15- Colazione da Karin

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Un bacio come un pancake

Breakfast in America

Don't you look at my girlfriend

She's the only one i got

Not much of a girlfriend

Never seem to get a lot

KARIN

Mi sveglio di soprassalto, percepisco un respiro caldo profondo vicino al mio orecchio e sento una stretta in vita, scosto la coperta e vedo delle braccia sconosciute circondarmi.

Ma se non sono le mie braccia, di chi sono? Mi volto all'istante con il battito del cuore accelerato. Vedo dei capelli biondi miele che ricoprono in parte il viso di un ragazzo che conosco, gli occhi hanno le palpebre abbassate e le labbra gonfie sono chiuse morbidamente e in maniera rilassata. Sembra un angelo.
È Markus.
Lo riconosco dal neo che ha sul collo. Pazzesco come si riescano a ricordare i dettagli fisici di chi ti piace, come una cicatrice, una voglia, un segno qualunque che identifichi proprio quella persona. Lui è talmente bello, ma perché è nel mio letto e mi stringe a sé?

«Psss, Markus?» Chiedo con voce tremante e insicura.

«Mmmh?» Le sue palpebre vibrano, come si stesse svegliando.

«Hai dormito qui stanotte?» Chiedo con respiro smarrito. Le sue iridi oltremare fanno capolino e mi fissano. Il cuore inizia ad artigliarmi il petto.

«Sì» il suono carezzevole della sua voce mi fa venire la pelle d'oca come una carezza.

Il silenzio successivo è insopportabile.

«Perché?» Domando, mentre i nostri respiri entrano in collisione.

«Perché volevo proteggerti, Karin» ho una stretta al cuore a quelle parole così dolci

Con il pollice mi sfiora lo zigomo e mi chiede: «Ti ricordi di ieri?»

«No, Markus, dovrei?»

«No, è meglio così.»

Cos'è successo ieri?

«Raccontami» asserisco

«Lo farò con la colazione nello stomaco e un caffè»

«Ok, hai ragione...» Il respiro s'intrappola nel mio petto.

Ci alziamo dal letto, lui è vestito.

«Non ti sei neanche messo comodo per dormire?»

«Non ne ho avuto il tempo» abbassa lo sguardo al pavimento con imbarazzo.

«Perché io invece ho il pigiama?»

«Te lo abbiamo infilato, appena stesa sul letto»

«Mi hai vista in reggiseno?» Questa domanda mi provoca un'ondata di vertigini nella pancia.

«Sì, ho aiutato Lucy e Nash a mettertelo»

«Splendido. Mi avete visti tutti nuda! Davvero meraviglioso.»

«Karin, ascolta, era necessario farti dormire. Non stavi bene, non eri...» lo interrompo fulminandolo con lo sguardo.

«...te stessa» lo vedo flettere il capo verso il pavimento e un groviglio di emozioni mi attorciglia lo stomaco.

«Ieri sera, ti hanno...molestata» afferma con un unico fiato e con voce rotta.

Apro la porta della camera ed esco mentre lui mi segue taciturno. Attraversiamo il corridoio, poi una volta svoltato a destra, passiamo sotto alla scalata in legno bianca e raggiungiamo la cucina. Lui si sistema subito su uno degli alti sgabelli all'isola in legno composta di mattonelle colorate in ceramica proprio al suo centro.

«Chi?» Urlo fuori di me dalla rabbia, trafiggendolo con lo sguardo mentre preparo il caffè e schiumo il latte.

«Quel Thomas e la sua gang»

«Perché?»

«Perché sono degli stronzi!» Lo vedo diventare rosso dal rancore e stringere i pugni lungo i fianchi.

«Io...io non pensavo potessero arrivare a tanto» mi si avvicina e mi prende la mano, posando la tazza che ho in mano sul ripiano della cucina.

«Karin tu non hai colpe...» Adagia le sue labbra vellutate sul dorso della mia pelle. Lasciando impresso un calore intenso che mi infuoca il ventre.

«E adesso?»

«È finita, ti abbiamo portata via, spero non li rivedremo altrove. Stai lontana da questo tipo di gente, Karin»

«Io non...pensavo...»

E inaspettatamente lui mi sposta una ciocca dietro l'orecchio e io involontariamente chiudo gli occhi, mentre inspiro il suo profumo di tenerezza e sicurezza che esprime a gesti. Posa il palmo della sua mano sulla mia guancia con la delicatezza di un prestigiatore che compone un castello di carte. Mi sfiora con l'indice le labbra, prende un respiro e sembra stia per dire qualcosa, ma si blocca e vedo gli occhi diventare di ghiaccio.

«E tutto ok, Markus?»

«È tutto ok» ma con la coda dell'occhio vedo come serra i pugni, mentre lui sospira impensierito.

Forse non riesce a sopportare ciò che mi è accaduto.

Mi alza il viso con la punta del dito e lui intrappola un angolo del labbro inferiore tra gli incisivi, mi cade dalle mani la seconda tazza, contenente il caffè, ma lui l'afferra al volo, qualche schizzo di caffellatte gli cola sulla mano, ma lui prontamente ci passa la lingua per liberarsi del liquido marrone chiaro. Mi incollo alle sue iridi oceaniche profonde come abissi. Cerca di posare l'oggetto in ceramica appena salvato dietro le mie spalle sul ripiano in legno e in quel momento sfiora con le labbra la punta del mio orecchio e il fiato mi muore in gola. Poso la guancia sulla sua spalla, ho il respiro corto e il cuore mi tamburella nel petto senza freni. Quando torna al proprio posto, dopo aver messo la tazza nel lavandino, allungando il braccio dietro di me, i suoi occhi incontrano i miei, ma lui distoglie immediatamente lo sguardo. Le sue labbra carnose mi attirano e mi richiamano. Mi sto agitando e lui se ne accorge ma fa finta di niente. Markus tiene, intanto, la mandibola contratta e io deglutisco rumorosamente, abbassando lo sguardo. Si avvicina di un passo, guardandomi dall'alto. I nostri respiri si fondono e i nostri petti si muovono insieme, scontrandosi simultaneamente. Mi sento contorcere lo stomaco e improvvisamente fa caldo, troppo caldo, in una carezza. Noto le sue guance arrossire, poi allaccia lo sguardo al mio e i nostri occhi s'incatenano. Mi ghiaccio sul posto come nel gioco "Uno, due, tre stella" e resto senza respiro per qualche istante, il tempo necessario per risvegliarmi e tornare alla realtà. Posa la fronte sulla mia e lascio scivolare il mio sguardo nei suoi occhi infuocati. È raro che io mi lasci andare, eppure con lui è tutto così semplice, non ho nemmeno la necessità di presentarmi in maniera impeccabile. Non ho pettinato i capelli, non ci siamo lavati i denti, ma tutto sembra comunque giusto e perfetto. Prendo un ampio respiro e mi avvicino di un passo, lo guardo dal basso e lui mi afferra la vita con le mani e mi spinge a sé, collido con il suo petto statuario da giocatore di basket e io salto un battito. Passo la mia mano tra i suoi capelli morbidi come seta e con il dito traccio tutto il suo profilo, la fronte, il naso, le labbra, il mento e scivolo fino al pomo d'Adamo che si alza e si abbassa meccanicamente, come impazzito. Mi stringe ancora tra le braccia e mi scruta dall'alto come una sfida, che ha già vinto.

Succede in un attimo, la finestra è aperta come anche le tende, la luce del sole mi scalda le guance, che credo siano già tinte di rosso. Posa le labbra sulle mie e istintivamente le schiudo, allaccio le braccia al suo collo per sentirlo più vicino. Le nostre lingue si rincorrono impazienti, si cercano, si nascondono, si scoprono e alla fine si amano, così come dovrebbe essere. Fa un sorriso che mi sconvolge l'anima. Intravedo i suoi denti bianchi e le sue labbra gonfie continuano a richiamarmi.

Accidenti, perché sono così allettanti? Quelle labbra....

Tra di esse ci passa la lingua in maniera languida. Lui è sempre impeccabile, sempre perfettamente bello, così come adesso. Affonda il naso tra i miei capelli, poi lascia scivolare la lingua sul mio collo, sconvolgendo la mia ragione, il cervello smette di funzionare, ho un corto circuito nel corpo. Le farfalle nello stomaco sono impazzite, la fronte suda freddo, le guance sono accaldate e rosse, tutto il mio corpo è sotto shock. Lui, vedendomi in difficoltà, corruccia la fronte e mi trasmette uno sguardo preoccupato al quale rispondo con occhi sorridenti. I suoi occhi perlustrano la mia bocca e poi in un secondo si tuffa completamente nelle mie labbra con tutto sé stesso.

Non esiste colazione più bella di un bacio.

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