2. Posso farcela

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Sulla soglia della cucina vedo comparire mia madre con un sorriso cordiale, indirizzato più al mio collega che alla sottoscritta. La prima volta che Noa è venuto qui a casa lei mi ha fatto il terzo grado, sperando ardentemente che fosse il mio ragazzo. Le ho risposto di no e, con il permesso del mio amico, le ho spiegato anche perché mai sarebbe stato possibile.

«Noa, è un piacere averti qui con noi.»

«La ringrazio per la sua cordialità.»

Gli occhi cerulei di mia madre si addolciscono ancor di più: i suoi modi educati l'hanno conquistata da subito.

«Oh, non dire sciocchezze. La nostra porta è sempre aperta per te.»

Entriamo in cucina e indico al mio collega di sedersi nel tavolo vicino alla porta-finestra che si affaccia sul giardino interno. Mi avvicino all'isola e sistemo i piatti impilati sul marmo bianco.

«Chi c'è oltre noi?»

«Tuo fratello e Sara» mi risponde mentre divide le porzioni con meticolosità.

Sto per risponderle quando sento delle voci provenire da dietro la porta. Mi volto in tempo per vedere Mattia superare la soglia con la sua fidanzata. Le avvolge un braccio attorno alle spalle esili mentre lei gli cinge il fianco con un sorriso radioso sul volto.

Stanno insieme da quasi un anno e non ho visto variare il loro entusiasmo neanche di una virgola. Fortunatamente lei è molto simpatica e sono davvero felice per loro, anche se alle volte desidererei riavere il mio fratellino tutto per me.

Lui mi guarda e mi rivolge una linguaccia che io ricambio prima di salutare Sara.

«Forza, ragazzi, tutti a tavola» tuona mia madre autoritaria.

Mi accomodo vicino al mio amico mentre Sara e Mattia si siedono di fronte a noi.

«Noa.» Lo saluta mio fratello.

«Mattia.»

La prima volta che si sono incontrati non è stata molto piacevole. Io e Noa eravamo sdraiati sul mio letto in una posizione facilmente fraintendibile e quando mio fratello è entrato in camera lo ha minacciato di morte, afferrandolo per il colletto della maglietta. Spiegata la situazione, il suo atteggiamento nei suoi confronti è totalmente cambiato.

Mia madre poggia i piatti fumanti davanti a noi e si accomoda nella sedia a capotavola, nella parte opposta alla porta-finestra. Ci auguriamo un buon pranzo e poi infilzo la forchetta nella pasta per vedere la besciamella scivolare lungo gli strati. Giro il capo e osservo la faccia estasiata di Noa mentre assapora il cibo: sembra quasi che stia per avere un orgasmo.

«Allora, ragazzi, siete pronti per l'esame di domani?» domanda mia madre con un pizzico di orgoglio nella voce.

Una strana sensazione mi si avvinghia allo stomaco, un misto di paura e felicità che si scontrano.

«Certo, signora, oggi pomeriggio ripassiamo gli ultimi argomenti per precauzione» risponde il mio amico.

«Sei così tranquillo, Noa, io il giorno prima di un esame sono sempre nervosa» afferma Sara prima di scostarsi i lunghi capelli neri dietro la spalla destra.

Le sue iridi marroni sono puntate sul mio amico con uno sguardo forse un po' troppo civettuolo. Mattia la scruta con la coda dell'occhio, tuttavia non commenta; sa che Noa è l'ultima persona di cui si deve preoccupare.

«È normale essere nervosi, non saremmo umani altrimenti.» Pronuncia le ultime parole voltandosi nella mia direzione, come se la frase che ha pronunciato fosse diretta a me, ricollegandosi alla conversazione che avevamo avuto in macchina.

In pochi minuti i nostri piatti sono vuoti e mia madre serve il bis sia a mio fratello che a Noa con un'espressione soddisfatta.

«Mamma, dov'è papà?» chiede Mattia dopo aver buttato giù un enorme boccone.

«È andato in ufficio per dei documenti e dopo doveva fare un sopralluogo in uno dei cantieri» gli risponde con il suo classico tono gongolante che usa quando parla di mio padre. «Qualche volta potreste andare con lui, che ne dite? L'esperienza sul campo è sempre formativa» aggiunge, stavolta rivolta verso di noi.

Noa poggia la forchetta dentro il piatto ripulito e socchiude la bocca pronto a rispondere, ma io lo anticipo. «Magari quando avremo più tempo.»

Il mio amico mi lancia uno sguardo sottile e indagatore, però io mantengo la mia solita espressione rilassata. Scosto la sedia e mi alzo. «Scusateci, ma adesso dobbiamo andare di sopra a studiare.»

Il mio collega mi segue dopo aver ringraziato mia madre ancora una volta. Attraversiamo il soggiorno e prendiamo i nostri zaini prima di salire le scale che conducono al piano superiore, dove sono collocate le camere da letto e lo studio di mio padre. Svoltiamo a sinistra prima di arrivare al corridoio che conduce alla mia stanza e a quella di mio fratello.

Apro la porta sulla destra e mi lancio sul letto, sprofondando la testa nel cuscino.

«Perché hai liquidato così velocemente la proposta di tua madre? Andare con tuo padre sarebbe grandioso» enuncia il mio amico prima di sdraiarsi accanto a me.

«Non è una buona idea.»

I nostri occhi si incrociano e qualcosa nei miei lo fa demordere. Sospira e solleva il capo verso il soffitto.

«Rispetto i tuoi segreti come tu rispetti i miei» sussurra.

Allungo la mano e afferro la sua. È triste avere segreti con le persone che vuoi bene, ma forse è proprio per il sentimento forte che proviamo per loro che decidiamo di stare in silenzio: abbiamo paura che possano cambiare idea su di noi, timore di deluderli.

I suoi occhi chiari si immergono di nuovo nei miei. «Allora, sei pronta per l'ultimo pomeriggio di studio?»

Sorrido con il cuore che mi batte assordante nel petto. «Pronta.»

*

Arrivo all'università alle sette, con ben due ore di anticipo rispetto all'orario indicato dalla docente, ma impiego circa mezz'ora per trovare un posto libero dove parcheggiare l'auto. Dopo anni mi chiedo ancora chi sia l'ingegnere che ha progettato questo posto senza tenere conto del bacino d'utenza.

Scendo dalla macchina e il vento pungente di dicembre mi avvolge; anche in Sicilia la temperatura, purtroppo, si abbassa in inverno. Percorro con passo sostenuto la strada principale che conduce al mio dipartimento. Non è un edificio particolarmente bello con la sua struttura in calcestruzzo a faccia vista, anzi l'aggettivo che più lo identifica è inespressivo e ciò è paradossale visto il corso di laurea che frequento.

Valico la porta di ingresso e cammino spedita verso le aule, salutando con un cenno della mano l'uomo che sta dietro il vetro della guardiola. Non conosco il suo nome, ma i baffi bianchi e il suo viso tondo mi hanno suscitato simpatia già dal primo giorno. Attraverso il corridoio del piano terra fino a fermarmi davanti all'aula IB che è chiusa visto che non sono ancora le otto. Mi siedo su una delle sedie che si affacciano alla piccola corte centrale e poggio lo zaino accanto a me. Le slide fuoriescono dalla cerniera leggermente aperta, ma mi trattengo per non estrarle: il mio cervello ha già assorbito tutto quello che può assimilare.

Pian piano il corridoio si riempi di studenti e il nervosismo che trapela da ognuno di loro mi fa agitare. Chiudo gli occhi e prendo un profondo respiro: posso farcela.

«Buongiorno, splendore, non è adesso il momento della pennichella» dichiara Noa, sollevando il mio zaino per sedersi accanto a me.

«La mattina sei sempre spiritoso.»

«Io sono sempre divertente» ribatte, inarcando le sopracciglia chiare verso il centro in segno di disappunto.

«Hai notizie di Mel?»

«Ha mandato un messaggio nel nostro gruppo pochi secondi fa, sta arrivando. Dov'è il tuo telefono?»

«Da qualche parte dentro lo zaino, credo.»

Passano pochi secondi prima che veda comparire la sua chioma rossa tra la folla. Alzo un braccio per attirare la sua attenzione su di noi e lei sorride quando ci scorge. Ci raggiunge con passo deciso e noto che i lineamenti del suo viso sono quasi del tutto distesi.

«Buongiorno, ragazzi.»

«Buongiorno.» Io e Noa la salutiamo all'unisono.

«Come mai sei così di buon umore stamattina?» le chiede il mio collega, dando voce anche ai miei pensieri.

«Ho riflettuto molto stanotte. Se non dovessi superare l'esame, avrei un'altra sessione disponibile prima delle lauree di marzo. Posso ancora laurearmi insieme a Noa» dichiara risoluta.

Il chiacchiericcio attorno a noi si attenua e riesco a capire il perché solo quando noto la professoressa di Restauro. Si dirige con passo spedito davanti alla porta dell'aula ed estrae un foglio dalla sua valigetta. Si schiarisce la voce e inizia a chiamare l'elenco in ordine di prenotazione; io e i miei amici siamo in fondo alla lista.

La docente apre la porta ed entra, seguita da alcuni studenti mentre altri si dileguano nel corridoio per andare a ripassare, o soltanto per bere un caffè e concentrarsi.

«Preferite entrare o rimaniamo qui?» chiedo ai miei amici.

«Siamo tra gli ultimi. Preferisco stare qui fuori invece che stare lì dentro a farmi venire il panico per ogni domanda a cui non so rispondere» borbotta Melissa mentre si siede nella sedia ormai vuota accanto a Noa.

Il mio collega si alza e si incammina verso il corridoio vicino all'aula magna dove sono ubicati alcuni tavolini. Le sue labbra si sollevano e ci fa cenno di raggiungerlo.

«Non ci credo che ha trovato un tavolo libero» afferma la mia amica.

«È ancora presto e ti ricordo che sono iniziate le lezioni anche se non le frequentiamo più» le rispondo mentre lo raggiungiamo.

Noa e Mel si siedono da un lato e io prendo posto di fronte a quest'ultima. Controvoglia, mi ritrovo a sfogliare le dispense mentre i miei amici fanno lo stesso, immersi nei nostri silenzi.

«Non ci credo. È di nuovo qui.»

Sollevo gli occhi da un appunto per osservare la mia amica. «Di chi parli?»

«Del ragazzo di ieri, quello ricciolino.»

«Ricciolino?» domando perplessa, non capendo a chi si riferisca.

«Dai, Carla, il ragazzo che abbiamo visto ieri vicino all'uscita, quello che io e Noa abbiamo decretato non essere uno studente di ingegneria. Non hai guardato nella sua direzione spinta dalla curiosità?»

«Non ero curiosa.»

La mia amica mette il broncio e incrocia le braccia al petto. «Beh, dai una sbirciata adesso. Fallo per me così non penserò che il tuo cervello abbia qualcosa che non va.»

«Magari non mi interessa.»

«Invece dovrebbe. Ti ho anche chiesto se sei lesbica e mi hai detto di no, quindi, sei mi hai detto la verità, è impossibile che tu non ti interessi ai ragazzi. Hai ventiquattro anni per la miseria» sbotta, come se stesse parlando di vita o di morte.

«Non voglio una relazione al momento.»

«E chi ha mai parlato di una relazione? Gli occhi sono fatti per guardare e, se vuoi saperla tutta, non c'è bisogno di un rapporto stabile per fare altro» afferma, abbassando fortunatamente il tono della voce.

«Dai, Carla, voltati a guardarlo così la smette» dice Noa con un'espressione divertita.

«Chi è» borbotto, alzando gli occhi al cielo.

«È il ragazzo seduto da solo, anche se lo avresti capito comunque.»

Sbuffo e mi giro per accontentarla e chiudere così la conversazione. Non impiego molto a individuarlo, specie per la chioma mossa e castana. Ha il viso appoggiato sul pugno chiuso della sua mano sinistra e noto le sue labbra carnose muoversi mentre legge qualcosa scritto sul quaderno che ha davanti.

Sentendosi osservato, alza lo sguardo dal foglio e i suoi occhi nocciola si immergono nei miei azzurri. Rimaniamo a soppesarci per un po' e pian piano noto le sui iridi farsi più dure, quasi minacciose. Chiude il quaderno e si alza, passandoci accanto per scomparire nel corridoio adiacente.

«Ok, forse è meglio che non li guardi se il risultato è questo» dichiara la mia amica quasi scoppiando a ridere.

Mi limito ad alzare le spalle incurante: è l'ultimo dei miei problemi. Ritorno a leggere dal punto in cui mi sono interrotta e continuo per tutta l'ora successiva. Quando la vista mi si appanna, appoggio i fogli sul tavolo e sospiro stanca.

Mi perdo per un secondo a osservare il via vai di studenti, ognuno indaffarato a fare qualcosa di diverso: c'è chi sorride rilassato, chi si dispera per qualche calcolo difficile, chi urla frustato per non aver superato lo scritto, chi ride invece perché è passato per un soffio... Non so se un giorno sentirò nostalgia di questo posto, di certo mi mancherà non vedere più tutti i giorni i miei amici, ma per il momento voglio solo finire e fuggire via.

«Come procede la tesi?» mi chiede Noa, interrompendo il flusso dei mei pensieri.

«È quasi pronta, devo solo definire meglio qualche layout.»

«I tuoi sforzi estivi hanno avuto dei risultati almeno.»

Solo a pensare al periodo estivo che ho trascorso mi viene l'orticaria. Mentre tutti i miei conterranei si divertivano a sguazzare nelle limpide acque blu del mediterraneo, io ero chiusa a casa a studiare in maniera compulsiva. «Per fortuna il professore Scala si è rivelato davvero un buon relatore.»

«Io non ci credo ancora che andrai a Copenaghen a febbraio. Cioè sono contenta per te, avere sul curriculum un periodo di Erasmus all'estero è ottimo, ma mi mancherai» ammette la mia amica.

«Sono solo cinque mesi, Mel, passeranno in un batter d'occhio.»

Rimaniamo lì fino alle dodici, quando decidiamo che è il momento giusto per entrare in aula. Ci sediamo in seconda fila e ascolto alcune domande della docente. Mi rincuoro costatando che sono tutte quelle che ha fatto al precedente appello e che io ho appuntato diligentemente.

Rasserenata, mi soffermo a guardare con un pizzico di nostalgia la grande aula bianca in cui siamo: le sedute sono poste su gradinate per permettere al meglio la vista della lavagna e le grandi finestre sul versante est consentono l'illuminazione naturale nelle prime ore della giornata.

Mel è la prima di noi ad essere chiamata e quasi scoppia a piangere quando la professoressa la promuove. Ritorna a sedersi accanto a noi emettendo dei gridolini strani che attirano l'attenzione dei nostri colleghi. Noa affronta l'esame con la sua consueta serenità e riesce anche a ottenere la lode con facilità.

«Signorina Amato, si accomodi» mi chiama la docente.

Faccio un respiro profondo e mentre mi dirigo alla cattedra ripeto per la centesima volta nella mia mente: posso farcela.





🌻Note

Ciao a tutti!

Scrivere del periodo universitario mi fa ricordare l'ansia degli esami, ma posso dirvi che prima o poi anche l'università finisce e inizia un altro tipo di nervosismo... 🤣🙈

Che cosa pensate che andrà?

Lasciate un commento o una stellina per farmi sapere cosa ne pensate.

A presto!❤

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