51. Resistere

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Osservo Enea guardarmi curioso prima che la sua espressione cambi, diventando preoccupata. Appoggia la chitarra sulla sedia, mentre il cuore mi rimbomba impazzito nel petto, come il battito incessante di un colibrì.

Sto per voltarmi e fuggire, ma i nostri sguardi vengono spezzati da Elia che si piazza tra noi, porgendomi una birra rossa. «Ecco, tieni» afferma con la sua fossetta sulla guancia, inconsapevole del mio stato d'animo.

Lo guardo inerme senza riuscire a muovere un muscolo.

Vedo i suoi occhi socchiudersi quando si accorge che qualcosa non va.
«Che hai, Carla? Stai male?» Appoggia le bevande su una sedia libera prima di sollevarmi il mento per vedere meglio il mio volto. «Vuoi che andiamo un attimo fuori?» mi chiede ancora, scrutandomi con attenzione.

Chiudo gli occhi.

Respira.

Rimango così, immersa nell'oscurità, per attimi che mi sembrano infiniti.

Quando sollevo le palpebre mi ritrovo addosso il suo sguardo agitato. «Mi stai facendo preoccupare. Parlami.»

«Voglio... andare via» sussurro con difficoltà.

Le parole di Claudia continuano a vorticare nella mia testa, stringendomi la gola e provocandomi la nausea. Come sempre, quando la mia vita sembra delinearsi verso una strada succede qualcosa che stravolge le poche certezze che ho.

Non volevo saperlo.

Che senso ha conoscere la verità se l'unica persona da cui voglio sentirla non si ricorda di me?

Percepisco il tocco di Elia sulle braccia in maniera fievole, come se non mi stesse toccando davvero. Solo quando mi stringe a sé riprendo la sensibilità del mio corpo, riportandomi alla realtà. Ogni parte di me si spezza in piccole schegge, e sento quelle più appuntite perforarmi l'anima.

Tremo, l'unica cosa che mi impedisce di crollare a terra è l'abbraccio di Elia che si intensifica.

«È tutto ok, Carla, ci sono io.»

Respiro il suo odore ormai familiare e appoggio il capo nell'incavo del suo collo per sorreggermi.

«Ti porto via da qui.»

Nonostante mi costi un certo sforzo, mi scosto per allontanarmi. Non rovinerò la sua serata. È qui per sostenere suo fratello e io non sono un suo problema. Troppe volte con i miei comportamenti ambigui l'ho ferito e non rifarò lo stesso errore, dovessi anche rimetterci. «Non ti preoccupare per me, ci sono Noa e Mattia. Tu rimani ad ascoltare l'esibizione.»

«Non dire assurdità. Non ti lascerò da sola in questo stato, ti accompagno.» Passa una mano sulla mia guancia per darmi sollievo e, istintivamente, chiudo gli occhi mentre respiro per tranquillizzarmi.

La musica riempie di nuovo il bar e le persone attorno a noi aumentano per non perdersi nessuna nota. Afferra delicatamente il mio braccio, come se avesse paura di spezzarmi, prima di farsi spazio tra la gente per uscire dal locale. Mi volto indietro per cercare Claudia, però lei non c'è e sposto lo sguardo per trovare mio fratello e Noa in mezzo agli sconosciuti, ma non li vedo da nessuna parte.

«Bene, adesso un pezzo speciale!» esclama Andrey al microfono. «Questo brano non rientra nel nostro repertorio, ma, essendo oggi una serata particolare, abbiamo accettato la richiesta di Enea. Forse la botta in testa ha creato più danni di quello che i medici sostengono» afferma in modo scherzoso con la sua voce energica, facendo ridere la folla. «Ma non è tutto. Dopo diversi anni, ha deciso di ammaliarci ancora con la sua voce. Un grande applauso per Enea!»

L'acclamazione del pubblico si diffonde e io mi fermo, costringendo a Elia a fare lo stesso a causa delle nostre dita intrecciate. Mi volto verso il palco, mentre le ombre scure mi stritolano il cuore e, per la prima volta, credo mi stiano mettendo in allerta per il mio bene.

Devo andare via.

Devo fuggire da qui, ma i miei piedi rimangono inchiodati al pavimento.

Guardo con le palpebre sbarrate Enea che si posiziona davanti al microfono. Passa la mano tra i capelli, mentre il piede destro batte frenetico sul pavimento, rivelandomi il suo nervosismo. Controlla che la sua nuova chitarra verde, quella che abbiamo scelto insieme, sia ben accordata prima di sedersi sullo sgabello alle sue spalle. Scruta il pubblico per un breve istante prima di concentrarsi esclusivamente sul pezzo.

Come è successo quel giorno, riconosco la melodia già dalle prime note.

È la canzone che mi ha cantato il giorno del mio compleanno.

Ascolto la sua voce decisa e ipnotica fino all'arrivo del pezzo che mi ha dedicato quel pomeriggio.

"All my life
I thought it'd be hard to find
The one, 'til I found you
And I find it bittersweet
'Cause you gave me something to lose"

"Tutta la mia vita
Ho pensato che sarebbe stato difficile trovare
Quella giusta, fino a quando non ti ho trovata
E lo trovo agrodolce
Perché mi hai dato qualcosa da perdere"

Mollo la presa sulla mano di Elia, mentre gli argini dei miei sentimenti cedono, riversandosi all'esterno attraverso lacrime silenziose che mi rigano le guance, nonostante tutto dentro di me urli.

Se prima Claudia aveva intaccato la mia psiche, adesso è totalmente distrutta. È in mille pezzi.

Perché? Perché in questa vita non posso essere felice?

Forse, in fondo, l'ho capito da tempo. Per me non esiste un finale come quello delle favole; il fato con me non è mai stato clemente e mai lo sarà, nonostante alle volte mi illuda del contrario.

La voce di Enea continua ad avvolgermi senza lasciarmi via di scampo, come una lenta tortura che mi sgretola in piccoli frammenti.

Con le ultime briciole di energia che mi rimangono, mi volto verso l'uscita, spintonando tutti quelli che intralciano il mio passaggio, senza badare minimamente alle loro proteste.

Riesco a raggiungere la porta ed esco fuori, inalando l'aria della sera a pieni polmoni. Il vento gelido colpisce le mie braccia e le gambe nude, ma sono così insensibile che quasi non me ne accorgo.

«Carla, aspetta!» urla Elia alle mie spalle.

Rallento il passo, ma non mi volto. Continuo a camminare e mi accorgo di dove sto andando solo quando il palazzo alla mia sinistra diventa familiare. Mi arresto e chiudo gli occhi, mentre un fischio sordo si proponga nelle orecchie.

Sussulto quando due mani salde si poggiano sulle mie spalle e mi fanno voltare. Mantengo le palpebre serrate per impedirmi di alzare lo sguardo in direzione dell'appartamento di Enea e per non affrontare il suo gemello.

«Guardami» mormora con delicatezza prima di sfiorarmi la guancia ancora umida.

Scuoto la testa e trattengo le nuove lacrime che minacciano di uscire, mordendomi il labbro inferiore. La sua premura, la sua gentilezza, mi fanno stare ancora peggio.

«Qualsiasi cosa sia successa lì dentro... non devi temere. Non sei sola» continua nel tentativo di confortarmi.

Stringo i pugni. «No, Elia, tu non capisci... Tu non sai.»

Mi accorgo di stare tremando solo quando le sue mani afferrano i miei polsi per darmi stabilita. «Anche se ti sembra che tutto stia andando in rovina, non è così. C'è sempre un modo per rimediare, e io posso aiutarti...»

«No, non puoi, perché io lo...» Spalanco le palpebre e faccio un passo indietro, appena capisco cosa stavo per dire.

Tutto il mondo sembra illuminarsi e delinearsi nel modo giusto nell'attimo in cui, dentro di me, assimilo ciò che provo, ma quando realizzo che ormai è troppo tardi, precipita di nuovo nel buio, riportandomi alla realtà.

Metto a fuoco lo sguardo sofferente di Elia, che cela sollevando l'angolo della bocca. «Non ti devi trattenere per me. Credi che io non lo sapessi già? L'ho sempre intuito che era lui quello che è riuscito a insinuarsi davvero nel tuo cuore, ma non mi sono mai arreso perché ho sempre pensato che ne valesse la pena provarci per te.»

Piango, mentre, attraverso i suoi occhi appannati, capisco quanto sia profondo il suo sentimento nei miei confronti. E ancora una volta, nell'arco di poche ore, mi domando cosa ci sia di sbagliato in me se riesco a far soffrire tutte le persone che mi stanno intorno.

Mi sento divisa a metà per un amore che non potrò ricambiare e per un amore che non potrò mai vivere.

«Andrà tutto bene, ok?» mormora per consolarmi, quando sono io quella che lo sta devastando. «Torniamo indietro, ti porto a casa.» Si volta per celarmi il suo volto, ma riesco comunque a scorgere i suoi occhi incupirsi.

Lo seguo in silenzio e noto solo all'ultimo istante che Noa e Mattia ci stanno aspettando fuori dall'ingresso del locale.

«Ragazzi, ma dove vi eravate cacciati? Il concerto è appena finito e insieme alla band pensavamo di andare...» La voce di mio fratello si affievolisce appena scorge il mio viso. Non so in quali condizioni sia, ma capisco non avere un bell'aspetto appena il suo sguardo si indurisce. «Che cose le hai fatto?» Si volta minaccioso verso Elia, ma prima che possa intervenire, Noa gli afferra la spalla per trattenerlo.

«Non è un problema tuo, Mattia, lascia perdere.»

Gli lancia uno sguardo rancoroso. «Che significa lascia perdere? Lei è mia sorella.»

«Ha ragione Noa, Matte, torniamo a casa.»

Il suo sguardo si sposta da me a Elia prima di annuire. Sospiro, almeno stanotte non assisterò anche una delle sue sceneggiate. Noa lo invita a seguirlo verso la macchina prima di rivolgermi un leggero sorriso che non riesco a ricambiare.

Mi volto verso Elia. «Mi dispiace» mormoro, senza sapere cosa aggiungere.

«Non dire che ti dispiace. Mi piacerebbe pensare che, anche se per pochi minuti, le nostre anime affini si siano incontrate.»

«È così. Io ti voglio bene.» Non sono parole dettate dalla circostanza, davvero lui è diventato importante per me in questi mesi e forse, egoisticamente, spero che un giorno riusciremo a starci accanto come due buoni amici.

Si avvicina e si china, invadendomi con il suo profumo prima di sfiorare la mia guancia con la punta del suo naso. Lo sento sospirare sulla mia pelle e io rimango immobile mentre le sue labbra mi lasciano un bacio fugace. «Vai.»

Stritolo con le mani il cinturino della borsa e mi volto, quasi corro per raggiungere la macchina e fuggire via da questo posto che, ancora una volta, mi ha annientata. Apro la portiera posteriore ed entro nella macchina con il respiro ansimante che spezza il silenzio che aleggia nell'abitacolo.

Noa si volta verso di me e mi guarda con apprensione. «Stai bene?»

«No.» Piego le ginocchia e le avvolgo con le braccia per darmi un po' di sollievo.

«So io dove andare.» Mattia avvia il motore e accende il riscaldamento prima di immergersi nel traffico.

Non ho la forza di chiedergli dove ci stia portando. Sollevo lentamente il capo e appoggio la tempia nel finestrino gelido, mentre scruto gli edifici scorrere davanti a me, senza metterli davvero a fuoco.

Tutte le emozioni che ho sentito prima si sono volatilizzate nel nulla. Il mio inconscio è entrato in modalità di difesa. Non riesco a provare niente. Mi sento vuota.

La mia mente ritorna al presente solo quando imbocchiamo il primo tornante che conduce verso la cima del vulcano. Trascorrono diversi minuti prima che mio fratello spenga l'auto in uno degli slarghi sulla carreggiata. Entrambi scendono dall'auto e mi sforzo di fare altrettanto. La brezza fredda mi lambisce la pelle scoperta, ma non ci presto molta attenzione. Osservo i paesi che stanno alle pendici dell'Etna, fino alle città più lontane e alle barche illuminate sul mare. Le luci accese delle case e dei lampioni creano dei fasci di luce che rendono il paesaggio ancora più suggestivo.

Da questa prospettiva, io e i miei problemi sembriamo insignificanti.

Noa mi porge una gigantesca felpa che mi fa indossare per non farmi morire assiderata, mentre mio fratello apre il cofano e mi invita a sedermi sopra una coperta. Mi metto comoda e avvolgo l'estremità in eccesso sopra le gambe per ripararmi dal vento.

I ragazzi si piazzano nei due lati opposti con me in mezzo, come due guardie del corpo che stanno in allerta per avvistare possibili attacchi che mi possano nuocere. Un sorriso amaro compare sulle mie labbra. Non possono proteggermi dalla minaccia peggiore: me stessa. Le crepe della mia mente si sono riaperte, manca solo l'ultimo passo per precipitare e, una parte di me molto insistente, vorrebbe farlo.

«Sei ancora tra noi?»

Alzo lo sguardo su Mattia che mi guarda con la mascella contratta perché solo lui sa che, se volessi, potrei immergermi nell'oscurità e non riemergere.

«Sì, sono qui» affermo ad alta voce, per tranquillizzare lui e convincere me stessa.

«Bene, perché noi siamo qui per te. Non dimenticarlo mai.» Sospira e mi avvolge le spalle con il braccio per farmi sentire la sua presenza, mentre Noa mi guarda con un sorriso rassicurante che non ha bisogno di parole.

Rimaniamo a osservare il paesaggio e, lentamente, il mio cuore si placa. Mi ripeto nella testa che non sono sola.
Non più.
Non questa volta.

La vibrazione del mio cellulare dentro la borsa mi riscuote e apro la cerniera per prenderlo. Clicco sulla chat dei messaggi e rimango con il fiato trattenuto mentre leggo il mittente. Sposto l'indice sullo schermo per spegnere il telefono, ma, alla fine, apro la conversazione. È nell'indole umana sperare, anche se spesso è proprio essa, con le sue illusioni, a mandarci alla deriva.

Perché ho il tuo numero nella rubrica?

Sollevo il capo verso le stelle, chiedendogli la forza per non implodere. Blocco il cellulare e lo ripongo dentro la borsa, senza rispondere al messaggio.

Mancano pochi giorni alla partenza. Posso resistere.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro