Capitolo 13 - Giochini

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Ciao ragazz*,
Visto che S. vi ha perdonato e vi regala un altro fantastico capitolo?
Per quell* di voi che se lo sono perso, abbiamo pubblicato anche lo speciale di Natale del Confessionale. Si intitola "A Natale siamo tutti più boni" e lo trovate sul nostro profilo.
Abbiamo anche aperto un profilo tiktok, @serina_noy_author, vi metto il link nella biografia, se volete seguirci.
Adesso correte a leggere e commentare il capitolo.
Buona lettura.
Noy

S. spinse il giocattolo dentro al sub, tutto insieme, e Gabriele rantolò, inarcò la schiena e premette per accoglierlo fino in fondo. S. lo mosse sempre più veloce, un gemito continuo e profondo traboccava dalla bocca aperta di Gabriele, premuta contro i cuscini del divano. I pugni serrati sulla stoffa, muoveva i fianchi, lo risucchiava.

La mano libera di S. lo massaggiò, Gabriele prese ad ansimare a voce sempre più alta, ancora alcuni battiti del cuore e finì con un urlo, soffocato dal cuscino del divano, nella sua mano. Gabriele crollò di fianco, scosso dai brividi, si abbracciò, strinse le gambe, il volto contratto e appagato allo stesso tempo.

Non l'aveva visto venire, cazzo. Si era perso tutto, solo perché si era incazzato.

Si chinò per terra, dov'era finito il pacchetto di fazzoletti quando aveva rovesciato il tavolino, e ne sfilò uno. «Tutto a posto?»

Gabriele mugolò qualcosa, aveva ancora gli occhi chiusi, ma il viso e il corpo erano rilassati.

S. si pulì il guanto sporco, com'era la situazione in basso?

Era del tutto moscio. Merda.

Si avviò in bagno, appallottolando il fazzoletto e sfilandosi i guanti. «Raggiungimi, quando puoi.» Buttò gli oggetti nel lavandino e chiuse il coperchio del cesso. Sganciò le cinghie, sfilò l'imbracatura, sbottonò la camicia e lasciò cadere tutto a terra.

Avrebbe tentato un'altra strada.

Si accarezzò i muscoli dell'addome, davanti allo specchio, era ancora caldo e sudato. Le mani, libere dai guanti, erano bollenti e bramavano toccare la pelle nuda. Si sfiorò i capezzoli, che si irrigidirono e mandarono punte di piacere al ventre.

Bene, procedeva bene.

Una mano rimase a pizzicarsi un capezzolo, l'altra discese, piano, tracciò la linea dello sterno e giocò con la peluria attorno all'ombelico. Scese ancora e incontrò i peli tagliati corti del pube. Li accarezzò, era piacevole, ma non abbastanza. Socchiuse gli occhi, tornò con la mente a Gabriele che lo implorava, che gemeva. Il membro si contrasse, dava segni di vita. 
Gabriele nudo sulla Sedia mentre qualcun altro lo stimolava. 
Un gemito sospirato gli scappò dalle labbra.

Passi leggeri si avvicinarono, Gabriele comparve nel riflesso dello specchio, sulla porta. «Posso?» Era nudo, alcuni tatuaggi gli decoravano i muscoli del petto e delle braccia, Samuel chiuse gli occhi e annuì. Aumentò il ritmo.

Gabriele gli sfiorò i fianchi, si fermò dietro di lui e gli avvicinò il viso a un orecchio. «Sei crudele a non farmi partecipare, lo sai?» Il fiato caldo gli fece rizzare i peli del collo, un fremito percorse il corpo di Samuel, gli aumentò il battito cardiaco. «Posso parlare, ora?» Gabriele gli mordicchiò appena l'orecchio. «Oppure mi punirai di nuovo?»

Samuel inarcò la schiena e ansimò. «Puoi parlare...» Si girò e gli lambì le labbra, premette la bocca e la mosse, gli succhiò il labbro inferiore e si allontanò di scatto. Non voleva ripetere l'errore, non poteva. Arretrò fino al cesso e si sedette. «Inginocchiati davanti a me, voglio finirti in bocca.»

Un ghigno malizioso incurvò la bocca a cuore del compagno, lo raggiunse e posò le ginocchia a terra. «Come desideri, mio signore.»

Samuel spostò il bacino e gli avvicinò la punta alla bocca. «Non ti muovere», aveva la voce strozzata, non avrebbe resistito ancora a lungo. Chiuse gli occhi e aumentò il ritmo, a ogni colpo gli sfiorava le labbra. Gabriele era lì, pronto ad accogliere tutto di lui, pronto a ogni suo desiderio.

I muscoli dello stomaco di Samuel si contrassero, il respiro gli si fermò in gola, si sporse verso la bocca aperta di Gabriele nell'istante in cui fu travolto dal piacere.

***

Erano sdraiati sul letto, nudi sotto le coperte, Samuel tracciò i contorni del tatuaggio sul braccio di Gabriele: un viso di donna coperto da una maschera di carnevale veneziana, buchi neri al posto degli occhi, le labbra turgide, scure, una mano che sfiorava il lume di una candela. «Sei stato fantastico» mormorò.

Gabriele si strinse a lui, aveva il viso posato sul suo petto e lo abbracciava. «Quando sei andato in camera mi hai spaventato sul serio.»

Samuel gli posò un bacio sulla fronte. «Davvero?»

«Oh, sì, sembravi proprio incazzato», il compagno sollevò la testa e incontrò i suoi occhi, «mi è venuto ancora più duro.»

Samuel soffocò una risata e chiuse gli occhi. «Lo ero davvero...»

«Adoro quando sei incazzato», Gabriele gli lambì le labbra, «quando mi insulti e mi tratti male», gli succhiò il labbro inferiore, «e poi ti neghi a me.»

Tutto parte del piano. Chi avrebbe potuto dubitarne?

Samuel mosse le labbra contro le sue e le aprì, la lingua di Gabriele si intrufolò e si unì alla sua. Gli lasciò prendere il sopravvento e si rilassò nel bacio.

Il cellulare di Samuel, sul comodino, vibrò.

«Mmh...» l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era staccarsi dalle labbra del compagno. Si lasciò cullare dalla lingua esperta di Gabriele, confortante, dal calore del suo corpo sopra di lui. Il compagno mosse una gamba e la insinuò tra le sue, si strusciò contro il suo fianco.

«Ehi, ehi...» Samuel spostò il viso, «buono.» Allungò un braccio e prese il telefono. Messaggio di Luisella.

L: Davvero hai bannato Master Kay per un mese?!

S: Mi ha insultato davanti a tutti!

L: A quanto pare lo hai interrotto e hai iniziato a strusciarti contro di lui. Pensava che volessi prendere il posto del sub.

S: Il sub era andato, ho dovuto interrompere il gioco, non era più in grado di dare il consenso e Kay ci va giù pesante.

L: Un mese è troppo, non lo ha fatto per insultarti. Pensava che stessi giocando.

S: Quindi?

L: Quindi stasera può entrare.

Che stronza.

Gabriele gli baciò il collo. «Che succede? Brutte notizie?»

Samuel trattenne un sospiro e scosse la testa. «Divergenza di opinioni. Ieri sera Master Kay mi ha dato della puttana davanti a tutti e io l'ho bandito dal dungeon per un mese. Ora Lù dice che è troppo e che stasera può entrare.»

«Ti ha dato della puttana? Perché?» Gabriele gli accarezzò la pancia, con un movimento lento gli percorreva il tatuaggio che sull'addome finiva con un rombo seguito da altri quattro più piccoli sullo sterno, come i pendenti di una collana, e si allargava sul torace fino alle clavicole in un insieme simmetrico di linee sinuose.

«Perché... eravamo nella stanza a vetri, durante una scena, il sub era nel subspace», Samuel gli passò la punta dell'indice sulla spalla, «e ho interrotto la scena. Master Kay, però, non voleva e quindi per calmarlo mi sono messo in mezzo io.» Allargò le narici e sbuffò. «L' ho distratto e, a quanto pare, lui ha pensato che volessi sottomettermi. Io. Sottomettermi.» Roteò gli occhi al soffitto. «Ti rendi conto? E mi ha detto che ero una puttana.»

«Mh...» Gabriele si soffermò su uno dei capezzoli e lo pungolò con l'indice. «Come lo hai distratto?»

«Ho... niente, mi sono avvicinato, gli ho accarezzato il petto, lo chiamavo.»

Il capezzolo si indurì, Gabriele lo pizzicò e una fitta di piacere gli congiunse il capezzolo al ventre. Giocava sporco. «Come lo chiamavi?»

Samuel aveva la voce spezzata. «Smettila.»

«Di fare cosa?» Gabriele batté le ciglia, innocentino, e gli pizzicò di nuovo il capezzolo. «Come lo chiamavi?»

Samuel trattenne un gemito. «Master, signore... non lo so...»

Il compagno si leccò la punta del dito e lo strofinò sull'altro capezzolo. Un altro lampo di piacere lo attraversò e la mente vacillò. Avrebbe dovuto fermarlo, ma Gabriele gli strizzò il capezzolo e Samuel inarcò la schiena.

«Qualcuno ha un punto debole...»

«N... non...» Samuel aveva il fiato corto.

«Non...? Volevi dire qualcosa?» Gabriele gli leccò il capezzolo e lo succhiò, il membrò di Samuel sussultò e lo stomaco si chiuse in una morsa dolorosa.

Di nuovo?

Samuel lo spinse via e si tirò su a sedere. I battiti del cuore accelerati, un groppo in gola, era ricoperto di sudore freddo.

Gabriele si appoggiò ai gomiti, aveva la fronte corrucciata. «Samu?»

Le parole gli graffiarono la gola. «Ti ho detto di smetterla, mi pare.» Samuel buttò via le coperte e scattò in piedi. «Perché nessuno mi ascolta?»

Lo ascoltavano solo quando si incazzava.

Afferrò il cellulare e digitò: Hai rotto il cazzo, stasera non vengo. Andate tutti in culo.

Il pollice ronzava sopra la freccetta di invio. La tentazione era forte. Prima Edoardo, poi quel cazzo di Tenente, poi Gabriele che si era fermato a casa sua per forza e poi Kay, che aveva provato per due volte a sottometterlo. Poi Luisella. E Gabriele di nuovo!

Perché tutti cercavano di imporsi su di lui?

Volevano il Duca Algido? L'avrebbero avuto. Nessuno si sarebbe più avvicinato.

Cancellò il messaggio e le rispose solo con l'emoji del dito medio.

Gabriele si era seduto sul letto, il lenzuolo gli copriva le gambe e il ventre. «Scusa, hai ragione, avrei dovuto fermarmi.»

«Devi andare via, mi devo preparare per andare a lavorare», Samuel si avviò verso il bagno, «ci mettiamo d'accordo via messaggio per rivederci tra qualche giorno, ok?»

«Posso rimanere...»

«Ti ho detto di andare via!» Samuel sbatté la porta del bagno, che si chiuse con un botto da far tremare la parete.

Nessuno lo ascoltava, nessuno!

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