13 - Falò

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"Ci bastava una spiaggia,

una luna e un falò per progettare il futuro."

– Fabrizio Caramagna –

Lucy

Sono iniziate le vacanze di Pasqua e questa sera c'è il falò in spiaggia con i compagni della mia scuola. Non so se andrò... Non credo di averne molta voglia e sto evitando Nash in ogni modo possibile. Già il fatto di averlo incontrato in gelateria ha rischiato di farmi venire un colpo!

Verso le 16:00 il mio cellulare squilla. Faccio fatica a trovarlo, sento solo la suoneria in modo ovattato e cerco di seguirne il suono; dopo vari tentativi, lo trovo sotto il cuscino. È Karin.

«Pronto?»

«Lucy! A che ora ti passo a prendere?»

«Per cosa?»

«Ma per la serata al falò, naturalmente

«Karin... non credo di voler venire» provo a dirle, sperando che accetti la mia necessità di solitudine e di pace. Ho in programma un bel bagno caldo, una maschera per il viso idratante e un film.

«È fuori discussione! Tu vieni con me stasera! Non farai storie questa volta.»

Uffa! Perché deve sempre rinfacciarmi che le do buca? È capitato solo due volte... anche se sono state due volte di fila. Sbuffo e impreco mentalmente. «Ok...», dico poco convinta.

«Ti passo a prendere alle ventuno.» Lo sento che il suo è un tono di vittoria.

«A dopo.»

Sono costretta ad andare e non ne ho per niente voglia, ma devo proprio, altrimenti chi la sente poi! Mi preparo; indosso un paio di jeans azzurri e un maglione giallo. Sono appariscente, di sicuro Karin avrà qualcosa da ridire. In compenso, indosso i miei stivaletti neri e la giacca in pelle per rendermi meno innocente. Faccio anche uno strappo alla regola e mi trucco un pochino: metto giusto un velo di mascara e del labello al lampone, che scurisce le mie labbra di una tonalità.

Sento una sensazione strisciarmi nel petto. Sono... emozionata? Il mio cuore scalcia. Incontrerò di sicuro Nash.

Mangio qualcosa al volo con i miei genitori, e mentre sto per finire, li informo: «Stasera esco», mentre mastico l'ultimo boccone del supplì che ha preparato mia madre.

«Dove vai?» mi chiede incuriosita, lanciando un'occhiata di approvazione a mio padre, che sorride.

«A una festa in spiaggia» le dico in modo vago, distogliendo lo sguardo.

«Fai attenzione.» Alza l'indice a mezz'aria in segno di ammonimento.

«Come al solito, mamma» sbuffo.

Esco di casa e aspetto la mia migliore amica. Quando arriva con la sua Cinquecento rossa, si accosta al marciapiede e mi fa entrare; ci salutiamo con un abbraccio.

«Lucy! Ma hai un buonissimo profumo!», esclama allargando le narici per inspirare più profondamente.

«È di mia madre; non lo mette mai, non le piace, così me lo ha regalato» le strizzo l'occhio.

«È delizioso, sa proprio di primavera! Sei un bouquet di fiori stasera!» ride.

Accende il lettore USB e la musica parte, scombussolandomi tutto d'un tratto; le casse nella portiera vibrano vorticosamente.

Say my name – Odesza

I wanna dance, I wanna dance, I wanna dance with you
So take a chance, take a chance, oh yeah

I wanna dance, I wanna dance, I wanna dance with you

Comincio a muovere le spalle a ritmo e la mia amica canta a squarciagola.

«Stai sbagliando strada!», le urlo per farmi sentire al di sopra della musica.

«Si vede che non sei un'esperta di feste in spiaggia.»

La osservo con fare interrogativo.

Accosta e parcheggia in mezzo a delle strisce bianche. Mi fa cenno con la testa, a indicarmi un bar. La seguo, ma continuo a non capire.

Prima di entrare mi chiede: «Quante birre vuoi?»

Spalanco la bocca, sconcertata, «Noi... noi non possiamo comprarle! Abbiamo sedici anni, Karin...»

«Guarda e impara» mi fa una linguaccia.

Si ferma davanti alla porta del locale e saluta un ragazzo, che pare essere molto più grande di noi.

«Thomas, lei è Lucy» mi presenta. Il ragazzo allunga il braccio teso verso di me. «Lucy, lui è Thomas.»

Ci stringiamo la mano. Ha una presa ferrea, è sicuro di sé; i capelli sono castani e scompigliati in testa, ha gli occhi verdi; sarà alto un metro e ottanta: è enorme!

«Allora, ragazze, che vi porto?» chiede lui, sorridendo con quei suoi denti troppo perfetti.

«Due birre a testa» risponde Karin, pronta.

«A me ne basta una...» replico, incrociando le braccia davanti al petto. Le è dato di volta il cervello?

«Rimaniamo come ho detto prima, quattro!» squittisce ancora. Le lancio un'occhiataccia.

«Avete mangiato?» domanda sempre il ragazzo alto.

«No...» Karin abbassa lo sguardo perché sembra in imbarazzo.

«Sì», affermo soddisfatta e orgogliosa di aver fatto una cosa giusta per una volta.

«Cosa ti porto? Un panino?» Lui le poggia la mano sulla spalla, in un gesto di complicità che non me la racconta giusta.

«Grazie» gli sorride lei affabilmente.

«Torno subito, bellezze.» Sparisce verso il bancone, non prima di aver indugiato con lo sguardo sul décolleté di Karin.

«Ma si può sapere chi è?» sbotto, voltandomi a guardare la mia amica.

«Un amico», rotea gli occhi e capisco che sta mentendo.

«Ah, sì? E da quando hai amici più grandi di noi?»

«Adesso ti ci metti anche tu? Mia sorella mi ha già fatto il lavaggio del cervello!» sbuffa innervosita. Non le è mai piaciuto che le si remasse contro.

«Dimmi la verità» la minaccio con l'indice alzato.

«Altrimenti?»

«Non vengo al falò e ti lascio con il gigante. Sola» puntualizzo.

«Ok, ok!» alza le braccia in segno di resa. «Ci sto... uscendo.»

«Da quanto e dove lo hai conosciuto?»

«Da uno o due giorni, l'ho incontrato in biblioteca.»

Si sta torcendo un ciuffo di capelli come se volesse estirparselo, quindi è ovvio che sta mentendo. Di nuovo. «Voglio la verità, Karin!»

Abbassa gli occhi nascondendosi dietro ai capelli che le ricadono sul viso. «Una settimana. L'ho conosciuto lo scorso sabato al Cinema, quando mi hai dato buca... Ma te lo avevo detto, lui è quel Thomas.»

Onestamente non ricordo nulla, è la prima volta che lo sento nominare, ma decido di non dirglielo. Sarà stata un'altra delle mie amnesie.

«Eccomi! Le bevande sono fredde. Il panino è al prosciutto, non c'era altro.» Thomas torna da noi con due sacchetti di carta.

«Grazie!» Karin gli si avvicina e gli stampa un bacio sulle labbra.

Io roteo gli occhi. Ah, santo cielo! «Andiamo?» domando impaziente.

«Vieni con noi, Thommy?» Gli lancia uno sguardo infatuato.

Sto per vomitare, tutti questi zuccheri mi danno allo stomaco.

«No, aspetto gli altri.»

Non finisce di dirlo, che dalla strada si sente il rombo di una cassa da stereo sparata a tutto volume. Ci voltiamo e vediamo una decappottabile rossa con alcuni ragazzi esaltati che urlano al cielo. Visto il livello, questi devono essere gli amici di Thomas.

Alzo gli occhi al cielo perché tutto questo egocentrismo maschile mi dà sui nervi.

«Non sei emozionata?» Karin saltella sul posto, su di giri.

«Da morire... andiamo, dai» Mi dirigo verso la nostra macchina con le buste di birra, poi entro e mi allaccio la cintura. Karin si siede e mette in moto.

«Smettila di guardarlo così, o lo farai fuggire. Penserà che sei una piattola fastidiosa.» La fisso nelle pupille per rimarcare il concetto.

«Perché tu, infatti, te ne intendi!»

«Non voglio che ti faccia illusioni.»

«Sto bene, Lucy, calmati.»

Arriviamo al parcheggio, che è quasi completamente pieno, ma riusciamo a trovare un posticino sotto un platano. Prendiamo una birra ciascuno e raggiungiamo il falò; tutt'attorno sono seduti ragazzi e ragazze di diverse età. Una cassa sputa rumorosamente fuori musica elettronica.

Ci accomodiamo su un telo steso sulla spiaggia. Thomas ci intercetta all'istante e si piazza, come è ovvio, accanto a Karin. Un amico del gigante invece si posiziona vicino a me e mi osserva con insistenza.

Che vuole questo? Il mio imbarazzo è alle stelle. Qualche posto più in là, vicino al lago, è seduto Nash, tra Markus e una ragazza che sembra sbavare per lui come un labrador in calore.

Bleah! Distolgo lo sguardo perché tanto non posso farci niente. Tutti e quattro facciamo un brindisi e beviamo il primo sorso frizzante; tempo due minuti e Karin e Thomas iniziano a pomiciare proprio accanto a me. Sembrano divorarsi i visi a vicenda; vedo solo le loro teste muoversi in una lenta danza seducente.

Il ragazzo di fianco a me, Tim, fa un cenno con la testa verso di loro e, ridendo, mi si avvicina un po' di più.

«Loro hanno trovato un passatempo, forse dovremmo farlo anche noi...» sussurra, e poggia la sua mano sul mio ginocchio.

Sento un brivido di tristezza assalirmi. Dalla bocca emana un odore nauseante di superalcolico. Hanno già brindato prima, traggo le somme. Nash mi sta fissando e io faccio altrettanto, forse più per lanciargli una muta preghiera di aiuto. Lo vedo allontanare la ragazza che gli stava con il fiato sul collo e stringere la mano di Markus. Se ne va?

E invece no; si alza e si avvicina a me. Appena mi è di fronte, mi porge le mani e afferma: «Alzati, andiamo».

«Dove?» Lo guardo, colta di sorpresa, ma anche grata per il suo salvataggio.

«Dove ti senti più a tuo agio» dice a denti stretti, lanciando uno sguardo di fuoco al ragazzo al mio fianco.

Non me lo faccio ripetere due volte. Saluto Tim e gli dico di informare Karin che sono con Nash.

«Divertitevi», ci dice con sguardo deluso.

Nash intreccia la mano alla mia e raggiunge una stradina che affianca il lago. È buio pesto. Non si vede nulla. Accendiamo la torcia del cellulare appena in tempo prima di finire con i piedi nell'acqua di un ruscello che sbarra la strada.

La musica oramai è lontana, riesco ad ascoltare il lieve suono del silenzio. Lui si ferma tutto d'un tratto, si gira verso di me e con solo la luce della luna a illuminarci intravedo un luccichio nei suoi occhi.

Perché? Perché mi guarda così? Non aveva detto che dovevo dimenticarmi di lui?

Si avvicina di un passo, ma non distoglie mai gli occhi dalle mie labbra. Sento il sangue pulsarmi nelle orecchie e il respiro rantolare nel petto. Elimina nel tempo di un secondo lo spazio che ci divide e mi bacia. Non c'è neanche bisogno che ci pensi, le nostre lingue si cercano disperatamente, come due amanti che sono stati divisi per troppo tempo.

Ci abbracciamo, ci divoriamo, le nostre lingue fanno l'amore sotto ai mulini a vento.

«Mi sei mancata, Lucy» mi sussurra sulle labbra; poi mi passa una mano tra i capelli e mi bacia il collo.

Un gemito mi sfugge dalla bocca. Lui fa per sedersi in spiaggia e mi tira per la mano, per seguirlo nel suo movimento.

«Guardiamo insieme le stelle, devo farti vedere una cosa.»

A sky full of stars – Coldplay

'Cause you're a sky, 'cause you're a sky full of stars
I'm gonna give you my heart
'Cause you're a sky, 'cause you're a sky full of stars

'Cause you light up the path

Nash

Si siede accanto a me e poggia morbidamente la sua testa sulla mia spalla. Inspiro il profumo dei suoi capelli.

«Lucy... Lucy... Lucy» sussurro, e punto la torcia del cellulare sul mio braccio.

«Sì?»

«Sai che c'è una stella che porta il tuo nome?»

«No... quale?»

«Guarda il tatuaggio sul mio braccio.»

«È un diamante» osserva lei.

«Tu, Lucy, sei il più grande dell'universo» le indico un punto nel cielo, una luce. «Tu sei lì, Lucy in the sky with diamonds

«Cosa?»

«Il tuo nome indica il pianeta Diamante, dal quale ha preso il titolo la canzone dei Beatles. Lucy fa parte della costellazione del Centauro. È un pianeta cristallizzato, grande cinque volte la Terra.»

Lei sorride, sembra piacevolmente colpita. «Nash, anche tu sei una stella...»

«No, purtroppo» arriccio le labbra.

«E invece sì. Sei la punta della freccia della costellazione del Sagittario; è quella lì.» Mi indica uno degli innumerevoli puntini luminosi nel cielo.

La bacio sulla punta del naso e lei sorride dolcemente. Come fa a saperlo, se io stesso non ne sono a conoscenza?

«Siamo due stelle» afferma lei con gioia.

Non posso far altro che seguire il mio istinto e baciarla di nuovo. E io che volevo allontanarla da me. Sono un idiota, non ce la farò mai.

Il bacio si fa intenso e io sono un uomo, e come tale non riesco a tenere a freno le mani. Un'esplosione di desiderio divampa nel mio corpo; allungo una mano sulla sua coscia, ma lei non la scosta. Ho il via libera?

Mi ritrovo con un'erezione in corso che sta diventando faticosa da tenere a bada. La desidero con tutto me stesso, mi piace tanto, mi fa impazzire: adoro tutto di lei. Le sue forme, i suoi occhi, la sua voce, il suo profumo. Lei è la mia stella e io le giro attorno come un satellite.

Mi decido e faccio un passo per sondare le sue intenzioni, se non vorrà me lo farà capire. E se Malek intervenisse in questa magia e distruggesse questo momento perfetto?

Vengo assalito da un brivido di paura. Lei ha lo sguardo inchiodato al mio ed è come se stesse aspettando qualcosa, un qualche gesto da parte mia.

La stringo a me, prima che tutto possa finire da un momento all'altro. Si allaccia al mio collo e la sento tremare contro il petto.

Le alzo il viso con il dito e le dico semplicemente, con tono vellutato: «Fuggiamo da questo posto, andiamocene lontano».

«Dove vuoi andare? Siamo a una festa!» ride, e mi si accartoccia il cuore.

Mi alzo e le tendo la mano. «Siamo venuti con la mia macchina, fammi avvertire Markus che ce ne andiamo.»

Le basta uno sguardo e subito si convince. Mi afferra la mano. «Sì, così io informo Karin.»

Lei si dirige verso la sua amica, che vedo essere circondata da un nugolo di ragazzi. Io raggiungo Markus.

«Amico, io me ne vado con Lucy, riesci a trovare un passaggio per tornare a casa?»

«Per il mio miglior amico questo e altro.»

«Bene, grazie.» Gli do una pacca sulla spalla.

«Non fartela scappare. È la tua occasione!»

Una stella così bella è difficile lasciarla andare. Nonostante i miei sforzi, non ci sono riuscito.

Torno da Lucy, le prendo la mano e, con dolcezza, imprimo le mie labbra su di essa. Karin non sta bene, invece; è assalita da ragazzi tutti più grandi di lei che la stanno toccando e palpeggiando in modo insistente. È completamente ubriaca.

Lucy mi guarda e capisco al volo cosa vuole dirmi.

«Dobbiamo portarla a casa» afferma preoccupata, osservando la sua amica.

«Certo», le dico subito.

Lucy

Mentre Karin viene toccata un po' dappertutto da ragazzi sconosciuti, il suo presunto nuovo fidanzato ride e si diverte. Che schifo. Mi vergogno per lui.

Non mi tengo più, la rabbia mi monta dalle viscere, alzo la mano e la imprimo con fervore sulla sua guancia. Lui si alza in piedi di scatto e sembra che stia per reagire.

«Ragazzina, non ci provare mai più o quella manina te la stacco a morsi» mi intima lui, fulminandomi con gli occhi.

«Tu provaci e le tue mani te le ritrovi nel culo» gli dice Nash, che nel frattempo si è avvicinato per proteggermi.

«Ehi, amico, scherzavo» ride, nervoso, il gigante. Per quanto sia enorme, è comunque più basso di Nash.

«Io no» replica lui.

Portiamo Karin di peso alla macchina, e
Thomas si ribella come un bambino al quale è stato appena sottratto il suo giocattolo.

Festa finita, porco schifoso!

«Vengo subito» mi dice Nash. Lo vedo dirigersi verso Markus e tornare insieme, mentre sulla mia faccia si dipinge uno sguardo sorpreso.

«Lui ci accompagna. Due uomini sono meglio di uno!» ammicca.

Entriamo nel Pick up di Nash e partiamo, lasciandoci alle spalle il caos.

«Dove abita la tua amica?»

«Lion Street» rispondo, tenendo la testa di Karin sulle gambe.

Dopo dieci minuti, accosta la macchina al marciapiede. Prendo le chiavi di casa della mia amica e lui e Markus mi aiutano a portarla dentro. Le infilo nel portone, sul quale è appesa una ghirlanda di edera con delle farfalle di vario colore. Appesa al portachiavi c'è una piccola torre Eiffel, probabilmente un souvenir dei genitori, d'altronde per lavoro viaggiano molto; hanno una grande azienda di vini che esportano soprattutto in Europa.

Una volta entrati, veniamo investiti da un profumo intenso di lavanda e i ragazzi mi danno una mano a mettere Karin a letto. Le infilo il pigiama che trovo sotto al cuscino, in maniera più silenziosa possibile. Poi le rimbocco le coperte e neanche il tempo di guardarci tra noi che si è addormentata.

L'amico di Nash ci fa segno di andare. «Rimango io con lei» ammicca; mentre sbadiglia e si sdraia accanto a lei, si arrotola una ciocca di capelli rossi al dito.

Mi scappa un sorriso. Alla fine Markus non è così idiota come può sembrare.

Usciamo di casa e ci risediamo in auto.

«E adesso?», lo fisso imbarazzata.

«Adesso inizia la festa» ride.

Quando sogghigna gli si creano delle fossette appena sopra le labbra. Sono una delizia per gli occhi. Accidenti, quanto è bello!

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