▴Sette▴

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Mi guardava con quegli occhi pieni di apprensione, come quelli di una "vera" madre. Non riuscii a trattenermi.

«Mi dispiace Joy è colpa mia. Stanno cercando me. È me che vogliono.» rivelai, distogliendo lo sguardo.

«Shana! Ma cosa mi dici? Cosa mai vorrebbero da te quegli uomini?»

«Stanno ricattando mio padre... e io sono la "mercanzia". Non voglio che tu o il tuo bambino subiate tutto questo.» le dissi, mettendole una carta di credito in mano.

Con gli occhi ancora lucidi, Joy mi guardò decisa e sospinse indietro la mia mano con la carta.
«Ti ho vista crescere e ti voglio un bene dell'anima. Non ti lascio sola ad affrontare tutto questo.»
«E invece lo farai, per il bene di tuo figlio e per garantire a lui il futuro che avresti sempre voluto dargli. Prendi la carta e porta in salvo sia lui che te! Lo sai, sono una ragazza forte e me la caverò.» asserii decisa, dandole la carta di credito. Lei mi rivolse uno sguardo di immensa tristezza, ma infine la accettò, togliendomi un peso dal cuore. Dovevano stare al sicuro e, soprattutto, fuori da questa faccenda. Mio padre non poteva rovinare la vita anche a loro.

«Il numero di attivazione della carta è la data del tuo primo giorno di lavoro in casa nostra» le dissi con un lieve sorriso.

Improvvisamente sentimmo dei rumori dalle scale.
«Polizia! Abbiamo ricevuto chiamata di aiuto!»

Joy strabuzzò gli occhi! Chiamata di aiuto? Sia io che lei non avevamo osato chiamare nessuno!

Le feci cenno con la testa di andare via. Me ne sarei occupata io.

«Shana, stai attenta.» mi raccomandò, dandomi un bacio sulla fronte e dirigendosi verso le scale.

Avevo fatto la forte per lei, ma dentro avevo paura. Questa cosa era più grande di me. Non ero per nulla sicura di affrontare tutto questo da sola.

Un agente di polizia intanto era arrivato alla porta di casa.

«La chiamata parlava di questo piano. Signorina, cosa è successo?»

Mi risvegliai dal mio stato di torpore e lo guardai. «Credo un tentativo di rapina.»

Lui mi guardò sorpreso, poi una strana espressione apparve sul suo volto. «È casa sua questa?»

«No, di una mia amica» replicai, iniziando a pensare che il poliziotto sospettasse di me e le mie tesi divennero reali appena riprese la parola. «Le dispiacerebbe seguirmi in centrale per alcune domande?»

«Non so nulla. Mi trovavo qui di passaggio e...»

«Signorina, le ripeto che deve venire in centrale con me.»

Rassegnata e con il poliziotto alle mie spalle, mi avviai per le scale, fino ad arrivare in cortile.

Avevano chiamato in cerca di aiuto e il poliziotto era solo uno? Mi pareva strano. Di sotto non c'era nessun altro e nessuna macchina della polizia.

Lui aprì una piccola utilitaria e mi fece segno di entrare.
«Non è venuto con una macchina di servizio?» domandai perplessa.

«Non erano disponibili» mi rispose dopo un attimo, colto alla sprovvista.

«E come mai è da solo?»
«Signorina, troppe domande. Salga in auto ed eviti di parlare.» ordinò, visibilmente agitato.

«E se non volessi salire?»
Mi fulminò con lo sguardo e aprì la portiera senza dire una parola.

«Ho la macchina, la raggiungo io in centrale» insistetti.

L'uomo tolse dal foderino una pistola e me la rivolse contro.
«Salga in quella maledetta auto e non fiati più fino all'arrivo, chiaro?»

Un brivido di terrore mi attraversò da capo a piedi e fui costretta ad accomodarmi sui sedili posteriori dell'auto. L'uomo posò l'arma e si sedette al posto del guidatore. Mise in moto e ingranò la prima.

Di una cosa ero certa: quell'uomo non era un poliziotto e nell'auto non c'era nulla che facesse sospettare si trattasse di un veicolo della polizia. Nessuna radio, nessun impianto sonoro per la sirena.

«Lei non è un poliziotto» affermai con voce decisa.
L'uomo non rispose. Questo avvalorò i miei pensieri. Ero finita in trappola!

«Cosa vuole da me?» chiesi, cercando di tenere la voce salda.

Non rispose di nuovo.

L'ansia stava già prendendo il sopravvento. Guardai fuori dal finestrino. Dove mi avrebbe portata? Avrei più rivisto Joy?

La leva della sicura non abbassata attirò la mia attenzione. Una piccola chance di sfuggire a tutto quello l'avevo ancora. Dovevo calcolare bene i tempi. L'adrenalina cominciò a scorrermi nelle vene. Una strana sensazione a metà tra il terrore e il coraggio si stava impadronendo del mio corpo. Una strana lucidità mi fece vedere le cose in modo più chiaro. Non appena il finto poliziotto decelerò per affrontare una curva, aprii la portiera e mi buttai in strada.

Sentii rumori di freni, di gomme che stridevano sull'asfalto e le urla dell'uomo. Poi avvertii un bruciore lancinante su tutto il lato sinistro del corpo, quello su cui ero atterrata, ma non mi lasciai distrarre e guardai diritto davanti a me.

L'adrenalina mi stava ancora dando la carica. Non ero ancora libera. Mi rialzai e cominciai a correre verso il centro abitato. Non poteva spararmi davanti agli altri, o almeno era quello in cui speravo maggiormente.

Con la coda dell'occhio vidi un uomo uscire da un condominio. Mi catapultai nella sua direzione e riuscii ad entrare nell'androne del palazzo per un soffio.

Andai per le scale e cominciai a bussare. Qualcuno doveva pur esserci. Due, tre porte... nulla! Finalmente, al terzo piano una signora anziana aprì la porta e non fece in tempo a parlare che entrai e mi rinchiusi la porta alle spalle.

«La prego mi aiuti. Mi stanno inseguendo.» dissi con il fiatone, accasciandomi al suolo.

L'adrenalina stava svanendo e il dolore al lato sinistro del mio corpo cominciava a farsi sentire.


*********

Ciao Avventurosi Lettori!
Scusate l'attesa... so che avrei dovuto aggiornare settimana scorsa. Ma sono stata a letto con la febbre.

Approfitto del ponte e mi metto un po a leggere le vostre storie, e se riesco cerco di pubblicare anche un altro capitolo della storia.

Buona lettura e come sempre se vi va lasciate un commentino così da capire cosa vi piace di più e cosa di meno...

Angela

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