XVIII. LA VISIONE

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-Si dice che ci sia una città abbandonata qua vicino- gli occhi di Nicalla brillavano, verdi come il bosco. Erano sedute nell'erba, l'una davanti all'altra. Tanto vicine che Dorina poteva vedere ogni centimetro della sua pelle perfetta. Intorno a loro si muovevano delle persone incappucciate. Donne perlopiù. La luna disegnava strane forme.

-Una città abbandonata?- sì, forse aveva già sentito quella storia. Anni prima quando era solo una bambina che sognava di essere come Mirella. Illusioni.

-La leggenda narra che Clarissa si recò in quella città e che si nascose per qualche tempo lì-

-Non è altro che una diceria- Ludovico se ne stava poco distante, seduto con le gambe incrociate. -Come quell'altra... -

-Zitto tu... qualcuno sostiene che abiti ancora nella città abbandonata, che non avrà pace fino a quando non avrà vendetta-

Dorina sentì un brivido lungo la schiena. Non era proprio quello che voleva sentire.

-La stai spaventando e non servi tu per spaventarla- Ludovico sospirò. Si spinse avanti, i capelli scuri che gli ricadevano sul volto. In quel momento era chiara la parentela con Nicalla. Avevano gli stessi lineamenti. -Si tratta solo di una leggenda-

-Sei il solito, Ludovico, rovini ogni cosa-

-Con te è inutile- ridusse gli occhi a due fessure scure.

Nicalla sbuffò. -Iniziamo allora-

Dorina sentì lo stomaco stringersi. Non c'era più via di fuga. Se mai ce n'era stata.

La festa ebbe inizio. Non corrispondeva all'idea di festa che aveva Dorina. Proprio per niente. Nicalla se ne stava in mezzo a un gruppo di figure incappucciate, un sorriso sulle labbra, le gambe stese sull'erba. -Benvenute, mie adorate, siamo qui per celebrare il nostro contatto con la natura- intorno a noi ardevano le candele e spargevano un dolce profumo.

Una serie di assensi. Ludovico, le braccia incrociate, sbuffò. Perché era lì se non voleva?

-Vorrei cominciare questo con un rito di evocazione-

Urla di gioia. Battiti di mani. Sospiri.

-Dorina sarà la prima a sottoporsi-

-Io?- ma perché era andata lì? Non ci fu tempo per le domande.

Nicalla le mise davanti uno specchio preso chissà dove. Inutile tirarsi indietro. Inutile fuggire. -Guarda, guarda, guarda, apparirà il volto del tuo futuro marito-

Dorina tremò. Si costrinse comunque a fissare quella superficie rilucente. Le mandava solo il suo riflesso. Sbatté le palpebre per mettere meglio a fuoco. Il suo viso però perdeva i contorni nitidi e qualcosa compariva sullo sfondo. Non riusciva a capire cosa. Strizzò gli occhi. Era tutto così incerto, così...

Due orbite vuote. Sobbalzò e lo specchio le sarebbe caduto di mano se non l'avesse afferrato Nicalla. Dorina si trovò a fissare il teschio. E poi la carne lo ricoprì. Un viso. Con denti sporgenti simili a zanne. La paura la soffocò. Boccheggiò. Si sentiva mancare. Non riuscì nemmeno a urlare. Lo stomaco le si contorse. Si piegò di lato e vomitò, le mani premute sulla pancia, le tempie che le pulsavano, il mondo che si capovolgeva. La figura di quell'essere le esplodeva nella mente. Mostruoso, una promessa di tormento e dolore.

Qualcuno l'afferrò da dietro. Dorina barcollò, il suo corpo che si divincolava. -Lasciami, lasciami!-

-Sono io-

Kaas. Il cuore le traballò. S'immobilizzò. La sua presenza, così vicina, la confondeva. Continuò a tenerla. Come se fosse un essere speciale. Alzò la testa. L'aria della notte le accarezzava gli occhi che bruciavano come fuoco.

-Che ci fai qua?- la sua immagine era sfocata.

-Ti salvo, ma cosa ti è venuto in mente? Andare in giro di notte, con tutti i rischi che possono esserci!-

Si preoccupava per lei? Il pensiero le risultò estraneo. Non credeva possibile che lui l'avesse davvero a cuore. Non quella creatura che sembrava uscita da un qualche luogo oscuro. Un essere che avrebbe potuto essere una leggenda. Che forse era coinvolto con la morte di Mirella. Lo ascoltò appena, lui che elencava le mille cose che lei avrebbe fatto per spaventarlo.

-Non sei una bambina, non devo controllarti ogni minuto-

Dorina avrebbe dovuto ribadire, lo sapeva bene. Non ci riuscì. La lingua d'un tratto era diventata pesante.

-Come credi che reagirei se sapessi che ti è successo qualcosa?- la prese per le spalle e la scrollò. Lo guardò, il cuore in gola.

-Mi dispiace- sussurrò Dorina e il dispiacere era sincero. Le dispiaceva davvero averlo ferito. Di aver infilato lame invisibili dentro di lui. Improvvisamente il suo sguardo grigio fu troppo.

-Sei sotto la mia responsabilità, Dorina!-

Sotto la sua responsabilità. Quindi Kaas non si scaldava così perché le voleva bene, no, era solo perché lei era la sua responsabilità. -So badare a me stessa- non osò guardarlo.

-Si vede come sai badare a te stessa- sbuffò e il soffio di lui le finì sulle labbra, come un bacio leggero. Dorina trattenne il respiro. Quel soffio...

-Kaas, sei un vero rompiscatole- la voce squillante di Nicalla la scosse dal suo torpore. Sentì il suo passo leggero avvicinarsi, accompagnato dal tintinnio dei gioielli. -E sei noioso, molto noioso- sospirò.

-Quando arriviamo al castello ce n'è anche per te, non temere, potrei perfino pensare di rispedirti a casa-

Nicalla sibilò. Gli occhi le si ridussero a due fessure. Faceva paura. Una leonessa.

-Ho detto che potrei rispedirti a casa- anche Kaas era temibile.

Nicalla abbassò lo sguardo. Una sorta di resa. Kaas non attese altro. Accolse la vittoria e se ne andò, Dorina stretta tra le braccia.



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo capitolo?

A presto!

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