15 - Solo due giorni

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Buon pomeriggio meravigliose persone che leggete. Grazie di seguire questa storia. Per quelli di voi che amano leggere con l'accompagnamento della musica ho una brutta notizia, questa settimana non riusciamo a caricarli. Li aggiungeremo sabato, non temete, verranno aggiunti sabato.
Adesso correte a leggere e, se vi piace il capitolo, non dimenticate di mettere una stellina. E non dimenticate di venirci a trovare su TikTok serina_noy_author!
Non fate l* brav*!
Noy

«Appena vedranno le foto, scoppierà un'altra bomba in chat.» S. avrebbe dovuto soltanto ignorarlo e cambiare argomento. «Hai letto cosa dicono?»

Kay gli insinuò il braccio dietro la schiena, nascosto tra il corpo di S., il bracciolo e lo schienale del divano. Aveva troppo spazio di manovra. «No, leggi qualche commento», il tono colloquiale tese ancora di più i nervi di S., in più avrebbe dovuto alzare il cellulare e dargli la soddisfazione di vederlo in quelle condizioni. Sempre che già non se ne fosse già accorto.

«Ahm... vediamo...», S. sbloccò lo schermo e lesse il primo che gli comparve sotto gli occhi: «Sir Balthasar scrive: "Ma poi, comunque, la situazione tra loro era già tesa"», se n'era accorto di sicuro, per quello che gli aveva chiesto – no, ordinato – di leggere i commenti. E lui lo stava facendo, senza nemmeno protestare, «"perché l'anno scorso avevano litigato per quella storia delle magliette".»

«Che storia delle magliette?»

«Eh?» S. rilesse il commento. «Non ne ho idea.»

«Continua.» La mano di Kay gli fece scivolare la maglietta fuori dai pantaloni e si infilò oltre il bordo. Era calda, gli accarezzò la pelle delicata della parte finale della schiena, proprio dove inizia la linea di divisione delle natiche.

S. deglutì a vuoto, aveva la bocca asciutta e l'unico suono erano i battiti del cuore che gli rimbombavano nel cervello. Kay fece scivolare la punta di un dito lungo la linea, per fortuna il divano gli avrebbe impedito di... no, non si fermò, ormai era pericolosamente vicino a uno dei punti più sensibili del corpo.

Il vassoio con il secchiello di ghiaccio dello champagne comparve davanti a lui, seguito dal viso sorridente del cameriere, il cuore di S. saltò un battito.

«Ecco qua, signore, signori», con un inchino Gianni lo posò sul tavolino basso davanti a loro.

Il dito di Kay, implacabile, si fece strada fino a palpargli l'area esterna del buchetto. S. inarcò la schiena e scattò in avanti con la schiena, il cameriere fece un salto e rovesciò qualche cubetto di ghiaccio dal secchiello in cui stava sistemando la bottiglia.

«Tutto bene, dom?»

«Oddio, sì, sì. Tutto bene, scusa.» S. strinse le gambe accavallate e inarcò ancora di più la schiena. Kay continuò a stimolarlo, insinuava la punta appena oltre l'orlo e poi la tirava fuori di nuovo. Lì, davanti al cazzo di cameriere!

«Ho... ho letto un commento che mi ha...» trattenne il respiro, gli sfuggivano le parole, «mi ha...»

«Sconvolto.» Kay infilò la prima falange del dito e S. si coprì la faccia con il cellulare, serrò gli occhi e ingoiò un gemito.

«Mi dispiace, signore.»

Ci aveva creduto? Aveva importanza?

Kay sfilò il dito ma lo lasciò fermo lì, a provocarlo. «Stappalo pure, festeggiamo l'ultima sera che siamo qui.»

Gianni prese la bottiglia e si mise ad aprirla, S. tornò ad appoggiarsi all'indietro sul torace di Kay. Gli tremava la voce. «Leggo ancora.»

Il master gli avvicinò le labbra all'orecchio fino a sfiorargliele. «Come pensi che stia procedendo la scommessa?»

«Oh». Accidenti a lui. «B-bene, credo di essere vicino a...»

«A venire?»

«A vincere.» S. strinse il cellulare, la smania di allungare una mano tra le gambe di Kay e toccargli quel magnifico, magnifico uccello gliela faceva prudere tanto da volersela scorticare. Doveva resistere.

«Vincere, ok, se lo dici tu...» Kay usò la punta di due dita per farsi spazio e allargargli la fessura tra le chiappe. «Com'erano i termini? Non ricordo bene.»

«Il... il primo che...» era difficilissimo pensare, quando tutta la sua attenzione era puntata su quello che succedeva dietro. Cosa stava dicendo?

Il cameriere posò l'ultimo dei quattro calici pieni di champagne sul tavolino e infilò la bottiglia di Dom nel secchiello. «Ecco qua, buona serata.»

«Grazie.» Kay gli sfilò la mano dai pantaloni, lo scostò di lato e si sporse a prendere i calici. Con un inchino, Gianni si allontanò.

Lù posò un piede per terra, si staccò dalla faccia di Armida e le sfilò le mani da sotto il top e la minigonna. Si erano tenute impegnate. «Dai qua, grazie.»

Kay le porse due bicchieri, prese gli altri e scivolò all'indietro sul cuscino. Gli offrì un calice. «Tieni, dom», infuse la parola di ironia sottintesa, come se volesse insinuare cosa, che forse non era più il nome onorifico corretto, per caso?

Armida sollevò il calice, subito imitata da tutti. «A un weekend da ricordare.»

«Cin, cin!»

Colpirono i bordi dei calici e li portarono alla bocca. S. si bagnò appena le labbra chiuse, e lo riabbassò. Non poteva rischiare di perdere anche l'ultimo neurone funzionante. Le due domine li lasciarono a metà e tornarono a baciarsi – e fare chissà cosa. L'unico a svuotare il bicchiere fu Kay. Gli circondò di nuovo la spalla e fece dondolare il calice per aria. «Il primo che implora l'altro perde?»

Non era affatto giusto, lui era stato distratto da Gabriele e da un sacco di altre cose, non aveva potuto affinare la sua tecnica di conquista!

«Va bene.» S. scrollò le spalle, con forzata nonchalance.

«Pensi che manchi ancora molto? O ti arrenderai a breve?» Kay cambiò mano al bicchiere e gli infilò il solito braccio di nuovo tra la schiena e il divano. «Perché avrei un'idea, ma prima voglio sentirti pregare.»

«Sarà dura, io non...», S. deglutì a forza il groppo che gli chiudeva la gola, «io non prego mai nessuno.»

«Leggi un altro commento.» Il tono carezzevole dell'ordine gli scivolò addosso come una coperta calda e lo avvolse in un bozzolo accogliente.

S. rilassò le spalle e il nodo alla gola si sciolse, un'ondata di calore si allargò dallo stomaco in tutto il corpo. Sollevò il cellulare e fece scorrere un po' di commenti, Kay gli soffiò sul collo, gli accarezzò il fianco e lo fece aderire meglio contro il suo petto.

«Allora...», S. si schiarì la gola, «hanno visto le foto. Ezzie scrive: "Era tutta una finta, io ve l'avevo detto". Night Creature le ha risposto: "No, vedi la faccia di Esse? Guardalo, è la monitor che lo ha fatto entrare. E poi non sono mica nel dungeon, lì."»

La mano di Kay scese dal fianco fino al bacino, sfiorandogli con le nocche il rigonfiamento del pene. «Cosa abbiamo qui?»

La gamba accavallata nascondeva, almeno un po', sia la mano che il turgore. Kay sfregò le nocche lungo tutto il membro, la pelle dei pantaloni era tesa e sotto non aveva altro. Qualcuno li avrebbe visti, era troppo evidente!

«Kay, ti preg-»

Merda.

«Cosa hai detto?»

S. si morse il labbro inferiore. Gli era sfuggito. «Cazzo. Hai vinto.»

Il petto del master fu scosso da una risata silenziosa, la risata della vittoria. Due giorni, aveva resistito a malapena due giorni. Kay gli prese il lobo di un orecchio tra i denti e strinse appena.

 «Sei mio, S. Ora comportati come si conviene nei miei confronti.»

«La mia sottomissione non inizia già ora, avevamo detto che-»

«Ho capito male o stai provando a venire meno alla tua parola?» La voce di Master Kay era vellutata, lo accoglieva, perché rifiutargli qualcosa?

«Perdonami, master.»

«Allarga le gambe e fatti guardare come si deve.»

Samuel chiuse gli occhi, non poteva farlo, pur nella mezza oscurità delle luci stroboscopiche, lo avrebbero visto. Bastava che Lù o Dom P. si girassero e... mosse la gamba accavallata verso il ginocchio e lasciò la caviglia posata su di esso. Il rigonfiamento non era più celato, però forse da lontano poteva sembrare la curva dei pantaloni di pelle?

«Bravissimo. Ora voglio vedere che ti tocchi. Puoi farlo, per me?»

Per lui poteva fare tutto. Samuel sbloccò il cellulare e lo tenne in verticale su una gamba, fece scorrere i commenti, l'altra mano si insinuò oltre il bordo dei pantaloni di pelle. I battiti del cuore erano colpi di cannone nel petto, rimbombavano, il membro pulsava con lo stesso ritmo, come se volesse liberarsi dalla prigione dei vestiti. Lo toccò con la punta delle dita, fredde, un brivido gli risalì la schiena. 

«Sei la mia puttanella, mh? Dimmi che vuoi essere chiamato così» i sussurri di Kay nell'orecchio e sul collo lo fecero fremere. 

Samuel si massaggiò il pene, era bollente e gonfio, la mano fredda fu un balsamo che gli schiarì la mente. Sollevò il cellulare fino a coprirsi la bocca e sussurrò: «Voglio essere chiamato così, master.»

«Mh», Kay gli posò il braccio che gli circondava la schiena sull'addome e lo attirò verso di sé, «sai cosa mi farebbe piacere? Un selfie di noi due insieme, ora, mentre ti tocchi.» Gli sfiorò la tempia con le labbra, scendendo lungo la linea dello zigomo. «Lo pubblicherai, ma nessuno conoscerà il nostro segreto.»

Tutto il mondo lo avrebbe visto! Samuel chiuse gli occhi e rallentò il ritmo con cui si toccava. Non voleva... non poteva venire. Aprì l'app della telecamera, il suo viso comparve sullo schermo: aveva la stessa espressione sconvolta e languida dei sub. Abbandonato contro il petto del suo master, torturato, umiliato. «Non posso», mormorò. Non avrebbe mai potuto farsi vedere così, si riconosceva a malapena.

Il suo master gli sfilò il telefono dalla mano e inquadrò anche il proprio volto. «Puoi, baciami, non pensare a niente, solo che sei la mia puttanella.» Kay sigillò le loro labbra insieme, Samuel chiuse gli occhi, si lasciò andare, si strinse la punta del membro. Un'ondata di piacere gli scese verso le palle e gli risalì il ventre. 

Era solo la sua puttanella. Era l'unica cosa che contava.

Kay allontanò la bocca, la musica della discoteca deflagrò attorno a loro. Era ancora tutto lì, le persone che ballavano, Dom P. di spalle davanti al cordoncino, il secchiello con lo champagne e i calici mezzi vuoti. E Kay con il suo cellulare in mano. 

«Kay», aveva la voce rauca, Samuel si schiarì la gola un paio di volte, «non pubblicarla.» Si sfilò anche la mano dai pantaloni. C'era quasi finito tutto dentro.

«D'accordo.» Il master aveva un sorrisetto supponente sulle labbra. «La manderò solo a me.»
S. raddrizzò la schiena e scivolò in avanti sul divanetto. «Bada che non voglio vederla in giro o ti strappo le palle.»

«Parole forti.» Kay gli restituì il telefono. «Parole forti, da qualcuno che presto verrà sbattuto per mezza Bologna.»

S. afferrò il cellulare e si alzò in piedi, il rigonfiamento dei pantaloni arrivò alla stessa altezza della testa di Kay, seppure non abbastanza vicino. «Fammi sapere quando ci vediamo, master» calcò il sarcasmo sull'onorifico, seguito da un ghigno malizioso. Se quello era stato l'assaggio, come lo avrebbe ridotto la portata principale?

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