interessano, Rosalind.»

«No, giusto» l'altra ridacchiò. «Tu sei santa Isabel, la donna più matura e superiore che abbia mai incontrato in vita mia. Mi hai stupita, sai? Nel corridoio. Hai un autocontrollo invidiabile: credevo mi avresti strappato i capelli dopo aver baciato Elijah e invece...niente! Sei rimasta fedele al ruolo di brava mogliettina fino all'ultimo istante» Rosalind alzò il calice, fingendo di dedicarle un brindisi.
«Complimenti, chapeau biondina!»

Isabel incrociò le braccia al petto «quindi lo hai fatto apposta?» sibilò con rabbia.

«Ma certo tesoro, per chi mi hai presa? Pensi che l'abbia fatto per chissà quale attrazione fra noi? Cristo no, preferirei pugnalarmi allo stomaco!» esclamò Rosalind disgustata.
«Non fraintendermi è un uomo incredibilmente sexy e passionale, ci abbiamo dato dentro alla grande l'ultima volta ma...no, Elijah è tutto tranne che un uomo meritevole del mio affetto. Anche tu sei troppo per lui, dovresti allontanarti da uno così. Non sei fatta per stargli accanto!» 

Isabel si pietrificò. Credette di svenire da un momento all'altro. Deglutì a vuoto, mostrandosi indifferente.
Vuole provocarti, solo provocarti, ricordi?
«Non so di cosa tu stia parlando, Rosalind e francamente non mi importa neanche...»

«Bugiarda!» la interruppe Rose, socchiudendo le palpebre. «Io credo di sì, invece, anzi! Lo so per certo!»

«Tu non sai un bel niente!» Isabel avanzò decisa, pronta persino a colpirla se non si fosse spostata dalla porta, ma Rosalind rimase al suo posto. Non mosse neanche il più impercettibile dei movimenti, la guardava e basta.

«Sì che lo so, tu mi ricordi tanto la me di un tempo: ero una persona così diversa prima di incontrare Elijah. Poi tutto è andato a puttane, persino io lo sono diventata» le confessò amaramente. «Ti ha parlato di me? Elijah? Ti ha raccontato quello che è successo fra noi? Quello che mi ha fatto?» Rosalind inclinò il capo, studiandola con più attenzione.

Isabel scosse debolmente la testa, gli occhi confusi e aggrottati; «i-io...»

Rosalind rise amaramente: l'espressione smarrita di lei, era sufficiente a confermare tutto.
«No, vero? Che figlio di puttana. Sapevo che fosse un mostro, ma un mostro senza palle..tsz, questo mai!»
La rossa si raddrizzò, sfoggiando fierezza.
«Chi credi che sia io? Una ex gelosa? Una pazza che se ne va giro a creare discordia fra lui e le sue nuove puttane? Uhm? Dimmi.»

Isabel aprì la bocca per rispondere, ma non ne uscì alcun suono: era in allerta. Nonostante la il timore e i sensi di colpa legati alla promessa fatta a Elijah, desiderava saperne di più. Voleva ascoltare ciò che Rosalind aveva da dire. Le sembrava di tradirlo in qualche modo, non voleva permettere a quella donna di manipolarla ma...doveva sapere, lo sentiva!

«Sono più di questo, tesoro. Sono quella che ti renderà libera dalle sue grinfie malefiche» Rosalind sospirò, passandole il bicchiere mezzo pieno.
«Ne vuoi un po'? Fidati fra poco ti servirà.»

Isabel fece di no con la testa, incitandola a parlare.
Le sue mani tremavano appena, il respiro nel petto le si smorzò come coriandoli.
«Arriva al punto!»

Rosalind sorrise, poi camminò verso il lavandino del bagno, sul quale si appoggiò poco dopo. I suoi occhi persero improvvisamente luce, diventando opachi, come se fosse immersa in chissà quale riflessione amara che le provocava dolore.

«In tutta onestà, tu non mi sembri il tipo di donna che si scoperebbe su un tavolino. No, tu hai l'aria della perfetta mogliettina di casa, quella che prepara i pranzi la domenica, che riaggiusta i letti dei suoi figli. La donna che sarebbe disposta persino a sacrificarsi per amore, a proteggerti a costo della vita. Quella con cui comprare un piccolo terreno fuori città e costruirci una casetta, piccola ma accogliente, circondata di fiori e ricca d'amore. Una donna che meriterebbe un uomo affettuoso, premuroso, dolce come il miele. E non certo il diavolo: lui non sarà mai la tua salvezza, non è lui che ti renderà felice.»

Rosalind sollevò la testa, indurendo la vista.
«Elijah parla di te come se fossi una zattera in mezzo all'oceano. Cambia completamente quando ti nomina, quando il tuo pensiero gli sfiora la mente: diventa addirittura più buono, meno nervoso. Oggi non ha fatto che parlarmi di te, nei suoi occhi potevo leggerci affetto, persino paura, quando mi raccontava del piano di Rick. Ma io lo conosco, Isabel. Niente di quello che fa, dice o dimostra è reale. O forse è la redenzione che sta prendendo il sopravvento...si cerca sempre qualcosa che possa salvarci, giusto? Qualcosa che possa fare la differenza nella nostra vita di merda. Ecco, questo è il motivo per cui ti ha scelta. Perché, nella sua assurda convinzione di voler essere migliore, ti usa ancora. Come una specie di...lampadina in un seminterrato. Sei semplicemente la sua scorta di sicurezza, nel caso dovesse rimanere al buio. Tutto qui. Non sei importante per lui, nessuno di noi lo è! C'ero prima di te, so come funziona: ti riempie di attenzioni, ti bacia, ti fa sentire il centro del suo dannato universo e poi? Indovina? Puff! Non sei più niente!»

Ora anche Rosalind piangeva. Isabel vide le lacrime scorrere lungo le sue guance: non era più la donna caparbia e loquace di qualche secondo prima. Ora anche lei sembrava così vulnerabile e indifesa, ferita.

«Ti ha detto cosa ha fatto a me? No, vero? Che senza palle! Mi ha rinchiusa nel suo stupido night club, Isabel! Ha costretto me e mio padre a lavorare per lui. Sai che tipo di "attività" gestisce? Sai cosa e chi controlla? Quante donne si è scopato?» Rosalind sorrise, vagamente sarcastica.
«Hai una visione piuttosto romanzata del diavolo!»

Isabel fissò Rosalind a bocca aperta. Era incredula, in qualche modo delusa. Il suo cuore perse un battito.
L'onda di emozioni contrastanti che la investì fu così violenta che per un attimo ebbe un giramento.
Non credeva alle sue parole!
Non poteva.
Non ci riusciva.

«Io non ti credo! Non ti crederò mai!» lei alzò la voce di un'ovatta, come se quel tono soffocato potesse schermarla dal dolore di una verità troppo tagliente, troppo cruda per essere accettata senza spezzarsi.

«No, tu non vuoi credermi, Isabel!» la interruppe Rosalind.
«Vuoi sapere perché ti dico tutto questo? Perché voglio aiutarti, salvarti! Come ho detto, non sei il tipo di donna che accetterebbe una vita come la sua e lui lo sa. Non voglio che tu creda di essere speciale, che tu rimanga ferita come me! Perché la verità è che non sei niente, tu non conti niente, sei semplicemente una piccola goccia nel suo mare pieno di puttane. Prima lo capirai meglio è.»

Isabel si sfregò entrambe le mani sul viso: era sconvolta.
Un senso di vuoto e profonda delusione si alternarono, accompagnati da un'amara tristezza.
Non voleva ancora crederci.
«No, tu stai mentendo, lo fai apposta! Vuoi vedermi crollare non è così? Non te lo permetterò!»

Rosalind si avviò verso la porta del bagno, poi fece un passo indietro e si voltò prima di uscire, guardandola da sopra la spalla.
«Perché non lo chiedi direttamente a lui? Digli tutto, Isabel, raccontagli quello che ti ho detto. Lui non mentirà, non lo farà con te. Il diavolo può infliggere ferite profonde, ma la sua astuzia sta nel fatto che spesso queste cicatrici narrano verità dolorose piuttosto che menzogne consolatorie. Ricorda tu per lui non sei niente, e anzi! Ti conviene fare attenzione: una donna bella come te servirebbe al Passion, i suoi introiti schizzerebbero alle stelle. Sai, non vorrei che fossi la prossima a finire in quel posto di merda.»

Le gettò un'ultima occhiata prima di scomparire oltre la porta. La rossa ancheggiò nel corridoio, sfoderando un sorriso trionfante: "che dolce soddisfazione" pensò.
Cancellando ogni barlume di tristezza dal suo viso.

Isabel, invece, rimase dov'era: non riusciva a muoversi.
Aveva il cuore a pezzi, carico di dubbi offuscanti.
Qual era la verità?
Chi era l'uomo che le stava accanto?
Era intenzionata a scoprirlo!

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