52. Il passato non si dimentica

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«Mamma, dov'è il mio maglione blu?» urlo, mentre sistemo i vestiti che ho sul letto nella valigia.

«Hai guardato nell'ultimo cassetto in basso?» risponde dal piano inferiore.

Controllo dove mi ha suggerito e, ovviamente, è proprio qui, anche se ero convinta di averlo già aperto. Lo ripongo a destra insieme a tutti gli indumenti pesanti che ho comprato apposta per sopravvivere alle temperature gelide della Danimarca.

«Allora, trovato?» domanda, entrando nella stanza.

«Sì, spero solo di non dimenticare nulla.» Spunto sulla lista l'ultima riga prima di rileggerla con scrupolo.

«Hai ancora domani mattina per completare, tranquilla. Inoltre, se anche dovessi dimenticare qualcosa, lì ci sarà tutto quello di cui hai bisogno» afferma per rassicurarmi. «La documentazione dell'università, invece, è pronta?»

«Sì, ho già consegnato tutto all'ufficio Erasmus. Fortunatamente non ci sono stati problemi di nessun genere.»

Lo studio dove andrò a svolgere il tirocinio è stato molto disponibile e accorto; tutti segnali positivi sulla professionalità che troverò. Ho anche già confermato la stanza che ho trovato non senza difficoltà poiché, ahimè, il costo della vita a Copenaghen è davvero esorbitante comparato a quello della mia città.

Menomale che ho ottenuto la borsa di studio. Con quella e con il piccolo gruzzolo che sono riuscita ad accumulare in questi anni, non chiederò nulla a mio padre. Non voglio i suoi soldi; se avrò difficoltà, preferisco trovarmi un lavoretto lì anche come fattorino, non mi importa.

Mi dà un bacio sulla fronte. «Andrà tutto bene, vedrai.» Solleva gli angoli della bocca ed esce dalla stanza, mentre io rimango a osservarla con il magone alla gola.

Non l'ho detto a nessuno di loro, ma partire e lasciare questa casa mi inquieta: l'ultima volta non è andata bene.

Quando sto per chiudere la cerniera della valigia, un uragano in corsa mi stritola tra le braccia. «Ci sono riuscito, Carla, ci sono riuscito!»

Rido. «A fare cosa, Matti?»

«Ho superato l'esame di Analisi di Bilancio, ti rendi conto?»

Un urletto stridulo fuoriesce dalla mia bocca prima di stritolare il suo corpo con più intensità. «Lo sapevo, ero sicura che ce l'avresti fatta!»

«Già, mi sento euforico. È una bella sensazione raggiungere dei risultati dopo tanto impegno.»

«Lo so. Sono fiera di te.»

Si scosta e mi scompiglia i capelli, mentre io lo fulmino con lo sguardo prima di spingerlo sul letto. I suoi occhi luminosi perdono di intensità e si incupiscono. «Rompiscatole, mi mancherai.»

«Cinque mesi passeranno in fretta. Non ti accorgerai della mia assenza» dico, anche se neanche io credo alle mie parole. Mi mancherà da morire.

Sospira e si alza dal materasso per dirigersi verso la porta. «Mando un messaggio a Noa, d'altronde è lui che mi ha aiutato. Tu sei proprio una frana a spiegare.»

Afferro uno dei cuscini e glielo lancio addosso, ma lui lo schiva senza difficoltà prima di dileguarsi nella sua stanza. Prendo il cellulare sotto un plico di vestiti adagiati sulla scrivania e scendo le scale per andare in cucina, dove mia madre e mia nonna chiacchierano animatamente. La più grande delle due si volta verso di me e mi rivolge un sorriso che mi scioglie il cuore. Purtroppo il giorno della laurea non è potuta venire alla proclamazione a causa di una distorsione al piede; ho impiegato dei giorni a farle capire che, anche se non fisicamente, lei è sempre accanto a me. Non dimenticherò mai il sostegno che mi ha dato in questi anni. Mai.

«Bedda mia, sistimasti tutti i cosi?» mi chiede mentre afferra un mattarello per distendere la pasta fresca.

«Mi mancano solo le ultime cose che metterò domani visto che ancora mi servono» le rispondo, avvicinandomi all'isola.

«Bonu. Allura... stasira non veni nuddu?» Le compare un sorriso scaltro che mi affretto a spegnere.

«No, nonna, serata in famiglia.»

La suoneria del mio cellulare ci interrompe e osservo il nome del mittente con curiosità; ho sentito Elia raramente in questi giorni.

«Gli sono fischiate le orecchie?» domanda mia madre, ferma dietro di me a leggere lo schermo.

«Mamma, quante volte devo dirtelo? Siamo solo amici.»

Lei solleva gli occhi al cielo e io rispondo alla chiamata. «Ehi, ciao!»

«Carla, ascoltami, ho bisogno di un favore» mi risponde con un tono agitato e grave che mi mette subito in allerta. «Devi andare a casa mia. Enea è uscito di testa e io impiegherò più di un'ora per arrivare perché sono a Messina per una prova di laboratorio. Mi ha chiamato la domestica, dicendomi che è entrato in casa urlando convinto di trovare me o nostra madre. Qualcuno gli ha raccontato perché loro due sono ai ferri corti.»

«Sto uscendo» dico a mia madre e a mia nonna che mi guardano perplesse prima di precipitarmi in soggiorno.

«Carla, sei ancora lì?»

«Sì, tranquillo, ci penso io. Ti chiamo dopo.» Riattacco e afferro le chiavi per poi andare verso la mia auto. Schiaccio l'acceleratore e sfreccio sull'asfalto senza badare ai limiti di velocità che non ho mai infranto, maledicendo ogni semaforo rosso e ogni rotonda mentre vedo scorrere i minuti sul display.

Quando arrivo alla meta, posteggio davanti a un passo carrabile ed entro nella corte del palazzo senza badare alle proteste della gente; possono anche portarla via, non mi importa, ho solo una priorità al momento.

Salgo le scale di corsa e busso alla porta con il respiro ansimante. «Enea, apri!» urlo, ma mi accorgo con una spinta più netta che è aperta.

Entro all'interno dell'atrio e un silenzio inquietante mi avvolge; sembra non esserci nessuno in casa.

«Enea?» domando con voce insicura mentre mi avvicino al corridoio che conduce in cucina.

Lo percorro con passo lento e, quando mi ritrovo all'interno della stanza, l'ansia che provavo prima diventa ancora più intensa a causa dei piatti e dei bicchieri rotti sulle mattonelle.

Il cuore mi batte impazzito nel petto. «C'è qualcuno?»

Un tonfo sordo che giunge da una delle stanze che ho superato mi fa sussultare, mentre il mio respiro accelera senza controllo. «Enea, sei tu?»

Non ricevo alcuna risposta, ma sento il rumore inconfondibile di passi sul pavimento. Richiamo tutto il coraggio che possiedo e mi fermo dinnanzi alla porta da dove provengono. La apro con il cuore in gola e la prima cosa che vedo è il letto privo di coperte e la polvere sulla testiera, come se non fosse utilizzato da anni.

Faccio un passo avanti per entrare e mi si attorcigliano le viscere appena noto Enea, fermo davanti alla finestra aperta con una bottiglia mezza piena di quella che sembra vodka liscia. Vedendolo incolume mi rilasso un po', tuttavia la sua immobilità mi mette a disagio e mi agita.

«Enea» lo chiamo ancora per attirare la sua attenzione.

All'inizio non fa nulla, continua a fissare dritto davanti a sé, poi, lentamente, si gira verso di me. Ha un taglio sul sopracciglio sinistro dove spicca ancora il rosso del sangue, ma ciò che cattura il mio sguardo è la sfumatura lucida dei suoi occhi: è ubriaco.

«Enea.» Cammino piano verso di lui, ma, anche se i suoi occhi sono rivolti verso di me, non mi stanno guardando davvero. Sono persi nel vuoto. «Sono io, Carla.»

Il suo silenzio mi fa venire i brividi lungo le braccia. Senza rispondere, si porta la bottiglia alle labbra e beve un lungo sorso, ultimando tutto il liquido trasparente.

Stringo il pugno destro per farmi forza e mi avvicino a lui che ancora rimane impassibile, come se non ci fossi. Mi piazzo di fronte e gli afferro la mano libera per fargli sentire fisicamente la mia presenza. «Enea, ti prego, dimmi qualcosa. Guardami» lo supplico con la voce che si spezza alla fine. Vederlo in questo stato mi riduce a brandelli.

China il capo verso le nostre dita intrecciate e una breve scintilla di vita sembra illuminare i suoi occhi nocciola. «Tu lo sai?» mi domanda con tono roco, come se avesse gridato fino a qualche minuto fa.

«Cosa?» mormoro pacata perché, per esperienza, so che non devo farlo agitare.

«Non mentirmi. Non mentirmi come fanno sempre tutti» afferma, trascinando le parole per via dell'alcol.

«A cosa ti riferisci?» Intensifico la stretta sulla sua mano per fargli percepire il mio calore.

«Perché non mi ha permesso di farlo? Perché?» I suoi occhi si appannano di più a causa delle lacrime che premono per uscire, ma nessuna gli lambisce il viso stravolto, ma pur sempre bellissimo.

«Di cosa stai parlando?»

«Mia madre... non mi ha permesso di vederlo. Perché? Era una mia scelta, solo mia. Lei non doveva decidere al posto mio» dichiara tremante, ricambiando con più forza la presa sulle mie dita, tanto da farmi quasi male.

«Chi non ti ha permesso di vedere?»

Lui ruota leggermente il capo in diagonale prima di mormorare: «Mio padre.»

«Chi te lo ha detto?»

«Claudia.»

Una rabbia sorda si propaga nel mio corpo. Come ha potuto dimenticarsi della sua amnesia? Ha risvegliato tutta la rabbia e l'angoscia che lui ha provato quel giorno come se fosse accaduto oggi.

«Possiamo risolvere tutto, però lascia andare la bottiglia e andiamo a bere un po' d'acqua. Ci sono io qui con te adesso» affermo, mentre lo tiro delicatamente per il polso.

«No.»

La sua risposta decisa e netta mi gela sul posto. Avevo imparato a leggere nei suoi occhi i suoi sentimenti da quando ha avuto l'incidente, ma adesso la barricata invalicabile è tornata. «Non mi fido di nessuno di voi.»

«Puoi fidarti di me» sussurro, comunicandogli con ogni centimetro del mio corpo che io sono qua per lui. E lo sarei stata sempre se mi concedesse la possibilità di stargli accanto.

«No, tu mi menti come tutti gli altri con i tuoi silenzi e le tue parole non dette. Non sono stupido, Carla, so che mi nascondi qualcosa.» Strattona il braccio per liberarsi dalla mia stretta con più forza del necessario e perdo l'equilibrio fino a sbattere la testa contro il muro.

Mi dà le spalle senza accorgersi di nulla e rompe la bottiglia, facendola sbattere nello spigolo della scrivania. «Perché non ricordo nulla? Perché!»

Afferra la sedia e la scaraventa sulla parete vicino al letto, mentre io rimango pietrificata e immobile a osservarlo, senza riuscire a muovere un solo muscolo.

Si volta verso di me e con passo cadenzato si avvicina. Nelle orecchie sento il suo fiato spezzato e fisso inerme le sue pupille dilatate. Sento venir meno l'aria nei polmoni e inizio a respirare con fatica. La paura mi investe e non mi permette di reagire.

Mentre cammina la sua figura viene sostituita nella mia testa da quella più bassa e sottile di qualcun altro. I suoi occhi nocciola diventano azzurri. Con il respiro strozzato, ritorno con la mente a quel giorno che speravo non dover rivivere mai più.

Perché in fondo con Enea è stata sempre questa la mia più grande paura, che dietro la sua barriera si nascondesse un'anima di tenebre uguale alla sua.

Sei anni fa

«Lasciami andare, Alberto! Lasciami» grido, mentre cerco in tutti i modi di fargli perdere la presa sul mio polso.

«Tu non andrai da nessuna parte. Tu sei solo mia» risponde con rabbia e con gli occhi iniettati di sangue.

Faccio un passo in dietro e urto una delle sedie che ha gettato a terra.

«Tu non puoi lasciarmi, mai» grida a una decina di centimetri dal mio viso.

Non riesco a capire.

Fino a pochi minuti fa ero sul palco a guardare la platea applaudirci per l'ultimo spettacolo dell'anno. Ero felice che tra il pubblico ci fosse tutta la mia famiglia, compreso mio padre. Odia il balletto con tutto se stesso e detesta soprattutto il fatto che io abbia deciso di seguire questo sogno e non i suoi programmi.

Come è possibile che adesso stia succedendo tutto questo?

«Mi hai sentito bene? Mai!» Intensifica la presa sulla mia pelle che comincia a bruciarmi.

«Smettila, così mi fai male» sussurro, sperando di farlo ragionare.

«Sei tu che sei venuta qui, nel mio camerino, pretendendo di chiudere la nostra relazione. Ma tu non puoi farlo. Sono io che decido se e quando troncare con te» sibila con voce rude.

Senza accorgermene, le lacrime iniziano a bagnarmi le guance.

Dovevo chiudere questa storia tanto tempo fa. Si è divertito alle mie spalle con quasi metà della compagnia, ma ho deciso di aspettare la chiusura dell'ultimo sipario per non creare tensioni inutili tra il gruppo.

«Tu sei soltanto una troia. Pensi che qualcuno ti vorrà mai dopo che sei stata mia?»

Tutto mi sarei immaginata, tranne che questa reazione. «Tu sei pazzo» affermo, mentre cerco un modo per fuggire dalla sua presa.

Osservo il mio telefono sul tavolino e prendo un bel respiro. Senza fargli capire il mio intento, alzo il piede e schiaccio il suo con la punta di gesso della mia scarpetta. Emette un gemito e lascia la presa su di me. Afferro il cellulare e inizio a correre, aprendo la prima porta che trovo di fronte per poi richiuderla velocemente.

«Merda» mormoro quando mi accorgo che il chiavistello della serratura è rotto.

La chiudo con il peso del mio corpo e chiamo l'ultimo numero sulle chiamate effettuate. Sento squillare mentre Alberto batte sulla porta e devo utilizzare tutte le mie forze per contrastarlo.

«Pronto?» risponde finalmente al telefono.

«Papà, ti prego, aiutami.»

«Carla...» biascica e comprendo subito: è ubriaco.

«Papà, aiutami.» Singhiozzo, non riuscendo più a trattenermi.

Dall'altro lato della cornetta giunge un sonoro silenzio e capisco che nessuno mi aiuterà.

Mio padre non verrà.

Sono sola.

Un nuovo violento colpo si abbatte sulla porta e non riesco più a resistere.

Alberto entra come una furia e mi afferra per le spalle. «Ti dimostrerò che sei e sarai sempre di mia proprietà.»

Inizia a toccarmi e a strapparmi il costume di scena, mentre io oppongo resistenza. Le forcine che tenevano il mio chignon precipitano a terra, facendomi ricadere i lunghi capelli biondi sul viso. Lui li afferra e li tira per mettermi in ginocchio.

«Ti prego, smettila...»

Con l'ultimo briciolo di forza che mi rimane, lo colpisco all'inguine e riesco a spingerlo via.

Faccio un passo indietro, ma non mi accorgo della scala lignea che ho alle spalle e precipito giù.

L'unica cosa che sento prima di svenire è il dolore lancinante alla gamba sinistra che mi spezza il fiato.



Note🌻

Ciao a tutti!

Come state? Siete pronti per le vacanze? Avete dei viaggi in programma?

Io ho organizzato un viaggio in Brasile nella speranza che nulla cambi (incrocio le dita).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ricordo di lasciare una stellina ⭐ e/o un commento per farmi sapere le vostre impressioni che per me sono importanti.

Ormai non manca molto... Gli ultimi capitoli saranno pubblicati entro la settimana (eccetto imprevisti).

Ci sarebbero tante cose da dire, ma attendo le ultime battute per spiegarvi alcune cosine.

Colgo l'occasione per dirvi che mi potete trovare anche su:

Istagram: whitea94_

TikTok: alewhitea94

In queste pagine condividerò dei post in merito alle mie storie, ma non solo. Sarà un modo per confrontarci anche su qualcosa che ci accomuna: la passione per i libri.

Grazie per essere qui.

A presto!❤️

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