Adagio perduto

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Uno dei segnali d'allarme più comuni di uno stato depressivo è la perdita di interesse verso le attività che solitamente arrecano gioia. Anche a me è capitato. Spesso ho dato la colpa a me stessa e a un'ipotetica incapacità di impegnarmi sul serio in qualcosa. Come se cercassi di giustificare quest'apatia colpevolizzandomi in qualche modo, ma la nostalgia e la consapevolezza di me stessa che avevo acquisito in anni di battaglie mentali sussurravano che c'era qualcosa di più. Ed era vero.

Buttai giù questa riflessione in un periodo in cui neanche la musica e il teatro riuscivano più a risvegliarmi.

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Quella sensazione di sentirsi completi, di sentirsi liberi anche nell'invincibile imperfezione. Quand'è stato che l'abbiamo persa?

Perché sì, perché c'era una tempo in cui eri tutta la mia vita. Mi nutrivi con la tua essenza. Io ero viva, ero vera. Rinascevo in te, e nient'altro aveva importanza. Poi, però, sei diventata pesante, come se per averti per sempre dovessi accettare di perdere le ali.

Forse che i sogni, alcuni sogni, dovrebbero restare sospesi. Lassù, a lasciarsi soltanto sfiorare. Forse che, nel momento in cui si fanno reali, la loro luce si affievolisce. Oppure no. Oppure dovrei essere io a lasciare che il peso delle aspettative mi abbandoni, e tornare a viverla com'era un tempo. Quando era tutto, quando eri tutto e ogni cosa brillava solo se ti lasciavo entrare.

Ritrovarti, ecco cosa. Ricostruirti un pezzo alla volta, proprio com'eri, come ti conoscevo. Per poi tornare a saziarmi di te che pure più volte mi hai salvato la vita.

(novembre 2013)

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