23 - Risveglio

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"Buon risveglio, un fiocco di neve ti porta a me

e si scioglie nella mia lingua

arrivando al cuore infreddolito."

– Sms che passione, Daniele Francese –

Lucy

Li guardo tutti negli occhi, sconvolta. Non so cosa ci sto facendo in un letto d'ospedale e ho un cerchio alla testa.

Mi sento confusa, non mi ricordo niente. Sono svenuta?

Karin mi stringe la mano mentre è seduta sulla sedia accanto al mio letto. Sembra fuori di sé. Le domando, fissandola con incertezza: «C...cos'è successo?»

«Lucy, non ricordi proprio nulla?»

Delle immagini confuse mi attraversano la mente. E quello che vedo non mi piace per nulla. «Ho dei ricordi vaghi... Un bagno pieno di gente... te nuda... sono allucinazioni, vero?» domando con una vibrazione insolita nella voce.

«Lucy, stai calma, a te non è successo niente di grave... ti ricordi cosa è capitato a Nash?»

Una paura mi assale lo stomaco e le viscere, mentre il cuore inizia scalpitare senza controllo. L'immagine della lama che scintillava nelle mani di quel ragazzo...

«Oh, mio Dio.» Mi porto la mano libera alla bocca aperta, per trattenere il singhiozzo che minaccia di salirmi dalla gola.

«Ricordi quello che è successo nel cortile fuori dal "Furious"?»

La guardo e vedo che trema, la sua voce è insicura, Markus e la band tengono il viso abbassato. L'ansia mi dilania il petto. Annuisco piano con la testa e faccio l'unica domanda che reputo sensata in quel momento.

«Dov'è?» Lo cerco nella stanza, senza trovarlo. Alzo la voce e, quasi urlando, ripeto: «Dov'è Nash?»

Karin stavolta non mi guarda, ma si massacra le pellicine delle dita. «È in sala operatoria...» sussurra con voce tremante.

Il fiato mi si blocca in gola, non riesco neanche a deglutire e per un momento penso che il cuore abbia smesso di battere. Sono morta, nell'anima e nel cuore. Soprattutto quando ricordo cosa hanno fatto a Karin e immagino come debba sentirsi in questo momento.

«Karin, tu... mi dispiace così tanto.» Non riesco più a trattenere le lacrime, e neppure lei.

Le stringo la mano più forte che posso e mi sporgo in avanti per abbracciarla. Lei ricambia il gesto e si rannicchia tra le mie braccia; la sento tremare come una foglia. Le prendo il volto tra le mani e la guardo negli occhi verdi, che adesso vedo spaventati e lucidi dal pianto; le scosto una ciocca di capelli dalle labbra e con dolcezza le dico: «Ti voglio bene, e qualunque cosa sia accaduta, ne usciremo fuori insieme; io e te, unite come sempre, perché tu sei la mia migliore amica e se tu soffri, io lo faccio con te».

Karin mi dà un bacio sulla guancia e annuisce piano con la testa.

«Raccontami di Nash... cosa sapete?»

«Lui... lo stanno operando. Sta bene, per il momento. Non sappiamo molto di più. Thomas...»

«... Thomas??»

«Hanno avvisato la polizia, Lucy» risponde Markus.

«Lo prenderanno, vero?» la mia voce è un sussurro. Sento montare la rabbia dentro di me, man mano che altri sprazzi di immagini della serata si riversano nella mia mente. Riviverli è massacrante. «Quando sapremo di più su Nash?»

«Purtroppo possiamo soltanto aspettare» risponde Jason, con voce mesta.

Devo prendere aria. «Fatemi respirare» sputo.

Sto per alzarmi, ma la flebo che ho attaccata al braccio mi trattiene, mandandomi una scossa di dolore sul punto dove è inserito l'ago-cannula. Devo alzarmi, non riesco a stare con le mani in mano.

«Voglio andare alla finestra, soffoco» scoppio a piangere. «Lasciatemi respirare, vi prego!»

Markus si fionda sul telecomando per chiamare gli infermieri, che accorrono all'istante.

«Signorina Laiden, si rimetta a letto! È pericoloso» asserisce uno di loro.

«Non posso.» Sono bloccata a metà strada tra il letto e la finestra; non posso raggiungerla.

«La aiutiamo noi.» La voce dell'infermiera è dolce.

«Voglio andarmene, lasciatemi libera!» provo a dibattermi ancora, ma le forze mi stanno abbandonando. Mi sento debole e spossata. Sono a pezzi. Nash...

Karin esce dalla stanza, seguita da Markus. Si riaffacciano un attimo alla porta e fanno un cenno verso la band, che prontamente esce. Al loro posto, arrivano i miei genitori.

«Come stai, Lucy?» mi chiede mia madre, preoccupata. Ha gli occhi arrossati e stropiccia con forza un fazzoletto di stoffa tra le mani. Sembrano entrambi sconvolti.

«Come pensate che possa stare?» sbuffo, sentendomi incompresa. «Come dovrei sentirmi, secondo voi? La mia migliore amica è stata violentata, io ci sono andata molto vicino, il ragazzo che amo potrebbe morire, e io... sono rinchiusa qui senza potermi muovere di un passo. Ditemi, voi come stareste?»

I due si guardano con apprensione e mi stringono le mani.

«Nash se la caverà» dice mia madre in maniera fin troppo tranquilla.

«Fatemi uscire da qua!» urlo loro.

«Non possiamo, devono farti altre analisi e scoprire se... hai subito violenza.»

Buio.

Moon

Luce.

«No, non ho subito violenza» ribatto. Poi mi guardo intorno. Dove mi trovo? Sembra un ospedale, ma cosa ci faccio qua?

Mi do una rapida occhiata al corpo e, a parte una flebo e un'enorme stanchezza, mi sembra di essere tutta intera. Ho una benda attorno alla testa.

«Perché sono qui?»

«Sei svenuta...»

E d'un tratto ricordo. Malek si stava fiondando su quei maledetti bastardi che ci hanno aggredite al locale.

«Malek? Dov'è? Sta bene?»

Karin entra proprio in quel momento nella camera, giusto in tempo per ascoltare la mia domanda. «Malek... Nash è in sala operatoria, te lo abbiamo detto prima.»

Non lo avete riferito a me. «Perché?» domando, insicura. Ho paura di sentire la risposta.

«È stato ferito, lo sai.» No, non lo so. Dio, spero stia bene. Karin se ne ritorna dagli altri e uscendo mi dice: «Ci vediamo dopo».

Annuisco con la testa.

«Quanto devo stare ancora qua dentro?» chiedo ai miei, abbassando lo sguardo sulle mani.

«Finché non avremo il risultato dei test e della tac» risponde mia madre.

«La polizia sta facendo delle domande a Karin, poi vogliono parlare con te» continua mio padre.

Nello stesso momento qualcuno bussa alla porta ed entra un uomo in divisa ufficiale.

«Salve, signorina Laiden, sono il sergente Minor. Se non le dispiace, vorrei farle delle domande su quanto accaduto la scorsa notte» asserisce lui.

«Sì, certo» rispondo, con la gola secca, preparandomi al peggio.

I miei genitori si avviano verso il corridoio, dove sono i miei amici. Il sergente si accomoda sulla sedia accanto al lettino.

«Allora, immagino non abbia ricordi ferrei... giusto?»

«Esatto.»

«Si ricorda l'atto di violenza?»

«Sì, e non hanno abusato di me.»

«Perché?»

«Il mio ragazzo ha fatto in tempo a salvarmi» rispondo, senza emozione.

«Il suo ragazzo... sa che è sotto operazione adesso?»

«Me lo hanno riferito» deglutisco.

«Ricorda qualcosa dell'accoltellamento?» chiede.

«No, le avranno sicuramente accennato che soffro di amnesie.»

«Sì, siamo stati informati...»

«Perché, allora, mi vengono poste domande di questo genere se non posso essere d'aiuto?»

«Perché è il protocollo, signorina.» Il sergente è un po' in imbarazzo, ma suppongo stia solo facendo il suo lavoro.

«Lasciatemi in pace» replico, distogliendo lo sguardo dall'uomo.

«Un'ultima domanda: il ragazzo, Rainbow, era in rapporti sgradevoli con i violentatori?»

«Mi sta prendendo per il culo?!»

Mi guarda con occhi strabuzzati per la mia reazione scontrosa e impulsiva.

«La sua ragazza viene quasi violentata e lei sarebbe gentile con un bastardo del genere? Mi pare ovvio che aveva rapporti sgradevoli con loro!»

Minor fa un cenno di assenso con la testa e poi si affretta ad alzarsi. «La ringrazio, signorina. Per ora è tutto. Buonasera.»

«Sì, arrivederci» sbuffo, irritata.

«Li trovi e li metta in galera, la supplico.»

«Faremo il possibile.»

Karin e Markus rimangono per la cena e io finalmente ho la possibilità di muovermi: gli infermieri mi hanno appeso la sacca della flebo su un'asta con le rotelline.

Dopo il pasto, Karin e Markus prendono una sedia e si posizionano ai miei due lati del letto.

«Voi non mangiate?» domando loro.

«Non ho fame» risponde la rossa, ma essendo da poco ricoverata, porteranno anche a me qualcosa.»

«Io potrei vomitare.» afferma lui, guardando la ragazza con apprensione.

Non avendo altro da fare, decidiamo di guardare un film , nel mentre portano la cena alla coscia e le rivelano i risultati: «È tutto negativo, ha avuto fortuna, hanno usato il preservativo, immagino. Deve prendere, per sicurezza, questa pastiglia, è la pillola del giorno dopo, non siamo sicuri abbiano usato un anticoncezionale, quindi dobbiamo evitare una gravidanza...» Lei inizia a mangiare il brodo, poi il pollo con le zucchine, mi accorgo che le è venuta fame; quando abbiamo finito, Markus la accompagna al bagno per infilarsi la camicia da notte, ma la lascia sola; poco dopo un urlo e dei singhiozzi. Markus corre in bagno e torna nella stanza con Karin in braccio; i suoi genitorisono andati a prendere un caffè e infatti entrano poco dopo con due bicchierini che sorseggiano; la madre, rossa anche lei, vedendo la figlia di nuovo distrutta le si avvicina e le carezza la testa. «Amore mio, vuoi che chieda un tranquillizzante per dormire?» «S...sì, per favore» risponde la mia amica incerta. Gli infermieri le portano una pastiglia, che lei prende subito. E i genitori raggiungono i miei che sono seduti fuori per lasciarmi riposare e, poco dopo, se ne vanno.Noi tre ragazzi continuiamo a vedere il film di poco prima e noto che dopo pochi minuti Karin si è addormentata sulla sedia con le braccia incrociate sul letto e la testa appoggiata su di esse. Ognuno sembra sentirsi in colpa per qualcosa. Il mio unico rimpianto è di non aver mai detto a Malek quanto io in realtà tenga a lui, e di non aver fatto in tempo a ringraziarlo per avermi salvata.

Deglutisco e chiudo gli occhi, sommersa da un'ondata di tristezza. Ma lui se la caverà...

Buio.

Awakening – Yellowcard

Bottoms up tonight, I drink to you and I

'Cause with the morning comes the rest of my life
And with this empty glass, I will break the past
'Cause with the morning I can open my eyes

Markus

Gli occhi mi si stanno chiudendo lentamente. Guardo Lucy e Karin e mi accorgo che dormono già entrambe.

Esco dalla stanza, per porgere una semplice e innocua domanda a un infermiere. Ne trovo uno molto gentile e disponibile, che in quel momento sembra essere libero.

«Ehi, scusa, sono qui con le due ragazze della stanza centonove» indico la porta.

«Sì.»

il letto libero vicino alla paziente? La mia ragazza sta dormendo sulla sedia» rido imbarazzato.

«Certo che sì, sta in stanza con la sua amica del cuore, nel letto libero accanto. Abbiamo lasciato la stanza libera proprio per questo motivo» sorride lui.

«Grazie.»

Ritorno nella camera, apro le lenzuola del letto accanto a Lucy, tolgo le scarpe a Karin e, prendendola in braccio, la poggio delicatamente sul materasso. Sento di nuovo il suo corpo vicino al mio e un brivido di felicità percorre ogni minima parte della pelle che ricopre il mio essere.

Le faccio poggiare la testa sul cuscino soffice e la copro con il lenzuolo candido. Le accarezzo una guancia, perché non riesco a trattenermi, e spero non si svegli.

Prendo una delle due sedie e mi posiziono accanto a Karin. Poso la fronte sul materasso e cado in un sonno profondo.

La mattina successiva, un'infermiera mi sveglia, dicendomi di seguirla. Una volta nel corridoio, lei mi fissa con i suoi occhi color nocciola.

«Tu non dovresti essere qua, non potresti dormire in ospedale... Nash è fuori pericolo» mi comunica, «è ancora addormentato, ma lo faremo tornare piano piano cosciente. A breve uscirà dall'intensiva, così potrete andare a trovarlo senza problemi.»

Faccio un profondo respiro di sollievo e, di slancio, abbraccio l'infermiera. «Grazie. Grazie di tutto.»

Mi sento alleggerito; il cuore è meno pesante. Le due ragazze dormono ancora.

Lucy

Luce.

Apro gli occhi a fatica; un forte mal di testa mi punge le tempie. Karin è distesa sul letto vicino al mio, Markus è seduto accanto a lei e scrive qualcosa al cellulare.

Con voce debole, lo saluto: «Ehi, hai dormito qui?», stropicciandomi gli occhi e facendo un grande sbadiglio.

«Ehi, buongiorno! Che bocca grande che hai! Sì, e mi hanno rimproverato...» Lui sembra essere di ottimo umore e mi regala un occhiolino.

«Perché sei così felice?»

«Nash è fuori pericolo. L'operazione è andata bene!»

Oh, Dio, grazie! «Voglio vederlo!» esigo, scostando le lenzuola dalle mie gambe, pronta per scendere.

«Non puoi, è ancora in intensiva» mi sorride in modo affabile, facendomi tornare al mio posto, sdraiata al calduccio.

Metto il broncio. «I suoi genitori sono stati informati?» domando.

«Sì, sono seduti qua fuori nel corridoio. Vogliono vederti e chiederti come stai.»

«Chiamali, falli entrare» asserisco.

Markus apre la porta, giusto lo spazio per fare capolino, e fa cenno loro di entrare.

Ci guardiamo e loro hanno la faccia affranta di chi non dorme da giorni.

«Lucy?» domandano in coro.

«Sì...» La voce mi trema.

«Grazie al cielo stai bene!»

«Ed è tutto merito di vostro figlio. Avrei dovuto esserci io in sala operatoria...»

«Non dirlo neanche per sogno!» replica la madre.

«Mi sento in colpa» ammetto.

«Non dovresti, lui ha fatto l'unica cosa giusta da fare» mi dice il padre sorridendomi.

«E da quando rischiare la vita per qualcuno è un'azione giusta?» chiedo. Suona come una provocazione, ma sono agitata e vado a briglia sciolta.

«Da quando l'amore è il sentimento più grande che si possa provare, e lui... lui ti ama, Lucy.»

Udendo quelle parole, il cuore riprende un po' del vigore che aveva perso.

«Davvero, credimi, ti ama» ripete suo padre.

Sorrido, per la prima volta dopo due giorni, perché sono felice, pur sapendolo in un letto d'ospedale con un'operazione alle spalle.

Lui mi ama.

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